gaiart
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domenica 3 gennaio 2016
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l'inferno è allen, non gli altri ..
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L'INFERNO È ALLEN,
NON GLI ALTRI ...
Storpiando Sartre, “l’inferno sono gli altri,” che mi si girerà nella tomba per aver rovinato i suoi geniali versi, Irrational Man di Woody Allen, di bello ha solo il titolo. Per altro non adatto alla pellicola. Infatti, il personaggio principale Joaquin Phoenix in Abe Lucas, professore di filosofia, accademico, è un uomo stupido, infelice, inadeguato, depresso, cattivo, emotivamente alle cozze, insomma tutto fuorché irrazionale, tanto da compiere – proprio a tavolino - un gesto, seppur estremo, totalmente razionale.
Phoenix/Lucas, basso e grasso da sembrare all’ottavo mese di gravidanza, antitesi dell’erotismo, la sua figura mal si sposa e si accoppia poco con le gambe kilometriche e l’allure da Barbie finta intellettuale di Emma Stone, già inutile e insipida in Magic in the Moonligh, altro flop.
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L'INFERNO È ALLEN,
NON GLI ALTRI ...
Storpiando Sartre, “l’inferno sono gli altri,” che mi si girerà nella tomba per aver rovinato i suoi geniali versi, Irrational Man di Woody Allen, di bello ha solo il titolo. Per altro non adatto alla pellicola. Infatti, il personaggio principale Joaquin Phoenix in Abe Lucas, professore di filosofia, accademico, è un uomo stupido, infelice, inadeguato, depresso, cattivo, emotivamente alle cozze, insomma tutto fuorché irrazionale, tanto da compiere – proprio a tavolino - un gesto, seppur estremo, totalmente razionale.
Phoenix/Lucas, basso e grasso da sembrare all’ottavo mese di gravidanza, antitesi dell’erotismo, la sua figura mal si sposa e si accoppia poco con le gambe kilometriche e l’allure da Barbie finta intellettuale di Emma Stone, già inutile e insipida in Magic in the Moonligh, altro flop. O la ninfomane Parker Posey e l’insulso Jamie Blackley.
Questo film è prigioniero di se stesso e della vita di Woody Allen, che tutti sanno a menadito. È altresi imprigionato in una serie di scatole non tanto cinesi, del clichè della banalità di chi non ha più niente da dire e si ostina a farlo, tipo: la studentessa che s’innamora del professore in università, la mala giustizia, la ninfomania, il delitto perfetto, la teoria filosofica (del male) che non è uguale allo svolgimento della realtà, in cui scomodare Hannah Arendt e la sua vera genialità, sembra assurdo oltre che fuori luogo e oltraggioso. Tutto lontanissimo dal gradevole ed elegante Match point.
Se poi a concetti, tematiche sterili si associano personaggi mal assortiti (il viso e corpo da Top model, movenze e presenza scenica zero, di tale studentessa che tutto sembra fuorché intelligente) o brutti, ineleganti, mal vestiti, sciatti, (Phoenix- Posey) forieri di empie disquisizioni post esistenzialiste filosofico-moral-poetiche tratte da un Bignami universale in cui Sarte/ Kierkegaard /Dickinson/Arendt estrapolati dalla profondità di una puntata di soap opera, mescolati alla banalità non del male, ma della trama, vedremo la noia vincere sovrana e anche lo sbadiglio postprandiale.
Allen è cinematograficamente morto e, senza rendersene conto, sta assistendo al suo funerale. Sempre e rigorosamente sul red carpet però!!!
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flaw54
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domenica 3 gennaio 2016
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filmetto
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Woody ritorna alle atmosfere di Crimini e misfatti e di Match point, ma si dimostra ormai ripetitivo e a corto di idee. Dopo una prima parte accettabile Allen sembra non trovare più la strada eil film si avvita su se stesso con un finale che sfiora involontariamente il ridicolo. Si ribalta Dostoevskij, ma il tutto è accompagnato da un' ztmosfera eccessivamente leggera e disincantata, anche se le pfoblematiche esposte invitano alla riflessione. Fino a che punto existe il senso di colpa? Sarà vero Raskolnikov o il professor Abe Lucas?
