nerone bianchi
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giovedì 29 ottobre 2015
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il quarto stato
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Colpiscono in questo film i lunghi silenzi, i rumori degli ambienti, la musica centellinata e messa con perizia da orafo, le lunghe inquadrature fisse, colpisce in sintesi la personalità di chi ha girato “The Turist”, la sua poetica, il suo universo. Apparentemente la vicenda è molto rivolta all'esterno, con belle immagini del villaggio alpino dove tutto accade, in realtà siamo di fronte ad un progetto completamente interiorizzato, ad ambienti mentali, a stanze da dove si esce ed entra accompagnati da silenzi, nebbie, cieli stellati, botti nella notte.
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Colpiscono in questo film i lunghi silenzi, i rumori degli ambienti, la musica centellinata e messa con perizia da orafo, le lunghe inquadrature fisse, colpisce in sintesi la personalità di chi ha girato “The Turist”, la sua poetica, il suo universo. Apparentemente la vicenda è molto rivolta all'esterno, con belle immagini del villaggio alpino dove tutto accade, in realtà siamo di fronte ad un progetto completamente interiorizzato, ad ambienti mentali, a stanze da dove si esce ed entra accompagnati da silenzi, nebbie, cieli stellati, botti nella notte. Il racconto dell'allegra famiglia in vacanza si frantuma già dalle prime inquadrature, per lasciar spazio alle inquietudini che la vita di coppia porta inevitabilmente con se. Gli equilibri scricchiolano e man mano cedono, come le valanghe controllate nei campi da sci, il continuo passaggio serale dei grandi mezzi cingolati sulle piste somiglia a quei pensieri che puntuali attraversano le nostre menti quotidianamente. Ho letto che è un cinema dell'assurdo e se il parallelismo si riferisce al teatro non c'è che da essere daccordo, ironia, divertimento e visione abbondano. Splendide le sequenze del lavaggio serale dei denti, delle funivie e di mille altri particolari che l'opera elargisce con generosità. Deludende, almeno dal mio punto di vista, il finale, dove non si capisce come mai, una volta scesi dalla corriera, tutti, tranne i bambini, non abbiano addosso una giacca e intraprendano un viaggio a piedi con magliettine primaverili. Splendida l'immagine finale di questo quarto stato che cammina.
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filippo catani
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domenica 12 giugno 2016
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una metaforica valanga
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Una famiglia si trova in villeggiatura in una località montana. Un giorno una valanga minaccia di travolgere il luogo in cui si trovano e il marito fugge da solo davanti all'incedere della valanga. Questo episodio darà una stura alle tensioni latenti della coppia.
Particolarissimo ma ottimo il film di Ostlund che parte da un evento che si rivela quasi tragicomico ma che con la forza di una valanga finisce per travolgere la vita di quella che pareva una tranquilla famiglia in vacanza. Il film presenterà una serie di personaggi particolari e di riflessioni tutt'altro che banali a ulteriore testimonianza del fatto che il cinema scandinavo è più vivo che mai e non vive di soli thriller.
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Una famiglia si trova in villeggiatura in una località montana. Un giorno una valanga minaccia di travolgere il luogo in cui si trovano e il marito fugge da solo davanti all'incedere della valanga. Questo episodio darà una stura alle tensioni latenti della coppia.
Particolarissimo ma ottimo il film di Ostlund che parte da un evento che si rivela quasi tragicomico ma che con la forza di una valanga finisce per travolgere la vita di quella che pareva una tranquilla famiglia in vacanza. Il film presenterà una serie di personaggi particolari e di riflessioni tutt'altro che banali a ulteriore testimonianza del fatto che il cinema scandinavo è più vivo che mai e non vive di soli thriller.
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goldy
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venerdì 15 maggio 2015
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mancana di coraggio
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La valanga come metafora del senso di minaccia costante che incombe sulla vita di ognuno di noi mi sembra molto azzeccata. L'evento spaventoso che si arresta e non si trasforma in tragedia induce così a riflessioni fondamentali sulla natura del nostro essere. Scoprire che il nostro agire non è mosso da intenti nobili nè particolarmente altruisti che ci distinguano in modo inequivocabile dal comportamento animale non ci fa piacere. L'esigenza di sopravvivenza cancella ogni regola civile e ci scaraventa brutalmente alla realtà delle nostre origini primordiali.
