felicity
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venerdì 16 febbraio 2024
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ottimo film di genere, teso e adrenalinico
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The Killer è la storia di un assassino di professione che ha il volto spigoloso e glaciale di Michael Fassbender.
Ironico, metodico, implacabile: la preparazione per lui è tutto. Quando però accade l'impensabile, ovvero sbaglia, deve improvvisare, con conseguenze sanguinose. Un ottimo film di genere che intrattiene con stile, impreziosito da un'ottima prova di Fassbender e da un cameo del premio Oscar Tilda Swinton.
E' Cinema di grande livello pensato per lo streaming: geniale nell'impostazione e perfetto nell'esecuzione.
Fassbender qui è da Oscar, dato che regge il film da solo e ne detta i tempi, molto dilatati, ma che esplodono in un paio di sequenze assurde e straordinarie.
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The Killer è la storia di un assassino di professione che ha il volto spigoloso e glaciale di Michael Fassbender.
Ironico, metodico, implacabile: la preparazione per lui è tutto. Quando però accade l'impensabile, ovvero sbaglia, deve improvvisare, con conseguenze sanguinose. Un ottimo film di genere che intrattiene con stile, impreziosito da un'ottima prova di Fassbender e da un cameo del premio Oscar Tilda Swinton.
E' Cinema di grande livello pensato per lo streaming: geniale nell'impostazione e perfetto nell'esecuzione.
Fassbender qui è da Oscar, dato che regge il film da solo e ne detta i tempi, molto dilatati, ma che esplodono in un paio di sequenze assurde e straordinarie..
Bellissimo. Imponente. Glaciale.
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tranco
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domenica 7 gennaio 2024
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tranquillamente evitabile
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Nulla da eccepire sulla tecnica di ripresa. Tolta questa, il nulla assoluto: una storia che più banale e scontata non si può, qualche marchetta pubblicitaria di troppo (era davvero necessario inserire la finestra Amazon in sovrimpressione durante il film??), riflessioni pseudo filosofiche che non aggiungono nulla. Se proprio amate Fassbender, guardate altro (Shame, ad esempio).
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jonnylogan
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venerdì 24 novembre 2023
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senza via di scampo
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"Chi può permettersi me non deve perdere tempo a persuadermi di una causa"
In questa frase estrapolata da una spiegazione tesa a smontare qualunque coinvolgimento con la vita di vittime e mandanti e pronunciata con voce monotona, ha inizio l'ultima pellicola firmata da David Fincher e presentata al recente festival del cinema di Venezia e successivamente dirottata su Netflix.
Meticoloso nella preparazione delle esecuzioni, razionale e ritualizzato negli allenamenti fisici, negli spostamenti e al momento della fuga.
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"Chi può permettersi me non deve perdere tempo a persuadermi di una causa"
In questa frase estrapolata da una spiegazione tesa a smontare qualunque coinvolgimento con la vita di vittime e mandanti e pronunciata con voce monotona, ha inizio l'ultima pellicola firmata da David Fincher e presentata al recente festival del cinema di Venezia e successivamente dirottata su Netflix.
Meticoloso nella preparazione delle esecuzioni, razionale e ritualizzato negli allenamenti fisici, negli spostamenti e al momento della fuga. La vita di un operaio del crimine viene analizzata proprio nel momento di pericolo, causato da un intoppo capace di farne deragliare le numerose certezze.
Un uomo capace di pronunciare per le quasi due ore di pellicola poche parole impiegate solamente per essere funzionali alla propria vendetta. A queste s’aggiungono molte scene di un’azione sempre gestita con compassata e misurata lentezza, e altrettanti pensieri, che risultano essere la solida base di una crime story dal profilo internazionale scomposta in sei capitoli corrispondenti ad altrettanti spostamenti del protagonista, i cui i propri documenti d’identità sono falsificati impiegando i nomi di personaggi di serie tv – come non sorridere di fronte a un Howard Cunningham che noleggia un auto o a un George Jefferson che esegue un bonifico bancario. Capitoli preannunciati da altrettanti titoli e corrispondenti ad altrettante esecuzioni. Sarà però solo a film ultimato che si riusciranno a incastrare perfettamente tutti i tasselli di una storia nella quale Michael Fassbender, calato in un ruolo monosepressivo e spietato, la fa da completo padrone, con la sola incursione di Tilda Swinton, per una manciata di minuti utili a uno scambio di battute indimenticabili.