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mauridal
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domenica 3 gennaio 2016
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il grande vecchio woody ha perso un po' di pelo ma
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il grande woody non ha perso il vezzo di interrogarci sul senso della vita e delle cose tutte che ci circondano. Vezzo intellettuale e qui più che mai in questo irrational man, un laico interrogativo che sfocia nel metafisico incontro tra filosofia e senso pratico della vita, in una sequela di paradossi tra le ragioni della vita da vivere e la salvezza nella morte che il nostro prof. di filosofia protagonista del film, profonde in pensieri sragionati , più che irrazionali. Il film del pccolo grande Woody, è gradevolmente impegnato, affronta i temi esistenziali soliti ma giustamente ripetendo come ogni autore, sempre la stessa opera. Qui troviamo una differenza nelle figure femminili , che non sembrano più l'ossessione di Woody, ma al contrario una serena e disincantata descrizione della freschezza femminile in Jill/Emma Stone giovane studentessa che , di una nevrotica e angosciata figura ricorrente, come la prof.
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il grande woody non ha perso il vezzo di interrogarci sul senso della vita e delle cose tutte che ci circondano. Vezzo intellettuale e qui più che mai in questo irrational man, un laico interrogativo che sfocia nel metafisico incontro tra filosofia e senso pratico della vita, in una sequela di paradossi tra le ragioni della vita da vivere e la salvezza nella morte che il nostro prof. di filosofia protagonista del film, profonde in pensieri sragionati , più che irrazionali. Il film del pccolo grande Woody, è gradevolmente impegnato, affronta i temi esistenziali soliti ma giustamente ripetendo come ogni autore, sempre la stessa opera. Qui troviamo una differenza nelle figure femminili , che non sembrano più l'ossessione di Woody, ma al contrario una serena e disincantata descrizione della freschezza femminile in Jill/Emma Stone giovane studentessa che , di una nevrotica e angosciata figura ricorrente, come la prof. Rita aggressiva sessualmente , senza risultati. Dunque un film alla Woody dove gli intrecci tra storie che si incontrano e vite che il caso ha voluto incontrare diventano un tutt'uno e talvolta portando a conclusioni inattese. Il tema del thriller , strizza l'occhio allo spettatore ma non è centrale , pur dilungandosi sul senso e sui modi di un assassinio, diventa tuttavia un ironico e divertente intermezzo nel groviglio di temi che la mente del prof.Abe Lucas , con la giusta faccia di Joaquin Phoenix ,propone. Il grande vecchio Woody avrà pure perso qualche pelo ma ....
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eugenio
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sabato 2 gennaio 2016
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delitto con castigo
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Woody Allen ce l’ha fatta ancora, inutile girarci attorno. I detrattori che vedevano un possibile declino del cineasta ottantenne che ci ha regalato pellicole indimenticabile hanno sbagliato ancora a considerare che i suoi film tendano a ripetersi, che i motivi siano sempre gli stessi, che le paranoie tra uomo e donna alla lunga stanchino.
Sì, può essere che ci sia un fondo di verità ma la sapienza di Allen in ogni sua trasposizione cinematografica è sempre quella: riuscire a trattare in oltre trentacinque commedie il tema esistenziale umano, il grumo di passioni che alberga nell’animo di ogni protagonista maschile e le peculiari conseguenze, spesso distruttive, che esse esercitano sul gentil sesso, circondato, amato o solo vagheggiato dal protagonista stesso.
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Woody Allen ce l’ha fatta ancora, inutile girarci attorno. I detrattori che vedevano un possibile declino del cineasta ottantenne che ci ha regalato pellicole indimenticabile hanno sbagliato ancora a considerare che i suoi film tendano a ripetersi, che i motivi siano sempre gli stessi, che le paranoie tra uomo e donna alla lunga stanchino.
Sì, può essere che ci sia un fondo di verità ma la sapienza di Allen in ogni sua trasposizione cinematografica è sempre quella: riuscire a trattare in oltre trentacinque commedie il tema esistenziale umano, il grumo di passioni che alberga nell’animo di ogni protagonista maschile e le peculiari conseguenze, spesso distruttive, che esse esercitano sul gentil sesso, circondato, amato o solo vagheggiato dal protagonista stesso.