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La valanga come metafora del senso di minaccia costante che incombe sulla vita di ognuno di noi mi sembra molto azzeccata. L'evento spaventoso che si arresta e non si trasforma in tragedia induce così a riflessioni fondamentali sulla natura del nostro essere. Scoprire che il nostro agire non è mosso da intenti nobili nè particolarmente altruisti che ci distinguano in modo inequivocabile dal comportamento animale non ci fa piacere. L'esigenza di sopravvivenza cancella ogni regola civile e ci scaraventa brutalmente alla realtà delle nostre origini primordiali. Lacredenza che gli uomini nascano buoni si dimostra ancora una volta totalmente falsa e scoprirlo non ci fa piacere. Il film avrebbe potuto fermarsi su questa riflessione lasciando aperto il dibattito. Ma il regista ha sentito la necessità di addolcire la crudeltà della riflessione ricorrendo a una salvezza prima individuale (il marito riesce a salvare la moglie in condizioni molto difficili) e poi collettiva quando i passeggeri rifiutano di continuare la discesa a valle in un pulman condotto da un dirver incapace . e prendendosi per mano recuperano la capacità di scegliere il proprio destino con nuova solidale consapevolezza. Le due soluzioni mi paiono eccessivamente consolatorie , affrettate e sminuiscono il potente impatto iniziale che avrebbe dovuto rimanere tale.
Visivamente il film è estremamente ben fatto ma i dialoghi sono alle volte esasperanti.
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(di angelo umana)
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(di goldy)
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gambardella
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domenica 17 maggio 2015
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deserto bianco
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è motevolissima l'abiltà di questo regista nel riuscire a costruire un film importante con elementi così banali a disposizione ,chiara dimostrazione che il cinema è qualcosa di più che mero intrattenimento o emozioni suscitate da pugni allo stomaco. il ritratto proposto di una famigliola agiata alle prese con problemi psicologici è solo un pretesto per analizzare a fondo non questi problemi ma la stessa condizione umana! contrariamente a quanto ho letto a proposito del finale giudicato non all'altezza del film ,ritengo che sia memorabile incisivo e rivelatore. esiste un altra scena rivelatrice delle vere intenzioni del regista ed è quella assurda bevuta di uomini nudi che si abbracciano urlando contro l'ignoto.
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è motevolissima l'abiltà di questo regista nel riuscire a costruire un film importante con elementi così banali a disposizione ,chiara dimostrazione che il cinema è qualcosa di più che mero intrattenimento o emozioni suscitate da pugni allo stomaco. il ritratto proposto di una famigliola agiata alle prese con problemi psicologici è solo un pretesto per analizzare a fondo non questi problemi ma la stessa condizione umana! contrariamente a quanto ho letto a proposito del finale giudicato non all'altezza del film ,ritengo che sia memorabile incisivo e rivelatore. esiste un altra scena rivelatrice delle vere intenzioni del regista ed è quella assurda bevuta di uomini nudi che si abbracciano urlando contro l'ignoto. dove stanno andando i passeggeri dell'autobus che scendono il pendio a piedi mentre il giorno lascia il passo alla notte? l'uomo si aggrappa alle sue illusioni e convinzioni alla perenne ricerca della felicità ma è una chimera irraggiugibile perchè il turbamento e la paura ci assalgono anche se abbiamo tutto ,perchè la percezione del reale è inevitabile e si manifesta quasi sempre nei momenti destinati al piacere. per illustrare l'abilità tecnica del cineasta basta che guardate l'immagine quà sopra tratta dal film . sembra un quadro del caravaggio!
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giulio strata
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domenica 10 maggio 2015
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quando una valanga ti quasi-sommerge nel grottesco
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Forza Maggiore, del 41enne svedese Ruben Östulnd, al suo terzo film non documentaristico, è un piccolo grande dramma familiare che ricorda il teatro borghese dell'800, arricchito però, da una vena grottesca che pervade tutta la pellicola. Il film, suddiviso in capitoli, ognuno denominato dal giorno di sci in corso, inizia strizzando l'occhio alle grandi sinfonie delle città dei film delle origni, in un mix di inquadrature fisse che, oltre ad accompagnarci per quasi l'intera pellicola, descrivono con estrema efficacia ed ironia la location di un hotel di alto lusso, immerso tra le montagne. I protagonisti sono i componenti di una famiglia normale, padre-madre-2-figli, che hanno in programma di trascorrere sei giorni sciando tutti assieme, lontano dalle problematicità della vita di tutti i giorni.
