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Kiyoshi Kurosawa

Kiyoshi Kurosawa è un attore giapponese, regista, sceneggiatore, è nato il 19 luglio 1955 a Kobe (Giappone).
Nel 2020 ha ricevuto il premio come leone d'argento per la regia al Festival di Venezia per il film Wife of a Spy. Dal 2013 al 2020 Kiyoshi Kurosawa ha vinto 2 premi: Festival di Venezia (2020), Roma Film Festival (2013). Kiyoshi Kurosawa ha oggi 69 anni ed è del segno zodiacale Cancro.

Un film di genere è solo un film

A cura di Fabio Secchi Frau

Prolifico regista giapponese, Kiyoshi Kurosawa è in grado di spaziare tra vari generi, quali il dramma, la commedia, lo yakuza movie e l'horror, introducendo spesso nelle sue opere la complessità della riflessione filosofica e concentrandosi sulla natura dell'essere umano e dei suoi rapporti con la realtà.
Kurosawa (che non ha alcun legame parentale col grande cineasta Akira Kurosawa), inizia a lavorare negli Anni Ottanta, ma conquista l'attenzione mondiale della critica grazie a Cure, il suo lungometraggio di finzione che segna il vero punto di partenza della sua carriera. A questa pellicola, ne seguiranno altre, soprattutto di genere horror, dove rafforzerà l'estetica che lo contraddistingue, all'interno della quale, costruendo delle moderne storie di fantasmi, si dissocia dalla tradizione folkloristica del cinema e della letteratura nipponica, per rappresentare la soprannaturalità dei tempi contemporanei. Un'azione che segnerà la sua entrata nella new wave horror e che lo imporrà come autore giapponese di genere.
Fortemente sperimentale e determinato a perseguire la sua necessità di continuare a reinventarsi, come sceneggiatore tende a mantenere gli script al minimo indispensabile, per consentire agli attori di dare il massimo nell'interpretazione. La flessibilità assoluta è infatti uno dei requisiti fondamentali del suo lavoro ed è anche l'unica chiave che gli consente di realizzare pellicole horror che siano sempre nuove e diverse dalle precedenti: più bizzarre, più strane e all'avanguardia. Ma i film di Kurosawa descrivono il mondo come ambiguo e snervante, privo di stereotipi e senza che esso sia troppo incentrato sulla fantasia, che si tratti di quartieri gestiti dalla Yakuza o di città nelle mani insanguinate di un serial killer. Predilige solitamente protagonisti e carnefici ordinari, persone comuni che si trovano di fronte a una situazione insolita o di inaspettata violenza e, a differenza di molti altri autori che lavorano in questi stessi generi cinematografici, raramente sceglie di iniziare i film con scene d'azione o horror, optando per un tono freddo e distaccato, che è prima impronta di massimo realismo da trasmettere imprescindibilmente allo spettatore, per metterlo nelle condizioni di accettare poi ciò che reale non è e non può essere. La difficoltà maggiore sta però nel mantenere quell'impronta anche per il resto del film, quando si mettono in scena terrori e paure ossessionanti e sfibranti.
Con un voluminoso curriculum, questo specialista del cinema di genere (un'etichetta che sembra sia respingere che abbracciare, "per me, un film di genere è solo un film", aveva dichiarato), si ispira non tanto alla produzione dell'industria cinematografica nazionale, ma a quella degli Stati vicini al suo arcipelago, guardando soprattutto ai suoi colleghi coreani che hanno realizzato film, a suo dire, molto più interessanti di quelli dei suoi connazionali, eccezion fatta per Hamaguchi Ryusuke, che è colui che, tra gli autori della nuova generazione, ama di più.
"Oggi, ci sono due gruppi principali di registi in Giappone. Il primo gruppo è ovviamente quello dei registi commerciali. Si concentrano principalmente sul mercato interno giapponese. Poi c'è un altro gruppo che è più sensibile, che si preoccupa di più del proprio stile e che vorrebbe espandersi nel mercato internazionale, ma è un vero peccato che ci sia questo tipo di divisione, perché io sono un mix tra queste due tipologie di registi". In effetti, Kurosawa è una specie di pioniere del cinema di coproduzione straniera, dato che ha lavorato in diverse occasioni anche all'estero.

