gianleo67
|
sabato 16 agosto 2014
|
le parole segrete di una dolorosa eredità d'amore
|
|
|
|
Hanna è giovane e bella e nonostante la sordità, lavora in una fabbrica di imballaggi nel Nord dell'Inghilterra dove conduce una vita semplice e riservata, nascondendo agli altri e forse a se stessa il ricordo e le tracce indelebili di un terribile segreto che hanno segnato la sua giovinezza. Quando è costretta dal suo capo a prendere un lungo periodo di ferie, trova casualmente la possibilità di prestare soccorso come infermiera ad un giovane tecnico rimasto gravemente ustionato su di una piattaforma petrolifera al largo delle coste scozzesi. Qui imparerà ad aprirsi ed a condividere con un'altra persona tanto le limitazioni del fisico quanto quelle, ancor più profonde e insanabili, dello spirito e della mente.
[+]
Hanna è giovane e bella e nonostante la sordità, lavora in una fabbrica di imballaggi nel Nord dell'Inghilterra dove conduce una vita semplice e riservata, nascondendo agli altri e forse a se stessa il ricordo e le tracce indelebili di un terribile segreto che hanno segnato la sua giovinezza. Quando è costretta dal suo capo a prendere un lungo periodo di ferie, trova casualmente la possibilità di prestare soccorso come infermiera ad un giovane tecnico rimasto gravemente ustionato su di una piattaforma petrolifera al largo delle coste scozzesi. Qui imparerà ad aprirsi ed a condividere con un'altra persona tanto le limitazioni del fisico quanto quelle, ancor più profonde e insanabili, dello spirito e della mente.
Replicando le attenzioni e le sfumature di un cinema che indaga con dolente rassegnazione i segreti tormenti di una donna interrotta ('La mia vita senza me' - 2003) Isabel Coixet si affida una volta ancora alla struggente dolcezza di una Sara Polley in stato di grazia per una produzione iberica in trasferta anglosassone, in cui far risuonare l'eco lontana di un dolore che si propaga nel tempo e nello spazio gelosamente al riparo dalle facili confessioni del dramma sentimentale. Insinuando con la sibillina voce narrante di una fantomatica corrispondenza epistolare le tracce forse reali o forse immaginarie di una eredità sentimentale figlia del dolore e della violenza dell'uomo, la Coixet trascina la sua protagonista lungo un percorso di riscatto (rinascita) e di redenzione che trova nella vicenda complementare del suo paziente un momento irrinunciabile di condivisione e di consolazione reciproca al di là delle menomazioni del fisico (lei è sorda e lui temporaneamente cieco) e di quelle ancor più insanabili della mente, legate come sono ad un passato inconfessabile che sembra averne imprigionato l'esistenza in un eterno presente congelato nel rimorso e nel senso di colpa. Nel parallellismo esemplare su cui gioca la sceneggiatura dell'autrice spagnola e nelle suggestioni remote di un'ambientazione che precipita questa 'corrispondenza d'amorosi sensi' (Lettere di una monaca portoghese) nel non luogo di una precarietà fisica che rispecchia idealmente quella sentimentale dei suoi derelitti protagonisti (persino una coppia di macchinisti sposati e con prole che si baciano tra di loro...'rimanendo veri uomini però'), si trova la misura di una struttura narrativa che mira al paradigma etico confrontandosi coraggiosamente con una materia scivolosa e sdrucciolevole come può essere tanto il ponte di una piattaforma in dismissione battuta dall'incessante moto ondoso del Mare del Nord quanto con quelle di una Storia personale e collettiva che fa ricadere le colpe di molti su quelle dei suoi pochi e disperati sopravvissuti (La guerra dei Balcani). Comunque interessanti le bizzarre idiosincrasie dei personaggi di contorno e le malinconie di un repertorio blues di raffinata bellezza (tra cui la nostrana 'Gioco d'azzardo' di Paolo Conte), il finale indugia tra melodramma e le parole segrete e struggenti di una inconfessabile eredità d'amore. Presentato fuori concorso nella sezione Orizzonti alla Mostra del cinema di Venezia.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a gianleo67 »
[ - ] lascia un commento a gianleo67 »
|
|
d'accordo? |
|
theophilus
|
lunedì 2 dicembre 2013
|
l'universalità del silenzio
|
|
|
|
LA VIDASECRETADE LAS PALABRAS
Hanna è persona silenziosa, distaccata e la sua riservatezza desta inquietudini fra le persone che la circondano. Il suo comportamento anomalo all’interno dell’ambiente di lavoro finisce per destare sospetti e invidie fra i colleghi. Il suo datore l’obbliga a prendersi un periodo di ferie. In quattro anni mai un ritardo, una malattia o un permesso e, inoltre, la ragazza svolge il suo lavoro con diligenza. Quel periodo coatto le riesce duro da affrontare. Allora Hanna si offre di prendersi cura, come infermiera, di Josef, un operaio che ha avuto un incidente su di una piattaforma di estrazione petrolifera in mezzo al mare.
