tylerdurden71
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sabato 9 febbraio 2019
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noia
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Sono in sala mentre proiettato il film con la giacca in testa per non far vedere la luce del telefonino. Tra poco torno su Fb, penso che chiunque leggendo capisca cosa mi ha trasmesso questo film.
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marcloud
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venerdì 8 febbraio 2019
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la fondazione di un impero
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Capolavoro per la regia di Matteo Rovere e l'interpretazione perfetta di Alessandro Borghi. La storia della fondazione di Roma, nelle figure dei fratelli Romolo e Remo, raccontata con onestà e nel tentativo di rispecchiare il verosimile. Pregevole la scelta di utilizzare il proto-latino e lasciare i dialoghi all'essenziale, mantenendo il mito ma affrontandolo con tale realismo. Un film epico dal valore pedagogico, destinato a lasciare il segno nel cinema italiano.
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dariobottos
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giovedì 7 febbraio 2019
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la fascinazione del mito
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Una volta nei film “peplum” la critica e gli spettatori si divertivano a cercare gli anacronismi, per esempio un orologio indossato da una sbadata comparsa-centurione, e cose simili. Questo film non è un peplum, per riconoscimento unanime: è un film epico che intende tradurre in immagini il mito (quindi la narrazione, il racconto) della fondazione di Roma, ed è una ricostruzione accettabile, attendibile, dal punto di vista storico e antropologico. Non nel senso che storicizza il mito, ma che gli dà uno scenario storico credibile per quanto ne sappiamo sull’ VIII secolo a.C. nel Lazio. Però un anacronismo “ideologico” molto forte lo contiene: un uomo di quel tempo, imbevuto di quella religiosità animistico-politeistica che permea quell’umanità arcaica, e che il film ben rappresenta, non dirà mai “non c’è alcun dio” come a un certo punto prorompe Remo al culmine della hybris che preannuncia la tragedia.
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Una volta nei film “peplum” la critica e gli spettatori si divertivano a cercare gli anacronismi, per esempio un orologio indossato da una sbadata comparsa-centurione, e cose simili. Questo film non è un peplum, per riconoscimento unanime: è un film epico che intende tradurre in immagini il mito (quindi la narrazione, il racconto) della fondazione di Roma, ed è una ricostruzione accettabile, attendibile, dal punto di vista storico e antropologico. Non nel senso che storicizza il mito, ma che gli dà uno scenario storico credibile per quanto ne sappiamo sull’ VIII secolo a.C. nel Lazio. Però un anacronismo “ideologico” molto forte lo contiene: un uomo di quel tempo, imbevuto di quella religiosità animistico-politeistica che permea quell’umanità arcaica, e che il film ben rappresenta, non dirà mai “non c’è alcun dio” come a un certo punto prorompe Remo al culmine della hybris che preannuncia la tragedia. Se questo avviene, è perché il film travalica la semplice figurazione del mito, stratificandone – coscientemente o meno - letture successive proprie del canone occidentale: la tragedia greca, complicata da Shakespeare di tutte le armoniche che l’animo umano è capace di produrre (e quindi anche della ribellione al dio); mitologemi biblici quali la messianicità dell’eroe, una terra promessa dove regneranno pace e armonia, la predizione di un futuro glorioso se il patto con la divinità viene rispettato. Il film calamita altri miti e archetipi intorno a quello di fondazione, ed è questo fascio che in fondo sollecita e affascina la mente dello spettatore, rispetto ad un’azione di per sé lineare e umbratile.
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(di eden artemisio)
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gaspero
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giovedì 7 febbraio 2019
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una sorpresa
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perfetto bilanciamento tra azione e contenuti.
ambientazione azzeccatissima, fotografia perfetta con la luce naturale che di notte viene solo dalle fiamme.
inquadrature, specie i primi piani, sempre giuste.
facce dei personaggi mai scontate.
coreografie degli scontri e movimenti di contorno fluidi, naturali e realistici.
il coraggio insieme alla professionalità paga.
bravi tutti, è stato un vero piacere vederlo !!!!
