jack beauregard
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martedì 12 luglio 2016
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un film spento
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Un film spento, che non decolla mai del tutto, che non riesce realmente ad appassionarti.
Questa è l'impressione principale che ho avuto dopo la visione (e in parte anche durante).
E sì che ce n'era di materiale, di carne messa al fuoco in questa storia che ha i contorni della tragedia, ma non sfocia mai in veri momenti drammatici. O meglio, i momenti drammatici ci sarebbero, ma ci vengono solo raccontati e spiegati a parole... peccato che siamo al cinema e non davanti a un buon libro.
Troppe cose forse, troppi personaggi abbozzati che sembrano sempre sul punto di svelare chissà cosa (come sembra sottolineare costantemente la "ansiosa" colonna sonora) o promettono chissà quale sviluppo che non viene mantenuto: penso al rapporto con la madre malata e col padre, all'amica adolescente, alla scultrice, alla governante (sbiadito riferimento hitchcockiano) il cui ruolo, seppur secondario, rappresenta il motivo scatenante della parte più oscura della vicenda.
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Un film spento, che non decolla mai del tutto, che non riesce realmente ad appassionarti.
Questa è l'impressione principale che ho avuto dopo la visione (e in parte anche durante).
E sì che ce n'era di materiale, di carne messa al fuoco in questa storia che ha i contorni della tragedia, ma non sfocia mai in veri momenti drammatici. O meglio, i momenti drammatici ci sarebbero, ma ci vengono solo raccontati e spiegati a parole... peccato che siamo al cinema e non davanti a un buon libro.
Troppe cose forse, troppi personaggi abbozzati che sembrano sempre sul punto di svelare chissà cosa (come sembra sottolineare costantemente la "ansiosa" colonna sonora) o promettono chissà quale sviluppo che non viene mantenuto: penso al rapporto con la madre malata e col padre, all'amica adolescente, alla scultrice, alla governante (sbiadito riferimento hitchcockiano) il cui ruolo, seppur secondario, rappresenta il motivo scatenante della parte più oscura della vicenda. Ma sono tutti personaggi un po' buttati lì, alla fine resta una sensazione di spreco, di mancato approfondimento.
E poi, vogliamo, dirlo, le motivazioni sono flebili, Julieta in realtà non ha nessuna colpa, a meno che uno non voglia sentirsi artefice volontario di qualsiasi evento casuale della vita (sì, ce sta na parola sola: "destino"), ma a quel punto il tema del film si sarebbe dovuto indirizzare sul campo psichiatrico o religioso. Ecco, appunto, anche la stessa deriva spirtituale della figlia è solo accennata, raccontata da terzi, non c'è una sola immagine che faccia presagire o spieghi a posteriori.
E pure la recitazione resta come un po' in sospeso, come tutto il film, con il cambio di attrici che interpretano Julieta che forse non è dei più azzeccati, troppo simili e al contempo così diverse, sulla carta dovrebbero rappresentare due stati d'animo, due stadi della vita completamente diversi, mantenendo però un trait d'union, ma l'operazione non riesce del tutto. Anche lo stacco tra le due fasi bisognava di una maggiore dilatazione cronologica, così l'asciugatura dei capelli diventa solo un giochino un po' forzato.
Oddio, non è tutto da buttare via, di buono restano molte immagini, i colori dominanti (rossi e blu), così intensi e accesi, e una storia che avanza, in maniera un po' troppo schematica (nonostante sia giocata su piani temporali diversi), ma senza mai annoiare, con un lento disvelamento e mantenendo viva una buona dose di curiosità sui suoi esiti.
Un film vedibile sicuramente, non certo imperdibile.
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eugenio
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lunedì 19 settembre 2016
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le colpi di madri e figlie
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Al centro di ogni film di Pedro Almodovar c’è sempre la donna come genitrice, madre, sconvolta dalle ossessioni proprie della letteratura novecentesca: gli amori, i legami infedeli con gli uomini, visti principalmente come sfogo dell’ “istinto sessuale” e soprattutto il rapporto genitori-figli sono la sostanza di un melodramma che caratterizza molte delle pellicole del celebre cineasta spagnolo.
