writer58
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domenica 12 giugno 2016
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tutto su mia figlia...
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Attenzione [spoiler alert]: nella recensione vi sono anticipazioni sulla trama e lo scioglimento del film.
Con "Julieta", Almodovar compie una vera e propria svolta nella sua produzione. E non solo perché abbandona il melodramma sempre in bilico tra grottesco, trasgressione e passione, in favore di un'opera misurata e quasi sommessa, ma anche perché, pur mantenendo alcuni dei suoi caposaldi narrativi (i rapporti conflittuali tra madre e figli, l'impatto del Destino sulle vite individuali), li rivisita con delicatezza, con una leggerezza sorprendente e con una misura stilistica ammirevole. Julieta è una donna di almeno 50 anni, segnata duramente dalla vita. Il fragile equilibrio che ha ritrovato viene spezzato, alla vigilia di un suo trasferimento insieme al suo compagno in Portogallo, da un incontro con un'amica di sua figlia, figlia di cui non ha alcuna notizia da 13 anni.
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Attenzione [spoiler alert]: nella recensione vi sono anticipazioni sulla trama e lo scioglimento del film.
Con "Julieta", Almodovar compie una vera e propria svolta nella sua produzione. E non solo perché abbandona il melodramma sempre in bilico tra grottesco, trasgressione e passione, in favore di un'opera misurata e quasi sommessa, ma anche perché, pur mantenendo alcuni dei suoi caposaldi narrativi (i rapporti conflittuali tra madre e figli, l'impatto del Destino sulle vite individuali), li rivisita con delicatezza, con una leggerezza sorprendente e con una misura stilistica ammirevole. Julieta è una donna di almeno 50 anni, segnata duramente dalla vita. Il fragile equilibrio che ha ritrovato viene spezzato, alla vigilia di un suo trasferimento insieme al suo compagno in Portogallo, da un incontro con un'amica di sua figlia, figlia di cui non ha alcuna notizia da 13 anni. Sapere che la figlia ha tre bambini e vive nelle vicinanze del lago di Como, apre una specie di voragine in Julieta, che fa sprofondare le certezze acquisite e fa riemergere un violento senso di colpa che la perseguita da almeno 30 anni. Quasi tutto il film è costruito intorno a un flash back che viene dipanato mentre Julieta scrive un diario-lettera rivolto ad Antìa, la sua figlia scomparsa. Veniamo così a conoscenza del rapporto con Xoan, dell'amore travolgente che li ha legati, in una casa costruita a pochi passi dal mare, un Mediterraneo insidioso, elargitore di vita e di morte. La nascita di Antìa, i rapporti non semplici con la propria famiglia di origine (la madre è malata e il padre si lega ambiguamente a una collaboratrice marocchina), la tragedia che incombe e squassa le loro vite, tutto ciò è narrato quasi sottovoce, visto attraverso il filtro dei ricordi. La dimensione della colpa, una colpa non legata ad azioni riprovevoli, quasi un marchio di fabbrica, uno stampo che accoglie le tragedie dell vita, si salda a quella del Destino, un Fato in grado di spezzare anche i legami più forti e che ci ricorda impietosamente la nostra precarietà, l'essere letteralmente in preda alle correnti della vita. Queste due dimensioni attraversano tutto il racconto e si riverberano, come onde del mare, sulle persone vicine a Julieta. La figlia scompare perché si sente essa stessa colpevole e la sua lontananza risponde anche all'infinito egoismo dei figli, capaci di punire i genitori con durezza anche per rispondere ai propri conflitti interiori. La leggerezza stilistica di Almodovar nel trattare la materia mi è parsa notevole, anche se il regista in passato aveva abbandonato il registro barocco e melodrammatico delle sue opere precedenti, come, per esempio, in "Parla con me". Ma in Julieta questo percorso giunge a compimento: per narrare la vita e i suoi drammi si può scegliere un approccio non urlato, sfumato, attento al tempo che passa e che livella l'intensità del desiderio trasformandolo in consapevolezza e rimpianti, ma anche in nuovi scenari.
