ile97
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giovedì 8 ottobre 2015
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un cronenberg come sempre incompreso.
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Mi ha messo così tanta tristezza entrare su MyMovies e leggere solo un paio di recensioni positive su tutte quelle presenti,che ho deciso di buttare giù qualche riga per dire ciò che penso su questo film di David Cronenberg dello scorso anno.
"Maps To The Stars" parla di Hollywood rappresentandone il lato marcio,quello che spesso non si vuole vedere dietro a tacchi alti,tappeti rossi e lunghi strascichi.
La protagonista è Havana Segrand, un'attrice in declino che tenta disperatamente di ottenere la parte di sua madre nel remake di un film che aveva interpretato.
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Mi ha messo così tanta tristezza entrare su MyMovies e leggere solo un paio di recensioni positive su tutte quelle presenti,che ho deciso di buttare giù qualche riga per dire ciò che penso su questo film di David Cronenberg dello scorso anno.
"Maps To The Stars" parla di Hollywood rappresentandone il lato marcio,quello che spesso non si vuole vedere dietro a tacchi alti,tappeti rossi e lunghi strascichi.
La protagonista è Havana Segrand, un'attrice in declino che tenta disperatamente di ottenere la parte di sua madre nel remake di un film che aveva interpretato.
Dall'altra parte Benjamin,una baby star, ha raggiunto il culmine del successo attraverso una serie di commedie demenziali.
Un punto in comune:una ragazza dal viso deturpato,sorella dimenticata di Benjamin e colei che diventa l'assistente di Havana.
Nonostante Benjamin e Havana siano completamente in contrasto (il primo giovane e all'apice della fama,la seconda una donna di mezza età la cui carriera non produce più alcun frutto) in realtà sono più simili di quanto sembri e soprattutto sono creati per simboleggiare lo stesso concetto:l'eccesso. In entrambi i casi i due sono portati a compiere atti scellerati,a diventare matti e tormentati per ciò che hanno o non hanno.
E Hollywood diventa per chiunque ne faccia parte un assassino sempre pronto a pugnalarti alle spalle e che riesce a convincerti ad abbassarti al suo stesso livello e diventare un mostro competitivo,feroce,spietato.
Julianne Moore è immensa nell'interpretare la mente turbata di Havana (performance premiata con la Palma d'Oro a Cannes).
E Cronenberg crea un'opera a mio parere ampiamente sottovalutata perché si presenta col suo tipico anticonformismo.
È un film drammatico,ma non perché faccia piangere o venire la pelle d'oca. Semplicemente perché tratteggia con crudele sincerità non solo la realtà di Hollywood,ma la degenerazione dell'uomo in generale. È violento,strano perché la realtà è così,non c'è nulla di esagerato.
Forse perché gli occhi di molti vogliono rimanere chiusi,Cronenberg e la sua genialità rimangono per pochi.
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iuriv
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lunedì 31 agosto 2015
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senza potenza.
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Cronemberg non ama la frivolezza hollywoodiana e la vacuità del suo jet set. Così decide di ambientarci una storia fatta di disagio mentale, in cui i vari protagonisti appaiono sempre il lotta tra ciò che è e ciò che appare. Un racconto corale, nel quale ognuno dei personaggi ha il medesimo peso, pur non essendo pesante per niente.
Ne viene fuori un film difficile da sostenere, sia per la mancanza di appigli che per il ritmo, lento spesso in modo insostenibile. Sembra quasi che Cronemberg voli due metri sopra i personaggi: ha una chiara idea di cosa debbano trasmettere e la rende anche sullo schermo, ma non sembra mai in grado di afferrarli veramente.
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Cronemberg non ama la frivolezza hollywoodiana e la vacuità del suo jet set. Così decide di ambientarci una storia fatta di disagio mentale, in cui i vari protagonisti appaiono sempre il lotta tra ciò che è e ciò che appare. Un racconto corale, nel quale ognuno dei personaggi ha il medesimo peso, pur non essendo pesante per niente.
Ne viene fuori un film difficile da sostenere, sia per la mancanza di appigli che per il ritmo, lento spesso in modo insostenibile. Sembra quasi che Cronemberg voli due metri sopra i personaggi: ha una chiara idea di cosa debbano trasmettere e la rende anche sullo schermo, ma non sembra mai in grado di afferrarli veramente.
