dandy
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mercoledì 21 settembre 2022
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"voglio solo fare ammenda."
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Cronenberg affronta l'altra faccia di Hollywood.Una dark side fatta di rancori,cinismo,nevrosi,traumi del passato,disempatia e pulsioni nefaste latenti dietro una fragilissima patina di falso benessere ed opulenza da star system.Non ha sconti per nessuno,dai bambini ai grandi dalle vittime ai carnefici e non è previsto il lieto fine.Ma non raggiunge quella potenza ed intensità dei film passati come "Crash" o "Inseparabili",limitandosi a sfondare la classica porta aperta su un tema risaputo più o meno da quando esiste il cinema stesso.E se non è obbligato a tirare sempre in ballo le sue solite tematiche la vicenda per quanto rigorosa e impassibile non va oltre la superficie come i suoi protagonisti(specie quello di Jerome,troppo sullo sfondo),rischiando persino il ridicolo in alcuni punti(il confronto tra Agatha e Havana sul water,i discorsi osceni tra quest'ultima e Jerome o le inguardabili fiamme digitali nel finale).
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Cronenberg affronta l'altra faccia di Hollywood.Una dark side fatta di rancori,cinismo,nevrosi,traumi del passato,disempatia e pulsioni nefaste latenti dietro una fragilissima patina di falso benessere ed opulenza da star system.Non ha sconti per nessuno,dai bambini ai grandi dalle vittime ai carnefici e non è previsto il lieto fine.Ma non raggiunge quella potenza ed intensità dei film passati come "Crash" o "Inseparabili",limitandosi a sfondare la classica porta aperta su un tema risaputo più o meno da quando esiste il cinema stesso.E se non è obbligato a tirare sempre in ballo le sue solite tematiche la vicenda per quanto rigorosa e impassibile non va oltre la superficie come i suoi protagonisti(specie quello di Jerome,troppo sullo sfondo),rischiando persino il ridicolo in alcuni punti(il confronto tra Agatha e Havana sul water,i discorsi osceni tra quest'ultima e Jerome o le inguardabili fiamme digitali nel finale).Fastidioso il continuo ricorso alla poesia di Eluard che da il titolo al film.Non un fallimento completo,ma decisamente un prodotto minore nella filmografia di uno dei registi che hanno scritto la storia del cinema horror e non solo in tempi più recenti.Da una sceneggiatura di Bruce Wagner,che nel '90 guidava le limousine per le star e a cui si ispira il personaggio di Pattinson.Palma d'oro a Julianne Moore,che sembra una sorta di LIndsay Lohan di mezza età.
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mercoledì 21 settembre 2022
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"voglio solo fare ammenda."
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Cronenberg affronta l'altra faccia di Hollywood.Una dark side fatta di rancori,cinismo,nevrosi,traumi del passato,disempatia e pulsioni nefaste latenti dietro una fragilissima patina di falso benessere ed opulenza da star system.Non ha sconti per nessuno,dai bambini ai grandi dalle vittime ai carnefici e non è previsto il lieto fine.Ma non raggiunge quella potenza ed intensità dei film passati come "Crash" o "Inseparabili",limitandosi a sfondare la classica porta aperta su un tema risaputo più o meno da quando esiste il cinema stesso.E se non è obbligato a tirare sempre in ballo le sue solite tematiche la vicenda per quanto rigorosa e impassibile non va oltre la superficie come i suoi protagonisti(specie quello di Jerome,troppo sullo sfondo),rischiando persino il ridicolo in alcuni punti(il confronto tra Agatha e Havana sul water,i discorsi osceni tra quest'ultima e Jerome o le inguardabili fiamme digitali nel finale).
