matteo manganelli
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domenica 14 dicembre 2014
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quella grande illusione che è l'amore
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Ancora una volta Allen. Un autore dalla filmografia kilometrica ormai.
Dopo il gradevolissimo Blue Jasmine, Woody gira un film in costume, abbandonando il cinismo e lasciando spazio all'ottimismo.
Sud della Francia, 1928. Un famoso illusionista inglese viene ingaggiato con lo scopo di smascherare una giovane sedicente sensitiva sospettata di essere mossa da scopi fraudolenti ai danni di ricchi personaggi della Costa Azzurra. L'illusionista rimane profondamente impressionato da questa ragazza tanto che le sue certezze razionali cominciano a vacillare.
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Ancora una volta Allen. Un autore dalla filmografia kilometrica ormai.
Dopo il gradevolissimo Blue Jasmine, Woody gira un film in costume, abbandonando il cinismo e lasciando spazio all'ottimismo.
Sud della Francia, 1928. Un famoso illusionista inglese viene ingaggiato con lo scopo di smascherare una giovane sedicente sensitiva sospettata di essere mossa da scopi fraudolenti ai danni di ricchi personaggi della Costa Azzurra. L'illusionista rimane profondamente impressionato da questa ragazza tanto che le sue certezze razionali cominciano a vacillare.
C'è poco da dire su questa pellicola, leggera al punto tale da sfiorare l'inconsistente in alcuni punti; il tempo di sedersi in sala e il film è già finito, 100 minuti che volano.
Arrivato ormai alla soglia degli 80, Allen si è molto ammorbidito e si vede, ma non per questo convince meno.
Magic in the Moonlight è una commedia fuori dal tempo, un film che sembra uscito dagli anni 50 pur funzionando anche per il pubblico del nuovo millennio.
Ed è un film che va amato alla follia anche solo per il personaggio di Colin Firth, che sostituisce Allen egregiamente.
Un elogio alle illusioni della vita, un messaggio chiaro e forte: l'unica vera forza inspiegabile in questo mondo è l'amore. E l'amore non è un trucco.
Emma Stone deve morire.
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raffaele.92
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domenica 14 dicembre 2014
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ottimo film
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Ottimo film. Sinceramente mi é piaciuto molto, e mi sento di consigliarlo a quanti ancora non l'hanno visto. In particolare colpiscono i dialoghi sempre saturi di un linguaggio ricercato e mai banale, caratterizzati da quella ironia di fondo alla quale il regista ci ha sempre abituati. Bravissimi gli attori, belli i costumi e le scene che proiettano negli anni venti, tempo nel quale é ambientato il film. Lo consiglio!
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filippo catani
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sabato 13 dicembre 2014
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gradevole commedia
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Fine degli anni Venti a Berlino. Un celebre prestigiatore inglese accetta l'invito di un amico a smascherare una presunta sensitiva che sta letteralmente imperversando nella Francia del sud presso una ricca famiglia.
Woody Allen ci regala una piacevole commedia che ha sicuramente nell'ambientazioni, nei costumi e nelle musiche d'epoca i suoi tratti distintivi. Firth è perfetto nell'impersonare un abile e disilluso prestigiatore che ai trucchi di scena e all'illusione del palco sa opporre un razionalismo e un cinismo estremi nella vita di tutti i giorni. Sarà costretto a cambiare idea quando farà i conti con la bella sensitiva presentatagli dal suo amico.
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Fine degli anni Venti a Berlino. Un celebre prestigiatore inglese accetta l'invito di un amico a smascherare una presunta sensitiva che sta letteralmente imperversando nella Francia del sud presso una ricca famiglia.
Woody Allen ci regala una piacevole commedia che ha sicuramente nell'ambientazioni, nei costumi e nelle musiche d'epoca i suoi tratti distintivi. Firth è perfetto nell'impersonare un abile e disilluso prestigiatore che ai trucchi di scena e all'illusione del palco sa opporre un razionalismo e un cinismo estremi nella vita di tutti i giorni. Sarà costretto a cambiare idea quando farà i conti con la bella sensitiva presentatagli dal suo amico. La ragazza è senza dubbio affascinante e pare avere poteri soprannaturali. Allen ovviamente usa questa storia per riflettere sull'annoso ed eterno dibattito razionalismo-spiritualismo e lo fa come sempre alternando ironia, battute sagaci e anche numerosi riferimenti letterari e filosofici (si arrivano a citare Hobbes e Nietzche). Insomma un buon film che non è certo ai livelli dell'ultimo Blue Jasmine ma è comunque gradevole e di valida fattura se non altro per le sue ambientazioni anni venti.
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angelo bottiroli - giornalista
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sabato 13 dicembre 2014
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l'inconfondibile tocco di woody allen
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Forse come uomo non sarà granché, ma è innegabile che come sceneggiatore e regista, Woody Allen è sicuramente un talento come ce ne sono pochi. I suoi film, infatti, sono riconoscibili lontano un miglio. A volte, come capita spesso, è sufficiente anche vedere le prime immagini di un trailer per capire che dietro la macchina da presa c’è lui.