Julietanon fa eccezione se non per la scelta della “fonte” cui attingere per analizzare il legame di perdita e colpa di una donna con la figlia: Alice Munro, premio Nobel per la letteratura, è la “genitrice” indiretta con i suoi racconti “Fatalità”, “Fra poco” e “Silenzio” di un dramma che ha nella scelta stilistica e nella fotografia perfetta, il dolore incolmabile di una donna.
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Al centro di ogni film di Pedro Almodovar c’è sempre la donna come genitrice, madre, sconvolta dalle ossessioni proprie della letteratura novecentesca: gli amori, i legami infedeli con gli uomini, visti principalmente come sfogo dell’ “istinto sessuale” e soprattutto il rapporto genitori-figli sono la sostanza di un melodramma che caratterizza molte delle pellicole del celebre cineasta spagnolo.
Julietanon fa eccezione se non per la scelta della “fonte” cui attingere per analizzare il legame di perdita e colpa di una donna con la figlia: Alice Munro, premio Nobel per la letteratura, è la “genitrice” indiretta con i suoi racconti “Fatalità”, “Fra poco” e “Silenzio” di un dramma che ha nella scelta stilistica e nella fotografia perfetta, il dolore incolmabile di una donna.
Da buon regista apprezzato ad Hollywood, Almodovar procede per flash-back sulla vita della protagonista, Julieta, professoressa cinquantacinquenne rievocando il periodo degli anni Ottanta che l'avevano vista rimanere incinta del pescatore Xoan, incontrato casualmente sul treno e di cui si è innamorata a prima vista e diventare madre di Antia.
Passano gli anni e a seguito di un evento luttuoso di madre e figlia saranno dirette partecipi, Antia, oramai maggiorenne manifesta il suo “desiderio di indipendenza” scegliendo opportunamente di sparire e abbandonare la madre senza fornirle più alcuna notizia di sè.
Dietro una vicenda dove il trauma è l’ossatura di una pellicola in cui la colpa e la responsabilità sono pesanti condanne dei protagonisti (senza rivelare nulla, Julieta è “responsabile” a suo dire di un suicidio) si svelano le grandi fragilità di una famiglia solo apparentemente serena.
L’apparenza, come in molti racconti della Munro che si divertiva, pur con qualche sofismo di troppo e pesantezza stilistica, a rompere il fragile muro di cristallo di coppie borghesi, trova il suo contraccolpo eccellente nella passione di Pedro Almodovar che confeziona una pellicola rivestita di tutto punto con dramma, consueto climax finale, una convincente interpretazione della protagonista Emma Suarez “condendo” il tutto canzoni azzeccate.
Ma non tutto è perfetto.
Il “ma” è legato alla natura stessa di Almodovar che sembra -nell’ultimo periodo- cristallizzato al suo”ruolo”, sicuramente preciso e emotivamente forte ma con un soggetto, quello di Julieta, che ha sì del vibrato ma poco “sangue” e, rispetto a precedenti opere, meno istinto “carnale”, meno irrequietezza.
Sembra essere questo il vero male di Julieta, al di là delle colpe dei padri dostojevskiane cui Munro scrittrice sembra voler alludere senza tuttavia trovare la sufficiente potenza e espressività del calibro di Irene Nemirovski o di Magda Sgzabò. Sono le perdite legate a un male di cui la protagonista si accusa, un male che ha il volto, metaforicamente del mare, del cammino impetuoso contro la vita, che la dona come la Venere ma che la strappa pericolosamente via.
Con esiti non del tutto scontati.
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blowup
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domenica 21 ottobre 2018
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non è la sua tazza di té...
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Per l'amore di dio, non è un brutto film. Del resto, con quel po' po' di materiale, che sono i racconti della Munro, difficile che esca un film brutto.