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Forza Maggiore, del 41enne svedese Ruben Östulnd, al suo terzo film non documentaristico, è un piccolo grande dramma familiare che ricorda il teatro borghese dell'800, arricchito però, da una vena grottesca che pervade tutta la pellicola. Il film, suddiviso in capitoli, ognuno denominato dal giorno di sci in corso, inizia strizzando l'occhio alle grandi sinfonie delle città dei film delle origni, in un mix di inquadrature fisse che, oltre ad accompagnarci per quasi l'intera pellicola, descrivono con estrema efficacia ed ironia la location di un hotel di alto lusso, immerso tra le montagne. I protagonisti sono i componenti di una famiglia normale, padre-madre-2-figli, che hanno in programma di trascorrere sei giorni sciando tutti assieme, lontano dalle problematicità della vita di tutti i giorni. Capiamo ben presto, però, dagli sguardi, e dalle prime poche battute, che qualcosa è nascosto al di sotto dell'apparente idillio, ogni membro della famiglia sembra essere stranamente scontroso e non del tutto disposto a condividere la felicità che dovrebbe essere di tutti. Lo stallo drammatico viene interrotto da una valanga che, in un primo momento sembra innocua, ed invece rischia di sotterrare l'intera famiglia, tranquillamente intenta in un pranzo su di una terrazza. Nessuno sembra voler afforntare il problema di questa mancata tragedia, ma con i minuti che passano, nessuno si sentirà più al suo posto, e quindi al sicuro, gli altri personaggi che interverranno, interni ed esterni ai delicati equilibri familiari, creeranno dialoghi e situazioni di natura grottesca, tra il tragico ed il comico (dell'assurdo). Da sottolineare, il fatto che, il regista svedese, rinuncia quasi del tutto a delineare le vite dei personaggi, sono prototipi senza passto che si denotano e descrivono solo per le loro azioni/sentimenti. Questo film mette in mostra i differenti rapporti umani, più nello specifico, come i differenti generi reagisco alle situazioni che gli si presentano. Sicuramente il film riesce nel mettere alla prova lo spettatore, che non potrà esimersi dal prendere una posizione, o dal chiedersi: Come mi sarei comportato? Come avrei agito?
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flyanto
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giovedì 14 maggio 2015
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quando un evento inaspettato fa aprire gli occhi
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La reazione avuta da un padre di famiglia dopo aver corso il rischio di essere travolto da una valanga nel corso di una vacanza in montagna con la propria famiglia costituisce l' "incipit" della storia che si sviluppa nel film "Forza Maggiore". Qui, infatti, una famiglia svedese, composta da un papà, una mamma e due bei bambini, mentre trascorre serenamente una settimana di vacanza in una località di montagna sulle Alpi francesi, assiste nel corso del pranzo presso la terrazza di un ristorante panoramico al discendere impetuoso di una valanga. Il padre reagisce allontanandosi subito e lasciando la moglie ed i figlioletti sulla terrazza ed esposti pertanto al pericolo di venire travolti dal violento fenomeno naturale.
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La reazione avuta da un padre di famiglia dopo aver corso il rischio di essere travolto da una valanga nel corso di una vacanza in montagna con la propria famiglia costituisce l' "incipit" della storia che si sviluppa nel film "Forza Maggiore". Qui, infatti, una famiglia svedese, composta da un papà, una mamma e due bei bambini, mentre trascorre serenamente una settimana di vacanza in una località di montagna sulle Alpi francesi, assiste nel corso del pranzo presso la terrazza di un ristorante panoramico al discendere impetuoso di una valanga. Il padre reagisce allontanandosi subito e lasciando la moglie ed i figlioletti sulla terrazza ed esposti pertanto al pericolo di venire travolti dal violento fenomeno naturale. Dopo fortunatamente nessuna conseguenza disastrosa in quanto la valanga è riuscita a fermarsi prima dell'impatto col ristorante, la famiglia si riunisce in albergo e da questo momento essa non sarà mai più la stessa in quanto l'armonia, la fiducia, il senso di unione che teneva o, si pensava, tenesse unita i suoi membri vengono a mancare ed a gettare nello sconforto, misto a rabbia, la moglie che quasi non riesce a credere alla codardia e soprattutto all'egoismo del proprio consorte. Svariati dialoghi e riflessioni, anche in solitudine, sembrano non risolvere ormai più l'enorme distanza che separa i due coniugi, riflettendosi anche sulla serenità dei piccoli figli che ovviamente intuiscono e si dispiacciono dei grossi disaccordi dei genitori. Proprio alla fine del soggiorno, però piano piano sembra ricostruirsi l'originaria intesa familiare che riuscirà, forse, a preservare nel futuro l'unione della famiglia.