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Cronenberg affronta l'altra faccia di Hollywood.Una dark side fatta di rancori,cinismo,nevrosi,traumi del passato,disempatia e pulsioni nefaste latenti dietro una fragilissima patina di falso benessere ed opulenza da star system.Non ha sconti per nessuno,dai bambini ai grandi dalle vittime ai carnefici e non è previsto il lieto fine.Ma non raggiunge quella potenza ed intensità dei film passati come "Crash" o "Inseparabili",limitandosi a sfondare la classica porta aperta su un tema risaputo più o meno da quando esiste il cinema stesso.E se non è obbligato a tirare sempre in ballo le sue solite tematiche la vicenda per quanto rigorosa e impassibile non va oltre la superficie come i suoi protagonisti(specie quello di Jerome,troppo sullo sfondo),rischiando persino il ridicolo in alcuni punti(il confronto tra Agatha e Havana sul water,i discorsi osceni tra quest'ultima e Jerome o le inguardabili fiamme digitali nel finale).Fastidioso il continuo ricorso alla poesia di Eluard che da il titolo al film.Non un fallimento completo,ma decisamente un prodotto minore nella filmografia di uno dei registi che hanno scritto la storia del cinema horror e non solo in tempi più recenti.Da una sceneggiatura di Bruce Wagner,che nel '90 guidava le limousine per le star e a cui si ispira il personaggio di Pattinson.Palma d'oro a Julianne Moore,che sembra una sorta di LIndsay Lohan di mezza età.
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lunedì 30 novembre 2020
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la mappa dei neuroni (perduti).
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Ma io dico, come si può liquidare in un modo così asettico e suxficiale una pellicola che ha + spessore della sua stessa forma(che x altro forma nn ha).
Nella mia miserabile e tristemente insulsa vita (sono alla 48esima primavera) ne ho sentite di cose stupide, ne ho viste di cose insensate, ne ho lette di recensioni squallide, ma mai cotanta ignobiltà mi si è riversata sugli occhi come un fiume di acido solforico.
Siccome mi piace scrivere in maniera altisonante ed un po' barocca giusto x sentirmi tronfio di un qualcosa che, di fondo, nn ha un cazzo di senso, mi chiedo e TI chiedo, MA TI DROGHI? Se così nn fosse consiglio un bravo Alienista che va pure di moda, tra i VIPS.
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francismetal
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mercoledì 21 giugno 2017
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diventare famosi? no grazie!
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Un Cronenberg diverso... certo a tutti mancano i body horror ma questi sono bei film, non manca il lato psicologico ed è efficiente per lo scopo.
Qui Cronenberg sembra un neorealista che invece di narrare le condizioni dei più poveri si mette a narrare la miseria umana dei ricchi e dei famosi.
Si vedono ragazzini, poco più che bambini, già dipendenti da alcool e droga che si dedicano alla promiscuità sessuale, fino ad arrivare a perversioni, schizofrenia e incesto.
Uno schifo, uno squallore, questa è la vita delle star... Grande David!
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fabolousausterlitz
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martedì 4 aprile 2017
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"there's no business like show business"
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Di tanto in tanto (ma dall’ultima volta sono passati alcuni anni) decido di sottopormi alla visione di un film di Cronenberg. La scelta del verbo non è casuale, perché i suoi film non sono mai un’esperienza propriamente piacevole, indolore. Non mi riferisco al dato artistico/tecnico, che non è in discussione, ma all’impatto emotivo, a quella fitta trama di sensazioni fisiche che le sue opere mi provocano: inquietudine, disagio, in alcuni casi ripugnanza; gli aggettivi che più si addicono al suo cinema sono malsano e disturbante. Ciò nonostante ho deciso di vedere ‘Maps to the stars’, presentato in concorso a Cannes 2014. E’ un film corale, incentrato sulle vicende di una famiglia californiana dello star system hollywoodiano: figlio adolescente attore, spocchioso e sprezzante, che ha già collezionato contratti a sei zeri e problemi di alcol e droga; madre sull’orlo di una crisi di nervi che ne segue la carriera a tempo pieno, e ne patisce le intemperanze; padre psicologo/terapista televisivo, egocentrico e anaffettivo (interpretato da John Cusack), e sorella appena uscita dall’ospedale psichiatrico (Mia Wasikowska).
