| Anno | 2025 |
| Genere | Azione, Biografico, Drammatico, |
| Produzione | USA |
| Durata | 123 minuti |
| Regia di | Benny Safdie |
| Attori | Emily Blunt, Dwayne Johnson, Oleksandr Usyk, Bas Rutten, Paul Lazenby Whitney Moore, Andre Tricoteux, Jason Tremblay, Paul Chih-Ping Cheng, Yoko Hamamura, Lyndsey Gavin, Jasper Salon. |
| Uscita | mercoledì 19 novembre 2025 |
| Tag | Da vedere 2025 |
| Distribuzione | I Wonder Pictures |
| MYmonetro | 3,14 su 13 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 5 novembre 2025
Biopic sportivo sulla vita di Mark Kerr, sollevatore di pesi, campione di MMA e wrestler. Il film è stato premiato a Venezia, Al Box Office Usa The Smashing Machine ha incassato nelle prime 3 settimane di programmazione 11,3 milioni di dollari e 6 milioni di dollari nel primo weekend.
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CONSIGLIATO SÌ
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Tre anni nella vita e nella carriera di Mark Kerr, che è stato un pioniere nella disciplina delle arti marziali miste a cavallo tra gli Anni Novanta e i duemila. I combattimenti brutali si fanno sentire sul corpo dell'atleta, che sviluppa una dipendenza dagli oppiacei per placare i dolori durante i lunghi tornei in posti come il Brasile o il Giappone. A casa, in Arizona, lo attende la compagna Dawn, con la quale c'è un amore sincero minacciato però da due temperamenti focosi e dalla necessità da parte di Mark di chiudersi in sé stesso per fare al meglio il proprio lavoro. Un sostegno importante gli viene dall'amico e rivale Mark Coleman, tramite il quale Kerr si avvicina all'allora nascente mondo dell'UFC che promette guadagni ancora maggiori. I due si ritroveranno in Giappone a competere insieme per il torneo Pride.
Primo film in solitaria per il regista Benny Safdie, dopo aver costruito assieme al fratello Josh una partnership di successo che li ha portati dal cinema indipendente americano al mainstream di ottimi titoli come Good Time e Diamanti grezzi.
Avendo esplorato anche il mestiere di attore (lo si ricorda proprio in Good Time, oltre che in Licorice Pizza e Oppenheimer), Benny torna alla regia con un biopic-omaggio alla figura di un lottatore americano verso il quale lui e la star Dwayne Johnson, da cui nasce il progetto, provano un affetto evidentemente palpabile: The Smashing Machine è infatti un film sportivo dalla struttura atipica e dal carattere sorprendentemente morbido.
Non proprio scevra dei conflitti tipici del genere - di Kerr vengono mostrati gli alti e bassi con la partner e l'uso di droghe - l'opera ripercorre però un periodo limitato della carriera dell'atleta, pochi anni e qualche torneo, senza enormi variazioni nella sua traiettoria professionale e personale. Al posto dei grandi traguardi e dei sensazionalismi c'è invece un character study animato dalla curiosità. Il Kerr del fu "The Rock" è un contrasto misterioso che la macchina da presa di Safdie non riesce a smettere di decifrare, un ordigno instabile che si teme possa esplodere da un momento all'altro.
L'implicita minacciosità di questa montagna di muscoli viene messa in parallelo con i suoi modi gentili e rispettosi, l'alta intensità testosteronica ed elementare delle interviste pre-torneo disinnescata da una razionalità pacata e autoconsapevole nelle risposte. Del cinema dei Safdie ora "dimezzato" resta la straordinaria capacità di generare un mood, di vivere in quella buffa intersezione tra la narrativa più convenzionale e l'uso di attori e figure inaspettate che aprono le frontiere tra il reale e il grottesco, uno spazio che conduce dritto dalle parti di Harmony Korine.
In questo caso ci sono tanti veri lottatori a provvedere ai ruoli di contorno, e anche uno che si erge a co-protagonista: Ryan Bader nella parte di Mark Coleman, sovversiva e originale rivisitazione di un personaggio già visto, e simbolo dell'approccio empatico che il film adotta sulle cose della vita - la vittoria, la sconfitta, lo stare fianco a fianco con qualcuno.
Sul ring, quell'empatia si trasforma in uno stile di regia misurato, che non cerca di entrare dentro lo scambio violento ma si fa più descrittivo. È negli spogliatoi che ci si può avvicinare maggiormente, ma ancora una volta il punto d'interesse degli autori è concettuale e non animale, intellettuale e non primordiale. In questo è anche un'opera sul linguaggio e sulla mediazione dell'istinto, sugli spazi intimi e il rispetto della professionalità. Vale per la parte sportiva ma anche per quella personale, con il salotto di Mark e Dawn che si fa teatro di ulteriore dibattito.
Kerr è presumibilmente un nome poco familiare al grande pubblico se non ai più fedeli appassionati degli sport da combattimento, ma il regista si rifiuta di accettarlo, cercando invece l'eccezionalità in un personaggio che cerca disperatamente di conformarsi. E se l'impresa eccezionale è essere normale, sotto la superficie di The Smashing Machine si può trovare l'analisi di una mascolinità alla disperata ricerca di una sintesi: iper-consapevole (a volte anche buffamente contemporanea nell'uso del therapy-speak come rifugio emotivo) ma ancora schiava dell'ebbrezza che si prova nel performare la sottomissione dell'altro.
Safdie nasconde tutto ciò in un involucro dall'aspetto conosciuto, quasi scontato, puntando il dito e sfidando lo spettatore a vederci la stessa unicità che sta indicando lui da lontano, come nell'epilogo sornione che chiude il film e che ci ricorda quanto è importante tenere la giusta distanza.