[+]
LA VIDASECRETADE LAS PALABRAS
Hanna è persona silenziosa, distaccata e la sua riservatezza desta inquietudini fra le persone che la circondano. Il suo comportamento anomalo all’interno dell’ambiente di lavoro finisce per destare sospetti e invidie fra i colleghi. Il suo datore l’obbliga a prendersi un periodo di ferie. In quattro anni mai un ritardo, una malattia o un permesso e, inoltre, la ragazza svolge il suo lavoro con diligenza. Quel periodo coatto le riesce duro da affrontare. Allora Hanna si offre di prendersi cura, come infermiera, di Josef, un operaio che ha avuto un incidente su di una piattaforma di estrazione petrolifera in mezzo al mare.
La vida secreta de las palabras è, principalmente, la cronaca di un incontro fra due persone. Lui è momentaneamente privo della vista, lei è sorda ad ogni richiamo esteriore e, così, si spiega il suo mutismo. Hanna, però, ha effettivi problemi d’udito e sente tramite un apparecchio acustico.
Il titolo del film – La vita segreta delle parole – è già chiaro indice di come la sceneggiatura interferisca in modo imprevedibile nelle vicende dei due protagonisti. I dialoghi fra un cieco e un sordo vanno al di là del puro scambio verbale. I due devono supplire con l’immaginazione alle loro deficienze e dal loro sforzo ha origine un plus valore di natura etica che permette di superare le barriere, naturali e non, che si frappongono fra di loro.
Il senso principale del film ci è parso proprio quello. Quando il ghiaccio si spezza e Hanna si accorge che è l’uomo che si sta prendendo cura di lei, allora le parole fluiscono tragiche, commoventi, liberatorie. C’è un reale recupero alla vita. Poco importa che il finale giunga a toni esplicativi apparentemente non necessari. Può sembrare pleonastico un lieto fine in cui i due affrontino una vita in comune piena di potenziali e tormentosi ostacoli da superare. Ma la chiarezza e la drammatica schiettezza del film consentono questa scelta, che anzi s’impone come giusta.
Intensissima l’interpretazione di Sarah Polley, già efficace protagonista del precedente film della regista Isabel Coixet, La mia vita senza me (Canada/Spagna, 2003); assai convincente anche Tim Robbins.
Il film vive anche di altri temi e vede le ulteriori presenze significative di attori quali Julie Christie e Javier Camara. Soprattutto l’ambientazione può, inoltre, richiamare alla mente Breaking the Waves, Le onde del destino, film diretto nel 1996 da Lars von Trier.
Enzo Vignoli,
28 aprile 2006
[-]
|
|
[+] lascia un commento a theophilus »
[ - ] lascia un commento a theophilus »
|
|
d'accordo? |
|
filippo catani
|
lunedì 23 settembre 2013
|
la guerra dimenticata
|
|
|
|
Uma giovane ragazza lavora da anni in una fabbrica inglese e durante questo periodo non ha mai nè preso un giorno di malattia nè un giorno di ferie. Per questioni sindacali la ragazza viene allora "costretta" ad andare in ferie. Sentendo casualmente una conversazione in cui un uomo sta cercando un'infermiera si ritroverà in una piattaforma petrolifera ad accudire un uomo rimasto gravemente ustionato nel tentativo di salvare un compagno.
In un film come questo le inquadrature e i silenzi valgono più di mille parole. Gran parte del film infatti si svolge a bordo di una piattaforma petrolifera un luogo isolato per eccelenza e popolato da pochi personaggi.
