Ben ben ben.
Woody si ripete.
Ben ben ben.
Ma siamo costretti a rivedere Holyday on ice?
No, no, qua siamo in un'altra dimensione.
In 'The boston story' poi divenuto 'Irrational man', Woody giuoca colle sue tematiche più nere e scomode, forse si può parlare di black traditional drama?
Ciò ci aggrada e ci atterrisce, e quello che più ci stupisce di questo bel film è l'aria 'light' che è riuscito a dargli.
Vogliamo dire: qua si parla di Kant ( è morale denunciare ai nazistoni Anna Frank?), si veleggia con Kierkegaard ( l'ansia è libertà di scelta, e comunque libertà), si ri-cita e si re-cita Dostoevski questa volta - contrariamente a Match Point -corretto con la Arendt -dov'è la banalità del male?; si fa tutto questo, senza però far mai perdere la pazienza allo spettatore (tranne a chi pensa che sia una stanca riproposizione), complice una colonna sonora (altro personaggio del film) succosamente jazz.
Certo alle spalle di questo lavoro c'è, si sente, prepotentemente The Rope del Maestro H.
Ma è chiaro che i Grandi si citino, come asserìto ne Il Nome della rosa: i libri citano sempre necessariamente altri libri, e perché non dovrebbe accadere per i film? Suvvia, va bene questo, non ci sparrucca.
Anzi qui troviamo certi stanchi topoi ( il prof di filosofia che celebra la morte anziché festeggiare la vita; l'alunna e la collega che amano il fascinoso prof in wunderbar coretto; il delitto premeditato col cianuro-veloce al posto del lento-arsenico) riproposti in modo leggiero e brillante, fresco e non retorico à la ancienne.
Il tema è chiaro: le conseguenze personali di un omicidio. Che succede se uno sconosciuto uccide uno sconosciuto, facendo saltare per aria i moventi, l'arma del delitto e tutto il carrozzone abituale del giallone internazionale (oltre alle elucubrazioni etiche)?
Che succede se 'chi si dovrebbe fare gli affari propri' - per miracolo o per tigna - non lo fa?
Woody ce lo ridice per ben sette volte. Può andare bene (Crimini e misfatti, Match Point), specie in un mondo disertato dal divino; può andare che ti fai una grande, per quanto perfida, risata (Pallottole su broadway, Scoop); oppure - e credo che anche lui sottenda questo - può succedere un gigantesco turbamento dell'ordine naturale che infine ti inchioda alle tue responsabilità ( Misterioso omicidio a Manhattan, Sogni e delitti, e ora - cioè tre anni fa - Irrational man). Ecco perche l'ex The boston story è importante che ci sia, è una ulteriore riflessione sulla responsabilità umana. Non bastano mai, non devono bastare mai codeste riflessioni.
Woody, a noi, non basta mai! ( E lo diciamo leggendo a distanza di 3 anni dall'uscita del film, con amarezza che quest'anno il Nostro non uscirà con una sua opera, per i vari casini che ha lui con l'esistenza.)
Che non ci sia Woody al cinema, essendo lui vivente, è per noi un grave oltraggio, non va giù, questo sì il vero delitto.
La morte dell'estetica, altro che Dio o Marx.
Chiudiamo con un plauso agli attori, Joachim Phoenix, perfettamente in parte, sembra un Cris Wilton più grasso, più vecchio, per nulla rampante, che non si salva; ed Emma Stone è raggiante, luminosa, lei invece è la povera Nola Rice che si salva, questa volta lei si salva. Perché, nonostante tutto il catrame che è stato versato su di lui, Allen è un regista profondamente innamorato delle donne e di tutte le loro terribili, bellissime complicazioni.
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