I sentimentalismi in Allen non sono mai casuali, servono come pretesto per un’autocritica analitica della realtà, del contesto in cui l’essere umano, spinto da forze incontrollabili che non riesce mai a gestire, persegua azioni apparentemente inspiegabili lenitive solo per il suo animo tormentato.
La psicosi alla “Bergman” di Io e Annie, i rovinosi contraccolpi grotteschi del Dittatore dello stato libero di Bananas, o comici di Pallottole su Broadway, hanno lasciato spazio alle nevrosi dell’uomo contemporaneo, sposato con amante,spesso più giovane di lui al seguito, diviso tra l’egotismo e la sfrenata libido che lo spinge a relazioni “poco coniugali”. Ma Allen, oltre alla commedia, è stato capace di alternare i toni leggeri a quelli più noir, propri di un thriller. In questo contesto sono quindi nati i recenti Sogni e delitti o il famoso “delitto senza castigo” Match Point.
Riprendendo quel fortunato filone e seguendo un motivo dostojveskiano nella caratterizzazione nichilista del suo nuovo protagonista, il regista newyorkese realizza Irrational man, premiato all’ultimo festival del cinema di Cannes, un thriller appunto capace di coniugare i toni più rilassati della commedia alle punte di drammaticità evitando, cosa rara per una pellicola americana, senza mai alcun cenno di velata violenza.
Un professore universitario, Abe Lucas, interpretato magistralmente da Joaquin Phoenix si trasferisce in un paesino della costa americana per insegnare filosofia al college. Va precisato che il protagonista è quasi annoiato dalla vita, indolente, chiuso in una profonda isteria, simile allo straniero di Camus, segue quasi un filone esistenzialista che ha origini remote nel profondo trauma causato dalla prematura scomparsa di un suo caro amico in guerra.
Le sue lezioni particolari e sui generis (definerà la sua stessa materia una “masturbazione cerebrale”, assai lontana dalla vita vera) destano l’interesse di una giovane studentessa, Jill Pallard (una magra Emma Stone) che attratta, pur se fidanzata, dalla particolare forza del professore e dalla brillantezza dei suoi testi e dissertazioni filosofiche da Kant a Kierkegaard, da Sartre a Heidegger, cercherà di scavare nel cuore del bel tenebroso infrangendone la scorza di soffuso nichilismo.
Fin qui la matrice da commedia ma il film scivola ben presto su un altro binario: Abe attratto dalle teorie dostojevskiane quasi come il Kirillov dei famosi “Demoni” o il Raskolnikov di “Delitto e castigo”, progetta per uscire da quel torpore che lo rende impotente nei rapporti un omicidio.
L’occasione presto arriva e gli viene data casualmente in un bar dove ascolta inavvertitamente, una triste vicenda familiare con protagonista un giudice inflessibile e una condanna a una madre malata di cancro cui resta poco da vivere e che si è vista togliere la tutela del figlio.
Da questo momento in poi Irrational man segue i binari del folle gesto del professore al fine di decretare il suo personale Match Point con la sua torbida accidia. Noi spettatori assistiamo passivamente alle fasi preparatorie del delitto: al classico cianuro (che come ci viene ricordato lascia poche tracce ed è letale) trafugato nei laboratori dell’università grazie a una chiave sottratta con l’arma della seduzione a Rita (sua collega di college come da rodato clichè), allo studio delle abitudini del giudice, allo scambio della bibita nel parco ove questi faceva jogging sino alla “faccia di bronzo” del protagonista dopo il delitto. Dopo l’infame gesto, il professore ritroverà quella serenità prima soloillusoria come se lo scotto di un omicidio fosse “quel quid” necessario alla “rottura della crisalide” ma come in ogni buon giallo da Tenente Colombo, l’allegria non durerà a lungo e non a causa dell’intervento di un detective questa volta ma di una persona molto vicina a Abe.
Sia ben chiaro: Irrational man non è Match Point. L’istanza omicida di quest’ultimo non è minimamente confrontabile con quella del professore che agisce in risposta a un moto istintivo che trova spiegazione solo nel suo trauma passato; in Irrational Man non è presente il bieco motivo materialista a muovere il delitto quanto il cinismo di un uomo irrazionale appunto che come “Lo straniero” gode quasi del desiderio di confessare il proprio delitto per manifestare la sua grandezza interiore.