Tuttavia, è evidente che Almodovar, pur con tutto l'impegno e l'onesta che gli riconosco nell'aver voluto provare ad immergersi in un mondo che deve averlo affascinato, si è snaturato con questa prova. Non gli ci viene proprio di raccontare storie in cui un battito di ciglia può significare tutto. Troppi colori, troppa colonna sonora, troppa mimica, troppi personaggi emotivi per raccontare e rappresentare adeguatamente quelle vite normali, che passano inosservate e scorrono quasi inutilmente, fino a che ad un certo punto avviene un fatto, viene detta una frase, viene scoperto un angolo buio del proprio passato, dal quale non si torna più indietro.
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Per l'amore di dio, non è un brutto film. Del resto, con quel po' po' di materiale, che sono i racconti della Munro, difficile che esca un film brutto.
Tuttavia, è evidente che Almodovar, pur con tutto l'impegno e l'onesta che gli riconosco nell'aver voluto provare ad immergersi in un mondo che deve averlo affascinato, si è snaturato con questa prova. Non gli ci viene proprio di raccontare storie in cui un battito di ciglia può significare tutto. Troppi colori, troppa colonna sonora, troppa mimica, troppi personaggi emotivi per raccontare e rappresentare adeguatamente quelle vite normali, che passano inosservate e scorrono quasi inutilmente, fino a che ad un certo punto avviene un fatto, viene detta una frase, viene scoperto un angolo buio del proprio passato, dal quale non si torna più indietro.
Almodovar è un maestro nel raccontare l'eccesso pur rimanendo credibile e misurato. Non lo è alrettanto nel raccontare i piccoli, enormi segreti del nostro vicino di casa.
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flyanto
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lunedì 30 maggio 2016
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uno sfavillante almodovar
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"Julieta" è il nome della donna protagonista dell'ultimo film di Pedro Almodovar il quale ritorna felicemente a parlare dell'universo femminile con le sue passioni e le sue svariate contraddizioni.
La storia ruota tutta intorno ad una donna di nome, appunto, Julieta che lo spettatore vede sullo schermo prima essere di età sulla cinquantina e poi a ritroso nei suoi anni più giovanili. Infatti la pellicola è quasi tutto un flash back in cui viene ripercorsa la vita, e gli avvenimenti che l'hanno caratterizzata, della protagonista, sin da quando appena laureata occasionalmente conosce in treno un uomo di cui si innamora follemente e con cui mesi dopo va a convivere e da cui inseguito avrà una figlia.
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"Julieta" è il nome della donna protagonista dell'ultimo film di Pedro Almodovar il quale ritorna felicemente a parlare dell'universo femminile con le sue passioni e le sue svariate contraddizioni.
La storia ruota tutta intorno ad una donna di nome, appunto, Julieta che lo spettatore vede sullo schermo prima essere di età sulla cinquantina e poi a ritroso nei suoi anni più giovanili. Infatti la pellicola è quasi tutto un flash back in cui viene ripercorsa la vita, e gli avvenimenti che l'hanno caratterizzata, della protagonista, sin da quando appena laureata occasionalmente conosce in treno un uomo di cui si innamora follemente e con cui mesi dopo va a convivere e da cui inseguito avrà una figlia. Nel corso degli anni ella così vive felice e spensierata finchè il marito, essendo pescatore, muore a causa di una tempesta in mare lasciandola improvvisamente vedova e con una ragazzina adolescente a carico. Da questo momento la giovane donna trascorrerà un lungo periodo di profonda depressione che riuscirà a superare piano piano solo e grazie all'aiuto della suddetta figlia finchè quest'ultima, crescendo e per motivazioni di cui si verrà a conoscenza nel corso della vicenda, si allontanerà definitivamente dalla madre, rimanendo distante ed in silenzio per moltissimi anni nonostante i numerosi e vani tentativi della genitrice di approcciarla e di riavvicinarsi a lei.