[+]
Uma giovane ragazza lavora da anni in una fabbrica inglese e durante questo periodo non ha mai nè preso un giorno di malattia nè un giorno di ferie. Per questioni sindacali la ragazza viene allora "costretta" ad andare in ferie. Sentendo casualmente una conversazione in cui un uomo sta cercando un'infermiera si ritroverà in una piattaforma petrolifera ad accudire un uomo rimasto gravemente ustionato nel tentativo di salvare un compagno.
In un film come questo le inquadrature e i silenzi valgono più di mille parole. Gran parte del film infatti si svolge a bordo di una piattaforma petrolifera un luogo isolato per eccelenza e popolato da pochi personaggi. Vi è il cuoco che per ammazzare la noia cucina i piatti tipici di ogni paese, il solitario che si trova bene su una piattaforma oppure l'oceanografo che misura le onde e controlla la fauna marina. E poi ci sono i due protagonisti: lui impiegato nella piattaforma che oltre alle fiamme reali che ne hanno divorato parte del corpo è consumato dalle fiamme morali per una storia che non riesce a perdonarsi. Lei che oltre alle ferite esteriori che il tragico passato le ha inflitto, non riesce a superare i traumi interiori dovuti alle atrocità alle quali è stata costretta ad assistere. Senza svelare troppo dello sviluppo del film che appunto procede per gradi svelando tappa dopo tappa caratteri e peculiarità di ogni personaggio, il punto centrale che viene sollevato è quello delle guerra dei Balcani. Un conflitto quello che non solo fu a lungo tempo ignorato ma che ha riservato pagine tragiche sia per la comunità internazionale e per le Nazioni unite in particolare e che oggi pare quasi oggetto di una sorta di rimozione; processo questo che ovviamente chi è stato torturato e violentato non può dimenticare. Un film toccante e commovente splendidamente diretto dalla Coixet e che ha nella Polley e nella garanzia di Tim Robbins due grandi artefici. Pare davvero incredibile che a parte che in patria questo film non abbia raccolto i premi che avrebbe meritato.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a filippo catani »
[ - ] lascia un commento a filippo catani »
|
|
d'accordo? |
|
federico munari
|
martedì 27 novembre 2012
|
imparerò a nuotare
|
|
|
|
La vita segreta delle parole
Fin dalle prime immagini sembra che la regista voglia avvertirci della possibilità che alcuni contenuti importanti restino nascosti senza una disponibilità e una capacità di vedere oltre ciò che immediatamente appare. Tra lo scorrere dei titoli di testa e dei nomi dei protagonisti appaiono fugacemente i temi (Love, believe, silence, pain, cut, minutes, rain, friends, words) che il film affronterà e solo un attento sguardo potrà coglierli.
Accolto l’invito, inizia una esperienza coinvolgente che, anche grazie all’interpretazione di attori di alto livello, introduce alla fruizione di un’opera d’arte cinematografica certamente impegnativa, intensa e ricca di spunti.
[+]
La vita segreta delle parole
Fin dalle prime immagini sembra che la regista voglia avvertirci della possibilità che alcuni contenuti importanti restino nascosti senza una disponibilità e una capacità di vedere oltre ciò che immediatamente appare. Tra lo scorrere dei titoli di testa e dei nomi dei protagonisti appaiono fugacemente i temi (Love, believe, silence, pain, cut, minutes, rain, friends, words) che il film affronterà e solo un attento sguardo potrà coglierli.
Accolto l’invito, inizia una esperienza coinvolgente che, anche grazie all’interpretazione di attori di alto livello, introduce alla fruizione di un’opera d’arte cinematografica certamente impegnativa, intensa e ricca di spunti.
La sordità di Anna, parzialmente risolta dalla tecnologia e la temporanea cecità di Josef esprimono la difficoltà e l’incapacità di cogliere le dimensioni “nascoste” della realtà.
Il luogo di lavoro di Anna fotografa il frastuono, la ripetitività e la solitudine che caratterizzano il mondo nel quale siamo inseriti come individui solitari senza relazioni con chi vive vicino a noi.
La piattaforma in cui si svolge la parte più emozionante della vicenda, sorta di “non luogo” rappresenta ogni luogo abitato che ormai trasformato da un sistema tecnico, è diventato l’ambiente per noi “naturale” e nel quale Lisa, l’oca che, quando appare, suscita stupore, e la piantina di basilico che Simon coltiva con cura rappresentano una natura minacciata di cui prendersi cura. L’effetto prodotto dalla regista è che mentre la piattaforma ormai appare a noi moderni come “naturale”, percepiamo basilico e oca, rappresentanti di una natura vegetale e animale, come “fuori luogo”.