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[+] non capisco esattamente
(di francesco2)
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maumauroma
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giovedì 2 giugno 2016
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jiulieta
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Ai Tempi della Creazione gli antichi Dei decisero di assegnare un dono ad ogni essere vivente: ad alcuni diedero le ali per volare, ad altri la forza per combattere, ad altri ancora la pelliccia per proteggersi. Alla fine, giunti all'uomo,l'unico essere fornito di ingegno, gli Dei si accorsero di aver finito tutti i doni, e lo lasciarono nel mondo nudo e indifeso nel corpo e nell'anima. Questo e altro insegna Jiulieta, giovane insegnante di lettere classiche ai suoi studenti. Insegna anche dell'importanza del mare per le antiche civilta', mare dispensatore di vita e di morte, le cui onde furono per secoli solcate da Eroi, per cercare nuove conoscenze o per ricongiungersi alle mogli e ai figli che aspettavano pazienti il loro ritorno.
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Ai Tempi della Creazione gli antichi Dei decisero di assegnare un dono ad ogni essere vivente: ad alcuni diedero le ali per volare, ad altri la forza per combattere, ad altri ancora la pelliccia per proteggersi. Alla fine, giunti all'uomo,l'unico essere fornito di ingegno, gli Dei si accorsero di aver finito tutti i doni, e lo lasciarono nel mondo nudo e indifeso nel corpo e nell'anima. Questo e altro insegna Jiulieta, giovane insegnante di lettere classiche ai suoi studenti. Insegna anche dell'importanza del mare per le antiche civilta', mare dispensatore di vita e di morte, le cui onde furono per secoli solcate da Eroi, per cercare nuove conoscenze o per ricongiungersi alle mogli e ai figli che aspettavano pazienti il loro ritorno. Il Tutto dominato dal Destino, dal Fato che racchiude e regola tutte le nostre vite. Il Destino di Jiulieta iniziera' con un viaggio in treno, in cui si mescoleranno, coagulandosi, Eros E Thanatos. Continuera' poi con la nascita della figlia Antia, con la morte nell'Oceano dell'amato compagno, con l'abbandono della figlia che non rivedra' mai piu'. E la sua vita , in fondo senza colpe, si consumera' nell'attesa di un ritorno, nel tentativo sbiadito di superare il dolore con un pallido amore o con un viaggio, finche' una lettera di Antia le fara' capire che tutte le vite sono niente altro che onde del mare, le quali in eterno vanno a infrangersi contro i duri scogli dell'anima.L'opera di Almodovar e' cupa, pessimista, a volte angosciante. All'inizio puo' sconcertare e quasi annoiare, ma poi ti resta a lungo dentro. I bellisiimi colori pastello azzurri e rossi delle cose contrastano con lo sbiadito grigiore degli stati d'animo. L'atmosfera del film e' inquietante, misteriosa, sospesa. Evidente qualche rimando a Hitchcock e a Lynch. E il Tempo non sfuma come si crede a poco a poco,ma a volte le avversita' della vita sono tali che basta semplicemente asciugarsi i capelli per accorgersi di essere definitivamente invecchiati
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[+] sulla lettera di antia.....
(di francesco2)
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writer58
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domenica 12 giugno 2016
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tutto su mia figlia...
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Attenzione [spoiler alert]: nella recensione vi sono anticipazioni sulla trama e lo scioglimento del film.
Con "Julieta", Almodovar compie una vera e propria svolta nella sua produzione. E non solo perché abbandona il melodramma sempre in bilico tra grottesco, trasgressione e passione, in favore di un'opera misurata e quasi sommessa, ma anche perché, pur mantenendo alcuni dei suoi caposaldi narrativi (i rapporti conflittuali tra madre e figli, l'impatto del Destino sulle vite individuali), li rivisita con delicatezza, con una leggerezza sorprendente e con una misura stilistica ammirevole. Julieta è una donna di almeno 50 anni, segnata duramente dalla vita. Il fragile equilibrio che ha ritrovato viene spezzato, alla vigilia di un suo trasferimento insieme al suo compagno in Portogallo, da un incontro con un'amica di sua figlia, figlia di cui non ha alcuna notizia da 13 anni.
