
Anno | 2025 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | Francia, Germania, Paesi Bassi, Lettonia, Romania |
Durata | 110 minuti |
Regia di | Sergei Loznitsa |
Attori | Aleksandr Kuznetsov (IV), Anatoliy Belyy, Vytautas Kaniusonis, Valentin Novopolskij Aleksandr Filippenko, Ivgeny Terletsky, Orest Pasko. |
Tag | Da vedere 2025 |
Distribuzione | Lucky Red |
MYmonetro | 3,50 su 13 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 28 maggio 2025
Un giovane procuratore cerca, nella Unione Sovietica stalinista, di fare quello che dovrebbe essere il suo dovere: rispondere all'appello di un detenuto.
CONSIGLIATO SÌ
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URSS 1937. Apogeo della repressione staliniana. Un detenuto incaricato di bruciare tutti gli appelli rivolti al dittatore ne salva uno rivolto a un procuratore e riesce a farlo arrivare al destinatario. Il quale è Alexander Kornev, giovane magistrato idealista convinto di vivere nel più legale dei mondi. Si accorgerà, a sue spese, che la realtà è estremamente diversa.
Sergei Loznitsa realizza il suo primo lungometraggio di totale fiction parlando del passato per ammonire sul presente.
Questo film porta sullo schermo un testo di Georgy Demidov a lungo proibito in Russia perché offriva una testimonianza diretta dei gulag staliniani (oltre a quella nota di Solgenytsin). Per quanto riguarda la filmografia del documentarista ucraino sembra essere il diretto discendente di Process (2018) in cui si raccontava un processo staliniano del 1930 in cui alti dirigenti, accusati di avere ordito una trama per un attentato, confessavano colpe mai avute per salvarsi una vita da trascorrere però nei gulag. È in uno di questi che si apre il film con un'immagine tenuta a lungo sullo schermo: si tratta di un'impalcatura di legno che viene smontata dai detenuti. Il film vuole smontare un sistema di apparato che sapeva bene come rimanere in piedi e che, come ci viene suggerito, lo sa ancora oggi in tutti i Paesi in cui è al potere un dittatore. Ogni riferimento alla Russia odierna non è puramente casuale. Nella vicenda ci sono riferimenti a Gogol ma, soprattutto, è Kafka a dominare con la sua visione purtroppo profetica. Kornev potrebbe essere un suo protagonista (il suo cognome, forse non a caso, inizia con la K). Nato all'incirca quando la Rivoluzione bolscevica aveva inizio pensa che il suo compito sia quello di far applicare la Legge (con l'iniziale maiuscola) e si muove con pazienza e determinazione nelle maglie di un sistema burocratico che, fingendo di assecondarlo, lo sta progressivamente avvolgendo nelle proprie pericolosissime spire.
Loznitsa è al suo fianco e, al contempo, ci mette a conoscenza di quanto accade dietro le quinte. Scopriamo, ad esempio, che un funzionario che deve consentirgli di procedere viene dato come assente per fiaccare la sua volontà di attesa mentre invece si trova nel suo ufficio. L'esito però sembra raggiunto quando finalmente l'incontro con il detenuto richiedente tutela può avvenire e costui gli mostra i segni di tutte le torture subite dall'NKVD, la polizia segreta. Di cos'altro c'è bisogno per procedere in suo favore? Di nulla se il procuratore potesse decidere in proprio ma è il Sistema a poter dire l'ultima parola. Che non può e non deve essere favorevole. Il regista ucraino ha ormai raggiunto una filmografia tale da meritare una rassegna dei suoi film. Visti insieme ci aiuterebbero a capire il presente dell'Est Europa forse più e meglio di tanti reportage.