La regista attribuisce un certo peso al problema ambientale la cui radice sembra individuare nell’approccio riduzionistico-scientista. Il giovane Martin incarna questa prassi con la sua professione che riduce a numero la realtà del mare: “la forza del mare, il numero delle onde…”, e contemporaneamente esprime, con la sua passione ecologica, la possibilità di un utilizzo positivo della tecnologia. L’ambiente, il mare, le nubi e la pioggia sembrano partecipare alla fatica che i protagonisti e un po’ tutti condividono. Il clima di provvisorietà occupazionale contribuisce ad appesantire ulteriormente la situazione. Il cuoco Simon combatte contro una realtà che potrebbe annichilirlo con la cultura, studiando e producendo qualità e bellezza, contrastando l’omologazione che annulla le differenze e le specificità imponendo a tutti “hamburger e cipolle fritte”. Le parole che si scambiano i protagonisti introducono tragicamente anche la realtà dell’odio omicida che la guerra genera.
Josef ed Anna , inizialmente sono lontani, le loro parole non veicolano le loro anime, ma nel dialogo che si intensifica, le loro vite incominciano a svelarsi e, anche noi ci avviciniamo al mistero del dolore che riempie le loro esistenze. Ma le parole, non le chiacchiere, hanno una vita segreta. E la vita vera che per loro e per tutti coincide con l’amore segna la possibilità di risollevarsi e di ripartire.
Le cicatrici restano sulla pelle di Anna e sull’immenso mare, la brutta piattaforma ospita l’evento dell’amore umano. Cammino quasi mai lineare, spesso fragile e contraddittorio (Scott e compagno …) ma esperienza che apre l’umano al mistero di un amore più grande che non si aggiunge ma si manifesta in esso.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a federico munari »
[ - ] lascia un commento a federico munari »
|
|
d'accordo? |
|
federico munari
|
lunedì 26 novembre 2012
|
ti prometto che imparerò a nuotare
|
|
|
|
La vita segreta delle parole
Fin dalle prime immagini sembra che la regista voglia avvertirci della possibilità che alcuni contenuti importanti restino nascosti senza una disponibilità e una capacità di vedere oltre ciò che immediatamente appare. Tra lo scorrere dei titoli di testa e dei nomi dei protagonisti appaiono fugacemente i temi (Love, believe, silence, pain, cut, minutes, rain, friends, words) che il film affronterà e solo un attento sguardo potrà coglierli.
Accolto l’invito, inizia una esperienza coinvolgente che, anche grazie all’interpretazione di attori di alto livello, introduce alla fruizione di un’opera d’arte cinematografica certamente impegnativa, intensa e ricca di spunti.
[+]
La vita segreta delle parole
Fin dalle prime immagini sembra che la regista voglia avvertirci della possibilità che alcuni contenuti importanti restino nascosti senza una disponibilità e una capacità di vedere oltre ciò che immediatamente appare. Tra lo scorrere dei titoli di testa e dei nomi dei protagonisti appaiono fugacemente i temi (Love, believe, silence, pain, cut, minutes, rain, friends, words) che il film affronterà e solo un attento sguardo potrà coglierli.
Accolto l’invito, inizia una esperienza coinvolgente che, anche grazie all’interpretazione di attori di alto livello, introduce alla fruizione di un’opera d’arte cinematografica certamente impegnativa, intensa e ricca di spunti.
Film che solleva nodi problematici e propone quadri interpretativi collocabili nella tradizione “occidentale”, apparentemente lontano da riferimenti esplicitamente religiosi, che vengono evocati raramente e con un tono ironico, è un film profondamente religioso nel suo porre questioni fondamentali e nell’indicare vie di senso in grado di rialzare e sanare esistenze ferite e in crisi.
La sordità di Anna, parzialmente risolta dalla tecnologia e la temporanea cecità di Josef esprimono la difficoltà e l’incapacità di cogliere le dimensioni “nascoste” della realtà.
Il luogo di lavoro di Anna fotografa il frastuono, la ripetitività e la solitudine che caratterizzano il mondo nel quale siamo inseriti come individui solitari senza relazioni con chi vive vicino a noi.