Tratto da tre racconti separati della scrittrice spagnola Alice Munro, Pedro Almodovar ha saputo condensare e ricreare in maniera originale la materia per la sua ultima fatica cinematografica e complessivamente vi è riuscito appieno prediligendo, come all'inizio della sua carriera, soprattutto il genere femminile da cui è fortemente attratto e di cui ammira grandemente le svariate tipologie di donne. Pertanto anche in "Julieta", per quanto descriva principalmente il ritratto della protagonista, in realtà le affianca altri ritratti di personaggi femminili con cui ella nel corso della sua esistenza viene a contatto e che determineranno il suo modo di essere. Tutti questi ritratti che magistralmente Almodovar descrive in "julieta" sono ritratti di donne forti, passionali ma anche, come per tutte le donne reali, pieni di paure, di contraddizioni e di scelte più o meno sbagliate. Ma il pregio della pellicola risiede proprio nella profonda e sensibile capacità del regista spagnolo di ben centrare e descrivere l'universo femminile, fortemente condizionato dalla presenza dei maschi ma nello stesso tempo re all'insegna sempre di una personalità determinata o, comunque, "in fieri". In questo suo film Almodovoar non scende mai nel troppo esplicito contrariamente ad altre sue opere precedenti, mantenendo invece una narrazione ed una rappresentazione molto fine, attenta e soprattutto altamente sensibile ed affrontando tematiche comuni a tutti/e gli individui, quali il profondo senso di colpa per le proprie azioni e scelte, il fatalismo degli eventi, l'amore incondizionato per il proprio compagno/a e soprattutto nei confronti dei propri figli, le proprie e giustificabili debolezze e dubbi interiori e la propensione al perdono ed al riavvicinamento affettivo.
Insomma,. una pellicola molto ben diretta, ben raccontata, dai dialoghi precisi e lineari e con un cast di attrici ed attori molto ben scelti e perfettamente calati nei propri ruoli: da Emma Suarez ad Adriana Ugarte che danno vita al personaggio di Julieta maturo e giovane, a Rossi De Palma e Dario Grandinetti, ecc..., tutti si muovono ed agiscono in perfetta coordinazione ed armonia.
Decisamente altamente consigliabile.
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[+] la munro è canadese
(di paolo)
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carolinasisto30
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martedì 31 maggio 2016
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drammaticià leggera...
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Decisamente un bel film, la vita di Julietta, osservata sotto diversi punti di vista in differenti momenti della sua vita, dalla sua gioventù, fino all'età adulta in speranza di rivedere sua figlia "perduta". Il regista è riuscito a raccontarci la vita di questa donna in soli 96 minuti, e tutto ha reso perfettamente l'idea. Una sceneggiatura e un'attitudine riconducibule ad Almodòvar, molto riuscita. Una vita raccontata dal punto di vista di una donna tormentata dal dolore con la speranza di ricominciare a vivere evitando il pensiero di suo marito e di sua figlia. Nonostante le molteplici sventure della donna e gli avvenimenti drammatici, il film non risulta pesante, anzi diventa sempre più piacevole seguirlo.
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Decisamente un bel film, la vita di Julietta, osservata sotto diversi punti di vista in differenti momenti della sua vita, dalla sua gioventù, fino all'età adulta in speranza di rivedere sua figlia "perduta". Il regista è riuscito a raccontarci la vita di questa donna in soli 96 minuti, e tutto ha reso perfettamente l'idea. Una sceneggiatura e un'attitudine riconducibule ad Almodòvar, molto riuscita. Una vita raccontata dal punto di vista di una donna tormentata dal dolore con la speranza di ricominciare a vivere evitando il pensiero di suo marito e di sua figlia. Nonostante le molteplici sventure della donna e gli avvenimenti drammatici, il film non risulta pesante, anzi diventa sempre più piacevole seguirlo. Davvero molto bello, da vedere.
