Anno | 2019 |
Genere | Thriller |
Produzione | Corea del sud |
Durata | 113 minuti |
Regia di | Ji-yeong Jeong |
Attori | Jin-woong Cho, Lee Hanee, Lee Kyeong-yeong, Shin-il Kang, Duk-moon Choi Han-Chul Jo, Sung-tae Heo, Sung-min Lee. |
MYmonetro | 3,25 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento martedì 1 settembre 2020
Il suicidio è un campanello d'allarme: il procuratore Yang Min-Hyuk dovrà affrontare uno spinoso caso di corruzione finanziaria.
CONSIGLIATO SÌ
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Due amanti, collocati in posizioni chiave del mondo finanziario, hanno partecipato a una speculazione illegale: la costruzione di documenti falsi per portare alla svendita di un'importante Banca di Corea a una finanziaria americana. Prima che i pubblici ministeri riescano a interrogare la coppia, lui viene ucciso da un camion pirata, mentre di lei viene simulato il suicidio, causato apparentemente dagli abusi sessuali del procuratore Yang. Questi, innocente, fa di tutto per scagionarsi dalle accuse e per indagare sul complotto che ha causato la sua diffamazione, risalendo fino alle ramificazioni della sterminata rete di corruzione.
A giudicare dai pregiudizi che circondano i pubblici ministeri in Corea, sceglierne uno come protagonista positivo di un film è indubbiamente un atto di coraggio. Ma la temerarietà non manca a Chung Ji-young, che mette in scena un incalzante procedural su un recente caso di speculazione finanziaria illegale, che molto ha fatto discutere.
La tesi esposta da Black Money è chiara, netta, non lascia il minimo spazio a ripensamenti o contraddittori. L'approccio manicheo di Chung (Unbowed, National Security) non è certo una novità e rappresenta al contempo un punto di forza e di debolezza del film. Da un lato la capacità di trascinare lo spettatore nell'impeto giustizialista dell'indagine si serve della caratterizzazione accentuata dei personaggi, rigidamente divisi tra idealisti - scioperanti, avvocati civilmente impegnati - e corruttori - l'ex primo ministro Lee, a cui dà vita Lee Kyeong-yeong, abbonato al ruolo.
Il rovescio della medaglia sta in una ricostruzione di quanto avvenuto semplicistica, costantemente protesa verso il massimo effetto in termini di pathos drammatico. Chung è così preoccupato di far sentire allo spettatore il peso dell'ingiustizia che finisce per sottomettere snodi di sceneggiatura e tratteggio dei personaggi alla causa. Black Money si appoggia al mestiere di tanti caratteristi ricorrenti del cinema sudcoreano, figure immancabili: l'alticcio, il semplice di buon cuore, il viscido politicante, il procuratore che esaurisce la spinta ideale. A partire da un ex caratterista oggi assurto a protagonista, Cho Jin-woong, per anni villain senza scrupoli e ora divenuto un duro dal grande cuore come il procuratore Yang.
Se è quindi difficile non rimanere coinvolti dalle vicende narrate e sposare entusiasticamente la tesi promossa dal regista, è altresì lecito chiedersi cosa rimarrà di Black Money a visione terminata. A prescindere dall'incidenza artistica, comunque, il fatto che una produzione commerciale insista così esplicitamente sulla corruzione di un intero apparato, sulla sua interferenza continua nel lavoro dei tre poteri fondamentali su cui si regge uno Stato e sulla disperazione dei lavoratori, ridotti a scioperi autodistruttivi, è un dato di cui tenere conto. Solo qualche anno fa, sotto il governo di Park Geun-hye (periodo durante il quale Chung non ha girato un film), un film come Black Money non sarebbe stato nemmeno pensabile.