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Attenzione [spoiler alert]: nella recensione vi sono anticipazioni sulla trama e lo scioglimento del film.
Con "Julieta", Almodovar compie una vera e propria svolta nella sua produzione. E non solo perché abbandona il melodramma sempre in bilico tra grottesco, trasgressione e passione, in favore di un'opera misurata e quasi sommessa, ma anche perché, pur mantenendo alcuni dei suoi caposaldi narrativi (i rapporti conflittuali tra madre e figli, l'impatto del Destino sulle vite individuali), li rivisita con delicatezza, con una leggerezza sorprendente e con una misura stilistica ammirevole. Julieta è una donna di almeno 50 anni, segnata duramente dalla vita. Il fragile equilibrio che ha ritrovato viene spezzato, alla vigilia di un suo trasferimento insieme al suo compagno in Portogallo, da un incontro con un'amica di sua figlia, figlia di cui non ha alcuna notizia da 13 anni. Sapere che la figlia ha tre bambini e vive nelle vicinanze del lago di Como, apre una specie di voragine in Julieta, che fa sprofondare le certezze acquisite e fa riemergere un violento senso di colpa che la perseguita da almeno 30 anni. Quasi tutto il film è costruito intorno a un flash back che viene dipanato mentre Julieta scrive un diario-lettera rivolto ad Antìa, la sua figlia scomparsa. Veniamo così a conoscenza del rapporto con Xoan, dell'amore travolgente che li ha legati, in una casa costruita a pochi passi dal mare, un Mediterraneo insidioso, elargitore di vita e di morte. La nascita di Antìa, i rapporti non semplici con la propria famiglia di origine (la madre è malata e il padre si lega ambiguamente a una collaboratrice marocchina), la tragedia che incombe e squassa le loro vite, tutto ciò è narrato quasi sottovoce, visto attraverso il filtro dei ricordi. La dimensione della colpa, una colpa non legata ad azioni riprovevoli, quasi un marchio di fabbrica, uno stampo che accoglie le tragedie dell vita, si salda a quella del Destino, un Fato in grado di spezzare anche i legami più forti e che ci ricorda impietosamente la nostra precarietà, l'essere letteralmente in preda alle correnti della vita. Queste due dimensioni attraversano tutto il racconto e si riverberano, come onde del mare, sulle persone vicine a Julieta. La figlia scompare perché si sente essa stessa colpevole e la sua lontananza risponde anche all'infinito egoismo dei figli, capaci di punire i genitori con durezza anche per rispondere ai propri conflitti interiori. La leggerezza stilistica di Almodovar nel trattare la materia mi è parsa notevole, anche se il regista in passato aveva abbandonato il registro barocco e melodrammatico delle sue opere precedenti, come, per esempio, in "Parla con me". Ma in Julieta questo percorso giunge a compimento: per narrare la vita e i suoi drammi si può scegliere un approccio non urlato, sfumato, attento al tempo che passa e che livella l'intensità del desiderio trasformandolo in consapevolezza e rimpianti, ma anche in nuovi scenari.
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vanessa zarastro
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domenica 5 giugno 2016
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la grecia del mare
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Il film ha un impianto da tragedia greca. Non a caso Julieta insegna letteratura antica e mitologia greca: nella lezione in aula che fa come supplente parla di Ulisse e del fascino del mare.
S’innamora di un uomo che fa il pescatore (Daniel Grao) e che troverà la morte nel mare. Ma la tragedia nella sua vita è costante perché è il fato la perseguita: dalla malattia della madre, all’uomo sconosciuto in treno, al suo compagno Xoan, alla morte dell’amica Ava (un’intensa Imma Cuesta), fino al nipote sconosciuto. Le scansioni temporali sono lutti, le scene sono fisse, un montaggio di immagini bellissime ma prive di movimento, giustificate nei flash back dai salti temporali.
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Il film ha un impianto da tragedia greca. Non a caso Julieta insegna letteratura antica e mitologia greca: nella lezione in aula che fa come supplente parla di Ulisse e del fascino del mare.