Che il canadese sia un regista difficile (almeno per me) è una verità. Per rimanere nel recente, anche Cosmopolis lo trovai un lavoro indigeribile durante la visione. Eppure quel film si impresse nella mia mente, dimostrando una potenza che trova pochi eguali. Qui invece tutto sfugge via.
Manca qualcosa all'amalgama di Cronemberg per funzionare. Le immagini forti, che dovrebbero restare nella memoria, in realtà scivolano nell'anonimato di un film che non riesce mai a catturare. A poco valgono le splendide interpretazioni di Moore, Wasikowska e Cusack. Semplicemente i loro personaggi non comunicano nulla.
La scelta di portare a limiti così estremi la disumanizzazione dei protagonisti, troppo impegnati su se stessi per avere la possibilità di empatizzare con chi li guarda, non paga dal punto di vista della forza. Ma ancor di più, è infelice l'idea di renderli tutti, alla fine, uguali.
Certo, il regista prova a calpestare forte il tasto della degenerazione culturale contemporanea, mostrando la distruzione dell'attore tredicenne, oppure la completa insensibilità dell'attrice con il sogno di recitare nel ruolo che fu della madre. Eppure il disturbo mentale, che sembra caratterizzare tutti i protagonisti principali, finisce per diventare una scusa per i loro comportamenti. Risultato sicuramente involontario, ma che limita di molto la forza del dito accusatorio che Cronemberg scaglia sulla collina delle illusioni.
Mancando di caratteri forti, quindi, si finisce per non provare interesse verso i personaggi di una vicenda che, arrivando al succo, si riduce al dramma famigliare di un nucleo malato e completamente separato dalla realtà.
Un film indubbiamente privo di compromessi, come Cronemberg spesso ci ha abituato. Ma certamente non un lavoro per tutti (sicuramente non per me).
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elgatoloco
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giovedì 28 maggio 2015
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film coerente con la poetica dell'autore
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Non condividendo quanto scritto nella recensione "ufficiale", considero invece David Cronenberg uno dei pochissimi"autori"del cinema mondiale ancora in attività; lo è, peraltro, almeno da"Videodrome"in poi, che risale a quasi trent'anni fa, sempre che non si voglia risalire ancora più indietro, a quando, comunque il regista-autore canadese di origini ebraiche era già pienamente attivo.Qui, il cinema(lo spettacolo, meglio)si interfaccia dialetticamente con la vita,nell'eterno gioco-riproposto, però, qui, senza alcuna retorica-tra"realtà"e"finzione", ma altre "contraddizioni dialettiche"(uso il termine solo provvisoriamente, quale ipotesi di lavoro)sono tra sesso(vita)e morte, in una chiave come sempre in Cronenberg, degna di Georges Bataille.
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Non condividendo quanto scritto nella recensione "ufficiale", considero invece David Cronenberg uno dei pochissimi"autori"del cinema mondiale ancora in attività; lo è, peraltro, almeno da"Videodrome"in poi, che risale a quasi trent'anni fa, sempre che non si voglia risalire ancora più indietro, a quando, comunque il regista-autore canadese di origini ebraiche era già pienamente attivo.Qui, il cinema(lo spettacolo, meglio)si interfaccia dialetticamente con la vita,nell'eterno gioco-riproposto, però, qui, senza alcuna retorica-tra"realtà"e"finzione", ma altre "contraddizioni dialettiche"(uso il termine solo provvisoriamente, quale ipotesi di lavoro)sono tra sesso(vita)e morte, in una chiave come sempre in Cronenberg, degna di Georges Bataille. Ancora, troviamo in questo film il rapporto tra commedia(alcuni giornali presentavano e presentano questo film come"commedia")e dramma, ma io direi anche"tragedia", dove un momento "comico"passa in tragedia e viceversa. Da non trascurare, quale "pista"che percorre tutto il fim, fino alla"conclusione"la citazione, quasi ossessiva, della poesia"LIbertè"di Paul Eluard, altra"chiave di volta"del film, ma qui non vorrei iper-interrpretare, magari bloccando la polisemia del film. Gli attori, pienamente "adeguati"sono, però, soprattutto "funzioni"nell'ambito del disegno-play cronenberghiano. El Gato
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no_data
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lunedì 4 maggio 2015
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film ampiamente sottovalutato
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Anch'io do cinque stelle per bilanciare le recensioni negative (e non sono poi così sicuro che non le valga per davvero). Un film assolutamente non compreso, destinato a essere rivalutato in futuro. Niola, poi fa una disamina che dire superficiale è dir poco.