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giancarlo
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giovedì 7 febbraio 2019
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più di un semplice film!
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Opera davvero importante, un film con una straordinaria struttura narrativa, rafforzata dall'ambientazione realistica, dalla fotografia del bravissimo Ciprì e dalla leziosità data dal ricorso ad un latino preclassico. Un'immersione nell'età del ferro davvero prorompente. L'opera esprime una potenza ancetrale, con varie chiavi di lettura, così come nei grandi film. Il senso della spiritualità e come questa abbia un'importanza fondamentale nella costruzione di una comunità, il rapporto tra il libero arbitrio e il destino, l'amore fraterno, la conquista della leadership all'interno di un gruppo, l'autocrazia e la libertà, l'enucleazione del concetto di Dio, partendo dalle forze della Natura, questi alcuni deli filonii riscontrabili all'interno del racconto.
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Opera davvero importante, un film con una straordinaria struttura narrativa, rafforzata dall'ambientazione realistica, dalla fotografia del bravissimo Ciprì e dalla leziosità data dal ricorso ad un latino preclassico. Un'immersione nell'età del ferro davvero prorompente. L'opera esprime una potenza ancetrale, con varie chiavi di lettura, così come nei grandi film. Il senso della spiritualità e come questa abbia un'importanza fondamentale nella costruzione di una comunità, il rapporto tra il libero arbitrio e il destino, l'amore fraterno, la conquista della leadership all'interno di un gruppo, l'autocrazia e la libertà, l'enucleazione del concetto di Dio, partendo dalle forze della Natura, questi alcuni deli filonii riscontrabili all'interno del racconto. Appassionante, coinvolgente, davvero un capolavoro. Consigliatissimo
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michelecamero
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giovedì 7 febbraio 2019
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e se fosse da oscar?
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Mentre scorrevano le immagini del film di Rovere, non riuscivo a non pensare a REVENANT ed al termine della proiezione mi son chiesto: “perché no?” Voglio dire che, se si riuscisse a sostenere questa pellicola come merita, perché escluderla dalle opportunità dell’Oscar per il prossimo anno? Il film, nel quale gli attori recitano in latino arcaico con sottotitoli (anche questo potrebbe aiutare nel percorso verso Los Angeles) è molto bello, ruvido, primitivo. Ha alla base una sua intelligente lettura della leggenda di Romolo e Remo con la raffigurazione di quel contrasto ancora oggi così attuale nella storia dell’umanità, tra l’affidare il destino degli uomini a sé stessi, al proprio valore, alla propria forza oppure porsi sotto il manto della divinità, della religione qui impersonata dalla natura con la sacralità del fuoco e da una vestale resa sullo schermo magnificamente da Tania Garribba.
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Mentre scorrevano le immagini del film di Rovere, non riuscivo a non pensare a REVENANT ed al termine della proiezione mi son chiesto: “perché no?” Voglio dire che, se si riuscisse a sostenere questa pellicola come merita, perché escluderla dalle opportunità dell’Oscar per il prossimo anno? Il film, nel quale gli attori recitano in latino arcaico con sottotitoli (anche questo potrebbe aiutare nel percorso verso Los Angeles) è molto bello, ruvido, primitivo. Ha alla base una sua intelligente lettura della leggenda di Romolo e Remo con la raffigurazione di quel contrasto ancora oggi così attuale nella storia dell’umanità, tra l’affidare il destino degli uomini a sé stessi, al proprio valore, alla propria forza oppure porsi sotto il manto della divinità, della religione qui impersonata dalla natura con la sacralità del fuoco e da una vestale resa sullo schermo magnificamente da Tania Garribba. I due fratelli sono affidati alle performance incredibili per capacità ed efficacia di Borghi e Lapice, davvero assai bravi entrambi. In tutto questo c’è una ricostruzione di ambienti, costumi, volti, maniere di primitiva intensità avvalendosi e beneficiando di una fotografia sempre nei toni più giusti per rendere la scena, sia che questa si svolga di giorno, sia che richieda nottetempo una sua illuminazione che deriva esclusivamente dal fuoco. Ma anche nella ricostruzione degli scontri bellici, nella furia degli uomini, nella violenza del loro agire e l'agilità dei propri movimenti, nelle smorfie che accompagnano la loro morte, c’è una solidità ed una ancestralità, una primordialità che contribuisce a togliere alla leggenda ogni patina di eleganza e di retorica, restituendola alla durezza ed alla verità della storia, avviando lo spettatore nel percorso verso quell’ incredibile vicenda del villaggio che nel tempo diverrà ROMA, l’Urbe, la Caput Mundi. Soprattutto lo instrada evitando la tentazione di enfatizzare, optando per un viatico che, attraverso la naturalezza e la primitività, ne accompagni l’immaginazione verso l’epicità di una storia incredibile che a distanza di quasi tremila anni non ha ancora consumato la sua capacità di fascinazione.