Nell'Unione Sovietica del 1937 Kornev, un giovane funziona- rio idealista cerca di scagionare un uomo accusato e imprigionato ingiustamente. Loznitsa cambia registro rispetto alle sue precedenti opere di finzione. Senza ricorrere a rivelazioni o colpi di scena, rappresenta con rigore la banalità delle disillusioni a cui si espone Kornev e riesce a evocare gli orrori pervasivi della vita in un regime [...] Vai alla recensione »
1937, apogeo del terrore staliniano. La prigione è così parte del mondo sovietico che nella monocorde fotografia digitale di Oleg Mutu non la si distingue da un cantiere. Il giovane procuratore che riceve la richiesta di colloquio di un prigioniero speciale (un vecchio bolscevico arrestato per tradimento) vuole però distinguersi dagli altri uomini d'ordine (guardie, direttori di prigione, il secondo [...] Vai alla recensione »
Il cumulo di lettere di dissidenti da bruciare che sta ammassato nella cella della prigione all'inizio del film è un po' il corpo vero, la carne e il sangue, di Two Prosecutors, il film di finzione di Sergei Loznitsa che Cannes78 propone in Concorso. Abituato a rimestare nell'archivio visivo della Storia, qui che lavora di messa in scena il regista ucraino sembra quasi voler prendere le distanze dalla [...] Vai alla recensione »
Tratto da un racconto di Georgy Demidov - fisico russo diventato scrittore dopo aver passato quattordici anni in un gulag nel periodo delle grandi purghe - Two Prosecutors è senza dubbio il film di finzione di Loznitsa più risolto e rigoroso di sempre. Ambientato nell'URSS del 1937, al culmine del terrore staliniano, il film racconta di Kornyev, giovane procuratore di Brjansk fresco di nomina il quale, [...] Vai alla recensione »
Chi ha qualche anno - diciamo non proprio vent'anni - forse ricorderà un vecchio telefilm, come si diceva un tempo, dal titolo Get Smart. Si trattava di una spassosa parodia dei film di James Bond, in cui l'agente protagonista, per accedere alla base dei servizi segreti, doveva attraversare un corridoio interminabile costellato di porte che si aprivano e si chiudevano una dopo l'altra, come compartimenti [...] Vai alla recensione »
All'origine del nuovo film con cui Sergei Loznitsa è in concorso sulla Croisette c'è un libro di Georgij Demidov (fra le sue opere anche Vite spezzate, Le Lettere edizioni) dallo stesso titolo: Due procuratori. Demidov era un giovane fisico, ricercatore nel laboratorio del premio Nobel Lev Landau, che viene arrestato nel 1938 durante le purghe staliniane e rinchiuso con una condanna a otto anni nella [...] Vai alla recensione »
È invece esperto il Loznitsa di Two Prosecutors da novella del fisico Demidov che passò 14 anni nei gulag sovietici. Lancinante dramma politico su procuratore idealista coinvolto nelle purghe staliniane del 1937. Facce deformate dalla paranoia, spie travestite da ingegneri bonaccioni, infiniti corridoi di celle arrugginite e sale d'attesa dove ti torturano con lo sguardo.
Con un giro di chiavi ad un massiccio portone di metallo si apre Two Prosecutors, che segna la quarta corsa alla Palma d'Oro per il regista ucraino Sergei Loznitsa, che nel 2018 aveva vinto la miglior regia nella sezione Un Certain Regard per Donbass. Il nuovo film è un dramma storico ambientato nel 1937 ed è tratto dall'omonimo racconto del fisico e scrittore sovietico Georgy Demidov (1908 -1987), [...] Vai alla recensione »
Il ritorno al cinema finzionale del regista ucraino, apprezzato soprattutto per i suoi documentari, ci riporta indietro, agli anni delle purghe staliniane (siamo nel 1937), un sistema di incarceramento degli oppositori del regime sovietico. Siamo in uno sciagurato carcere dell'epoca, dove un giovane magistrato si presenta, dopo aver ricevuto uno dei pochissimi appelli fatti dagli internati e fortunatamente [...] Vai alla recensione »
Otto anni dopo A Gentle Creature e numerosi documentari, Sergei Loznitsa torna al cinema di finzione. Lo fa con Two Prosecutors (acquistato per l'Italia da Lucky Red), opera ispirata agli scritti di Georgij Demidov, fisico e prigioniero politico durante il regime del terrore staliniano. Siamo dunque nell'URSS del 1937, dentro la gelida prigione di Bryansk, abitata da relitti umani, la maggior parte [...] Vai alla recensione »
Retour à la fiction pour Sergei Loznitsa. Sette anni dopo Donbass, otto dopo A Gentle Creature, l'autore ucraino (ri)passa per un momento dall'altra parte della barricata e ci regala Two Prosecutors, amara, sardonica, lapidaria riflessione sullo stalinismo, sulle grandi purghe, sul grande terrore. Sulla dittatura, sul sistematico annullamento degli oppositori politici.
Due Procuratori di Sergie Loznitsa è uno di quei film che valgono il tempo speso in fila alla Croisette per entrare. Il regista ucraino a questo 78° Festival di Cannes dona un dramma inquietante, grottesco, discuramente disturbante ambientato ai tempi delle Purghe Staliniane, un omaggio a Kafka, alla grande letteratura sull'orrore di quegli anni, ma soprattutto un'analisi spietata sulla mediocrità [...] Vai alla recensione »