Una riflessione sul consumismo e sull'aridità sentimentale scritta, diretta, prodotta e interpretata da Fabio Del Greco. Dal 2 ottobre al cinema.
di Simone Emiliani
Dante Mezzadri viene ricontattato dopo oltre vent’anni dal suo vecchio amico Iguana che è diventato un poeta famoso. Lui invece non ce l’ha fatta ma continua ad avere comunque la stessa ambizione. Stanco delle comodità della vita borghese, abbandona la moglie e va a vivere sul litorale romano dove si arrangia come può. Dopo aver fatto stampare e rilegare le sue poesie, cerca di venderle ma non interessano a nessuno. Ormai rimasto senza soldi, è costretto ad arrangiarsi e gli capita anche di rubare al supermercato. Poi crede di trovare la soluzione ai suoi problemi economici dopo essersi messo a vendere la ‘pillola del cannibale’ per conto di due giovani spacciatori che viene subito comprata dagli stessi clienti che invece prima rifiutavano le sue poesie. Ma ben presto si rende conto che questa droga è molto pericolosa. C’è l’attesa infinita di un appuntamento che viene continuamente ritardato. Scorrono le immagini sfocate del tempo passato, dei sogni e delle ambizioni giovanili mai realizzati o anche le visioni di ‘feste principesche di un’epoca mai vissuta’.
Il poeta perduto è una riflessione sul consumismo e sull’aridità sentimentale che individua la sensazione di straniamento proprio nel momento in cui crea collegamenti/contrasti di montaggio tra immagini diverse come in un film sperimentale. Il film però non trova quasi mai il punto d’incontro tra la ricerca visiva e una struttura narrativa che si regge in piedi a fatica, alimentata da una voce fuori-campo che rischia di voler cercare la metafora a tutti i costi spiegando 'il senso della vita'.