Woody Allen si dimostra ancora capace di sorprendere e, con una regia pulita e una classica introduzione con voce fuori campo, quella di Jill, ci delinea una vicenda così sorprendentemente forte da apparirci vera, terribile e ahimè sensata.
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tavololaici
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sabato 2 gennaio 2016
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woody ci sfotte...
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Il vecchio Woody ci prende in giro. Si diverte, palesemente a sfotterci.
Sfotte il mondo universitario (quello statunitense ma non solo quello), sfotte il mondo della cultura europea, sfotte i luoghi comuni esistenziali di chi scrive per vivere, sfotte i russi e la loro grande letteratura.
E imbastisce un film mescolando tutti questi elementi, in un giallo minimale che prende corpo da un clichè letterario molto frequentato: l'uccidere come atto diretto pensato come momento di giustizia.
In realtà, si ode, sotto, tra le righe, un vero e proprio sgnignazzo -non solo un ridere- è Woody che se la gode, cinicamente, e che sputa su tutto. Lo fa attraverso una vicenda di un docente di filosofia traumatizzato e da TSO e una atmosfera da Campus godereccio (per altro tipica).
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Il vecchio Woody ci prende in giro. Si diverte, palesemente a sfotterci.
Sfotte il mondo universitario (quello statunitense ma non solo quello), sfotte il mondo della cultura europea, sfotte i luoghi comuni esistenziali di chi scrive per vivere, sfotte i russi e la loro grande letteratura.
E imbastisce un film mescolando tutti questi elementi, in un giallo minimale che prende corpo da un clichè letterario molto frequentato: l'uccidere come atto diretto pensato come momento di giustizia.
In realtà, si ode, sotto, tra le righe, un vero e proprio sgnignazzo -non solo un ridere- è Woody che se la gode, cinicamente, e che sputa su tutto. Lo fa attraverso una vicenda di un docente di filosofia traumatizzato e da TSO e una atmosfera da Campus godereccio (per altro tipica).
Vecchio caro Woody......
TavoloLaici
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maramaldo
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sabato 2 gennaio 2016
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allen, l'eterno ritorno
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COSI' PARLO' ZARATHUSTRA. Lo dico anch'io. Ogni anno, vicino le feste, arriva il filmetto del Nostro. Leggerino quanto basta, con qualche sponsorizzazione. Ma denso di significati, un cinepanettone per intellettuali, stressati. Perchè è di stress che si parla, è dallo stress che deriva LA NASCITA DELLA TRAGEDIA in un caso, tutto sommato UMANO, TROPPO UMANO: un individuo che per VOLONTA' DI POTENZA, virile, delinque AL DI LA' DEL BENE E DEL MALE. ECCE HOMO. Vedete? Si finisce così a dar retta a quel furbacchione di W.A. Spero di avervi un po' divertito.
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COSI' PARLO' ZARATHUSTRA. Lo dico anch'io. Ogni anno, vicino le feste, arriva il filmetto del Nostro. Leggerino quanto basta, con qualche sponsorizzazione. Ma denso di significati, un cinepanettone per intellettuali, stressati. Perchè è di stress che si parla, è dallo stress che deriva LA NASCITA DELLA TRAGEDIA in un caso, tutto sommato UMANO, TROPPO UMANO: un individuo che per VOLONTA' DI POTENZA, virile, delinque AL DI LA' DEL BENE E DEL MALE. ECCE HOMO. Vedete? Si finisce così a dar retta a quel furbacchione di W.A. Spero di avervi un po' divertito. L'inquieto genietto non lo fa più. Chiediamoci perchè. Direi che il deficit di sense of humour è nostro: resi esperti dalla vita,abbiamo compreso che quelle nevrosi, quelle balordaggini che lo rendevano spassoso non appartenevano solo a lui. Se poi, col passare degli anni, subentrano le inquietudini metafisiche, sai le risate. Per capire, c'è forse uno spunto di riflessione attinto da un dissacrante pensatore contemporaneo che sicuramente il Nostro frequenta in segreto. Questi scrisse: Ogni esperienza profonda si esprime in termini di fisiologia.