MiCam
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rosmersholm
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giovedì 7 febbraio 2019
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bene lo sforzo, ma...
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Le idee che stanno alla base de Il Primo Re, sono estremamente interessanti: l'ambientazione "barbarica"", l'uso della lingua, il conflitto tra i due fratelli... Rovere è un bravo regista ma non ha lo stile e il passo dell'autore di cinema che sarebbe stato necessario per maneggiare compiutamente questi materiali. Il film cerca quindi la strada della continua spettacolarizzazione senza però quella necessaria abilità professionale e qualla potenza produttiva a cui ci ha abituato il cinema americano. I continui riferimenti a film già visti e digeriti (impossibile non pensare ad Apocalypto ad esempio), a scene cult citate spericolatamente (Borghi che emerge dal fango come Rambo, ecc), la ripetititvità delle scene di combattimenti coreografate in modo da contraddire le premesse autorali che il film vorrebbe avere, accompagnano mestamente il film verso una scena finale sulle rive del Tevere francamente debolissima e produttivamente poverissima.
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Le idee che stanno alla base de Il Primo Re, sono estremamente interessanti: l'ambientazione "barbarica"", l'uso della lingua, il conflitto tra i due fratelli... Rovere è un bravo regista ma non ha lo stile e il passo dell'autore di cinema che sarebbe stato necessario per maneggiare compiutamente questi materiali. Il film cerca quindi la strada della continua spettacolarizzazione senza però quella necessaria abilità professionale e qualla potenza produttiva a cui ci ha abituato il cinema americano. I continui riferimenti a film già visti e digeriti (impossibile non pensare ad Apocalypto ad esempio), a scene cult citate spericolatamente (Borghi che emerge dal fango come Rambo, ecc), la ripetititvità delle scene di combattimenti coreografate in modo da contraddire le premesse autorali che il film vorrebbe avere, accompagnano mestamente il film verso una scena finale sulle rive del Tevere francamente debolissima e produttivamente poverissima. Da vedere comunque per sostenere un meritevole sforzo di uscire dai soliti canoni del cinemino italiano.
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fabio
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mercoledì 6 febbraio 2019
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tanto splatter e poca sostanza
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Voglio dissentire fortemente da tante recensioni che gridano al miracolo cinematografico.
Innanzi tutto una ricerca dello splatter e del disgustoso che a mio avviso serve a celare la totale mancanza di una storia degna di questo nome.
I dialoghi in proto-latino sono quasi nulii e forse è un bene perchè i pochi che ci sono sono di una banalità sconcertante.
Si nota dopo poco lo scarso budget del film con scene in foreste e paludi nebbiose e pianure fangose.
Caratterizzazione dei personaggi nulla a parte la scontatissima fugura del re e di suo fratello, gli altri personaggi sono macchiette poco credibili degne di un fumetto
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cevappo
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martedì 5 febbraio 2019
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poveri noi...