Credo che chi parla di declino di Cronenberg, in questa come in altra sede, non abbia compreso il senso mutevole di un tratto fondamentale del suo lavoro, quello cioè legato al lavoro sulla mutazione. Forse in nessun altro film, se non "La mosca", la mutazione umana è stata tanto portata fino alle sue estreme conseguenze. Ma, se in "La mosca" la mutazione passava dal corpo per poi modificare la mente, in questo caso la mutazione si fa più insidiosa, sottile, lentamente progressiva, tanto che chi la subisce nemmeno se ne accorge.
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Anch'io do cinque stelle per bilanciare le recensioni negative (e non sono poi così sicuro che non le valga per davvero). Un film assolutamente non compreso, destinato a essere rivalutato in futuro. Niola, poi fa una disamina che dire superficiale è dir poco.
Credo che chi parla di declino di Cronenberg, in questa come in altra sede, non abbia compreso il senso mutevole di un tratto fondamentale del suo lavoro, quello cioè legato al lavoro sulla mutazione. Forse in nessun altro film, se non "La mosca", la mutazione umana è stata tanto portata fino alle sue estreme conseguenze. Ma, se in "La mosca" la mutazione passava dal corpo per poi modificare la mente, in questo caso la mutazione si fa più insidiosa, sottile, lentamente progressiva, tanto che chi la subisce nemmeno se ne accorge. Si tratta di una mutazione antropologica, che s'insinua fino all'anima modificandone i connotati, tanto profonda e subdola da passare inosservata. Tanto profonda da trasformare il modo stesso di essere dell'uomo, mutandolo in un essere senza scrupoli, avido, buono a difendere solo il proprio interesse, inumano, incapace d'immedesimazione nel dolore dell'altro.
Niola dice che Cronenberg "sembra aver rinunciato alla parte più devastante del suo fare cinema" poiché in altri film un semplice schiaffo appare come "la più ingiusta delle violenze sia fisiche che mentali". Orbene, erano difatti altri film! E che in questa pellicola la violenza appaia asciutta, quasi priva di conseguenze, a mio parere è del tutto voluto. Il film è probabilmente congegnato in modo tale che la stessa mancata partecipazione emotiva dello spettatore agli eventi violenti finisce per riconsegnarlo in braccio alla medesima mutazione antropologica che vediamo rappresentata su schermo. Come a dire che ognuno di noi ne è coinvolto in una maniera assolutamente ineluttabile, che procede senza il proprio consenso e senza nemmeno accorgercene. Come a dire che la culla delle stars è solo l'apice della trasformazione, paradigma in quanto luogo dove questa si è fatta più compiuta; ma è anche il luogo dove tutti guardano (dove tutti guardiamo), da cerchi concentrici che si allargano intorno, prima dall'America, poi dall'Occidente, poi dal mondo per intero. In termini simbolici, mi pare che nel film Hollywood rappresenti il faro valoriale che orienta le nostre vite, con la sua vocazione alla ricerca del successo, della celebrità, del denaro, dell'autosufficienza a scapito degli altri. E mentre noi orientiamo le nostre vite a quel modello, guardando a quell'orizzonte che ci sembra così lontano, piano piano il modello ci consegna alla mutazione la quale, strisciante, s'insinua sotto pelle nei nostri corpi, nelle nostre vene, nelle nostre menti, dentro le nostre anime. Finché un domani, senza accorgercene, ci troveremo come i personaggi del film, impazziti, privi di vita, privi di un significato e di una direzione. Finché alle uniche persone rimaste vive, le uniche alle quali ancora i morti parlano (e solo i morti sono in grado di narrare un sapere, in un mondo che ha abbandonato il sapere del passato), non resterà che l'uscita di scena, extrema ratio per la fuga da un mondo impazzito, che ha perso coordinate e orientamento.
L'unico che è riuscito ad essere altrettanto profetico è stato probabilmente soltanto Romero.