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aabbaa
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venerdì 3 giugno 2016
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bello
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Con 'Julieta', Almodovar è tornato a raccontare storie di donne forti e passionali ma anche deboli e impaurite, come Raimunda nel film 'Volver' e Manuela in 'Tutto su mia madre'. Tralasciando la breve descrizione della trama che può essere letta dal critico di mymovies, 'Julieta' è un'opera molto umana, realistica e commovente che riesce a raccontarci con grande maestria la vita di una donna tra gioie e dolori. Ottima la regia, solida la sceneggiatura, molto buone le interpretazioni degli attori. 'Julieta' non è un prodotto perfetto ma è un film che riesce a emozionare, a toccare il cuore e a trasmettere veri sentimenti.
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barone di firenze
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sabato 4 giugno 2016
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laconico
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Pedro Almodòvar, ha il suo stile, i gay e le lesbiche non mancani mai, come non manca mai la malattia o il coma, dopo aver visto il film dell'aereo carico di gay mi ero un pò disinamorato, ma quando sono uscito dalla sala dopo aver visto "Julieta" Emma Suarez da interpretazioni intensa delloa madre depressa e sconsolata, (juleta matura) Adriana Sofia Ugarte Pardal (Julieta giovane) una giovane e bellissima donna ha fatto la sua parte in maniera notevole, il nostro oriundo Dario Gradinetti (il compagno di Juleta matura) anche se la sua parte è relativa ha comunque caratterizzato al meglio il suo personaggio, Daniel Grao (L'uomo della vita Juleta il pescatore) è un personaggio che sfugge, il suo ruolo appare e scompare come una meteora il che non me lo fa inquadrare come attore, la parte dell'amante artista fanatica del bronzo e dei peni ma non la conosco.
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Pedro Almodòvar, ha il suo stile, i gay e le lesbiche non mancani mai, come non manca mai la malattia o il coma, dopo aver visto il film dell'aereo carico di gay mi ero un pò disinamorato, ma quando sono uscito dalla sala dopo aver visto "Julieta" Emma Suarez da interpretazioni intensa delloa madre depressa e sconsolata, (juleta matura) Adriana Sofia Ugarte Pardal (Julieta giovane) una giovane e bellissima donna ha fatto la sua parte in maniera notevole, il nostro oriundo Dario Gradinetti (il compagno di Juleta matura) anche se la sua parte è relativa ha comunque caratterizzato al meglio il suo personaggio, Daniel Grao (L'uomo della vita Juleta il pescatore) è un personaggio che sfugge, il suo ruolo appare e scompare come una meteora il che non me lo fa inquadrare come attore, la parte dell'amante artista fanatica del bronzo e dei peni ma non la conosco. Morale film assolutamente da vedere.
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mariele37
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domenica 5 giugno 2016
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mi dispiace per almodòvar
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Mi dispiace per Almodòvar, ma ha perso il suo smalto e la sua sfavillante sintesi. Troppi temi che si intrecciano e non trovano una spiegazione plausibile: la colpa, la morte, la tragedia sono lì, ineluttabili, davanti a noi. La vita di Julieta si svolge in balìa della casualità, come l'incontro in treno con uno sconosciuto con cui lei giustamente non vuole parlare,e che subito dopo guarda caso si suicida,e l'incontro, sempre in treno, con il grande amore della sua vita. Il bel ragazzo focoso di origine cubana accetterà la figlia non programmata e vorrà vivere con loro, continuando però i suoi incontri paralleli con un'altra donna. Il mare, violento e cupo, che gli fornisce il sostentamento, sarà anche la causa della sua morte nel giorno della scoperta della verità da parte di Julieta.