La regista attribuisce un certo peso al problema ambientale la cui radice sembra individuare nell’approccio riduzionistico-scientista. Il giovane Martin incarna questa prassi con la sua professione che riduce a numero la realtà del mare: “la forza del mare, il numero delle onde…”, e contemporaneamente esprime, con la sua passione ecologica, la possibilità di un utilizzo positivo della tecnologia. L’ambiente, il mare, le nubi e la pioggia sembrano partecipare alla fatica che i protagonisti e un po’ tutti condividono. Josef ed Anna , inizialmente sono lontani, le loro parole non veicolano le loro anime, ma nel dialogo che si intensifica, le loro vite incominciano a svelarsi e, anche noi ci avviciniamo al mistero del dolore che riempie le loro esistenze. Dolore per il dolore provocato e dolore per il dolore subito. Quasi schiacciati, segnati dalle cicatrici che la vita ha loro lasciato.
Ma le parole, non le chiacchiere, hanno una vita segreta. E la vita vera che per loro e per tutti coincide con l’amore segna la possibilità di risollevarsi e di ripartire. Le cicatrici restano sulla pelle di Anna e sull’immenso mare, la brutta piattaforma ospita l’evento dell’amore umano. Cammino quasi mai lineare, spesso fragile e contraddittorio (Scott e compagno …) ma esperienza che apre l’umano al mistero di un amore più grande che non si aggiunge ma si manifesta in esso.
Federico Munari
[-]
|
|
[+] lascia un commento a federico munari »
[ - ] lascia un commento a federico munari »
|
|
d'accordo? |
|
francesco2
|
domenica 11 marzo 2012
|
parole sommerse e salvate
|
|
|
|
Prendendo in prestito alcune parole di Primo Levi, ci si può rifare a quanto detto una settimana fa (Circa) nella trasmissione televisiva "Che tempo cghe fa".
Dove si affermava che ognuno di noi ha una zona sua, personale (Forse "Morta", aggiungo io, citando un Cronenberg non indimenticabile) che andrebbe lasciata in pace. E'quella di Ana; ma non solo, dato che all'inizio, quando il film promette (Forse) qualcosa di più, a un certo punto un personaggio dice: "Siamo in tanti, qua, che vorremmo essere lasciati in pace". Usando uno stratagemma macchinoso, sempre più forse man mano che conosciamo(?) la sua storia, e la Nostra Storia, la ragazza vuole sentire solo le parole che le interessano, e misurare le sue: nonostante né lei né Robbins (In quel momento) possano vedere.
[+]
Prendendo in prestito alcune parole di Primo Levi, ci si può rifare a quanto detto una settimana fa (Circa) nella trasmissione televisiva "Che tempo cghe fa".
Dove si affermava che ognuno di noi ha una zona sua, personale (Forse "Morta", aggiungo io, citando un Cronenberg non indimenticabile) che andrebbe lasciata in pace. E'quella di Ana; ma non solo, dato che all'inizio, quando il film promette (Forse) qualcosa di più, a un certo punto un personaggio dice: "Siamo in tanti, qua, che vorremmo essere lasciati in pace". Usando uno stratagemma macchinoso, sempre più forse man mano che conosciamo(?) la sua storia, e la Nostra Storia, la ragazza vuole sentire solo le parole che le interessano, e misurare le sue: nonostante né lei né Robbins (In quel momento) possano vedere. La sua eloquenza (Sic?!) è quantomai misurata, anche se non le impedisce di spendersi , per un attimo, in difesa di chi venga canzonato da altri dell'equipaggio. Non è difficile, purtroppo, accorgersi come alla Polley manchi il rigore per maneggiare questa materia; ma il suo è un film che ci regala scene cone la panoramica "Collettiva" che, ad un certo punto, abbraccia le solitudini di tutti, compresa un'oca a bordo. E poi, a parte l'interpretazione della Polley, non tutti nasciamo Kieslowski.
Ciò che era lecito non aspettarsi era, però, che ad un certo punto il film avrebbe scelto un "umanitarismo" dagli intenti magari nobili, ma che infarcisce il film di una retorica "Collettiva": si comincia con la sensibilità ecologica (Detto senza ironia) di un altro personaggio che scuote la ragazza; della quale, poi, scopriremo quanto custodisca segreti a dir poco raggelanti.