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Ma tutto questo entusiasmo ? Non capisco.
Film ripetitivo,scontato e recitato mediocramente.
Sono arrivato in sala fogato e pieno di speranze ma all'uscita avevo molte critiche.
1: Esternare sentimenti con azioni ripietitive. Ad esempio più volte gli uomini sottomessi dal ""carisma"" del ""Re"" lanciano la spada per terra...oppure le urla per mostrare potenza, tutto messo in scena come un copia incolla.
2 I combattimenti. Scontati nelle azioni, poco emozionanti con slow motion messi un po a caso. Mi hanno ricordato la roba più mediocre degli inizi del 2000. Dove sono le budella ? Le ossa? Io sinceramente ho visto molto fango.
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Ma tutto questo entusiasmo ? Non capisco.
Film ripetitivo,scontato e recitato mediocramente.
Sono arrivato in sala fogato e pieno di speranze ma all'uscita avevo molte critiche.
1: Esternare sentimenti con azioni ripietitive. Ad esempio più volte gli uomini sottomessi dal ""carisma"" del ""Re"" lanciano la spada per terra...oppure le urla per mostrare potenza, tutto messo in scena come un copia incolla.
2 I combattimenti. Scontati nelle azioni, poco emozionanti con slow motion messi un po a caso. Mi hanno ricordato la roba più mediocre degli inizi del 2000. Dove sono le budella ? Le ossa? Io sinceramente ho visto molto fango.
3 Scene quasi parodistiche. SPOILER. Ad esempio quando Borghi rincontra la maga mezza tumefatta e dopo il discorso mistico crepa subito dopo aver concluso la frase, mi ha messo un disagio pazzesco. Sono cose superate e straviste BASTAAA.
4 Recitazione. Borghi è un mostro e qua non fa altro che portare la pagnotta a casa... non mi sembrava così preso. Il resto oh mio dio.. il "pazzo" pelato è scandaloso, che indicazione ha avuto da Rovere mah.
5 Ambientazione. Caruccia ma stucchevole, forse per colpa della fotografia che spiaccica. Pare che abbiamo piazzato un filtro e via...
Mi fermo se no potrei passare una giornata a fare questo sfogo scritto malissimo. Non parlo di trama perchè bho...c'è una trama ? Ni ed è abbastanza chiara e telefonata.
Lo andrò a rivedere perchè voglio bene a Borghi e a Rovere e sto cinema d'autore anche se non molto curato, va sostenuto.
Se volete discutere nei commenti sono pronto.
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lorenzo perrucci
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martedì 5 febbraio 2019
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"il primo re": la rinascita del cinema italiano
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Il Primo Re è un film del 2019 diretto da Matteo Rovere (regista di "Veloce come il vento"). La pellicola racconta la storia di due fratelli: Romolo e Remo. Dalla loro rivalità nascerà uno degli imperi più importante al mondo: Roma. Alessandro Borghi (Remo) e Alessio Lapice (Romolo) sono calati perfettamente nella parte, come TUTTO il cast. OGNI attore è calato nella parte perfettamente, dai co-protagonisti alle semplici comparse, tutti si sono impegnati perché si sentivano parte di un qualcosa di grande. In particolare Borghi offre una prova attoriale difficile, perché è un personaggio estremamente forte, sfuggevole e grintoso. Entra a contatto con la natura, il fango, la pioggia.
