E’ stata la mano di dio film di Paolo Sorrentino.
Quando un regista ormai avviato come Sorrentino, decide di raccontare in un film una storia auto biografica, è per una serie di motivi. Per affrontare un lato oscuro della vita, e liberarsene, o anche per riflettere e fare chiarezza sul proprio vissuto e quindi cercando di superare con maturità alcune certezze, e alcune confusioni che possono aver inciso nella propria esistenza. Tutto questo è il senso ultimo del film di Paolo Sorrentino. La trasparenza e la semplicità difficile del film non possono ingannare lo spettatore. Dunque, per quanto un film non è solo una storia ma anche una emozione, una visione di cinema, uno sguardo particolare sulle cose e sui personaggi, allora questo film è un manifesto del cinema di Sorrentino, che piaccia o no è un ‘opera di cinema d’autore che si può ben ascrivere nella storia della cinematografia italiana. Intanto il riferimento ad altri registi di cinema come Fellini o Antonioni, Zeffirelli, pure se vagamente citati nel film, mi sembrano superflui e inutili. Ogni autore parla per sé non ha bisogno di cercare appigli per alcun motivo. Diversamente, trattandosi di una storia di formazione, di un giovane che vuole crescere e liberarsi della propria realtà deludente e insignificante, allora ben vengano i maestri e quindi il giovane Fabio personaggio aspirante regista, nel film, incontra un Capuano regista napoletano che lo avvia al mestiere, come in realtà è veramente avvenuto per il Sorrentino ormai adulto, già deciso per fare cinema. Intanto il film stesso si apre a varie forme di visione da quella teatrale, sceneggiata, alla macchietta, al melodramma, insomma un repertorio di personaggi e situazioni, per raccontare una storia drammaticamente biografica, la morte dei genitori, ma con uno sfondo di tutt’altra composizione. Intanto, c’è questa città di Napoli, originaria del regista, ma poco conosciuta e vissuta nel centro popolare e culturale, in fondo si racconta di una formazione borghese per il Fabietto rappresentato, cresciuto solo con i miti, popolari, di Maradona , del calcio , come dei contrabbandieri di sigarette, e dei san gennaro e munacielli vari. Forse il regista Sorrentino, maturo, ha voluto rappresentare ora, la nostalgia, della Napoli perduta, perché mai vissuta appieno nell’anima popolare, proprio in virtù della scelta di andare via e tagliare con il passato, a favore di una nuova vita culturalmente indirizzata all’Arte del cinema, scelta che a distanza di anni, risulta vantaggiosa e piena di soddisfazioni. Dunque, anche questo film, rappresenta una magia del cinema con la mano dell’autore, che si distingue e si riconosce, almeno per quel pubblico, attento e consapevole ai film che sceglie di vedere. (Mauridal).
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