
Titolo originale | William Tell |
Anno | 2024 |
Genere | Azione, Biografico, Drammatico, |
Produzione | Gran Bretagna, Italia, Svizzera, USA |
Durata | 133 minuti |
Regia di | Nick Hamm |
Attori | Claes Bang, Connor Swindells, Golshifteh Farahani, Jonah Hauer-King, Ellie Bamber Rafe Spall, Emily Beecham, Jonathan Pryce, Ben Kingsley, Solly McLeod, Amer Chadha-Patel, Diarmaid Murtagh, Sam Keeley, Eanna Hardwicke, Paul Bullion, Aron von Andrian, Angus Kennedy, Theo Hamm, Gabriele Greggio, Gianluca Magni, Billy Postlethwaite. |
Uscita | giovedì 3 aprile 2025 |
Distribuzione | Eagle Pictures |
MYmonetro | 2,53 su 11 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
|
Ultimo aggiornamento lunedì 31 marzo 2025
Un film d'azione ed epico dedicato all'abile arciere Guglielmo Tell. In Italia al Box Office Guglielmo Tell ha incassato nelle prime 7 settimane di programmazione 137 mila euro e 100 mila euro nel primo weekend.
CONSIGLIATO NÌ
|
Anno Domini 1307: sui monti e nelle valli elvetiche si sta allungando il dominio degli Asburgo, la dinastia principesca con a capo Alberto I, duca d'Austria e Re dei Romani. Tramite i balivi gli austriaci impongono tasse e gestiscono l'ordine, con sempre maggiore malcontento da parte della popolazione locale. Un giorno, un contadino uccide un emissario del re venendo poi inseguito dal crudele vassallo Gessler, a cui Alberto I ha dato ordine di reprimere l'infedeltà degli elvetici. Ad ergersi contro di lui e contro il nemico invasore è Guglielmo Tell, arciere e balestriere che ha combattuto nelle Crociate, suo malgrado a capo della rivolta dalla quale nascerà la Vecchia Confederazione svizzera.
Non c'è la piuma ma la balestra in questo adattamento preciso, pronto a sfornare un sequel.
Che gusto e forma moderni ha questo Guglielmo Tell, (quasi) privo com'è dei ripensamenti post- e (però) libero dall'aura retrò, consapevole il giusto ma senza darlo a vedere, sempre accanto allo spettatore invece che farsi inseguire. Del resto l'ha detto Nick Hamm, autore nordirlandese dietro titoli come Martha da legare, The Hole e Killing Bono, ha detto e ridetto che la sua idea da un più di un decennio fosse quella di portare sullo schermo una leggenda europea nel modo più curato e sensibile possibile - leggasi, non come fanno ad un oceano di distanza ma a due, nella Hollywood affacciata sul Pacifico.
Così Hamm, regista stabile per la Royal Shakespeare Company, si mette e studia a capo chino il Wilhelm Tell di Schiller messo in scena per la prima volta da Goethe a Weimar, riascolta il Guglielmo Tell di Rossini con le sue cinque ore di durata, sfoglia il Chronicon Helveticum di Aegidius Tschudi sulla fondazione della Svizzera, e al netto dei minimi aggiustamenti alla sensibilità contemporanea, ne tira fuori un compendio che tenta di abbracciare tutto lo scibile emotivo e ideologico possibile - cioè tutti gli spettatori potenziali immaginabili - sotto l'egida dello spettacolo totale.
Dall'impressionante paesaggio alpino alle cruente sequenze di battaglia, passando per i barocchi intrighi di corte e le storie d'amore regali, il Guglielmo Tell di Hamm tenta di recuperare un senso dello spettacolo genuinamente e squisitamente anni '90, Braveheart e Robin Hood - Principe dei ladri su tutti, senza indugiare troppo sulla beffa sardonica e l'ironia scanzonata di Mel Gibson e Kevin Costner, poiché c'è tanto, troppo, tutto da dire: ecco, è questo, perché il film di Hamm si avvita proprio sul desiderio avvampante di dimostrare ancora una volta l'intelligibilità per chiunque e dovunque dei classici e del canone.
Lontano dalla filologia allo stesso tempo postmoderna e strutturalista dell'Eggers di Nosferatu, che elabora, anzi, sussume, letteratura, cinema e teatro in un'unica forma davvero contemporanea nei temi e nelle estetiche, questo Guglielmo Tell presume soltanto di giustapporre la nascita della futura Confederazione Elvetica in seno al regno asburgico con vaghi sentori del nostro martoriato presente, schiudendo il suo discorso retorico non grazie alla rimodulazione del mito ma in forza alla solite coppie oppositive natura/società, popolo/stato e libertà/ordine. Ma Schiller, Rossini e Tschudi avevano ben chiaro il loro pubblico, mentre questa produzione pan-europea colpisce un po' a casaccio perché in realtà vorrebbe mancare tutti (la fine del cinema moderno dopo la fine della storia, no?).
Il film di Hamm, qui sia regista che sceneggiatore, appoggiato sugli incarnati di Claes Bang, Ellie Bamber, Connor Swindells e Jonah Hauer-King, come sulle partecipazioni-mascherate dei Sir Ben Kingsley e Jonathan Pryce, si offre quindi come una sorta di prodotto-prototipo senza spigolature che possono ferire ma con richiami capaci di sedurre, grazie anche ad una confezione di tutto rispetto - quasi cinquanta milioni di budget - tutta levigata sullo ieratico balestriere di Bang, sul product placement del Mittelland svizzero e sulla scena madre della mela: venticinque minuti di preparazione, climax e anti-climax, aspettative e risoluzioni. Forse in ossequio al crescendo rossiniano, forse no.