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Di tanto in tanto (ma dall’ultima volta sono passati alcuni anni) decido di sottopormi alla visione di un film di Cronenberg. La scelta del verbo non è casuale, perché i suoi film non sono mai un’esperienza propriamente piacevole, indolore. Non mi riferisco al dato artistico/tecnico, che non è in discussione, ma all’impatto emotivo, a quella fitta trama di sensazioni fisiche che le sue opere mi provocano: inquietudine, disagio, in alcuni casi ripugnanza; gli aggettivi che più si addicono al suo cinema sono malsano e disturbante. Ciò nonostante ho deciso di vedere ‘Maps to the stars’, presentato in concorso a Cannes 2014. E’ un film corale, incentrato sulle vicende di una famiglia californiana dello star system hollywoodiano: figlio adolescente attore, spocchioso e sprezzante, che ha già collezionato contratti a sei zeri e problemi di alcol e droga; madre sull’orlo di una crisi di nervi che ne segue la carriera a tempo pieno, e ne patisce le intemperanze; padre psicologo/terapista televisivo, egocentrico e anaffettivo (interpretato da John Cusack), e sorella appena uscita dall’ospedale psichiatrico (Mia Wasikowska). Intorno a loro, a far da controcanto, ci sono: un’attrice sul viale del tramonto, dipendente dai farmaci (un’intensa Julianne Moore, giustamente premiata a Cannes per la sua ottima prova); un giovane aspirante attore/scrittore (Robert Pattinson), che si guadagna da vivere come autista di limousine.
There’s no business like show business cantava Ethel Merman nell’omonimo film del 1954 (in Italia “Follie dell’anno”): anche questa è la storia di una famiglia di artisti, marito, moglie e tre figli che, divenuti famosi insieme, si separano per alcuni anni per poi ritrovarsi ancora più uniti e affiatati. Per una sorta d’inconscio contrappasso, questa canzone mi ronzava in testa mentre guardavo Maps to the stars, ma l’ultima fatica del cineasta canadese è quanto di più lontano possa esserci dal quadretto idilliaco del musical anni cinquanta; è un impietoso e fosco ritratto del mondo dello spettacolo, che ne evidenzia i vizi e la vacuità, la totale assenza di valori morali e l’inaridimento delle relazioni interpersonali, anche familiari, dominate solo da opportunismo e convenienza. A Cronenberg il mondo dello showbiz non è mai piaciuto e in questa pellicola lo dice apertamente: nessuno dei suoi personaggi si salva e a nessuno è concesso di fare ammenda per i propri errori. Neanche gli adolescenti, i figli, ce la fanno a rimanere incontaminati, o a riscattarsi, ma finiscono invece col pagare in prima persona le colpe degli adulti. Ed è per questo che ‘Maps to the stars’ è un film disperato, nel vero senso della parola: non lascia alla speranza (ed allo spettatore) neanche uno spiraglio.
Cronenberg suscita sempre reazioni contrastanti ed estreme, ma il film merita comunque due ore del nostro tempo, come ogni pellicola che ti lascia spunti di riflessione anche il giorno dopo averlo visto.
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no_data
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venerdì 11 novembre 2016
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diversamente disturbante
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Mi reputo un discreto fan di Cronenberg e un buon conoscitore della sua filmografia. Filo conduttore della sua produzione, vuoi in un senso piuttosto che nell'altro, credo sia rappresentato dal "confine" tra realtà e la sua ipotetica evoluzione. Se in una prima fase l'evoluzione riguardava la carne, ora come non mai assistiamo ad una produzione che si muove sulla psiche. Pregio che riconosco a Cronenberg, nelle ultime opere, è un'efficace e disturbante fotografia sugli estremi che la mente umana riesce ad ordire (es. Cosmopolis, Maps to te stars) o celare (es. A history of Violence); fotografia, certamente, colorata da un pizzico di "fantasia" (dettata proprio dagli eccessi dipinti nei racconti).
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Mi reputo un discreto fan di Cronenberg e un buon conoscitore della sua filmografia. Filo conduttore della sua produzione, vuoi in un senso piuttosto che nell'altro, credo sia rappresentato dal "confine" tra realtà e la sua ipotetica evoluzione. Se in una prima fase l'evoluzione riguardava la carne, ora come non mai assistiamo ad una produzione che si muove sulla psiche. Pregio che riconosco a Cronenberg, nelle ultime opere, è un'efficace e disturbante fotografia sugli estremi che la mente umana riesce ad ordire (es. Cosmopolis, Maps to te stars) o celare (es. A history of Violence); fotografia, certamente, colorata da un pizzico di "fantasia" (dettata proprio dagli eccessi dipinti nei racconti).
Questo film si innesta perfettamente nella attuale corrente di Cronenberg che, lungi dall'aver perso la vena creativa, richiede uno sforzo di comprensione maggiore. Ciò, se non ad altro, è dovuto alla violenza più "standardizzata" che accompagna alcune scene del film.