Non ci credete? Guardate il professor Abe. Fin dall'inizio ostenta una ptosi addominale che il regista per togliere dubbi fa vedere pure a nudo. Rientra nel quadro clinico del soggetto: etilismo, turbe della sfera sessuale, scorretta alimentazione. Un superuomo con pancetta. Siamo sempre in Fisiologia (comuni disturbi neurovegetativi) ma è imminente il trasferimento in Neurologia/Psichiatria. Per non scostarci dallo schermo osservate quelle occhiaie del personaggio verso la fine. Ma W.A. vuole buttarla comunque in filosofia, magari sull'Angoscia di Kirkegaard. Guardate - sembra dire - com'è triste la condizione umana. Uno è circondato da fior di femmine ben disposte e non è in grado di gratificarsene tranne che intellettualmente o artisticamente. Non viene da piangere? Ora seguite il ragionamento. Se viene da piangere cala la depressione. Con la depressione arriva l'idea di morte. Preferibilmente di terzi, va bene. A questo punto, ci si guarda attorno e si scoprono esseri che "non ,meritano di vivere" e che sarebbe giusto eliminare al più presto.
Basta, pensiamo positivo. Il creato ha le sue bellezze, la vita le sue gioie, Irrational Man Emma Stone. Leggiadra e stimolante, starle vicino deve fare un bene dell'anima. Meno ruspante dell'altrta volta ha piglio d'attrice. E' lei che inventa la tensione del film per farlo arrivare ad una conclusione accettabile. Certo, immaginarla alle prese con Il clavicembalo ben temperato...Lo so, il cinema è fantasia ma ho l'impressione che il maturo pigmalione con questa ragazza perda un po' della sua lucidità. Non ne farei un dramma. Se la cotta dura, vedrete che tra un annetto il vecchio Woody ci riporta la Emma e ci rifarà brillare quegli occhioni di ghiaccio, a tratti con riflessi di smeraldo che...
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silvia d'ecclesiis
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giovedì 31 dicembre 2015
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woody e l'irrazionale
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Irrational Man racconta la parabola di un professore universitario di filosofia, Abe Lucas, che ha perso l’interesse per la vita e per le sue banalità quotidiane. Un giorno Abe incontra una giovane studentessa bella e un po’ svampita, che vive di effimere gioie medio-borghesi. I due cominciano presto una frequentazione che presto si trasforma in qualcosa di serio, nonostante la diffidenza iniziale del primo a iniziare una relazione con la seconda, che invece è perdutamente innamorata di lui. Morale della favola: secondo la logica kantiana, se A porta a B e B porta a C, allora A porta a C, ovvero se un moto vitale, seppur moralmente eccepibile, comporta una risoluzione dei problemi esistenziali su cui ci incartiamo ogni girono, vale la pena provare.
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Irrational Man racconta la parabola di un professore universitario di filosofia, Abe Lucas, che ha perso l’interesse per la vita e per le sue banalità quotidiane. Un giorno Abe incontra una giovane studentessa bella e un po’ svampita, che vive di effimere gioie medio-borghesi. I due cominciano presto una frequentazione che presto si trasforma in qualcosa di serio, nonostante la diffidenza iniziale del primo a iniziare una relazione con la seconda, che invece è perdutamente innamorata di lui. Morale della favola: secondo la logica kantiana, se A porta a B e B porta a C, allora A porta a C, ovvero se un moto vitale, seppur moralmente eccepibile, comporta una risoluzione dei problemi esistenziali su cui ci incartiamo ogni girono, vale la pena provare.
Come in ogni film di Woody Allen, non manca dunque l’intento moralizzatore (non necessariamente di matrice ebraica), infarcito questa volta di romantiche divagazioni e incalzanti dissertazioni filosofiche, di fronte alle quali si resta incerti, impotenti, alla disperata ricerca della chiave che risolva il puzzle. Ma ancora una volta, Woody Allen sembra affermare che l’unica risposta all’imponderabilità dell’esistenza e alla casualità risieda nell’irrazionalità dell’amore e dei sentimenti umani, che travalicano ogni logica e scardinano la morale comune.
