
Intervista al regista e sceneggiatore Georg Maas. L'amore secondo Kafka è al cinema.
di Paola Casella
Un Franz Kafka inedito, affascinante e innamorato, è il protagonista di L’amore secondo Kafka, diretto da Judith Kaufmann e Georg Maas, che è anche sceneggiatore del film. Ne parliamo con Maas, testimone dell’intenzione del duo di far uscire Kafka dalla percezione che il pubblico ha sempre avuto di lui come “depresso e misantropo, e interamente ripiegato su se stesso. Kafka ha avuto diverse storie d’amore e vari amici fedeli che frequentava regolarmente, non era isolato dal mondo o refrattario alle emozioni, come spesso è stato descritto. Anzi, era pronto ad entusiasmarsi e a lasciarsi coinvolgere emotivamente dalle persone a lui care”.
Il romanzo su cui è basato L’amore secondo Kafka, “The Glory of Life” di Michael Kumpfmuller, è più cupo del vostro film.
Sì, perché comunque racconta l’ultimo anno di vita dello scrittore. Ma noi abbiamo voluto inserire altri elementi nella storia, come ad esempio il senso dell’umorismo, che in Kafka era ben presente. Quando lo scrittore nel film legge pubblicamente i suoi lavori ride e fa ridere, consapevole dell’aspetto comico dei suoi testi più surreali.
La fotografia di Judith Kaufman inserisce una grande luminosità nelle scene iniziali in cui Franz e Dora si innamorano, che sembrano quadri Impressionisti en plein air.
Non so se Judith si sia ispirata agli Impressionisti in particolare, so che voleva avvolgere nella luce i due protagonisti nella fase iniziale della storia. L’oscurità arriverà nella seconda fase, quando Franz e Dora Diamant si trasferiscono in città e le loro condizioni diventano difficili, e nella terza in cui Franz viene ricoverato nell’ospedale dove morirà. Ma anche in quel caso abbiamo cercato di creare un’oscurità in cui ci fosse anche spazio per la vitalità di Dora e del loro amico Max Brod: non a caso il titolo internazionale del film è “La gloria della vita”.
Quali libertà vi siete presi nel mettere in scena la storia di Kafka?
Abbiamo compattato alcune location, ad esempio Franz e Dora hanno vissuto in tre appartamenti diversi a Berlino e nel film sono diventati uno, così come anche gli ospedali in cui Franz è stato ricoverato erano tre e li abbiamo condensati in uno solo. Anche le lettere che Franz manda a Dora non esistono più – a meno che qualcuno non riesca a ritrovarle – e abbiamo dunque dovuto inventarle, sulla base del tipo di scrittura che Kafka aveva usato nelle lettere alle sue due compagne precedenti, cercando di immaginare che cosa potesse dire a Dora, il grande amore della sua vita.
Come avete scelto i due attori protagonisti, Sabin Tambrea e Henriette Confurius?
Cercavamo un attore che avesse un aspetto intellettuale ed elegante, e che desse l’idea di avere antenne molto sensibili sul mondo; e volevamo una giovane attrice piena di vita e diretta come era Dora Diamant. Soprattutto ci premeva che avessero fra di loro una chimica istantanea, così che il pubblico potesse credere al colpo di fulmine avvenuto nella realtà fra Franz e Dora.
Judith Kaufmann, la sua coregista e direttrice della fotografia, ha diretto Il corsetto dell’imperatrice rigorosamente in 35mm. L’amore secondo Kafka invece è stato girato in digitale.
I produttori insistevano per il digitale e noi per la pellicola, ma dopo aver provato a girare qualche scena in digitale ci siamo resi conto che la differenza non era poi così grande, e abbiamo accettato. Però abbiamo aggiunto in postproduzione una grana simile a quella della pellicola, che ha dato maggiore profondità all’immagine e l’ha resa più adeguata a raccontare quel periodo del passato.
Il vostro film racconta Diamant come una sorta di musa ispiratrice per Kafka.
Era davvero così nella realtà: Dora veniva da una famiglia ebrea ortodossa, dalla quale si è allontanata quando il padre si è risposato, dopo aver cresciuti i suoi numerosi fratelli in seguito alla morte della madre. Franz invece veniva da una famiglia che frequentava il tempio tre o quattro volte l’anno e non si interessava alle sacre scritture. Lui aveva già intrapreso autonomamente lo studio dell’ebraico e della Torah, ma solo dopo aver incontrato Dora scoprirà un legame più autentico con la religione. Lo stesso è accaduto con l’impegno politico: Dora era comunista e Franz, pur non diventando un attivista anche a causa del suo stato di salute, ha acquisito grazie a lei una consapevolezza politica che prima non aveva.