S’innamora di un uomo che fa il pescatore (Daniel Grao) e che troverà la morte nel mare. Ma la tragedia nella sua vita è costante perché è il fato la perseguita: dalla malattia della madre, all’uomo sconosciuto in treno, al suo compagno Xoan, alla morte dell’amica Ava (un’intensa Imma Cuesta), fino al nipote sconosciuto. Le scansioni temporali sono lutti, le scene sono fisse, un montaggio di immagini bellissime ma prive di movimento, giustificate nei flash back dai salti temporali. I luoghi sono case: la casa dove vive adesso e la casa dove ha vissuto con la figlia Antia sempre a Madrid, la casa in riva al mare dove ha vissuto l’amore e la maternità ma anche il lutto e il dolore.
Ho letto molto della bravura delle attrici di Almodovar, a mio avviso, Adriana Ugarte è sicuramente più plastica mentre Emma Suarez ha sempre la stessa espressione più che corrucciata. Rossy De Palma – attrice scoperta da Almodovar una trentina di anni fa - è la serva fedele della “prima moglie”, forse una citazione di quella hitchkockiana in “Rebecca”. La moglie di Xoan in coma da 5 anni è sicuramente una citazione del suo “Parla con lei”.
“Julieta” è ispirato a tre racconti di Alice Munro che vengono sintetizzati nella storia in cui qua e là ci sono dettagli o mini-storie poco convincenti come nella sua famiglia d’origine, il padre con la badante.
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nanni
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giovedì 2 giugno 2016
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julieta
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Riaffiora casualmente dal passato qualcosa che costringe Julieta a riaprire una ferita che sembrava chiusa. Nel tentativo di fare chiarezza ripercorrerà scrivendolo il suo pezzo di vita più importante. Quello del rapporto con i suoi genitori, con gli amori, i figli e gli amici più importanti. Alla fine si renderà conto che ogniuno è artefice e per molti aspetti "prigioniero" del proprio universo emotivo. È attraverso l'esperienza strettamente personale che codifichiamo un linguaggio interiore tutto e solamente nostro e per questo,forse, quasi...??? inaccessibile ( Antia dovrà vivere lo stesso dolore per capire quello di sua madre.....diversamente non sarebbero bastati fiumi di parole). Il film è ambizioso ma largamente inefficace e, pena la farraginosità della narrazione, un montaggio spezzettato ed una staticità da fotoromanzo ne esce, fortemente ridimensionato anche forse a causa della difficoltà di rendere la complessità del tema trattato.
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Riaffiora casualmente dal passato qualcosa che costringe Julieta a riaprire una ferita che sembrava chiusa. Nel tentativo di fare chiarezza ripercorrerà scrivendolo il suo pezzo di vita più importante. Quello del rapporto con i suoi genitori, con gli amori, i figli e gli amici più importanti. Alla fine si renderà conto che ogniuno è artefice e per molti aspetti "prigioniero" del proprio universo emotivo. È attraverso l'esperienza strettamente personale che codifichiamo un linguaggio interiore tutto e solamente nostro e per questo,forse, quasi...??? inaccessibile ( Antia dovrà vivere lo stesso dolore per capire quello di sua madre.....diversamente non sarebbero bastati fiumi di parole). Il film è ambizioso ma largamente inefficace e, pena la farraginosità della narrazione, un montaggio spezzettato ed una staticità da fotoromanzo ne esce, fortemente ridimensionato anche forse a causa della difficoltà di rendere la complessità del tema trattato. Nonostante un Almodovar coinvolto ed intellettualmente onesto il risultato è mediocre. Ciao Nanni
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[+] il silenzio assordante dell'attesa...
