flyanto
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giovedì 2 novembre 2017
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un'impensabile amicizia
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"Vittoria e Abdul" è un film in cui si racconta la profonda 'amicizia, nonchè il reciproco e sincero rispetto, tra la Regina d'Inghilterra Vittoria (a suo tempo Imperatrice dell'India conquistata) ed un suo devoto servitore indiano di nome, appunto, Abdul. Una storia vera che il regista Stephen Frears ha portato sullo schermo in forma molto romanzata e, quasi, ideale, ma assai piacevole a guardarsi. Ciò che più preme a Frears, infatti, al di là della veridicità vera e propria è presentare soprattutto il carattere "bizzarro" di questa regina che, sfidando le convenzioni dell'epoca e, in particolare, del suo elevato rango sociale, la portò a notare e ad apprezzare le doti naturali, unite ad alla sua'indole molto affabile, dolce e soprattutto sincera, di un suo servitore indiano, sollevando, appunto, conseguenti disapprovazioni e lamentele, quando non tentativi di ostruzionismo vero e proprio, da parte dei suoi diretti collaboratori e dei suoi familiari stessi.
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"Vittoria e Abdul" è un film in cui si racconta la profonda 'amicizia, nonchè il reciproco e sincero rispetto, tra la Regina d'Inghilterra Vittoria (a suo tempo Imperatrice dell'India conquistata) ed un suo devoto servitore indiano di nome, appunto, Abdul. Una storia vera che il regista Stephen Frears ha portato sullo schermo in forma molto romanzata e, quasi, ideale, ma assai piacevole a guardarsi. Ciò che più preme a Frears, infatti, al di là della veridicità vera e propria è presentare soprattutto il carattere "bizzarro" di questa regina che, sfidando le convenzioni dell'epoca e, in particolare, del suo elevato rango sociale, la portò a notare e ad apprezzare le doti naturali, unite ad alla sua'indole molto affabile, dolce e soprattutto sincera, di un suo servitore indiano, sollevando, appunto, conseguenti disapprovazioni e lamentele, quando non tentativi di ostruzionismo vero e proprio, da parte dei suoi diretti collaboratori e dei suoi familiari stessi. Alla morte della Regina tutto ciò portò ovviamente all'allontanamento diretto e definitivo di Abdul dal Palazzo Reale e dall'Inghilterra stessa con il suo ritorno in India dove egli morì qualche anno dopo.
Registicamente ben diretto e ben interpretato dagli attori Judi Dench come Regina Vittoria e da Alì Fazal come Abdul, a tratti persino sottilmente ironico e ben riprodotto dal punto di vista dei costumi dell' epoca, "Vittoria e Abdul" risulta un perfetto "quadro" di un'epoca remota e fastosa ormai non più vigente ma sempre gradevole a guardarsi, seppure in superficie.
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maramaldo
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mercoledì 8 novembre 2017
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una favola bella
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Soggetto da opera buffa, tema di musical. Curiose coincidenze. Avete visto Il Palazzo del Vicerè: quattro inservienti indù, in candidi paludamenti, portano via dalla residenza britannica di Delhi come fosse un feretro un imponente busto marmoreo dell'ex-Imperatrice. L'espressione arcigna e disgustata del simbolo del potere che oppresse per trecento anni non è dissimile da quella con cui imperversa per tutto il film Judi Dench. Sempre a suo agio l'Oscar nei panni di donna letale, al potere, cui uno sprazzo di umanità non arriva tutti i giorni. Per me, gli occhietti di ghiaccio che rilasciano "licenza di uccidere" son sempre quelli di M, l'unica femmina al mondo capace di mettere in riga James Bond.
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Soggetto da opera buffa, tema di musical. Curiose coincidenze. Avete visto Il Palazzo del Vicerè: quattro inservienti indù, in candidi paludamenti, portano via dalla residenza britannica di Delhi come fosse un feretro un imponente busto marmoreo dell'ex-Imperatrice. L'espressione arcigna e disgustata del simbolo del potere che oppresse per trecento anni non è dissimile da quella con cui imperversa per tutto il film Judi Dench. Sempre a suo agio l'Oscar nei panni di donna letale, al potere, cui uno sprazzo di umanità non arriva tutti i giorni. Per me, gli occhietti di ghiaccio che rilasciano "licenza di uccidere" son sempre quelli di M, l'unica femmina al mondo capace di mettere in riga James Bond. Prevarica un po', come tutte le attrici di teatro ma Frears lascia fare.
Lui ha il suo personaggio, la creazione del suo immaginario, Abdul Fazal. Uno così, da noi, non si vedeva dai tempi di Sandokan. Ricordate Kabir Bedi? Circola ancora a Bollywood. E creatura di Bollywood è Alì Fazal. Vittoria commette l'imprudenza di guardarlo. La malia di quello sguardo vellutato la soggiogherà al punto che la Defensor Fidei si metterà a copiare le sure.
Simpatia di Frears solo per il devoto seduttore. Non ama nè ammira la propria gente. La dispotica vegliarda: doveva venire uno dall'Uttar Pradesh per aprirle la mente; e come è intrigata dai burka, lei, che mise la gonna alle gambe dei...pianoforti. Per Alberto nessun riguardo per il dramma che visse e che anche noi posteri possiamo capire; bilioso e meschino, appena si mette alla scrivania di Maman ossia quando finalmente siede sul trono di un impero su cui mai il sole tramontava, la prima cosa che fa è sbattere a casa sua un poveraccio indù che gli stava antipatico. Rigore storico nei personaggi, scenografie accurate e spettacolari, interpretazioni esemplari non nascondono un certo scherno. Anche per le figure minori: nella cameriera, portavoce tremebonda della servitù in agitazione, tramuta in spettro una tipica fisionomia inglese; non parliamo del dottore il cui stupore quando esamina Abdul non è proprio da clinico.
Old Britton, Frears sente il fascino dell'esotico, la nostalgia di terre di avventura e di mistero dove i suoi padri la fecero da padroni. Così, si sofferma sulla preziosa babbuccia che si posa sul predellino della carrozza prima di inquadrare chi ne discende. La tenera sposa, che viaggia con mamma, dietro una cortina tenebrosa cela lo splendore di un mega-piercing da Mille e una Notte.
Ci sono anche disinvolture. Improbabile che un buon fedele come Abdul si pieghi al feticismo di baciar pantofole. Ancor meno credibile che porti addosso un'effigie umana incastonata, per giunta, in un monile a forma di croce.
Altra coincidenza, incresciosa. Il film chiude con il nostro eroe, in Patria, in un vialetto di rose, ai piedi della statua della sua Regina; sullo sfondo, immerso nella nebbia, il profilo del Taj Mahal. Finale fiabesco. Rovinato dalle notizie che giungono in questi giorni (ottobre 2017) proprio da qielle parti. "L'inno all'amore eterno" non gode di buona stampa, non verrà fatto brillare come i Budda di Bamiyan ma è considerato "una macchia".
Un infortunio per Frears nel caso avesse voluto farci trovare in Abdul & Victoria una morale come in ogni favola che si rispetti.
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