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Il Primo Re è un film del 2019 diretto da Matteo Rovere (regista di "Veloce come il vento"). La pellicola racconta la storia di due fratelli: Romolo e Remo. Dalla loro rivalità nascerà uno degli imperi più importante al mondo: Roma. Alessandro Borghi (Remo) e Alessio Lapice (Romolo) sono calati perfettamente nella parte, come TUTTO il cast. OGNI attore è calato nella parte perfettamente, dai co-protagonisti alle semplici comparse, tutti si sono impegnati perché si sentivano parte di un qualcosa di grande. In particolare Borghi offre una prova attoriale difficile, perché è un personaggio estremamente forte, sfuggevole e grintoso. Entra a contatto con la natura, il fango, la pioggia. Sguardi ammalianti si susseguono sul suo volto, delineando la sua emotività in ogni inquadratura. Una cosa è certa: migliora da un'interpretazione ad un'altra. Lapice invece è meno conosciuto, ma anche lui dà prova di una grande interpretazione attoriale. Una storia che ci fanno studiare fin da piccoli, ma in questo film è tutto raccontato in modo magistrale... anche se si conosce come andrà a finire, sarà estremamente piacevole capire le varie dinamiche che confluiranno in quel finale. E' un film COMPLETAMENTE DIVERSO da tutta la cinematografia italiana moderna, per svariati motivi. Matteo Rovere gira un film davvero innovativo, sfidando il pubblico italiano e i suoi gusti, perché esce dai canoni cinematografici del nostro paese: questo film non è d'azione, si allontana dai vari prodotti come Gomorra o le solite commedie all'italiana... Qui c'è una vera e propria ventata di aria fresca. Rovere è stato chiaro con la troupe fin dall'inizio: ha spiegato il progetto, dicendo che sarebbe stato un film veramente duro nel suo genere, quindi ha invitato solo gli audaci ad aderire al progetto. E' una pellicola estremamente epica, che trasuda cinema hollywoodiano da tutti i pori. La colonna sonora è estremamente epica, di stampo tribale per immergere meglio lo spettatore in un ambiente antico. La fotografia di Daniele Ciprì è fantastica, mi ha ricordato parecchio quella di “Revenant-Redivivo”, quindi tirate voi le somme... sono presenti primi piani che danno piena importanza al volto dei personaggi, ma al contempo valorizza continuamente i paesaggi con varie inquadrature dall'alto per valorizzare la natura incontaminata. Una curiosità: le scene sono state girate sempre con luce naturale, mai artificiale. Complimenti. La scenografia è tutta naturale: non è stato ricreato nessun elemento in CGI come ormai ci hanno abituati. Il film è costato 9 milioni di euro, investiti in effetti speciali magistrali, vi dico solo che nei primi 2 minuti del film è girata la scena dello straripamento ed inondazione da parte del Tevere, una scena al cardiopalma, da cui non traspare minimamente l'effetto speciale. Un film che tiene per due ore con il fiato sospeso, senza lasciare spazio alla noia, parte con l'acceleratore e va sempre più veloce... Le atmosfere avvolgono lo spettatore, portandolo in un'altra dimensione: come afferma Rovere il cinema deve proiettare lo spettatore in altri mondi, come in una specie di sogno... il suo film fa proprio questo. Storicamente è accuratissimo, dai costumi ai pensieri ed alle usanze dei personaggi... Ma in tutte queste positività c'è un qualcosa di unico: il film è interamente recitato in proto-latino (lingua usata al tempo), il che rende il film molto diverso dagli altri. Il punto forte del film però sono i combattimenti, assolutamente brutali e reali. La sopravvivenza traspare tramite una violenza inaudita: ossa che si spezzano, arti tranciati. Una prova di vera audacia da parte di Rovere nel proporre certe scene in Italia, come nessuno avrebbe pensato di fare: proporre un realismo assoluto, sfidando i gusti dello spettatore. NON MI SONO RESO CONTO DI VEDERE UN FILM ITALIANO. Ricorda parecchio “Revenant”, “Apocalypto”, ma anche “Vikings” o “Game of Thrones”. Ho applaudito in molti momenti e certe scene sono da Cult, senza esagerare. QUESTA È LA RINASCITA DEL CINEMA ITALIANO. È stato bellissimo dimenticare di vedere un film italiano. Ed è ancor più bello ricordarselo e riempirsi d’orgoglio. Questo è ciò che mi è successo con “Il Primo Re”. Affollate le sale, se lo merita.
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