Chi ama il genere (biopic sportivo) potrà sicuramente apprezzare questo film, che narra la storia di un famoso wrestler. Ma occhi meno affascinati da questo tipo di narrazione ci vedranno soltanto un prodotto ben fatto e scorrevole che però nulla ha da dire di nuovo rispetto ai tantissimi precedenti ("The wrestler" con Mickey Rourke in testa, ma non solo).
Dwayne Johnson (ex e per sempre The Rock) è così bravo nel film di Benny Safdie, sul pioniere delle arti marziali mi- ste Mark Kerr, che viene voglia di smontare la macchina per vedere come funziona. John- son trae dal film un'iniezione di credibilità e probabilmente una nomination all'Oscar che potrebbe lanciarlo in una nuo- va fase della sua carriera.
L'esordio in solitaria di Benny Safdie dietro la mdp (mentre del fratello Josh aspettiamo Marty Supreme) è il racconto biografico di Mark Kerr, pioniere dell'MMA, sport d'arti marziali miste. Una storia che il Nostro riprende rinnovando il taglio del suo (del loro) paradossale iperrealismo drogato e alterato. Come? Allentando, slittando, sformando il corpo-icona di Dwayne Johnson con aggiustamenti [...] Vai alla recensione »
Scritto e diretto da Benny Safdie (svincolato dal fratello Josh, in coppia con il quale ha realizzato, tra gli altri, Good Time e Diamanti grezzi), The Smashing Machine, in concorso a Venezia 82, ricostruisce la parabola sportiva di Mark Kerr, uno dei pionieri e più grandi campioni di MMA (Mixed Martial Arts), ai tempi in cui sul quadrato valeva (quasi) tutto.
Nel debutto in solitaria di Benny Safdie ci sono tre ingredienti che lasciavano presagire che The Smashing Machine sarebbe stato un intenso ed emozionante dramma sportivo, con caduta, rinascita e american dream: una storia, quella della leggenda delle arti marziali miste Mark Kerr; un genere, il film sportivo, appunto, e un corpo, quello monumentale di Dwayne "The Rock" Johnson.
Il regista americano Bennie Safdie ha sempre lavorato in coppia con il fratello Josh e avrebbe fatto bene a continuare. The smahing machine è il racconto della vicenda sportiva e personale del lottatore di arti marziali miste (sviluppate soprattutto in Giappone) Mark Kerr, vera e propria macchina distruttrice sul quadrato quanto autodistruttrice nella vita quotidiana.
Mark Kerr è nato a Toledo, nel 1968, sembra che la madre odiasse la lotta alla quale lui invece inizia a appassionarsi presto vincendo giovanissimo alcuni tornei. La vera carriera comincia però qualche anno più tardi, quando conquista per due volte di seguito il campionato di Ufc diventando verso la fine degli anni Novanta un pioniere dell'Mma - mixed martial arts, lotta ibrida, fatta di tante cose [...] Vai alla recensione »
È grande e grosso, ha le orecchie a sventola maciullate, sembra King Kong quando ti guarda torvo, pesa 115 chili, sfonda le porte di casa come fossero cartapesta ma è educato come un principe e fragile come un cristallo. Il protagonista del vivace e spiazzante The Smashing Machine di Benny Safdie si chiama Marc Kerr (Dwayne "The Rock" Johnson) e lo vedremo combattere dal 1997 al 2000.
Dopo una giornatona, una giornatina. I due film in Concorso di ieri non lasciano entusiasmo, specie quello di Mona Fastvold. Non sono certo uno sport popolare in Italia le arti marziali miste. Ma altrove furoreggiano. Mark Kerr è stato un protagonista assoluto, assieme all'amico Mark Coleman; e qui seguiamo entrambi nel percorso verso la finale del Pride Fighting Championship, disputato a Tokyo nel [...] Vai alla recensione »
Per il suo primo lungometraggio senza la collaborazione del fratello Josh (che pareggerà presto il conto con il suo Marty Supreme), Benny Safdie sceglie di raccontare in The Smashing Machine la vita fuori e dentro il ring del lottatore di arti marziali miste (MMA) Mark Kerr. Presentato in concorso a Venezia 82 e con protagonista un sorprendente Dwayne Johnson, qui al suo debutto nel cinema d'autore, [...] Vai alla recensione »
La presenza all'82° Mostra d'Arte Cinematografica di Venezia di Dwayne "The Rock" Johnson ha fin da subito sollevato la curiosità di pubblico e critica, tutti ansiosi di vedere come se la fosse cavata nei panni della leggenda delle arti marziali miste, nonché dell'Ultimate Fighting Championship, Mark Kerr. Già, perché, di fatto, la storia di Kerr (e, nello specifico, uno dei momenti più delicati della [...] Vai alla recensione »
È un uomo empatico e gentile, Mark Kerr, così affabile che perfino le nonnine in coda per il medico si concedono volentieri due chiacchiere con lui, nonostante rappresenti un "modello negativo" per i nipoti. Come il bambino che, in quella sala d'aspetto, non può non avvicinarsi timidamente all'imponente Kerr, leggenda delle arti marziali miste, per chiedergli un autografo.
Ad un certo punto, Mark Kerr si rassegna. Durante il match che lo porta alla prima sconfitta, sembra incapace di reagire alla tempesta di ginocchiate che lo colpiscono alla testa mentre è immobilizzato a terra dall'avversario: è colpa della sua dipendenza da antidolorifici, si dirà, e del fatto che è troppo sicuro di sé, non segue più le regole ferree della vita del lottatore professionista.