Non il miglior Cronenberg, di certo. Bocciare in toto quest'opera, tuttavia, mi pare assolutamente eccessivo.
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dario
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sabato 28 maggio 2016
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presuntuoso
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Tutto è soprale righe e questo costringe il regista a continue torsioni e sottolineature. Tante storie a sè che si collegano a forza senza che niente abbia sviluppo. Una serie di immagini prefabbricate, urlate perchè non sanno cosa dire se non frasi fatte e strafatte. Per fare film del genere occorre una sensibilità particolare che lo seneggiatore non possiede, perciò la pellicola sprofonda in un moralismo d'accatto che addirittuyra vorrebbe evitare a dimostrrazione di chissà quale verismo. Finisce che la Moore (brava) sprofonda in un teatrino risaputo con velleità documentaristiche d'alta quota. Lodevole l'impegno, magro il risultato.
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Tutto è soprale righe e questo costringe il regista a continue torsioni e sottolineature. Tante storie a sè che si collegano a forza senza che niente abbia sviluppo. Una serie di immagini prefabbricate, urlate perchè non sanno cosa dire se non frasi fatte e strafatte. Per fare film del genere occorre una sensibilità particolare che lo seneggiatore non possiede, perciò la pellicola sprofonda in un moralismo d'accatto che addirittuyra vorrebbe evitare a dimostrrazione di chissà quale verismo. Finisce che la Moore (brava) sprofonda in un teatrino risaputo con velleità documentaristiche d'alta quota. Lodevole l'impegno, magro il risultato.
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fabio57
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venerdì 1 aprile 2016
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difficile
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Cronenberg è regista decisamente anticonformista,tutte le sue opere sono decisamente particolari,anche questo film non fa eccezione e se da una parte è positivo perchè bacchetta senza complimenti il mondo dorato di Holliwood,ipocrita e corrotto, dall'altra però utilizza uno stile troppo ermetico,onirico, decisamente visionario e a tratti perfino surreale e grottesco.Gli spunti interessanti ci sono, ma alcune scene sono sgradevoli e il film nel complesso non mi sembra riuscito,malgrado la solita straordinaria Moore.
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kondor17
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mercoledì 20 gennaio 2016
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stelle a ciclo continuo
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Anche se forse non piene, do anch'io 4 stelle per bilanciare verso l'alto il mymometro.
La recensione in copertina per me andebbe vaporizzata.
John Cusack introduce un motivo che mi sembra sia sfuggito ma che è invece per me un leitmotiv di tutto il film. E infatti la sua paziente Havana, Julianne Moore, viene sottoposta ad un trattamento che si basa sul principio della pratica nota come costellazione familiare o Familienaufstellung, che si prefigge di aiutare e aiutarsi a vicenda, di solito in gruppi o classi guidate, ad affrontare la personalità dei propri cari interpretandola e immedesimandosi. C'è chi si ferma su un solo genitore per settimane.
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Anche se forse non piene, do anch'io 4 stelle per bilanciare verso l'alto il mymometro.
La recensione in copertina per me andebbe vaporizzata.
John Cusack introduce un motivo che mi sembra sia sfuggito ma che è invece per me un leitmotiv di tutto il film. E infatti la sua paziente Havana, Julianne Moore, viene sottoposta ad un trattamento che si basa sul principio della pratica nota come costellazione familiare o Familienaufstellung, che si prefigge di aiutare e aiutarsi a vicenda, di solito in gruppi o classi guidate, ad affrontare la personalità dei propri cari interpretandola e immedesimandosi. C'è chi si ferma su un solo genitore per settimane. Non è uno scherzo a volte.
Così come Havana sogna una giovane donna che poi scopre essere sua madre in una scena di un film che vorrebbe lei stessa interpretare nel ruolo che era però della madre ... poi Benjamin, bravissimo, che già di casini ne avrebbe di suo- star sfatta e sgamata a 13 anni - scopre cose ancor più strane nell'ambito dellinsolita famiglia. Il film è un susseguirsi di situazioni surreali, ma drammaticamente reali, anche nella rincorsa tra sogno e realtà.
Non ho letto il romanzo e credo che lo farò. Non è il film forse più riuscito al grande Cronenberg, ma l'argomento è di difficile lettura e realizzazione.