(di antonio montefalcone)
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daniela macherelli
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mercoledì 1 giugno 2016
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julieta : perdersi e ritrovarsi
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Storia di un rapporto madre (Julieta)-figlia (Antia) tra complicità, incomprensioni e riavvicinamenti. Julieta ha avuto Antia da Xoan, morto annegato quando la figlia era adolescente; da quel momento il rapporto fra le due si fa più stretto (una rappresenta per l’altra tutta la famiglia), ma l’adolescenza e la prima giovinezza di Antia la allontanano progressivamente dalla madre, fino a spingerla a sottrarsi stabilmente al rapporto. Dapprima, infatti, Antia stringe un’amicizia molto forte con Beatrice, una sua coetanea conosciuta ad un campeggio, amicizia che diventa col tempo relazione senza che la madre se ne accorga; Beatrice, però, vivrà il legame come opprimente sino a trasferirsi a New York per svincolarsi esso.
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Storia di un rapporto madre (Julieta)-figlia (Antia) tra complicità, incomprensioni e riavvicinamenti. Julieta ha avuto Antia da Xoan, morto annegato quando la figlia era adolescente; da quel momento il rapporto fra le due si fa più stretto (una rappresenta per l’altra tutta la famiglia), ma l’adolescenza e la prima giovinezza di Antia la allontanano progressivamente dalla madre, fino a spingerla a sottrarsi stabilmente al rapporto. Dapprima, infatti, Antia stringe un’amicizia molto forte con Beatrice, una sua coetanea conosciuta ad un campeggio, amicizia che diventa col tempo relazione senza che la madre se ne accorga; Beatrice, però, vivrà il legame come opprimente sino a trasferirsi a New York per svincolarsi esso. Successivamente Antia, ormai ventenne, partecipa ad un ritiro spirituale in un eremo di montagna dove matura la decisione di sottrarsi al rapporto con la madre tanto che, quando questa la va a prendere, lei non si fa più trovare, essendosi trasferita in un luogo segreto, che la responsabile della casa non le svela. Ovviamente, le domande che si accavallano nella mente di Julieta sono innumerevoli ma, dopo aver provato invano a cancellare la figlia dalla sua vita, si mette di nuovo sulle sua tracce, anche se senza risultati risolutivi, perché la figlia le invia posta senza indicarle recapito; alla fine, però, riceve un biglietto da Antia con il suo indirizzo.
Il film è la storia di un legame madre-figlia che si interrompe per molto tempo ma non si spezza mai completamente perché più forte di qualsiasi motivo che divide: infatti il vuoto lasciato dalla figlia scava nel cuore della madre un abisso talmente profondo che non può non concretizzarsi nella ricerca; d’altro canto nonostante Antia fugga dalla propria realtà di figlia verso un altrove e un nuovo stato di vita familiare che non contempla la presenza materna, si ritroverà fatalmente inserita, attraverso la morte per annegamento del figlio maggiore avvenuta con le stesse modalità di quella del padre, in una sorta di moto circolare che la riconduce al punto di partenza, la sua famiglia di origine.
Film fatto di un avvicendarsi di rapporti, di lontananze e di ritrovamenti, presenta allo spettatore una storia che ben rappresenta come, nello svolgersi delle vicende umane, nel fluire dell’esistenza attraverso un continuo dipanarsi di avvenimenti e situazioni diversi, rimangano alcune costanti, dei punti fermi che non si lasciano travolgere dagli eventi, anche se traumatici e dolorosi. Opera drammatica ma dai toni sommessi, si regge su una solida sceneggiatura asciutta e ben articolata che tiene costantemente desta l’attenzione dello spettatore, coinvolgendolo con delicatezza,realismo ed eleganza e costruendo sapientemente la complessa rete affettiva e relazionale narrata. Bravi gli attori, fra i quali segnaliamo Emma Suarez, una Julieta matura che ci trasmette con una recitazione efficacemente essenziale le contraddizioni e le speranze del personaggio che interpreta, e Adriana Ugarte, nella parte di una bella ed esuberante Julieta giovane, che speriamo di rivedere presto.
