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Il protagonista del film è l'animo umano -evidentemente - incarnato per l'occasone da un pazzo sociologo impostore sensitivo scrittore aguzzino (Mastandrea) che in questa interpretazione risulta, a tratti, addirittura eccellente. Nessuno lo chiama per nome ed ognuna delle persone che gli si siede di fronte ha bisogno di realizzare un desiderio. Incontra uno dopo l'altro, e più volte intrecciati tra loro, nove personaggi disperati che hanno in comune lo stesso bisogno: quello di perdersi per poi ritrovarsi.
Tutto il film si snoda all'interno del bar- tavola calda "The place" gestito da Angela (Sabrina Ferilli), che cerca di capire, attraverso le persone che si alternano al medesimo tavolino d'angolo in fondo al locale, chi è questo tipo serio, che prende appunti e che, a suo avviso, fa felici le persone.
Le storie degli uomini e delle donne che entrano ed escono dal locale a tutte le ore del giorno e della sera sono legate da fili invisibili ma ben saldi: si è tutti buoni quando si è felici, si è tutti cattivi quando si desidera qualcosa che non si ha.
The place accoglie chi chiede e chi ordina, ed il protagonista spesso a bocca piena (mangia a tutte le ore e qualsiasi cosa) prende appunti solo quando domanda "Cosa hai provato?"
E' un film catalogato come drammatico eppure l'estro emerge fin da subito soccorrendo gli astanti e, a tratti, illuminandoli.
Atteso con severità questo nuovo lavoro di Paolo Genovese ("ha già vinto tutto quello là, ci deve stupire sempre più se vuole che lo si guardi") e azzecca, ancora una volta,
senza mirabolanti riprese di panorami mozzafiato, nè donne nude, nè sangue in scena, mantenendo la trama brillante.
Gli attori sono molti e si giocano la scena: Muccino e Borghi non particolarmente travolgenti, Papaleo molto bravo e Alba Rohrwacher strepitosa tanto da cambiare tutta la scena quando entra; gli altri comunque sufficienti.
Le persone cattive, dunque, non esistono se nessuno le vuole cambiare in buone.
Le disgrazie non esistono, al pari, se riusciamo a comprendere che noi, sempre e comunque, contiamo solo per uno. Mai per due, nè per nessun altro.
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