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Mi dispiace per Almodòvar, ma ha perso il suo smalto e la sua sfavillante sintesi. Troppi temi che si intrecciano e non trovano una spiegazione plausibile: la colpa, la morte, la tragedia sono lì, ineluttabili, davanti a noi. La vita di Julieta si svolge in balìa della casualità, come l'incontro in treno con uno sconosciuto con cui lei giustamente non vuole parlare,e che subito dopo guarda caso si suicida,e l'incontro, sempre in treno, con il grande amore della sua vita. Il bel ragazzo focoso di origine cubana accetterà la figlia non programmata e vorrà vivere con loro, continuando però i suoi incontri paralleli con un'altra donna. Il mare, violento e cupo, che gli fornisce il sostentamento, sarà anche la causa della sua morte nel giorno della scoperta della verità da parte di Julieta. La donna precipita in una forte depressione, si assume colpe non sue, e qualche anno dopo non è abbastanza lucida da affrontare la inspiegabile fuga della figlia in maniera razionale. Insomma, una tragedia dall'inizio alla fine, anche se con un barlume di speranza perchè dopo ben tredici anni Julieta finalmente parrebbe ricongiungersi con la figlia Antìa. Ma a quale prezzo! Per lei e per noi, poveri spettatori.
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iuriv
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giovedì 4 agosto 2016
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quasi il solito alodovar.
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Difficile parlare di questo Julieta. Nonostante le straordinarie doti narrative di Almodovar, infatti, la sensazione che qui manchi qualcosa mi ha colpito fin dal termine della visone.
Il regista, come al solito, pone una donna al centro della sua storia e la mette in relazione con un sentimento di perdita che ne domina l'esistenza. Questo, unito al senso di colpa che travolge tutti i personaggi principali, è il vero cardine attorno al quale la storia si muove.
Lo spagnolo sceglie di rinunciare all'ironia, proponendo il racconto come un dramma classico e senza filtri. Ne esce una pellicola abbastanza convenzionale, girata con discrezione, priva di guizzi ma non di momenti intensi.
Almodovar sceglie di non accompagnarci fino alla fine della storia, giudicando la sua opera, così com'è, già in grado di farci intuire gli sviluppi del rapporto centrale che la caratterizza.
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Difficile parlare di questo Julieta. Nonostante le straordinarie doti narrative di Almodovar, infatti, la sensazione che qui manchi qualcosa mi ha colpito fin dal termine della visone.
Il regista, come al solito, pone una donna al centro della sua storia e la mette in relazione con un sentimento di perdita che ne domina l'esistenza. Questo, unito al senso di colpa che travolge tutti i personaggi principali, è il vero cardine attorno al quale la storia si muove.
Lo spagnolo sceglie di rinunciare all'ironia, proponendo il racconto come un dramma classico e senza filtri. Ne esce una pellicola abbastanza convenzionale, girata con discrezione, priva di guizzi ma non di momenti intensi.
Almodovar sceglie di non accompagnarci fino alla fine della storia, giudicando la sua opera, così com'è, già in grado di farci intuire gli sviluppi del rapporto centrale che la caratterizza. Forse non fa la scelta giusta. Il personaggio assente viene introdotto in modo da costruire mistero e attesa, non poterlo saggiare lascia un filo delusi.
Comunque il regista ottiene il massimo dalle sue interpreti, profonde e capaci fino alla fine e in grado di far respirare allo spettatore i vari disagi che sono costrette ad affrontare. Riesce anche a mostrare un colpo di genio, nel momento in cui sostituisce la protagonista.
In fin dei conti Julieta è un film godibile, che fa della brevità il suo cavallo di battaglia, ma che lascia interdetti a causa di alcune svolte un po' frettolose.
E' Almodovar, ma forse non al suo meglio.
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gabriella
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mercoledì 24 agosto 2016
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si no te vas
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Julieta è una donna diversa da quelle che siamo abituate a vedere nei film del regista spagnolo, che lascia da parte gli eccessi, gli slanci emotivi irreverenti e grotteschi, quella voglia di vivere nonostante tutto, per lasciare posto a una storia raccontata da " dentro", così interna da abbassare i toni in un cinema sommesso e asciutto. Julieta è una donna di oltre 50 anni che all'ultimo momento decide di non partire più per il Portogallo assieme a Lorenzo, il suo compagno e di rimanere a Madrid, dopo aver incontrato Beatriz, che le dà notizie di Antia, la figlia di Julieta con la quale non ha rapporti da tredici anni. L'allontanamento volontario della figlia , vissuto con immenso dolore da parte della madre che ha trascorso oltre un decennio nell'inutile attesa di rivederla, fa prendere alla donna la decisione di scrivere una lettera ad Antia, affidare alle pagine di un quaderno il suo vissuto.