I personaggi grotteschi disegnati dal regista - tutti forzano, dai personaggi reali ai vari fantasmi o allucinazioni - sembrano un'ode a Fellini e al circo, al magico circo delle stelle.
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luigi chierico
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venerdì 4 dicembre 2015
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discutibile
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Certamente non è un film costruttivo per tante ragioni, tuttavia da apprezzare per interpretazione,originalità e scenografia. Una famiglia scombinata, un dialogo irriverente e scurrile sulla bocca di un ragazzo diventato, non si sa e non si vede come,una star del cinema; non è costruttivo per i rapporti che intecorrono tra fratello e sorella, per l’ atteggiamento della figlia della diva che deve emulare la madre in ogni modo. Direi che dietro tutta questa vicenda c’è un incendio, la violenza ed il sangue. A prescindere dal discutibile contenuto, l’interpretazione di tutti i protagonisti è eccellente. Julianne Moore è Havana Segrand la promettente attrice, Mia Wasikowska è Agatha Weiss figlia del dott.
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Certamente non è un film costruttivo per tante ragioni, tuttavia da apprezzare per interpretazione,originalità e scenografia. Una famiglia scombinata, un dialogo irriverente e scurrile sulla bocca di un ragazzo diventato, non si sa e non si vede come,una star del cinema; non è costruttivo per i rapporti che intecorrono tra fratello e sorella, per l’ atteggiamento della figlia della diva che deve emulare la madre in ogni modo. Direi che dietro tutta questa vicenda c’è un incendio, la violenza ed il sangue. A prescindere dal discutibile contenuto, l’interpretazione di tutti i protagonisti è eccellente. Julianne Moore è Havana Segrand la promettente attrice, Mia Wasikowska è Agatha Weiss figlia del dott. Stafford Weiss(John Cusack),e sorella di Benije Weiss, l’enfant prodige( Evan Bird). Un film per la famiglia Weiss, già perché c’e anche Olivia Williams ad interpretare la parte della signora Olivia Weiss.
Se la sceneggiatura come ho detto può non piacere, sebbene ricalchi il linguaggio più moderno,non così si può dire per la scenografia. Un lusso sfrenato nella casa dei Weiss ed in quella della capricciosa Havana,la fotografia dà risalto a tutto dai lampadari alle porte, poltrone ed armadi,tutto moderno come moderne sono le espressioni di Benije che certamente avranno accolto il massimo consenso dei suoi simili.
La storia che vede coinvolti in più modi la famiglia Weiss con la vita di Havana, è nuova, viaggia su un binario di isterismo ed abuso, di focolai di incendio e di incesto, fino a scene di sesso sfrenato. La superba interpretazione della bellissima attrice, a cui meritatamente è andato il premio a Cannes quale migliore attrice,le consente di mostrare anche le sue grazie,oltre al suo ben noto bel volto. Il film con lei prende il volo e diventa ottimo,sebbene il finale nasconda l’intera ragione di questo film. È proprio vero,come dice il dott.Stafford Weiss, che “Le persone non entrano per caso nella nostra vita. Le chiamiamo”.
Si può giocare da bambini ad essere marito e moglie,mentre si è spesso bambini quando si è marito e moglie. La mecca del cinema ha inghiottito un giovanissimo ragazzo ed una adulta signora, ha cambiato la loro vita. E’questo il monito ed il messaggio che a mio avviso vuol dare il bravo regista David Cronenberg, forse si chiede che fine faranno tutti questi contemporanei sconosciuti attori chiamati a fare un film qualsiasi,senza essere andati alla New York Film Academy o frequentato i mitici corsi dell’Actor’S Studio,scuola fondata da Elia Kazan e da cui sono usciti, solo per citarne qualcuno: Anne Bancroft, Marlon Brando, James Dean, Marilyn Monroe, Paul Newman, Al Pacino ecc. E noi che amiamo il vero Cinema abbiamo il dovere di difenderlo dalle mistificazioni, dalle volgarità gratuite, dalla violenza sfrenata,dagli effetti catastrofici. Torniamo ad apprezzare l’arte di fare del cinema, ad entrare in una sala per uscirne soddisfatti e se c’è Julianne Moore andiamoci pure certi, bella lei bello il film, bravissima lei, buono il film. chibar22@libero.it
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