L’autore di Seven (id.; 1995) e Fight Club (id.; 1999) riesce finalmente a portare in sala dopo sedici anni di tentativi a vuoto, una trasposizione ben riuscita e credibili della graphic – novel francese omonima firmata dall’autore Alexis Nolent, alias Matz, e disegnata da Luc Jacamon.
Film che piacerà solamente a chi saprà accettare certi ritmi compassati e anche una trama ben differente rispetto alle precedenti pellicole firmate da Fincher.
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lunedì 20 novembre 2023
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recensione di un critico incompetente
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Che cavolo di recensione è una che svela il finale? A questo punto mi leggevo la trama su wikipedia... imbecille!
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montefalcone antonio
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venerdì 17 novembre 2023
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un film d''autore molto più di mero intrattenimento
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Nel suo ultimo film, “The killer”, David Fincher ci accompagna nella mente contorta di un solitario sicario senza nome, in un’opera che è sostanzialmente un flusso di coscienza, filtrato completamente dalla prospettiva di un assassino votato alla negazione di errori, improvvisazioni, e di tutto ciò che ci rende esseri umani, come affetti, emozioni ed empatia.
Tratta da una miniserie a fumetti scritta da Matz ed illustrata da Luc Jacamon e pubblicata dal 1998 al 2014 – per molti spettatori questa pellicola potrà risultare banale, monocorde e noiosa nel suo essere lineare, schematica, fredda e ripetitiva, in realtà se la si guarda col giusto approccio ci si farà coinvolgere, in quanto il crescendo tensivo non è negli eventi ma nell’invisibile evoluzione del personaggio; un killer professionista infallibile, molto preparato, rigido nel seguire le sue precise regole di condotta, che ama l’attenzione per i dettagli e il controllo totale, eppure inconsapevole di auto-ingannarsi su molti aspetti della sua personalità e della realtà, ma anche sul suo modo di (non)-rapportarsi con la società e le persone che gli ruotano attorno.
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Nel suo ultimo film, “The killer”, David Fincher ci accompagna nella mente contorta di un solitario sicario senza nome, in un’opera che è sostanzialmente un flusso di coscienza, filtrato completamente dalla prospettiva di un assassino votato alla negazione di errori, improvvisazioni, e di tutto ciò che ci rende esseri umani, come affetti, emozioni ed empatia.
Tratta da una miniserie a fumetti scritta da Matz ed illustrata da Luc Jacamon e pubblicata dal 1998 al 2014 – per molti spettatori questa pellicola potrà risultare banale, monocorde e noiosa nel suo essere lineare, schematica, fredda e ripetitiva, in realtà se la si guarda col giusto approccio ci si farà coinvolgere, in quanto il crescendo tensivo non è negli eventi ma nell’invisibile evoluzione del personaggio; un killer professionista infallibile, molto preparato, rigido nel seguire le sue precise regole di condotta, che ama l’attenzione per i dettagli e il controllo totale, eppure inconsapevole di auto-ingannarsi su molti aspetti della sua personalità e della realtà, ma anche sul suo modo di (non)-rapportarsi con la società e le persone che gli ruotano attorno.
L’accurato mix di scrittura e messinscena, efficaci e controllati tanto quanto il metodico, gelido protagonista, riesce a coinvolgere e celare una stimolante riflessione sulla psiche umana e sulla società contemporanea, sospese tra ordine e disordine.
La trama infatti è soltanto un pretesto per farci entrare nella psiche del killer (un convincente e credibile Fassbender), che appare quasi una rivisitazione dei protagonisti dei film polizieschi/noir di Jean-Pierre Melville, ma con molto meno fascino. L’attore col suo volto glaciale riesce ad esprimerci tutto il distacco ma al contempo anche le vulnerabilità del suo personaggio.
Thriller (ma anche revenge movie) teso e dallo stile geometrico, ricco di stile e raffinatezza visiva, sia nella messinscena che nella forma; “The Killer” è un’elegante pellicola di genere che, grazie al suo taglio filosofico (la banalità del Male) ed esistenziale, è molto più di ciò che appare, e, seppur abbastanza convenzionale, riesce a rendersi interessante e ad intrattenere con piacere.
Oltre al bellissimo incipit, il regista ci offre almeno altre due sequenze memorabili: un combattimento al buio in un appartamento e un dialogo con la sempre brava Tilda Swinton. Degni di nota la già citata regia, ma anche la fotografia e il montaggio, nonché la colonna sonora di Trent Reznor e Atticus Ross (mirabile in tal senso l’alternarsi del silenzio con la musica, e del monologo con il non-detto).
