Quei" Diavoli" tra romanzo e documentario
di Stefano Balassone La Repubblica
Diavoli (Sky) si è esposto al rischio di tenere insieme romanzo e docuserie.
Romanzesca è la storia dell' emigrato italico che, forte dell' esperienza adolescenziale in furto e truffa, fa carriera nel mondo della finanza londinese.
Mestiere su misura per chi rifugga dalla scelta fra bene e male e guardi esclusivamente la mole del guadagno. Aggiungi alla ricetta un collega che di punto in bianco si sfracella al suolo, una moglie fragile, una possibile fiamma alternativa, e il gioco è fatto.
L' aspetto docuserie deriva dal contesto storico: il 2012, quando uno o più fondi Usa puntarono al collasso dell' euro attaccandolo dal lato italiano, il più sguarnito.
Quei Diavoli puntavano a una montagna di quattrini, ma anche a riaffermare la centralità del dollaro e a prendere a schiaffi una Germania, troppo dimentica della guerra persa. Grazie a Draghi e alla foglia mangiata dai tedeschi, a quei Diavoli però andò male nonostante la combutta con i vari Assange (anche la serie ne inventa un esemplare) dediti alla rivelazione degli arcani del Potere, come se questi fossero davvero così reconditi ed astrusi da essere inaccessibili ai normali.
E chissà che quello scacco finanziario non abbia suscitato la reazione dell'"America first" con tanto di Trump alla Presidenza.
In Diavoli , alla fin fine, romanzo e documento non si fondono.
L' emozione del primo, non decolla perché le "persone" scompaiono rispetto all' imponenza di una finanza che con un click decide la sorte di Stati e popoli. Ma l' interesse affidato al profilo docuserie si basa sulla pretesa che lo spettatore si districhi nell' abracadabra delle regole del gioco, frastornato dal gergo di quelli che vendono "short" o "long", garantiti da "insider trading", tanto per non sbagliare.
Il montaggio è stato chiamato alla dura sfida di incollare i contenuti eterogenei mediante l' uso intensivo delle sincopi. Questo il fumo prodotto da quei Diavoli nella video pentola. Senza coperchio, come previsto dal proverbio.
Da La Repubblica, 18 maggio 2020
di Stefano Balassone, 18 maggio 2020
twitter
diventa fan
