Piccolo grande uomo |
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Un film di Arthur Penn.
Con Dustin Hoffman, Faye Dunaway, Martin Balsam, Richard Mulligan, Jeff Corey.
continua»
Titolo originale Little Big Man.
Western,
Ratings: Kids+13,
b/n
durata 150 min.
- USA 1970.
MYMONETRO
Piccolo grande uomo
valutazione media:
3,97
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Uno dei più apprezzabili western revisionisti.di Great StevenFeedback: 70013 | altri commenti e recensioni di Great Steven |
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venerdì 6 giugno 2014 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
PICCOLO GRANDE UOMO (USA, 1970) diretto da ARTHUR PENN. Interpretato da DUSTIN HOFFMAN – FAYE DUNAWAY – MARTIN BALSAM – CHIEF DAN GEORGE – RICHARD MULLIGAN – JEFF COREY – AIMEE ECCLES § All’età di 121 anni Jack Crabb racconta ad un giornalista le sue avventure nel West: di come, decenne, fu rapito dai pellerossa insieme alla sorella maggiore e poi, tornando giovanotto fra i "visi pallidi", imparò i principi religiosi da un pastore protestante e il sesso da sua moglie, per diventare successivamente venditore di alambicchi, pistolero, pioniere, eremita e soldato-mulattiere, passando per la strage di Washita e la disastrosa battaglia di Little Big Horn, incontrando personaggi famosi e leggendari quali il generale George Armstrong Custer, il bandito Wild Bill Hickok e il cacciatore di bisonti Buffalo Bill. Passò più volte dal mondo degli indiani a quello dei bianchi e viceversa, rivedendo vecchie conoscenze quali la moglie del religioso (divenuta prostituta in una casa di tolleranza), il proprietario degli antidoti con la mania della mutilazione e Cotenna Di Bisonte e gli altri compagni della tribù pacifica dei sioux. A. Penn ha diretto con sapiente mestiere ed eccellente professionalità un western revisionista che, come altri usciti in quello stesso periodo (come ad esempio Un uomo chiamato cavallo), si distacca dalla visione degli indiani intesi come nemici degli statunitensi e sanguinari tagliagole e li inquadra in una visuale più positiva attribuendo loro ruoli di primo piano e protagonistici nel riadattare l’epopea della conquista del West, delle grandi scorrerie della cavalleria e delle antiche usanze dei nativi americani sul continente desertico. Ne esce fuori, grazie alla sceneggiatura di Calder Willingham che ha adattato l’omonimo romanzo di Thomas Berger, un western anormale e unico nel suo genere, che attinge sia dal racconto filosofico illuminista francese del Settecento (il Candide di Voltaire) che dal romanzo picaresco spagnolo del Seicento (il Don Chisciotte di Cervantes). La smitizzazione dei miti bianchi si presenta come una rivisitazione un po’ prolissa ma assolutamente esaustiva e preparata degli eventi che segnarono la storia ottocentesca del Nuovo Mondo, accompagnata da un miscuglio tragicomico che mescola realtà e finzione, bugie e verità nel racconto appassionato e pacato di Crabb mentre rammenta le vicende di cui si rese protagonista tanto come millantatore quanto come uomo onesto. Di tutto rispetto la recitazione dei personaggi principali, a partire dallo straordinario Hoffman (all’apice del suo istrionismo caloroso e portentoso), seguendo poi con la disinibita e procace F. Dunaway (da poco reduce del successo di Gangster Story, 1967), l’idiota militarista e avido di R. Mulligan, il grottesco e ingombrante M. Balsam (già apparso dieci anni prima in Psyco e Tutti a casa), il vecchio, saggio e ingenuo capo indiano di C. D. George. Ottima fotografia che ritrae a colori (Technicolor) i paesaggi statunitensi agresti e urbani che popolano queste eccezionali sequenze di supremo cinema con un tocco magico e carezzevole, mentre le scene d’azione si alternano ai momenti di riflessione seguendo un percorso di escalation meravigliosa e fantastica che toglie al film ogni passaggio di noia e gli aggiunge dinamismo, velocità e cipiglio conciso. Le scene migliori: la prima battuta di caccia del giovane piccolo grande uomo; l’elefante nel bar dalla cui proboscide esce il cioccolato liquido; il tiro al bersaglio con le bottiglie di vetro; il ritorno presso i sioux passando attraverso la valle montuosa; il rapimento della moglie teutonica dagli indiani sulla carrozza in corsa inseguita dai cavalli; la battaglia contro gli indigeni presso il canneto-boschetto fluviale; la strage degli indiani dopo i rapporti sessuali con le donne indiane nella spianata innevata; la disfatta a Little Big Horn; la tentata ascensione al cielo che chiude magistralmente la pellicola. Nemmeno un Oscar.
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