Insomma, “The killer” è una delle opere più riuscite e più dense di significati nella filmografia di David Fincher; e se ne consiglia la visione.
Voto: 7
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eugenio
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giovedì 16 novembre 2023
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esistenzialismo alla fincher
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Parte, nella sua precisione analitica e metodica filosofeggiando sul capitalismo odierno. Un uomo senza nome, pronto a colpire il suo bersaglio inganna il tempo tra stretching, riflessioni. È un assassino (Michael Fassbender) che, dopo quell'uccisione su commissione andata storta, si imbarca in una vendetta ai danni del suo stesso committente, responsabile di aver mandato all’ospedale la sua fidanzata come gesto di ritorsione. Nel percorrere questa scalata fino al responsabile delle sue sofferenze, il killer si lascia dietro una scia di sangue e crescono in lui i dubbi sul proprio mestiere.
Fino a un finale assurdamente lieto.
Fincher non convince.
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Parte, nella sua precisione analitica e metodica filosofeggiando sul capitalismo odierno. Un uomo senza nome, pronto a colpire il suo bersaglio inganna il tempo tra stretching, riflessioni. È un assassino (Michael Fassbender) che, dopo quell'uccisione su commissione andata storta, si imbarca in una vendetta ai danni del suo stesso committente, responsabile di aver mandato all’ospedale la sua fidanzata come gesto di ritorsione. Nel percorrere questa scalata fino al responsabile delle sue sofferenze, il killer si lascia dietro una scia di sangue e crescono in lui i dubbi sul proprio mestiere.
Fino a un finale assurdamente lieto.
Fincher non convince. The killer non è Zodiac, o Seven. È esercizio di stile senz'anima, atarassico e incompiuto come la surreale vendetta. Intrattenimento Netflix e nulla più con qualche salto di sedia e un Fassbender in discreto spolvero
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cyrus70
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domenica 12 novembre 2023
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noia cristallina
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Film inse stato di una noia bestiale. Tempo perso
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enrico cigna
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domenica 12 novembre 2023
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uno dei tanti
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Sinceramente dopo il battage pubblicitario e dei critici mi aspettavo un mezzo capolavoro di genere che, come si dice, mi tenesse incollato alla poltrona ( nel mio caso uno scomodo divanetto da appartamento in affitto arredato). Invece l'ho a spizzichi e mozzichi preparando cena, tra una birretta e l'altra, e temo che non meriti un' attenzione maggiore. Sulla stessa piattaforma se ne trovano tanti di altrettanto (in)validi.
Ho sentito dire di un Fassbender " magnetico". Boh, forse di quei magneti che si attaccano al frigorifero.
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alessandro spata
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domenica 12 novembre 2023
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anche il killer è "umano?"
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No, è che forse uno da Fincher si aspetta sempre il capolavoro. Oppure non è un caso forse che i film che ho amato di più dell’autore sono quelli meno fincheriani come Mank e Zodiac. E poi ecco che il regista ti sforna un discreto prodotto del genere: “Killer filosofo” che si esibisce nei soliti scampoli di saggezza Zen a buon mercato che,voglio dire,fanno sempre “figo”. Ma “Joubert- von Sidow”de - I tre giorni del condor - conserva un’eleganza insuperata.
“Braccio di ferro probabilmente l’ha detto meglio…”, ma secondo me questo film “è quello che è”, cioè è “sbagliato” .
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No, è che forse uno da Fincher si aspetta sempre il capolavoro. Oppure non è un caso forse che i film che ho amato di più dell’autore sono quelli meno fincheriani come Mank e Zodiac. E poi ecco che il regista ti sforna un discreto prodotto del genere: “Killer filosofo” che si esibisce nei soliti scampoli di saggezza Zen a buon mercato che,voglio dire,fanno sempre “figo”. Ma “Joubert- von Sidow”de - I tre giorni del condor - conserva un’eleganza insuperata.
“Braccio di ferro probabilmente l’ha detto meglio…”, ma secondo me questo film “è quello che è”, cioè è “sbagliato” . E qui potrebbe venirti voglia di girarti la testa come fa il protagonista a mo’ di stretching, ma fino a staccarti la cervicale dal resto della spina dorsale, proprio come solo un perfetto assassino professionista (o un osteopata distratto cui è scappata la mano), sarebbe capace di fare, eventualmente.