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dhany coraucci
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venerdì 3 giugno 2016
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la passione congelata in un rosso annacquato
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La commistione tra la rossa passione del regista e la gelida trasparenza della Munro, scrittrice canadese da cui è tratta la storia, chiaramente avrebbe raffreddato il film, non pensavo però che il colore ne sarebbe stato intaccato: invece è proprio ciò che mi è parso, un rosso annacquato, come nelle bevande analcooliche. E lo dico con grande dispiacere perché l’occasione di un tema così delicato come quello madre-figlia è interessantissima, indipendentemente dal fatto che sono madre, siamo tutti figli. Quello che manca, secondo me, nella storia di un abbandono, o se vogliamo di una fuga, è una digressione sul tema dell’ingratitudine, non so se nei racconti della Munro c’è perché non li ho letti (troppo artica in ogni caso, per i miei gusti), sicuramente è assente nel film dove a un primo tempo in cui si crea una grande tensione (o una grande aspettativa) perfino forzata, nel secondo tempo si limita a mostrare il reciproco dolore senza però dire qualcosa di più, come sarebbe stato se avesse indagato a fondo in un rapporto complesso come è quello genitoriale, perché una madre (o un padre) non è solo addolorato nell’attesa, è anche tante altre cose.
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La commistione tra la rossa passione del regista e la gelida trasparenza della Munro, scrittrice canadese da cui è tratta la storia, chiaramente avrebbe raffreddato il film, non pensavo però che il colore ne sarebbe stato intaccato: invece è proprio ciò che mi è parso, un rosso annacquato, come nelle bevande analcooliche. E lo dico con grande dispiacere perché l’occasione di un tema così delicato come quello madre-figlia è interessantissima, indipendentemente dal fatto che sono madre, siamo tutti figli. Quello che manca, secondo me, nella storia di un abbandono, o se vogliamo di una fuga, è una digressione sul tema dell’ingratitudine, non so se nei racconti della Munro c’è perché non li ho letti (troppo artica in ogni caso, per i miei gusti), sicuramente è assente nel film dove a un primo tempo in cui si crea una grande tensione (o una grande aspettativa) perfino forzata, nel secondo tempo si limita a mostrare il reciproco dolore senza però dire qualcosa di più, come sarebbe stato se avesse indagato a fondo in un rapporto complesso come è quello genitoriale, perché una madre (o un padre) non è solo addolorato nell’attesa, è anche tante altre cose. E un figlio non è solo deluso, nella fuga. Poi, rinunciando alla scena “madre” tra le due e interrompendo praticamente la storia sul più bello, il film diventa abbastanza convenzionale e non per il fatto della scelta stilistica, perché apprezzo moltissimo la “sottrazione” in un racconto, la profondità però è altra cosa, non è un “raffreddamento” delle emozioni né un congelamento del plot. E certamente, non è un rosso annacquato.
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zarar
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lunedì 6 giugno 2016
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munro e almódovar
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Poche personalità mi sembrano distanti tra loro come la scrittrice Alice Munro e Pedro Almodóvar: è vero che ambedue intrecciano storie intessute di passato e presente, in cui la realtà nasconde un lato oscuro che prima o poi segna la tua vita in modo crudele e alle volte violento, ma è anche vero che l’approccio è diversissimo: in Munro lo stile è asciuttissimo, il dramma è tutto imploso, il quotidiano è grigio, personaggi e ambienti sono incolori, tutto succede e all’esterno pare che nulla succeda; l’Almodóvar che conosciamo è invece fortemente espressionista, la passionalità frenata o espressa dei suoi personaggi ha un impatto esplosivo, i colori sono colori forti, la carnalità è importante, le scelte sono estreme, amore e morte giocano una partita sanguinosa sullo schermo.