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Julieta è una donna diversa da quelle che siamo abituate a vedere nei film del regista spagnolo, che lascia da parte gli eccessi, gli slanci emotivi irreverenti e grotteschi, quella voglia di vivere nonostante tutto, per lasciare posto a una storia raccontata da " dentro", così interna da abbassare i toni in un cinema sommesso e asciutto. Julieta è una donna di oltre 50 anni che all'ultimo momento decide di non partire più per il Portogallo assieme a Lorenzo, il suo compagno e di rimanere a Madrid, dopo aver incontrato Beatriz, che le dà notizie di Antia, la figlia di Julieta con la quale non ha rapporti da tredici anni. L'allontanamento volontario della figlia , vissuto con immenso dolore da parte della madre che ha trascorso oltre un decennio nell'inutile attesa di rivederla, fa prendere alla donna la decisione di scrivere una lettera ad Antia, affidare alle pagine di un quaderno il suo vissuto.
Con un salto indietro nel tempo di trentanni, vediamo una Julieta ( Adriana Ugarte), giovane , bella , aggressiva nell'abbigliamento azzurro e nel taglio di capelli vistosamente biondi, in viaggio su un treno per Madrid, luogo dove si consumerà una tragedia e una grande passione; la prima, il suicidio di un passeggero che innescherà nella ragazza un senso di colpa mai liberato, la seconda, l'incontro con un pescatore galiziano Xoan (Daniel Grao) con il quale concepirà una figlia e che in seguito lei raggiungerà a La Coruna, nella sua casa a ridosso delle rias atlantiche, accolta con ostilità dalla donna di servizio Marian ( Rossy De Palma), personaggio che ricorda molto la signora Danvers di " Rebecca, la prima moglie", così come il paesaggio con i suoi promontori scoscesi e le scogliere a picco sul mare, ricordano la Cornovaglia. Ma Xoan muore durante una tempesta in mare dove lui era voluto andare dopo un litigio con la moglie, gelosa di Ava ( Imma Cuesta). Dopo la morte del marito, la donna scivola in uno stato inesorabile di depressione, naufraga tra il dolore e il senso di colpa, non è in grado di provvedere a sè stessa e viene accudita dalla figlia, Antia, si lascia guidare passivamente e apaticamente, devastata dalla tristezza. Il passaggio, con un bel coup di theatre, ci fa vedere il volto di una Julieta matura ( Emma Suarez), i colori sgargianti, vengono sostituiti da una prevalenza del bianco, colore che meglio di tutti riassume il freddo e la solitudine, fino a diventare gelo, infatti , al compimento dei diciotto anni, Antia se ne va in un ritiro per un periodo, fino a scomparire del tutto dalla vita di sua madre, alla quale non perdona la morte del padre. E' un film privo dell'energia delirante così presente nel cinema di Almodovar, in compenso è un film ricco di sfumature profonde, una tela emotiva difficile da scalfire, anime smarrite che pensano di non meritare nessuna felicità, perchè accusate, giudicate, abbandonate. Attraverso lo sguardo lacerato di Julieta, s'intuisce il suo vissuto, e quella luce impigliata tra i suoi ricordi che non vuole riemergere, vibrazioni di una vita perduta nel tunnel del tempo. Anche se nel finale , si annuncia con una mano tesa da afferrare, da stringere forte e con infinito amore, come solo una madre è in grado di dare, nonostante tutto. Film che consiglio, di un regista che ha saputo rinnovarsi, , riflessivo, pacato, ma potente.
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