Come hanno sottolineato gli esperti è probabile che dal punto di vista formale The Killer sia inattaccabile, la messa in scena, montaggio, riprese, ma meno il “sonoro” secondo me. The Smiths non ci azzeccano a meno che non si volesse sottolineare che anche “il killer ha bisogno d’affetto: “I am human and I need to be loved. Just like everybody else does” (Sono un uomo ed ho bisogno d’essere amato. Esattamente come chiunque altro) come recita Morrissey il vocalist del gruppo di Manchester in “HOW SOON IS NOW?” .
E poi alcuni momenti di involontaria ironia o che comunque mi hanno suscitato un accenno di sorriso come quando dopo averci snocciolato il suo rituale dialogo interiore e filosofeggiante con cui prova a caricarsi («Attieniti al piano. Non fidarti. Niente empatia. Gioca d’anticipo, non improvvisare. Mai concedere un vantaggio. Combatti solo se sei pagato per combattere.» ) il killer finisce puntualmente per combinare delle vaccate inusuali. Per la serie “le ultime parole famose” . Seguono a questi dialoghi introspettivi un paio di fallimenti o quasi: nella scazzottata col tipo che ha brutalizzato la sua donna (scena molto ben girata e realistica) per poco non ci rimane secco.
Il killer con le sue svariate identità come impone la professione è Meticoloso, minuzioso, paranoico, ha l’ossessione per il controllo, tuttavia anche lui deve confrontarsi con il fallimento. E così scopre che anche lui è tutto sommato "umano" o forse soltanto imperfetto. L'aspirazione alla perfezione è tipica dei narcisisti e pure discretamente maligni alcuni dei quali possono anche "evolvere" nella franca sociopatia. Fassbender è puntuale nella descrizione della freddezza dello psicopatico tipico con “niente empatia”. La sua espressione piatta è funzionale al ruolo e forse richiama di proposito anche la narrazione bidimensionale tipica del fumetto (la fissità dei volti illustrati?) da cui è tratto il film. La Swinton da manuale come quasi sempre.
Film che ha una sua discreta dignità soprattutto per quelli che lo considerano un'opera di transizione verso qualcosa che sia più all'altezza del genio di Fincher.
Attendiamo e speriamo!
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peer gynt
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lunedì 4 settembre 2023
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il killer logorroico
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Ecco un esempio di film dove la tecnica è tutto: tecnica del regista, delle riprese, del montaggio, tecnica del killer protagonista, che cura tutti i dettagli, anche quelli più inutili, in maniera maniacale e per giorni. La preparazione del suo delitto su commissione è meticolosa fino alla noia, eppure, sembra incredibile, ma ... sbaglia il bersaglio! Bene, questi primi venti minuti del film sembrano contenere, in nuce, non solo l'anima del film ma anche il suo stesso giudizio. Perché alla fine questo film, così perfetto, meticoloso, esatto, accurato manca l'obiettivo finale, cioè non conquista lo spettatore. La storia narrata resta sullo sfondo, i personaggi incontrati sulla strada sono pure ed evanescenti comparse (anche la pur ottima Tilda Swinton) o figure stereotipate (Brute, un nome un programma!): resta solo il killer, con il suo soliloquio filosofeggiante che, alla lunga, diventa lo sproloquio di un narcisista che parla solo per se stesso.
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Ecco un esempio di film dove la tecnica è tutto: tecnica del regista, delle riprese, del montaggio, tecnica del killer protagonista, che cura tutti i dettagli, anche quelli più inutili, in maniera maniacale e per giorni. La preparazione del suo delitto su commissione è meticolosa fino alla noia, eppure, sembra incredibile, ma ... sbaglia il bersaglio! Bene, questi primi venti minuti del film sembrano contenere, in nuce, non solo l'anima del film ma anche il suo stesso giudizio. Perché alla fine questo film, così perfetto, meticoloso, esatto, accurato manca l'obiettivo finale, cioè non conquista lo spettatore. La storia narrata resta sullo sfondo, i personaggi incontrati sulla strada sono pure ed evanescenti comparse (anche la pur ottima Tilda Swinton) o figure stereotipate (Brute, un nome un programma!): resta solo il killer, con il suo soliloquio filosofeggiante che, alla lunga, diventa lo sproloquio di un narcisista che parla solo per se stesso.
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