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Poche personalità mi sembrano distanti tra loro come la scrittrice Alice Munro e Pedro Almodóvar: è vero che ambedue intrecciano storie intessute di passato e presente, in cui la realtà nasconde un lato oscuro che prima o poi segna la tua vita in modo crudele e alle volte violento, ma è anche vero che l’approccio è diversissimo: in Munro lo stile è asciuttissimo, il dramma è tutto imploso, il quotidiano è grigio, personaggi e ambienti sono incolori, tutto succede e all’esterno pare che nulla succeda; l’Almodóvar che conosciamo è invece fortemente espressionista, la passionalità frenata o espressa dei suoi personaggi ha un impatto esplosivo, i colori sono colori forti, la carnalità è importante, le scelte sono estreme, amore e morte giocano una partita sanguinosa sullo schermo. Eppure il regista ha scelto proprio tre racconti brevi della Munro per la sua sceneggiatura di Julieta. Il risultato è questo film, che mette insieme mondi diversi e non convince fino in fondo. Alle prese con una storia tutta fatta di non detto e di sofferenza compressa, l’energia di Almodóvar si affloscia o esplode in modo gratuito. Dovrebbe caricare il dramma tutto sul versante psicologico, ma la sua musa drammatica ha bisogno di simboli ed immagini forti e accese, che non sono nell’originale. E dunque tutto quel che succede nel film appare poco ‘necessario’ e motivato: l’amore folle della protagonista per il giovane compagno di viaggio dopo lo shock di non aver presentito un suicidio; la gelosia, i rimorsi per la morte del marito, l’inspiegabile abbandono della figlia, il riaffiorare di questo fantasma dopo anni di silenzio. D’altra parte, si coglie male il filo rosso che dovrebbe collegare le tre protagoniste delle tre età di Julieta, sostanzialmente (e non solo fisicamente) diverse tra loro. E così non c’è da stupirsi se le figure forse più convincenti sono le meno importanti nell’economia della storia: padre e madre di Juilieta, la donna di servizio ‘cattiva’, il nuovo compagno della protagonista, figure rispetto alle quali il regista è più libero, e dunque più lui. Con tutto ciò, la zampata di un Almodóvar si avverte sempre.
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mauridal
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domenica 26 giugno 2016
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lo specchio che invecchia
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JULIETA un film di ALMODOVAR
LO SPECCHIO CHE INVECCHIA
Quando lo sguardo maturo di una non più giovane madre , si posa sul corpo e negli occhi della sua giovane figlia, inevitabilmente si riempie di malinconia e di nostalgia per il passato vissuto, per le gioie e le felicità perdute. La madre rispecchiandosi in quello sguardo giovane rimpiange la bellezza sfiorita del suo corpo ormai invecchiato. Tutto il film del regista Almodovar, anch’egli non più giovane, si presenta come uno specchio in cui la protagonista Julieta si racconta da anziana madre in un ricordo da giovane che ha vissuto però la tragedia e il dramma della perdita sia della figlia che del compagno .
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JULIETA un film di ALMODOVAR
LO SPECCHIO CHE INVECCHIA
Quando lo sguardo maturo di una non più giovane madre , si posa sul corpo e negli occhi della sua giovane figlia, inevitabilmente si riempie di malinconia e di nostalgia per il passato vissuto, per le gioie e le felicità perdute. La madre rispecchiandosi in quello sguardo giovane rimpiange la bellezza sfiorita del suo corpo ormai invecchiato. Tutto il film del regista Almodovar, anch’egli non più giovane, si presenta come uno specchio in cui la protagonista Julieta si racconta da anziana madre in un ricordo da giovane che ha vissuto però la tragedia e il dramma della perdita sia della figlia che del compagno . Un Drammone, direi, stemperato dalla natura sentimentale e passionale della narrazione , che con un pizzico di teatralità ammiccante alla soap opera ne completa il senso e il significato. Anche qui si adotta l’espediente dello sdoppiamento del personaggio ,Julieta da giovane è perfettamente aderente alla movida madrilena ,come tipo e atteggiamento, ma forse non è già più una donna trasgressiva e nevrotica come Almodovar concepiva il femminile negli anni '80 , tuttavia riesce a trovare il suo amore su di un treno e a fare con lui una figlia, senza troppi problemi. Il melodramma, scoppia quando la figlia cresce e mentre è in piena fase