Capita anche per questo “Magic in the Moonlight” realizzato nel sud della Francia, in costa Azzurra a Provenza, un film – cartolina che ricorda molto il Midnight in Paris, anche se questo è decisamente meno surreale.
L’atmosfera però è uguale: Woody Allen sa portare sullo schermo quella particolare sensazione impalpabile che si respira soltanto in certi posti.
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Forse come uomo non sarà granché, ma è innegabile che come sceneggiatore e regista, Woody Allen è sicuramente un talento come ce ne sono pochi. I suoi film, infatti, sono riconoscibili lontano un miglio. A volte, come capita spesso, è sufficiente anche vedere le prime immagini di un trailer per capire che dietro la macchina da presa c’è lui.
Capita anche per questo “Magic in the Moonlight” realizzato nel sud della Francia, in costa Azzurra a Provenza, un film – cartolina che ricorda molto il Midnight in Paris, anche se questo è decisamente meno surreale.
L’atmosfera però è uguale: Woody Allen sa portare sullo schermo quella particolare sensazione impalpabile che si respira soltanto in certi posti. E solo chi li ha visitati sa cosa intendiamo.
E’ stato così per Parigi, lo è ancor di più per questo “Magic in the Moonlight”.
Il paragone tra i due film non è azzardato perché oltre ad essere stati realizzati in Francia hanno in Comune anche l’epoca, cioè, l'inizio del secolo scorso, un periodo che, a quanto pare, affascina molto il regista quasi 80enne.
“Magic in the Moonlight” però non è soltanto la descrizione dei paesaggi davvero stupendi del sud della Francia, ma è anche un’introspezione della vita sulla vita delle persone ed in particolare mette a confronto la razionalità con l’illusione, in un giusto mix tra i due protagonisti principali del film: un impeccabile ed imperturbabile Colin Firth (Il mondo di Arthur Newman, La Talpa il discorso del re) e una frizzante Emma Stone (The Amazing Spiderman, The Help e molti altri) che a soli 26 anni è già stata protagonista di una valanga di film.
Ed è proprio l’interpretazione della giovane 26enne a dare brillantezza al film che altrimenti si trascinerebbe monotono tra personaggi molto legati e poco fantasiosi.
Tutto ruota attorno al personaggio della giovane medium Sophie Baker, interpretata appunto da Emma Stone. Tra i vari attori che interpretano il film da segnalare l’ 80enne Eileen June Atkins che interpreta Zia vanessa.
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michele
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giovedì 11 dicembre 2014
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colin firth 'è' il miglior woody allen
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Woody Allen si riconosce subito. Prima ancora che dalle immagini in movimento della pellicola da quelle statiche dei titoli di testo che hanno sempre la stessa forma e lo stesso carattere, nomi bianchi su sfondo nero. Poi entra la musica jazz o swing, qualche volta ci accompagna quella classica. Infine la prima scena completa il nostro effimero esercizio di ricomposizione delle marche enunciative che attestano che si, si tratta proprio del regista di “Manhattan”. E anche in quest’ultimo film Allen non si smentisce e ci mostra i suoi soliti temi: la magia, la religione, il significato della vita, il suo pessimismo riguardo al significato dell’esistenza stessa, l’irrazionalità che la governa. Noioso? No affatto. Leggero, frizzante, divertente anche se non raggiunge mai l’apice della comicità, verboso come da copione con battute ficcanti e geniali. Da quando Allen ha deciso di non recitare più nei suoi film le cose non sono cambiate poi molto, se non dal lato prettamente interpretativo. Che non è poco in realtà, per chi lo apprezza. Come detto, i marchi di fabbrica ci sono tutti, le tematiche sono sempre le stesse, lo stile visivo immutato, niente è sostanzialmente cambiato dal punto di vista della costruzione dell’immagine e di tutti quegli elementi che contribuiscono a dispiegare i significati oramai noti. La differenza la fa allora soprattutto l’interprete, colui o colei che fanno le veci di Woody Allen e al quale lui decide di trasferire il suo personaggio con tutte le nevrosi, le ansie e i gesti che gli appartengono. Colin Firth rappresenta in questo senso il miglior esperimento finora effettuato. L’attore inglese riesce infatti a conferire al suo personaggio un proprio stile che lo rende credibile e non soltanto una copia dell’Allen attore (come ad esempio era successo con Owen Wilson nel pur notevole “Midnight in Paris”). Chi Allen non lo ha mai apprezzato stia pure a casa, chi lo ama lo segua anche in questo viaggio.