L'importanza di Kurosawa nel genere j-horror
In quell'ondata di film horror giapponesi che investì anche l'Italia, tra la fine degli Anni Novanta e l'inizio degli Anni Duemila (e che portò a sua volta un'ondata di pessimi remake hollywoodiani qualche anno dopo), iniziata storicamente con Ring (1998), successo internazionale tale da ritornare (per l'appunto) sotto forma di remake di altrettanto successo (unico caso assieme a pochi altri) diretto da Gore Verbinski nel 2022, Kiyoshi Kurosawa rappresenta una delle forze di movimento più importanti, ma anche più nascoste.
Con il VHS maledetto che avrebbe ucciso il suo spettatore sette giorni dopo averlo guardato, il film di Hideo Nakata, infatti, stabilirà i termini visivi per un cinema emergente, che associava tecnologia e soprannaturale, presentando pallidi fantasmi le cui andature nervose evocavano fastidiosi glitch in banda larga e retroscena di abusi e di dolori psicologici talmente crudeli da imprimersi e manifestarsi, in un irrequieto post-mortem, all'interno dei dispositivi d'uso di tutti i giorni. E, sebbene i registi j-horror non lavorassero affatto sullo stesso schema, i tropi condivisi erano abbastanza riconoscibili da sembrare una tendenza.
Eppure, fu storicamente il già nominato Cure di Kiyoshi Kurosawa il vero punto di partenza, la vera anomalia, la curiosità a cavallo tra i generi (l'horror e il thriller) che stabilì parte del linguaggio visivo associato ai j-horror e suggerendo, dietro l'orrore, uno strappo nel tessuto sociale. Sebbene, il regista avrebbe poi diretto il suo più spaventoso e sofisticato J-horror solo nel 2001 (Pulse), fu Cure a impostare le regole che altri (Nakata compreso) seguiranno e, allo stesso tempo, a violarle tutte. Difatti, per quanto l'opera sembri un horror, ci sono in realtà poche sequenze che si possono indicare come convenzionalmente spaventose perché fuori da un contesto reale.
Eppure, dopo l'uscita di quest'opera, la cinematografia giapponese si appesterà di quell'aria di malevolenza, di quelle intense disperazioni e solitudini che incomberanno nelle sale cinematografiche come una scura nuvola che non si dissipa mai sopra le loro teste. Film pieni di incidenti casuali che fanno comprendere l'azione del caos e dove l'uso del suono si fa forza straordinaria e legante. Tutti elementi che Kurosawa ha maneggiato con cura per creare un unico corpus di film in cui persone razionali, con lavori e vite domestiche normali, vengono gettate in uno stato di totale dissociazione dal reale e non riescono più a conciliare le loro azioni con il loro senso di sé.
Sotto questo punto di vista, Kurosawa si fa guida nelle confusioni e nei terrori fluttuanti dentro cui la società giapponese precipita, per riempire il proprio vuoto interno e per imbottigliare sensazioni di pura angoscia che gli spettatori berranno avidamente.

Studi
Nato a Kobe, nel 1955, diplomato alla scuola superiore Rokko Gakuin, Kiyoshi Kurosawa ha iniziato a usare la macchina da presa quando ancora frequentava la Facoltà di Scienze Sociali dell'Università Rikkyo, realizzando film muti in 8 mm come membro di un gruppo di produzione cinematografica indipendente soprannominato "Palodias Unity", di cui facevano parte anche Tatsuya Mori e Akihiko Shiota. Questa è l'esperienza che maggiormente lo spinse verso il cinema di genere.