edipica. il padre muore . La colpa di questa morte accidentale ma non troppo, ricade su Julieta ormai anziana , anzi, per meglio complicare le cose, la giovane figlia si allontana e abbandona la madre, accusandola, e il senso di colpa ,il famigerato senso di colpa, colpisce ancora, se così possiamo affermare. Julieta da vecchia ha perso i suoi affetti e in una bella frase scritta in una lettera alla figlia ormai lontana, dice : la tua assenza riempie la mia vita, e la distrugge. In questo gioco di assenze e presenze invisibili, La vecchia madre Julieta non riesce a rifarsi una vita, mentre la giovane figlia scompare in un ritiro volontario ,definitivamente. E il vecchio Almodovar che fine farà? E' il suo pubblico che lo sta abbandonando, oppure sarà proprio lui ad abbandonare un certo suo cinema di follia giocosa e trasgressione ribelle? ( MAURIDAL)
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fabiofeli
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venerdì 8 luglio 2016
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ognuno sconta la "sua" colpa
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Julieta (Adriana Ugarte), una bella donna in viaggio in treno in una Spagna innevata, si reca nel vagone ristorante per evitare un colloquio che ritiene noioso con un viaggiatore che vorrebbe confidarsi con lei. Lì conosce Xoan (Daniel Grao), che fa il pescatore nel mare a Nord della Spagna. Dopo una sosta del treno in una stazione si verifica un incidente. Il viaggiatore “importuno” è stato investito dal treno: probabilmente si tratta di suicidio ma Julieta si sente responsabile del fatto, perché non ha voluto ascoltarlo. Circa 30 anni dopo Julieta (impersonata nella maturità da Emma Suarez) insieme al suo attuale compagno sta per andarsene da Madrid, città che le evoca il brutto ricordo del suo fallimento come madre; incontra per strada Beatriz, una amica di Antia, la figlia nata dal matrimonio con Xoan, inspiegabilmente allontanatasi da lei, quando era entrata nella maggiore età.
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Julieta (Adriana Ugarte), una bella donna in viaggio in treno in una Spagna innevata, si reca nel vagone ristorante per evitare un colloquio che ritiene noioso con un viaggiatore che vorrebbe confidarsi con lei. Lì conosce Xoan (Daniel Grao), che fa il pescatore nel mare a Nord della Spagna. Dopo una sosta del treno in una stazione si verifica un incidente. Il viaggiatore “importuno” è stato investito dal treno: probabilmente si tratta di suicidio ma Julieta si sente responsabile del fatto, perché non ha voluto ascoltarlo. Circa 30 anni dopo Julieta (impersonata nella maturità da Emma Suarez) insieme al suo attuale compagno sta per andarsene da Madrid, città che le evoca il brutto ricordo del suo fallimento come madre; incontra per strada Beatriz, una amica di Antia, la figlia nata dal matrimonio con Xoan, inspiegabilmente allontanatasi da lei, quando era entrata nella maggiore età. Beatriz le dice che Antia vive a Como ed ha due figli. Julieta spera che ora che sua figlia è cresciuta diventando madre a sua volta la cerchi nella casa di Madrid nella quale avevano vissuto insieme; interrompe la relazione con l’attuale compagno senza dargli spiegazioni e comincia a scrivere i suoi ricordi in un diario, per mettere ordine nei suoi pensieri e nella sua vita che ha subito svolte e cesure dolorose. Quello che scrive è una specie di dialogo a distanza con Antia. Poco alla volta la storia passata svela il motivo della scomparsa di sua figlia …
Trattenuto e sobrio sono le parole giuste per descrivere il film: Almodòvar non esagera e mantiene toni sommessi, come in Parla con lei, senza scivolare nel melodramma. I dolori soffocati e i lutti che richiedono lunghi tempi di elaborazione sono trattati con mano leggera. Il regista, che firma anche la sceneggiatura, indaga sui sensi di colpa, un pesante bagaglio soggettivo a volte infondato, che ognuno si trascina dietro durante la propria vita con effetti negativi, perché gli sviluppi successivi possono prendere direzioni inattese e non desiderate. La speranza ottimistica di sanare ferite, però, non muore e la protagonista affida a un diario un messaggio nella bottiglia che forse raggiungerà miracolosamente il giusto destinatario.
La recitazione è buona, il modo di filmare è agli alti livelli ai quali ci aveva abituato il regista, il dramma regge. Un buon film, da non mancare.
Valutazione ***
FabioFeli
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