Ottimamente girato dal regista svedese Ruben Ostlund questa pellicola riesce a condensare in maniera quanto mai diretta, precisa, essenziale e chiara ed in circa solo due l'evolversi e la lotta di sentimenti particolari che animano i diversi personaggi sconvolti a causa di motivi ben differenti, Infatti quello che più mette in crisi il personaggio del marito sono la paura di fronte ad un evento naturale catastrofico e poi la vergogna immensa per essersi reso conto della propria viltà e del forte istinto di sopravvivenza che lo hanno condotto ad agire in un modo ignobile nei confronti dei suoi cari. Per ciò che concerne, invece, la moglie sono prima lo stupore e poi la consapevolezza chiara e precisa di non conoscere il proprio compagno così a fondo e la conseguente delusione mista a rabbia di trovarsi sola, non più protetta da lui, e dunque un crollo totale di determinate certezze su cui non poter più contare. Ovviamente ciò crea un forte squilibrio all'interno dei rapporti ma per il regista Ostlund sembra vi possa essere, forse, una soluzione a tutto ciò: e cioè il dialogo aperto e sincero tra gli individui e l'ammissione e la conseguente accettazione, scorata e sempre sincera, delle proprie "falle" perchè in fondo nessun essere umano è perfetto e soprattutto consapevole al cento per cento delle proprie reazioni di fronte ai più svariati eventi.
Altamente consigliabile per chi ama le storie intimistiche e profonde.
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robert eroica
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domenica 24 maggio 2015
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un tranquillo week end di paura
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La settimana bianca sulle Alpi di una tranquilla famiglia svedese si rivela un evento fatale. Almeno a livello psicologico. Tutta colpa di una valanga. Che pur essendo controllata, agli ignari frequentatori di un albergo di lusso, pare che giunga loro addosso con tutta la sua forza. E se un padre abbandona i figlioletti e la moglie e se ne fugge con chiavi e cellulare per mettersi in salvo, agli altri, è naturale, sorge più di un pensiero. Il film premiato allo scorso festival di Cannes e diretto dal quarantenne Ruben Ostlund ruota intorno a questo solo evento, e indaga le reazioni successive, scrutando coscienze individuali e sentimenti collettivi, sondando i rapporti di coppia con una profondità abrasiva e soffermandosi sulla glaciale, è il caso di dirlo, messa in scena, come se il grado asettico di ogni ambiente potesse costituire il potenziale set di una tragedia.
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La settimana bianca sulle Alpi di una tranquilla famiglia svedese si rivela un evento fatale. Almeno a livello psicologico. Tutta colpa di una valanga. Che pur essendo controllata, agli ignari frequentatori di un albergo di lusso, pare che giunga loro addosso con tutta la sua forza. E se un padre abbandona i figlioletti e la moglie e se ne fugge con chiavi e cellulare per mettersi in salvo, agli altri, è naturale, sorge più di un pensiero. Il film premiato allo scorso festival di Cannes e diretto dal quarantenne Ruben Ostlund ruota intorno a questo solo evento, e indaga le reazioni successive, scrutando coscienze individuali e sentimenti collettivi, sondando i rapporti di coppia con una profondità abrasiva e soffermandosi sulla glaciale, è il caso di dirlo, messa in scena, come se il grado asettico di ogni ambiente potesse costituire il potenziale set di una tragedia. La regia è quindi controllatissima, gli interpreti funzionali all’assunto, la tematica mai banale. Eppure… Eppure si esce dalla proiezione con la convinzione di aver assistito ad un’operazione più furba che veramente riuscita, con strizzate d’occhio al “Dogma” di Von Trier e soprattutto ai giochi al massacro di un maestro (austrico) come Haneke. E il registro che cambia dal realistico (le confessioni tra Ebba e la moglie fedifraga) al paradossale (la gita in solitaria di Tomas e del barbuto compagno) e vira verso l’assurdo (come spiegare le difficoltà dell’autista del pullman) più che assecondare un’ispirazione, sembra non sapere da che parte parare (e infatti c’è la crisi di pianto di un Tomas disperatamente pentito). Alla fine, il gruppo che scende a valle, ha maturato la consapevolezza di non doversi più nascondere. Tomas potrà finalmente fumare. Catarsi completata, toccando la corda del ring.
Robert Eroica
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