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cinemaniac98official
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giovedì 19 marzo 2015
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seconda caduta di stile per cronenberg
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Maps to the stars , diretto da David Cronenberg , beh il film non è il massimo , gli attori sono molto bravi , ovviamente la mitica Moore come sempre fantastica , John Cusack stranamente usa anche altre espressioni , altrimenti sarebbe stato il protagonista di 2012 come di qualunque altro suo film , all'interno di di un'opera di Malick .
Ci sono due cose , due grandi problemi in Maps to the stars , il primo è l'incesti , fastidioso e tirato avanti anche troppo .... Si va bene che i genitori anche erano fratello e sorella , ma non necessariamente doveva accadere anche solo simbolicamente tra i due figli ... Per chi si aspetta un thriller che ti mette ansia dall'inizio alla fine , beh questo non è quel tipo di film .
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Maps to the stars , diretto da David Cronenberg , beh il film non è il massimo , gli attori sono molto bravi , ovviamente la mitica Moore come sempre fantastica , John Cusack stranamente usa anche altre espressioni , altrimenti sarebbe stato il protagonista di 2012 come di qualunque altro suo film , all'interno di di un'opera di Malick .
Ci sono due cose , due grandi problemi in Maps to the stars , il primo è l'incesti , fastidioso e tirato avanti anche troppo .... Si va bene che i genitori anche erano fratello e sorella , ma non necessariamente doveva accadere anche solo simbolicamente tra i due figli ... Per chi si aspetta un thriller che ti mette ansia dall'inizio alla fine , beh questo non è quel tipo di film .
ho preferito di sicuro la Mosca , ma soprattutto quel capolavoro History of Violence .. Quello era un film , da Cosmopolis tratto da Don De Lillo , Cronenberg non fa più grandi film , mi sarei aspettato un ritorno in chiave violeta e omicida da parte della figlia della coppia in Maps to the stars ... Il fatto dell'ammenda non convince .... Che film sarebbe stato , se lei fosse tornata incazzata come lo era Uma Thurma in Kill Bill e avesse cercato di ammazzare i componenti della sua famiglia .... Film banale , bravino gli attori , ma il film non funziona più di tanto ..... Per non parlare della ridicola scena a bordo piscina ...... Bah ... Aspettiamo il prossimo di Cronenberg e vediamo che fa .
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no_data
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lunedì 16 febbraio 2015
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presuntuoso e spocchioso
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presuntuoso e spocchioso, se non è piaciuto basta dirlo chiaramente, senza avventurarsi in considerazioni del tutto personali spacciandole per oggettive.
Ma sedetevi e godetevi il film, anzichè stare sempre pronti a cercare l'occasione di critica. Mediocre è chi senza alcuna umiltà, giudica un mostro sacro, un genio puro come Cronenberg, senza argomentare se non con le proprie discutibilissime impressioni.
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the thin red line
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venerdì 23 gennaio 2015
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stenta a decollare
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Siamo nel patinato universo di Hollywood: Benji è un giovanissimo attore di film comici, sbruffone e antipatico, si comporta da adulto come se fosse un attore già navigato. Una cliente di suo padre è un attrice sfortunata e piena di paturnie con il solo scopo di emulare l'odiata madre nel mondo del cinema, Agatha è una giovane bella ma sfigurata da varie bruciature che troverà lavoro nella sua bella casa. I loro destini si intrecceranno in una serie di drammatici eventi.
Ciò che salta immediatamente all'occhio in Maps to the stars di David Cronenbergh è la volontà del regista di mostrarci i vari caratteri psicologici dei protagonisti, immersi nella ricchezza e nell'agio hollywoodiano ma mai soddisfatti e constantemente alla ricerca di una svolta nelle loro carriere.
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Siamo nel patinato universo di Hollywood: Benji è un giovanissimo attore di film comici, sbruffone e antipatico, si comporta da adulto come se fosse un attore già navigato. Una cliente di suo padre è un attrice sfortunata e piena di paturnie con il solo scopo di emulare l'odiata madre nel mondo del cinema, Agatha è una giovane bella ma sfigurata da varie bruciature che troverà lavoro nella sua bella casa. I loro destini si intrecceranno in una serie di drammatici eventi.