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martinlutero
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mercoledì 30 dicembre 2015
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il caso vero legislatore del mondo
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Se la vita può avere infinite sfaccettature e ogni individuo è posto davanti ad'una infinità di scelte, l'unica forza che governa un mondo insensato è il caso. Questa è la grande lezione che Allen vuole trasmetterci con la sua ultima fatica: Irrational man. L'esperienza dei protagonisti non sarebbe nulla se il caso non governasse i nostri destini. Abe Lucas, docente di filosofia, disilluso dalla vita, alcolizzato e impotente dopo una serie di traumi familiari, si trova costretto, a causa delle sue esperienze, a recitare il ruolo del filosofo super partes, di colui che è insofferente verso tutto e tutti.Quando finalmente la vita gli dà una possibilità di poter tornare alla vita non ci pensa due volte e, abbandonandosi al suo egoismo, illudendosi di compiere una "missione per conto del Dio" , per un imperativo categorico da salvaguardare, diventa totalmente irrazionale.
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Se la vita può avere infinite sfaccettature e ogni individuo è posto davanti ad'una infinità di scelte, l'unica forza che governa un mondo insensato è il caso. Questa è la grande lezione che Allen vuole trasmetterci con la sua ultima fatica: Irrational man. L'esperienza dei protagonisti non sarebbe nulla se il caso non governasse i nostri destini. Abe Lucas, docente di filosofia, disilluso dalla vita, alcolizzato e impotente dopo una serie di traumi familiari, si trova costretto, a causa delle sue esperienze, a recitare il ruolo del filosofo super partes, di colui che è insofferente verso tutto e tutti.Quando finalmente la vita gli dà una possibilità di poter tornare alla vita non ci pensa due volte e, abbandonandosi al suo egoismo, illudendosi di compiere una "missione per conto del Dio" , per un imperativo categorico da salvaguardare, diventa totalmente irrazionale. Gill invece si muove su un piano totalmente opposto. E' quello razionale delle leggi, della società e delle sue convenzioni, un piano che cerca inutilmente di superare con la relazione con Abe. Ma tutto questo passa in secondo piano visto che la vera forza del mondo è il caso che governa l'azione dall'inizio fino alla fine determinando i destini dei due che non sono altro degli alfieri nell'insensato scacchiere dell'universo.
Se per tematiche e problematiche affrontate Allen si riconferma come un aficionados di amore e morte certamente compie un lavoro migliore di quello effettuato in altri film silmili come sogni e delitti.
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alex62
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martedì 29 dicembre 2015
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la morte e il caso
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Woody Allen non al suo meglio, se si considera “Match point” e “Cassandra's dream” le sue vette, qui siamo più in basso, ma il tema è molto importante e di forte attualità.
Mai come oggi la filosofia s'interroga sull'individuo e sul suo “lato oscuro”, cioè l'impossibilità della relazione. C'è un professore universitario di filosofia che ha esplorato fino all'estremo confine l'istinto di morte, si è avvicinato talmente tanto alla morte da non temerla più, anzi da cercarla con ostinazione. Non si tratta di una semplice depressione, bensì di una malattia del pensiero e del cuore, che lo conduce addirittura a sperimentare, senza alcuna emozione, la roulette russa.
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Woody Allen non al suo meglio, se si considera “Match point” e “Cassandra's dream” le sue vette, qui siamo più in basso, ma il tema è molto importante e di forte attualità.
Mai come oggi la filosofia s'interroga sull'individuo e sul suo “lato oscuro”, cioè l'impossibilità della relazione. C'è un professore universitario di filosofia che ha esplorato fino all'estremo confine l'istinto di morte, si è avvicinato talmente tanto alla morte da non temerla più, anzi da cercarla con ostinazione. Non si tratta di una semplice depressione, bensì di una malattia del pensiero e del cuore, che lo conduce addirittura a sperimentare, senza alcuna emozione, la roulette russa...