La separazione dei due, finita la parentesi lavorativa, porterà Robbins a mettersi sulle sue tracce, regalandoci altra retorica su certe tematiche e sul dolore di chi vi sia sopravvissuto (Forse salverei una frase: quella sui "sensi dic olpa"). nel finale, lieto ma forse non così stupido, sapremo che la voce narrante sentirà l'esigenza di allontanarsi. Ciò che non ha (Più) fatto la Coixet, che avvicinandoci sempre più alla giovane ha perso loccasione per fare un film veramente provocatorio.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a francesco2 »
[ - ] lascia un commento a francesco2 »
|
|
d'accordo? |
|
paperino
|
lunedì 21 marzo 2011
|
tragedia storica e umana presentata magistralmente
|
|
|
|
Non capisco come questo film sia stato poco valutato da una certa critica. Quello che ho più apprezzato è la misura nell'affrontare un tema tanto drammatico e l'abilità della regista nel dipanare lentamente davanti ai nostri occhi una vicenda che non può non restare impressa nella nostra mente e nelle nostre emozioni.
E' inoltre interessante il fatto che mai all'inizio del film si sarebbe potuto immaginare la storia di questo strano personaggio quasi muto oltre che sordo che si muove in un mondo che le è estraneo.
Forse più trasparente e prevedibile ci può apparire Tim Robbins che si svela subito nella ricerca di un contatto umano e che entra in scena quando la protagonista comincia a concedere qualche parola in più e ad interagire con lui e con il mondo che la circonda.
[+]
Non capisco come questo film sia stato poco valutato da una certa critica. Quello che ho più apprezzato è la misura nell'affrontare un tema tanto drammatico e l'abilità della regista nel dipanare lentamente davanti ai nostri occhi una vicenda che non può non restare impressa nella nostra mente e nelle nostre emozioni.
E' inoltre interessante il fatto che mai all'inizio del film si sarebbe potuto immaginare la storia di questo strano personaggio quasi muto oltre che sordo che si muove in un mondo che le è estraneo.
Forse più trasparente e prevedibile ci può apparire Tim Robbins che si svela subito nella ricerca di un contatto umano e che entra in scena quando la protagonista comincia a concedere qualche parola in più e ad interagire con lui e con il mondo che la circonda.
Ho trovato veramente affascinante questo modo di affrontare un argomento tanto denso e drammatico con una lentezza e delle pause che hanno il chiaro scopo di far riflettere lo spettatore
Anche la voce fuori campo che si presenta all'inizio senza che di essa si possa immaginare neppur vagamente il significato e che ricompare quando la vicenda si è svelata contrinbuisce a dare valore al film.
Mi sono piaciuti anche gli stacchi con la schermata nera voluti appositamente per dividere in capitoli la storia e aumentarne la drammaticità-
E' raro trovare un film che riesca a testimoniare una tragica verità storica e umana con tanto pudore e non attraverso le immagini ma solo utilizzanto il potere delle parole, come ci suggerisce il titolo stesso.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a paperino »
[ - ] lascia un commento a paperino »
|
|
d'accordo? |
|
paride86
|
sabato 20 marzo 2010
|
commovente
|
|
|
|
Un film drammatico e molto profondo che ha il pregio di insistere su un tema oggi parecchio dimenticato:
Tutti gli attori sono molto bravi e la scelta di ambientare la storia su una piattaforma è densa di significato e serve ad inquadrare psicologicamente un po' tutti i personaggi.
Anche il modo in cui è girato il film, senza fronzoli, è utile alla storia e al suo svolgimento.
L'unico neo che posso trovare a questo film è il finale:
troppo positivo e improvviso per essere realistico, sembra messo lì solo per compiacere lo spettatore.
[+]
Un film drammatico e molto profondo che ha il pregio di insistere su un tema oggi parecchio dimenticato:
Tutti gli attori sono molto bravi e la scelta di ambientare la storia su una piattaforma è densa di significato e serve ad inquadrare psicologicamente un po' tutti i personaggi.
Anche il modo in cui è girato il film, senza fronzoli, è utile alla storia e al suo svolgimento.
L'unico neo che posso trovare a questo film è il finale:
troppo positivo e improvviso per essere realistico, sembra messo lì solo per compiacere lo spettatore.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a paride86 »
[ - ] lascia un commento a paride86 »
|
|
d'accordo? |
|
mary
|
mercoledì 12 novembre 2008
|
mediocre
|
|
|
|
Noioso, scontato, inverosimile...gran brutto film.
|
|
[+] lascia un commento a mary »
[ - ] lascia un commento a mary »
|
|
d'accordo? |
|
|