Ciò che salta immediatamente all'occhio in Maps to the stars di David Cronenbergh è la volontà del regista di mostrarci i vari caratteri psicologici dei protagonisti, immersi nella ricchezza e nell'agio hollywoodiano ma mai soddisfatti e constantemente alla ricerca di una svolta nelle loro carriere. Gli stati depressivi di chi nella vita ha avuto tutto diventano l'epicentro di un film gradevole che stenta però a decollare definitivamente, nonostante il susseguirsi di fatti drammatici fino all'epico finale autodistruttivo. Cronenberg dipinge una vita che non conta nulla senza la carriera ma lo fa usando personaggi apatici di fronte a eventi incredibilmente drammatici dimostrando di non riuscire a trasmettere ciò che voleva con la consueta potenza dei suoi precedenti lavori. Il delirio della mente umana e le sue conseguenze sono da sempre il cavallo di battaglia del regista de "La Mosca" ma nei suoi ultimi lavori sembra aver perso questa attitudine nonostante la costante presenza dell'autodistruttività fisica. Con un cast eccellente dove primeggia una ritrovata Julianne Moore candidata all'oscar (ma non per questo film!) e una sceneggiatura che avrebbe potuto essere grandiosa Cronenberg si lascia invece inebriare dall'apatia dei suoi protagonisti senza riuscire a trovare il bandolo della matassa e lasciando un'opera incompiuta nelle mani di spettatori per lo più delusi non tanto dal finale quanto dallo svolgimento stesso della pellicola. Consapevoli comunque del genio dell'autore canadese ci aspettiamo una pronta rinascita in terreni magari più fertili.
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vales.
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lunedì 5 gennaio 2015
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amaro e spietato ritratto di hollywood
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Cronenberg ci regala l'ennesima provocazione: denunciare la corruzione e il marcio che si celano dietro il patinato mondo hollywoodiano. Sicuramente l'idea non è inedita nè troppo originale, ma la storia intriga per il connubio con il thriller e i dialoghi taglienti. Diretto, amaro, spietato. Memorabile il finale e l'interpretazione (giustamente premiata a Cannes) di Julianne Moore.
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evildevin87
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giovedì 16 ottobre 2014
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buone idee alla rinfusa e che non decollano
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Non ero molto sicuro del mio giudizio riguardo la succitata pellicola dopo la prima visione. Non ero nemmeno riuscito a capire se il film mi fosse piaciuto o meno. Per cui ho deciso di rivederlo una seconda volta. Ebbene ora posso dire che Maps to the Stars è un film che non convince per nulla e che decolla a gran fatica.
Le tematiche in questione sono più di una, ovvero stars di Hollywood avvezze ad una vita piena di eccessi, al pettegolezzo e alla depravazione, fantasmi del passato che appaiono materiali agli occhi dei protagonisti e personaggi in cerca di riscatto da una vita passata e presente alquanto travagliata. I personaggi sarebbero anche scritti discretamente, il problema è che con tutto questo minestrone alla rinfusa in cui passiamo di punto in bianco da una storia all'altra non riesce a capire dove Cronenberg voglia andare a parare.
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Non ero molto sicuro del mio giudizio riguardo la succitata pellicola dopo la prima visione. Non ero nemmeno riuscito a capire se il film mi fosse piaciuto o meno. Per cui ho deciso di rivederlo una seconda volta. Ebbene ora posso dire che Maps to the Stars è un film che non convince per nulla e che decolla a gran fatica.
Le tematiche in questione sono più di una, ovvero stars di Hollywood avvezze ad una vita piena di eccessi, al pettegolezzo e alla depravazione, fantasmi del passato che appaiono materiali agli occhi dei protagonisti e personaggi in cerca di riscatto da una vita passata e presente alquanto travagliata. I personaggi sarebbero anche scritti discretamente, il problema è che con tutto questo minestrone alla rinfusa in cui passiamo di punto in bianco da una storia all'altra non riesce a capire dove Cronenberg voglia andare a parare. Il film sembra voler lanciare più di un messaggio e fungere da feroce critica verso il mondo hollywoodiano, ma alla fine della fiera non comunica niente. Complice di tutto questo è anche la sceneggiatura, a tratti confusa e priva di una vera e propria idea di base coerente. Non parliamo poi della scena della donna che prende fuoco sul bordo della piscina: aberrante a dir poco, sotto tutti i punti di vista.
Per farla breve: film un po' confuso, che prova a dire molto e non dice nulla, con storie e tematiche di base buone ma gestite male nei tempi e con scelte abbastanza discutibili.
