montefalcone antonio
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venerdì 17 novembre 2023
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un film d''autore molto più di mero intrattenimento
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Nel suo ultimo film, “The killer”, David Fincher ci accompagna nella mente contorta di un solitario sicario senza nome, in un’opera che è sostanzialmente un flusso di coscienza, filtrato completamente dalla prospettiva di un assassino votato alla negazione di errori, improvvisazioni, e di tutto ciò che ci rende esseri umani, come affetti, emozioni ed empatia.
Tratta da una miniserie a fumetti scritta da Matz ed illustrata da Luc Jacamon e pubblicata dal 1998 al 2014 – per molti spettatori questa pellicola potrà risultare banale, monocorde e noiosa nel suo essere lineare, schematica, fredda e ripetitiva, in realtà se la si guarda col giusto approccio ci si farà coinvolgere, in quanto il crescendo tensivo non è negli eventi ma nell’invisibile evoluzione del personaggio; un killer professionista infallibile, molto preparato, rigido nel seguire le sue precise regole di condotta, che ama l’attenzione per i dettagli e il controllo totale, eppure inconsapevole di auto-ingannarsi su molti aspetti della sua personalità e della realtà, ma anche sul suo modo di (non)-rapportarsi con la società e le persone che gli ruotano attorno.
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Nel suo ultimo film, “The killer”, David Fincher ci accompagna nella mente contorta di un solitario sicario senza nome, in un’opera che è sostanzialmente un flusso di coscienza, filtrato completamente dalla prospettiva di un assassino votato alla negazione di errori, improvvisazioni, e di tutto ciò che ci rende esseri umani, come affetti, emozioni ed empatia.
Tratta da una miniserie a fumetti scritta da Matz ed illustrata da Luc Jacamon e pubblicata dal 1998 al 2014 – per molti spettatori questa pellicola potrà risultare banale, monocorde e noiosa nel suo essere lineare, schematica, fredda e ripetitiva, in realtà se la si guarda col giusto approccio ci si farà coinvolgere, in quanto il crescendo tensivo non è negli eventi ma nell’invisibile evoluzione del personaggio; un killer professionista infallibile, molto preparato, rigido nel seguire le sue precise regole di condotta, che ama l’attenzione per i dettagli e il controllo totale, eppure inconsapevole di auto-ingannarsi su molti aspetti della sua personalità e della realtà, ma anche sul suo modo di (non)-rapportarsi con la società e le persone che gli ruotano attorno.
L’accurato mix di scrittura e messinscena, efficaci e controllati tanto quanto il metodico, gelido protagonista, riesce a coinvolgere e celare una stimolante riflessione sulla psiche umana e sulla società contemporanea, sospese tra ordine e disordine.
La trama infatti è soltanto un pretesto per farci entrare nella psiche del killer (un convincente e credibile Fassbender), che appare quasi una rivisitazione dei protagonisti dei film polizieschi/noir di Jean-Pierre Melville, ma con molto meno fascino. L’attore col suo volto glaciale riesce ad esprimerci tutto il distacco ma al contempo anche le vulnerabilità del suo personaggio.
Thriller (ma anche revenge movie) teso e dallo stile geometrico, ricco di stile e raffinatezza visiva, sia nella messinscena che nella forma; “The Killer” è un’elegante pellicola di genere che, grazie al suo taglio filosofico (la banalità del Male) ed esistenziale, è molto più di ciò che appare, e, seppur abbastanza convenzionale, riesce a rendersi interessante e ad intrattenere con piacere.
Oltre al bellissimo incipit, il regista ci offre almeno altre due sequenze memorabili: un combattimento al buio in un appartamento e un dialogo con la sempre brava Tilda Swinton. Degni di nota la già citata regia, ma anche la fotografia e il montaggio, nonché la colonna sonora di Trent Reznor e Atticus Ross (mirabile in tal senso l’alternarsi del silenzio con la musica, e del monologo con il non-detto).
Insomma, “The killer” è una delle opere più riuscite e più dense di significati nella filmografia di David Fincher; e se ne consiglia la visione.
Voto: 7
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jonnylogan
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venerdì 24 novembre 2023
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senza via di scampo
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"Chi può permettersi me non deve perdere tempo a persuadermi di una causa"
In questa frase estrapolata da una spiegazione tesa a smontare qualunque coinvolgimento con la vita di vittime e mandanti e pronunciata con voce monotona, ha inizio l'ultima pellicola firmata da David Fincher e presentata al recente festival del cinema di Venezia e successivamente dirottata su Netflix.
Meticoloso nella preparazione delle esecuzioni, razionale e ritualizzato negli allenamenti fisici, negli spostamenti e al momento della fuga.
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"Chi può permettersi me non deve perdere tempo a persuadermi di una causa"
In questa frase estrapolata da una spiegazione tesa a smontare qualunque coinvolgimento con la vita di vittime e mandanti e pronunciata con voce monotona, ha inizio l'ultima pellicola firmata da David Fincher e presentata al recente festival del cinema di Venezia e successivamente dirottata su Netflix.
Meticoloso nella preparazione delle esecuzioni, razionale e ritualizzato negli allenamenti fisici, negli spostamenti e al momento della fuga. La vita di un operaio del crimine viene analizzata proprio nel momento di pericolo, causato da un intoppo capace di farne deragliare le numerose certezze.
Un uomo capace di pronunciare per le quasi due ore di pellicola poche parole impiegate solamente per essere funzionali alla propria vendetta. A queste s’aggiungono molte scene di un’azione sempre gestita con compassata e misurata lentezza, e altrettanti pensieri, che risultano essere la solida base di una crime story dal profilo internazionale scomposta in sei capitoli corrispondenti ad altrettanti spostamenti del protagonista, i cui i propri documenti d’identità sono falsificati impiegando i nomi di personaggi di serie tv – come non sorridere di fronte a un Howard Cunningham che noleggia un auto o a un George Jefferson che esegue un bonifico bancario. Capitoli preannunciati da altrettanti titoli e corrispondenti ad altrettante esecuzioni. Sarà però solo a film ultimato che si riusciranno a incastrare perfettamente tutti i tasselli di una storia nella quale Michael Fassbender, calato in un ruolo monosepressivo e spietato, la fa da completo padrone, con la sola incursione di Tilda Swinton, per una manciata di minuti utili a uno scambio di battute indimenticabili.
L’autore di Seven (id.; 1995) e Fight Club (id.; 1999) riesce finalmente a portare in sala dopo sedici anni di tentativi a vuoto, una trasposizione ben riuscita e credibili della graphic – novel francese omonima firmata dall’autore Alexis Nolent, alias Matz, e disegnata da Luc Jacamon.
Film che piacerà solamente a chi saprà accettare certi ritmi compassati e anche una trama ben differente rispetto alle precedenti pellicole firmate da Fincher.
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