The Fabelmans

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Un film di Steven Spielberg. Con Michelle Williams, Paul Dano, Seth Rogen, Gabriel LaBelle.
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Drammatico, Ratings: Kids+13, durata 151 min. - USA 2022. - 01 Distribution uscita giovedì 22 dicembre 2022. MYMONETRO The Fabelmans * * * * - valutazione media: 4,17 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Lettera di amore e perdono Valutazione 4 stelle su cinque

di johnny1988


Feedback: 5224 | altri commenti e recensioni di johnny1988
lunedì 26 dicembre 2022

 Sam Fabelman (Mateo Zoryan da piccolo, Gabrielle LaBelle da grande) sta per entrare per la prima volta in un cinema, ha sei anni ed è terrorizzato; i genitori, Mitzi (Michelle Williams) e Burt Fabelman (Paul Dano), che lo accompagnano, lo rassicurano, il padre illustrando il concetto della “persistenza visiva” applicata alla velocità dello scorrimento dei fotogrammi su pellicola, la madre affabulando invece il piccolo con l'incanto delle immagini. Il film si apre con questa sequenza, forse la più didattica ma anche una delle più “sentite” nella Storia del Cinema sino ad oggi. C'è tutto in questi due minuti, che forse sintetizzano un intero capitolo biografico e “storico”, dai movimenti di macchina alla composizione, dalla fotografia alla colonna sonora in una confluenza di arti avvolgente e calda. 

 
The Fabelmans è il film parentesi e forse il testamento d'amore di una intera carriera, come lo fu Fanny e Alexander per Ingmar Bergman. Malgrado il trailer illuda il pubblico (dovrebbero cambiare la politica sul montaggio delle anteprime, almeno per dignità intellettuale), che si tratti di un blockbuster con colpi di scena e di azione, alla stregua di un romantico Indiana Jones, Spielberg firma un'opera apologetica del cinema, e al contempo, dei suoi genitori, cardini archetipici della sua crescita ma anche esseri umani di cui deve accettare i “limiti” e le fragilità più profonde. Come il segreto che Mitzi, la figura più amata e forse meno compresa dal figlio, deve custodire, in funzione del suo ruolo di madre e moglie. 
 
Così, nell'arco di dieci anni, assistiamo all'evoluzione di un piccolo uomo, che attraversa gioie e dolori famigliari, vive con una purezza comica lo scontro culturale e religioso con i suoi coetanei (la battuta sul Natale e il primo amore con una fervente cattolica sono da antologia) e comincia a comprendere il ruolo di regista, trasmutandosi da pubblico passivo del cinema ad artigiano della materia, con la stessa passione sperimentale che hanno caratterizzato molti cineasti che oggi amiamo ricordare, da George Lucas a Coppola, fino a Cassavetes. Tutto in un quadro dove la minaccia nucleare, le guerre, il maccartismo antisemita restano rarefatte sullo sfondo.
 
Spielberg, come fa in pochissimi momenti della sua vita, si “riposa” e riflette nell'intimità dei ricordi, non cerca di fare ordine, ma più che altro sembra lasciarsi attraversare dal flusso del passato, compiendo una rielaborazione esorcistica e di “perdono” di tutti i mostri rinchiusi nel cassetto dei traumi. Alcuni li ha trasformati in mostri benevoli e ultraterreni, come E.T., altri in efferati anti-eroi, come lo Squalo, e così via. Ma per una volta, Steven si toglie la tuta antiproiettile e racconta coraggiosamente una storia d'essai, la sua, senza ghirigori sentimentalisti, senza le simmetrie clichè care agli sceneggiatori di un tempo, con una libertà espressiva mai prevedibile, quasi casuale addirittura. E senza effetti speciali. L'unica specialità sta nella macchina da presa, che gioca come un “attore” con la linea dell'orizzonte, come fanno i bimbi quando superano i primi ostacoli dell'apprendimento e iniziano a dominare la materia. Spielberg ci riesce in pieno, inscenando una metafora bellissima della linea sottile che separa la realtà dall'apparenza, senza porsi domande, ma semplicemente mostrandola.
 
Per la produzione del film tornano tutti i membri più affezionati al regista: le musiche sono di John Williams (che si ritirerà dal cinema dopo questa ultima composizione), la fotografia contrastata e “antica” è di Kamiński, il montaggio di Michael Kahn e la sceneggiatura, a quattro mani con Spielberg stesso, di Tony Kushner.
 
Eeaster egg finale con un regista che non svelo. Andatelo a vedere.

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