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francesco2
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domenica 12 ottobre 2014
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la luce buona(?) delle stelle
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Da "A Dangerous Method" in poi, ovverosia da tre anni -E tre film- Cronenberg sembra soffrire una crisi di "Allenizzazione" da cui il regista di "Manhattan" sembra (forse) definitivamente uscito dopo l'ultimo, bellissimo "Blue Jasmine". I due possano sembrare personaggi agli antipodi, ma chi scrive si riferisce ai film girati uno dopo l'altro -appunto-, ad una presenza festivaliera sempre più costante, ai dubbi che, come l'Allen -Almeno-degli ultimi quindici anni, le nuove opere dell'artista canadese hanno in parte generato. Persino la tematica, qui, appare estranea al suo mondo, ammesso che l'universo hollywoodiano, (intra?) visto con l'ottica di quel "Real onirico" di lynchiana memoria, sia l'UNICA tematica affrontata ( Ma ora ci arriverò).
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Da "A Dangerous Method" in poi, ovverosia da tre anni -E tre film- Cronenberg sembra soffrire una crisi di "Allenizzazione" da cui il regista di "Manhattan" sembra (forse) definitivamente uscito dopo l'ultimo, bellissimo "Blue Jasmine". I due possano sembrare personaggi agli antipodi, ma chi scrive si riferisce ai film girati uno dopo l'altro -appunto-, ad una presenza festivaliera sempre più costante, ai dubbi che, come l'Allen -Almeno-degli ultimi quindici anni, le nuove opere dell'artista canadese hanno in parte generato. Persino la tematica, qui, appare estranea al suo mondo, ammesso che l'universo hollywoodiano, (intra?) visto con l'ottica di quel "Real onirico" di lynchiana memoria, sia l'UNICA tematica affrontata ( Ma ora ci arriverò). L'uomo e/o corpo-macchina non appaiono più, tranne non considerare che, in maniera simile ma allo stesso tempo opposta al "Bling Ring" della Coppola , anche lui non consideri i divi ed il mondo che li circonda delle "Entità vuote", e come tali "Puri corpi" che riflettono -Retoricamente- la vacuità della società.
Tuttavia non si vuole arrampicarsi sugli specchi, ma chiedersi perché, nonostante certe storie "Rifatte" (Quella che vede protagonista la Wasikowska ed i familiari, per esempio), ed una mano relativamente incerta nel dipingere le vicende secondo una "coralità altmaniana" (Ma esistono eccezioni, come quelle della scena col cane), verrebbe da pensare che un film piccolino ed imperfetto come questo aggiunga neanche pochissimo rispetto agli ultimi due, brutti(ni?) Cronenberg; e che lui, come già in "A History of Violence", abbia cercato di dipingere un quadro della società odierna più ampio rispetto ai suoi abituali argomenti.
Cerco di giustificare queste due affermazioni. Partendo dal titolo, "Maps to the Stars": partendo a ritroso, anche senza anticipare troppo a chi non abbia visto il film, nel nichilismo lasciato intravedere -Sic!- pur senza moralismi o nostalgie per veri o presunti valori persi, esiste nel pensiero dei due giovani una filosofia di (s?)fondo che accenna, forse, a teorie "New Age"; ma che, soprattutto, potrebbe lasciare percepire un'inclinazione verso la trascendenza -le STELLE, appunto.
E'qui, allora, che va forse (rac)colto il -Relativo- valore del film: se prestiamo attenzione anche ad altre scene -Quella già citata col cane,
per esempio- esiste un'atmosfera onirica di fondo, che fa a pugni coi problemi -In parte- spiccioli affrontati, al contempo affine e parzialmente distante da Lynch: affine per il SOGNO, la trascendenza come chiave di lettura, parzialmente distante per la ricerca di una filosofia che non sempre sembrerebbe interessare al regista di "Inland Empire".
E' fin lezioso, poi, specificare che ove per "Filosofia" si intenda "Amica della saggezza", i personaggi ne sono ben distanti e sembrano, anzi, schiavi di un nichilismo causato da scelte sbagliate e /o da una crisi generale di valori. Ma se è vero che l'"autore", molto più che "spiegare", ha il compito di fare capire, resta più di un sospetto su un'incapacità di scavare più a fondo nelle psicologie dei singoli ed, insieme, nel costruire un più convincente ritratto, generale, della società.
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