| Anno | 2025 |
| Genere | Documentario, |
| Produzione | USA, Palestina |
| Durata | 81 minuti |
| Regia di | Kei Pritsker, Michael T Workman |
| Uscita | venerdì 28 novembre 2025 |
| Tag | Da vedere 2025 |
| Distribuzione | Revolver, Alberto Valtellina Produzioni |
| MYmonetro | 3,25 su 4 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento venerdì 28 novembre 2025
Nel 2024, 50 studenti della Columbia guidano un'ondata di proteste per Gaza. Il film racconta la loro lotta, tra repressione e speranza.
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CONSIGLIATO SÌ
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Ad aprile del 2024, per dodici giorni gli studenti della Columbia University occupano il prato esterno con le loro tende per rendere pubblica la loro protesta, finora inascoltata, contro il genocidio a Gaza e la politica di investimenti israeliani del loro stesso istituto, nel cui consiglio di amministrazione siede anche un consigliere della Lockeed Martin, nota multinazionale produttrice di armi e sistemi di difesa. Al ritmo dello slogan "denuncia, disinvesti, non ci fermeremo, non ci calmeremo", i manifestanti si prefiggono di portare pacificamente la direzione a cambiare orientamento, facendo pressione sulla rettrice (fino ad agosto 2024) Minouche Shafik, economista di origine egiziana. La generazione che protesta si organizza e opera avendo chiaro alle proprie spalle l'esempio di quella che nel 1968, in quello stesso campus, rifiutava la guerra in Vietnam: l'aula occupata allora si chiamava Hamilton Hall; oggi è intitolata alla stessa bambina protagonista di La voce di Hind Rajab di Kaouther Ben Hania.
A parlare e raccontare la protesta sono, in riprese a parte, esclusivamente gli studenti a capo del movimento.
Sueda Polat, statunitense di origini palestinesi; Mahmoud Khalil, palestinese cresciuto nei campi profughi in Siria, incaricato del compito di mediatore con l'università e in seguito arrestato dall'ICE (l'agenzia federale speciale sull'immigrazione), così come altri studenti con visto; Grant Miner, ebreo e studioso di storia ebraica, rappresentante degli studenti lavoratori dell'ateneo, espulso a causa del suo attivismo. E Naye Idriss, libanese di nascita, statunitense d'adozione. A contorno delle loro testimonianze, il commento di Bisan Owda, giornalista con base a Gaza. Il film degli esordienti Kei Prikster e Michael T Workman è scaturito da un servizio giornalistico del primo e poi si è sviluppato in lungometraggio con le aggiunte delle interviste "posate": un'estemporaneità di concezione che ne è la forza, nella incompiutezza aiutata da didascalie esplicative finali.
Invoca col suo titolo un contrasto di immagini, un parallelismo stridente: le tende da campeggio montate sul prato di un laboratorio culturale dell'elite statunitense e le strutture provvisorie montate nei campi per rifugiati a Gaza, a cui lo spettatore di programmi di informazione si è ormai assuefatto. La tenda, che per gli studenti è strumento di critica, per i palestinesi è stile di vita, promessa di una terra promessa. Mette in luce il pacifismo di una generazione che ha studiato la storia dei palestinesi e si batte perché venga raccontata, per il cambiamento di un modello economico sociale. Registra la repressione della polizia con lacrimogeni e proiettili di gomma, il cambio forzato delle regole di protesta, e soprattutto il racconto mediatico che sposta l'attenzione dalle richieste accusando i contestatori di antisemitismo e di supporto al terrorismo di Hamas. Evidentemente circoscritto all'arco temporale ristretto in cui si muove e condizionato dal brutale evolversi del conflitto, il film ha però il merito di dar conto anche della diffusione delle proteste anche in molte altre università statunitensi e non solo. E ha la forza di riaffermare, proprio da un centro di produzione culturale, la centralità dello studio, il suo manifestarsi anche in dissenso critico. Quella cultura distrutta a Gaza con il bombardamento di scuole e università.
Gli archivi del futuro, per una larga parte conserveranno immagini che ricomporranno, per i futuri studiosi, i pezzi mancanti della cronaca, i pezzi omessi della letteratura storica. Riempire questi vuoti oggi diventa possibile con le migliaia di immagini che al trascorrere di ogni minuto subissano e intasano le vie di comunicazione delle nostre reti mediatiche.
Una miriade di piccole tende punteggia il prato della Columbia University davanti alla grande scalinata dell'edificio ai margini di Harlem, New York. L'occupazione della Columbia in solidarietà con i palestinesi scatenerà le proteste in molti atenei degli Stati Uniti, al grido «denuncia, disinvesti», stessa richiesta delle proteste del 1968 contro il business delle armi per il Vietnam, rivolta qui [...] Vai alla recensione »
«Perché pensi che questi accampamenti provochino una risposta così intensa da alcune delle persone più potenti del mondo?». Si apre con questa domanda a Sueda Polat, una delle studentesse che hanno animato gli accampamenti di solidarietà con Gaza dell'aprile 2024 alla Columbia University di New York, il pregevole The Encampments, documentario di Michael T.