La fascinazione esercitata dalla signora ammantata di nero e munita di falce, lo conduce in un labirinto dove non potrà più liberarsi, accompagnato da due “vestali” che somigliano a delle divinità del pantheon greco-mediterraneo: c'è una sua collega dedita al culto della perversione sessuale e una studentessa che istituisce con lui il rapporto malato fra mentore e protegée, simbiotico e negativo. Insomma in questo film non c'è una relazione sana, tranne forse quella fra la studentessa e il suo fidanzato, tradito, senza sensi di colpa, abbandonato e poi recuperato in extremis. Su tutto la potente seduzione del male e della morte...dell'altro! Alla quale nessuno riesce a sottrarsi.
Un film con pochissime scintille umoristiche, dominato da un'atmosfera cupa che contrasta con la splendida ambientazione in un college del sud degli USA.
Ottimi attori, come sempre nei film di Woody, in una dimensione corale. Da segnalare in particolare Joaquin Phoenix che è perfettamente in parte e non lesina di offrire al personaggio anche il ventre prominente e la sua deformità fisica (labbro leporino e spalla sinistra rotta e mal ricomposta), come se l'orrore della sua interiorità si riflettesse come in uno specchio anche all'esterno. Deliziosa Emma Stone, in innumerevoli abitini nostalgici degli anni '60.
Però si staglia, invisibile, ma imponente, la vera protagonista del film: la morte; tema molto visitata da Woody Allen, ma mai in passato con l'angoscia che domina questo.
E la salvezza non può venire da nessun Dio, ma soltanto dal “Caso”, che secondo Woody, come in Eschilo, tutto domina incontrastato.
Non può esserci un lieto fine dove la morte ha preso dimora.
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elpanez
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martedì 29 dicembre 2015
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woody allen parte col piede giusto, ma poi?
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NO SPOILER: Conosciamo tutti Woody, quindi non mi metterò a giudicare questo film per la somiglianza che ha con gli altri poiché il suo cinema potrebbe essere considerato quasi un genere a se stante.
Irrational Man è un film che inizialmente parte col piede giusto, con buonissimi presupposti, con una trama interessante che scava dentro il pensiero di un uomo finito e depresso.
La regia non l’ho trovata buona, durante il film si ha il disorientamento del tempo, non c’è un punto di riferimento affinché si capisca quanto tempo passa da una scena all’altra, inoltre (anche se non importante) non si capisce in che “epoca" è ambientata la piccola, d’altronde alcune inquadrature sono belle, esplicite e tipiche che vogliamo vedere in un film di Woody.
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NO SPOILER: Conosciamo tutti Woody, quindi non mi metterò a giudicare questo film per la somiglianza che ha con gli altri poiché il suo cinema potrebbe essere considerato quasi un genere a se stante.
Irrational Man è un film che inizialmente parte col piede giusto, con buonissimi presupposti, con una trama interessante che scava dentro il pensiero di un uomo finito e depresso.
La regia non l’ho trovata buona, durante il film si ha il disorientamento del tempo, non c’è un punto di riferimento affinché si capisca quanto tempo passa da una scena all’altra, inoltre (anche se non importante) non si capisce in che “epoca" è ambientata la piccola, d’altronde alcune inquadrature sono belle, esplicite e tipiche che vogliamo vedere in un film di Woody. La storyline procede con alti e bassi, lenta e veloce,scene importanti che vengono sovrastate da scene inutili.
La sceneggiatura inizia col botto, aforismi unici, che fanno riflettere sul pensiero di un uomo ormai depresso e con nessuna voglia di vivere. Successivamente, nella seconda parte del film, questi aforismi vengono annientati da un cambio di registro assoluto e da cliché assolutamente evitabili.
la fotografia l’ho trovata mal curata, troppo appariscente in alcuni momenti e troppo spenta in altri, alcune inquadrature lasciano a desiderare.
Gli attori interpretano la loro parte in modo più che buono, una Stone emotiva e carismatica come tutto il resto del cast.
La colonna sonora ti entra in testa, un tema viene ripetuto più volte, a volte è messo al posto giusto e a volte (sfortunatamente) riesce a distruggere completamente la drammaticità di una determinata scena.
Infine Woody, come ogni anno, è tornato al cinema, con una buona idea ma che non ha saputo metterla in atto focalizzandosi su cose meno importanti oscurando aforismi e messaggi che potrebbero essere stati d’impatto e riflessivi.
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