Gli anni "di sfruttamento"
Nel 1979, quando era ancora uno studente universitario del quarto anno, conosce Kazuhiko Hasegawa che lo invita a partecipare come assistente di produzione alla pellicola The Man Who Stole the Sun.
Inizia così il periodo da lui soprannominato "di sfruttamento", vale a dire quell'arco di tempo che va dagli Anni Settanta agli Anni Ottanta, in cui si fa le ossa nel mercato direct-to-video, che è servito come una specie di scuola di cinema per tanti registi della sua generazione, tra i quali Takashi Miike e Hideo Nakata.
Laureatosi nel 1980 in Relazioni Industriali, fortemente influenzato dalla conferenza di Shigehiko Haseumi intitolata "Teoria dell'espressione del cinema", nel 1981, firma il cortometraggio Shigarami Gakuen, che verrà selezionato presso un festival nazionale.
Parallelamente, diventa assistente alla regia di Shinji Somai in Sailor Suit and Machine Gun (1981) e partecipa alla fondazione della Director's Company (un collettivo di registi indipendenti emergenti), facendo definitivamente il suo debutto cinematografico nel 1983 con il film erotico dal sapore fortemente godardiano Kandagawa inran senso, poi seguito nel 1985 da Do-re-mi-fa musume no chi wa sawagu, altra pellicola erotica e molto controversa che la Director's Company si rifiutò di distribuire perché troppo perversa. Fu necessaria una reintitolazione (quella originale era Joshidaisei hazukashi zeminaru, letteralmente "Il seminario delle collegiali pudiche") e un'aggiunta al montaggio di altre scene girate per poterlo vedere finalmente nelle sale.
Intanto, rotti i rapporti con la Director's Company, si trasferisce alla Toho-kei, che gli finanzia il suo primo grande lavoro, l'horror Sweet Home, su una casa infestata nella quale una troupe televisiva decide di girare un documentario, che ha un ottimo riscontro di pubblico (tanto che verrà creato un videogame omonimo).

Il successo di Cure
Per tutti gli Anni Novanta, lavora principalmente in televisione o nell'ambito degli home video, dirigendo telefilm drammatici (Abunai hanashi) e V-Cinema (principalmente quelli delle serie Kattenishiyagare!! e Fukushu The Revenge), almeno fino al 1997, anno in cui presenta in concorso al decimo Tokyo International Film Festival Cure con Hiroshi Yakusho, Masato Hagiwara e Tsuyoshi Ujiki. Il film viene presentato anche all'estero, dove riceve consensi internazionali.
La storia di una serie di efferati omicidi che sconvolge Tokyo e che hanno come unico elemento comune una X tracciata con il sangue vicino a ogni vittima, piace al pubblico e alla critica, che si immedesimano nei due protagonisti, un detective e uno psichiatra, che indagano alla scoperta di inquietanti presenze.
Kurosawa, influenzato da Seven di David Fincher e da Il silenzio degli innocenti di Jonathan Demme e riflettendo su episodi di cronaca nazionale (l'attentato alla metropolitana di Tokyo del 1995) che intaccarono l'armonia della società giapponese moderna, scuotendola fino al midollo, apre uno squarcio abbastanza ampio sul Paese, descrivendo una popolazione colpita dalla disillusione e dalla disconnessione.
Con questa inquietante premessa e nell'atmosfera generata, il regista esplora l'orribile e apparente casualità della morte, agghiacciando chiunque per il tono di solitudine descritto e per il distacco emotivo e spirituale espresso tramite ottimi piani sequenza e stranianti campi lunghi.

Il capolavoro Pulse
Dopo aver diretto film il cupo Hebi no michi (1998), lo yakuza movie Kumo no hitomi (1998) e il drammatico Ninjin gokaku (1998), che non hanno trovato una distribuzione internazionale, nel 1999, accompagna le pellicole Charisma al 52° Festival di Cannes e Oi naru gen'ei alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia e al 49° Festival Internazionale del Cinema di Berlino, ritrovandosi nello stesso anno a estendere la sua presenza ai tre principali festival cinematografici del mondo.
Nel 2001, arriva il suo capolavoro, Pulse, che viene presentato al 54° Festival di Cannes nella sezione Un Certain Regard, dove ottiene un premio collaterale per l'eccellente uso della cinepresa nella trasmissione di sinistre sensazioni, legate a una serie di suicidi ripresi da una webcam, sui quali indaga uno studente, tra inquietanti ombre sui muri e immagini spettrali che si palesano sullo schermo di un pc.
La pellicola rappresenta una delle punte di diamante della Storia del Cinema per quel che riguarda i j-horror e lentamente diventa un vero e proprio cult per i cinefili, attratti soprattutto dal fatto che nel film non esista una vera e propria colonna sonora musicale, ma semplicemente i suoni dell'ambiente che, fondendosi, creano quasi la partitura ritmica di una mortale danza macabra. Similmente accade nel 2003, per Akarui mirai, incentrato su uno squilibrato operaio che viene manipolato da un suo collega, con infelici e oscuri esiti.
A questi titoli si aggiungono il minaccioso Doppelganger (2003) e il soprannaturale Loft (2005).

Altri film e la cattedra di cinema
Nel 2005, in riconoscimento dei risultati internazionali, la Tokyo University offre a lui e a Takeshi Kitano la docenza di cinematografia. Stessa cattedra che gli verrà offerta anche dalla Feirstein Graduate School of Cinema (che lui manterrà fino al 2023).
Intanto, si immerge di nuovo nel giallo paranormale con il ben congeniato Castigo (2006), su un detective oniricamente perseguitato da una donna vestita di rosso, mentre il suo Tokyo Sonata (2008) vince il Premio della Giuria della sezione Un Certain Regard del 61° Festival di Cannes, incantando tutti con il ritratto di una famiglia giapponese apparentemente normale che però nasconde segreti quotidiani, tali da disintegrarla silenziosamente e quietamente in una lenta erosione.
Nel 2013, Real: kanzen naru kubinagaryu no hi arriva nelle sale, mentre lui ottiene il premio per la migliore regia all'ottava edizione del Festival di Roma con Seventh Code, pellicola con Atsuko Maeda, che però riceve critiche discordanti. Per molti critici, è infatti un po' troppo complicato seguire le vicende e le motivazioni di una ragazza in viaggio in Russia per amore, ma che si trova poi al centro di un sanguinoso intrigo. Poi, dirigendo nel 2015 Tadanobu Asano ed Eri Fukazu nell'adattamento dell'omonima ghost story scritta da Kazumi Yumoto Kishibe no tabi, vince il suo secondo premio come miglior regista nella categoria Un Certain Regard a Cannes.
Nel 2016, firma altre due poco rassicuranti pellicole, Creepy: itsuwari no rinjin, su un ex ispettore di polizia che riprende a indagare su un misterioso caso di scomparsa di un'intera famiglia, ma soprattutto Dagereotaipu no onna, che rappresenta la sua prima co-produzione estera (con la Francia) e che narra le vicende di due amanti segreti, minacciati da malevole manifestazioni raccolte all'interno di enormi dagherrotipi creati dal terzo incomodo.
A seguire, arricchiscono la sua filmografia l'adattamento cinematografico dell'opera teatrale omonima di Tomohiro Maekawa, Sanpo Susu Shinryakusha (2017), Tabi no owari sekai no hajimari (2019), girato in Uzbekistan, il remake in lingua francese del suo stesso film Hebi no michi (1998), nonché l'ansiogeno Cloud (2024), su un giovane operaio e rivenditore di dispositivi medici che diventa testimone di inspiegabili fenomeni.

Alta tensione anche in tv
Anche televisivamente Kiyoshi Kurosawa predilige dirigere opere piene di suspense. Infatti, è conosciuto per aver adattato per il piccolo schermo il romanzo di Mark McShane "Séance on a Wet Afternoon", con il titolo Korei (2000), dove una medium cerca di trarre vantaggio dalla sparizione di una ragazza. Ma anche la miniserie thriller Shokuzai (2012), su quattro ragazza che dovranno affrontare i fantasmi del loro passato, legati alla morte di una loro compagna di scuola elementare, allontanatasi con un uomo che loro non riescono a ricordare il giorno del suo decesso.
Creerà addirittura uno spin off televisivo del film Sanpo Susu Shinryakusha, dal titolo Yocho: sanpo suru shinryakusha, in cinque puntate, e firma il film tv di genere spy story Spy no tsuma (2020), ambientato negli Anni Quaranta a Kobe, prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale e presentato eccezionalmente in concorso alla 77ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia, dove vincerà il Leone d'argento per la miglior regia.

Scrittore
Anche scrittore, Kurosawa ha spesso novellizzato i suoi film, ma è l'autore di importanti libri di saggistica cinematografica, all'interno dei quali esplora teorie di sperimentazione filmica.

Vita privata
Kiyoshi Kurosawa è sposato.

Ultimi film

Thriller, (Giappone - 2024), 123 min.
Drammatico, ( - 2020), 115 min.
Drammatico, (Giappone - 2017), 129 min.
Thriller, (Giappone - 2016), 130 min.
Documentario, (USA - 2015), 79 min.

I film più famosi

Horror, (Giappone - 2001), 117 min.
Thriller, (Giappone - 1997), 111 min.
Thriller, (Giappone - 2024), 123 min.
Thriller, (Giappone - 2006), 103 min.
Documentario, (USA - 2015), 79 min.
Drammatico, ( - 2020), 115 min.
Thriller, (Giappone - 2016), 130 min.
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