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samuelemei
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giovedì 11 dicembre 2014
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la grande illusione: l'incantevole magia di allen
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Ogni anno durante le feste natalizie il grande pubblico affolla le sale cinematografiche per assistere ai block-buster hollywoodiani o ai cinepanettoni nostrani. Ma ogni dicembre c’è anche una ristretta cerchia di appassionati che, con sentita devozione, in una sala semi-deserta si gode l’ennesimo film di Woody Allen. Dalle grandi sale proviene un brusio continuo e un meccanico cric-croc di popcorn. Nella saletta “newyorkese”, il silenzio invernale è rotto soltanto dal canto dei fonografi, dal ritmo del jazz e da scritte bianche su sfondo nero: così ha inizio la magia...
“Magic in the Moonlight” è una commedia divertente e raffinata in pieno stile Allen. Costa Azzurra, 1928: un celebre prestigiatore, Stanley, (un istrionico Colin Firth), viene ingaggiato con lo scopo di smascherare una medium, Sophie Baker (la graziosa e magnetica Emma Stone) che imperversa nelle case delle ricche famiglie del sud della Francia.
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Ogni anno durante le feste natalizie il grande pubblico affolla le sale cinematografiche per assistere ai block-buster hollywoodiani o ai cinepanettoni nostrani. Ma ogni dicembre c’è anche una ristretta cerchia di appassionati che, con sentita devozione, in una sala semi-deserta si gode l’ennesimo film di Woody Allen. Dalle grandi sale proviene un brusio continuo e un meccanico cric-croc di popcorn. Nella saletta “newyorkese”, il silenzio invernale è rotto soltanto dal canto dei fonografi, dal ritmo del jazz e da scritte bianche su sfondo nero: così ha inizio la magia...
“Magic in the Moonlight” è una commedia divertente e raffinata in pieno stile Allen. Costa Azzurra, 1928: un celebre prestigiatore, Stanley, (un istrionico Colin Firth), viene ingaggiato con lo scopo di smascherare una medium, Sophie Baker (la graziosa e magnetica Emma Stone) che imperversa nelle case delle ricche famiglie del sud della Francia. Il cinico e razionale Stanley rimane subito molto colpito quando vede all’opera la sensitiva e, dopo numerose prove “spiritiche”, vibrazioni positive e avventure nella campagna provenzale, si trova costretto ad ammettere la “genuinità” dei poteri della bella americana vagabonda. Eppure, proprio al vertice della sua conversione, quando sua zia è in pericolo di vita, Stanley ricade nel suo consueto scetticismo raziocinante e, con un magistrale gioco di prestigio, smaschera l’intero complotto di cui è stato vittima. A questo punto, crollate tutte le illusioni in un mondo trascendente, solo l’amore può salvarlo dall’infelicità che attenaglia l’intero genere umano...
In “Magic in the Moonlight” Woody Allen riprende l’usuale canovaccio tipico della "screwball comedy" anni ’30 e di molti suoi film ormai classici: un inguaribile misogino (se non misantropo) alla fine si innamora di una fanciulla che gli mostra il lato positivo dell’esistenza (penso in particolare a “Basta che funzioni” e in parte a “Manhattan”). Ma forse il film più vicino a “Magic in the Moonlight” è “La maledizione dello scorpione di giada”, per il rocambolesco intreccio tra “guerra dei sessi”, magia e innamoramento improbabile.
L’originalità della pellicola sta forse nella profondità “filosofica” che pervade la vicenda, nella capacità del regista newyorkese di riflettere in modo non scontato e ironico sui grandi temi dell’umanità come la morte, l’aldilà, il destino, la felicità. Paradigmatica a questo proposito risulta la parabola interiore di Stanley (si può parlare quasi di “romanzo di formazione”) che oscilla tra materialismo disincantato e slancio mistico, tra razionalismo scientifico e spiritualismo religioso. Se da un lato prevale il pessimismo cosmico, dall’altro l’amore offre quell’illusione consolatoria capace di scaldare, come una fiaccola, il gelo dell’infelicità a cui la “stupida ragione” ci condannerebbe. Nel personaggio di Stanley Allen ha sprigionato tutta l’ambigua polisemia del termine “magia”. Tuttavia, come spesso accade, è la stessa atmosfera del film ad essere magica, con ambientazioni mozzafiato tra roccia e mare (oltre a romantici orti fioriti e splendidi giardini) accarezzati da una languida luce crepuscolare, ma anche la solida interpretazione dei due attori protagonisti, senza parlare dell’immancabile colonna sonora vintage.
Con un’altra piccola perla Woody Allen ci mostra l’ineluttabile necessità delle illusioni. E’ la sua stessa idea di cinema una “magia al chiaro di luna”, lucida sublimazione magnifica del sogno e del disincanto.
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nunziett�
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mercoledì 10 dicembre 2014
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che fine ha fatto woody allen???
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Peccato! Non mi è piaciuto per niente: stucchevole, noioso, lento.
Mi aspettavo molto di più dal regista e da una commedia di 90 minuti.
Peccato veramente!
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alessandro surza
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mercoledì 10 dicembre 2014
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magia al chiaro di luna
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Premettendo che la mia conoscenza dei film di Allen si riduce, ahimè, a "Manhattan", "Scoop", "Blue Jasmine", "Midnight in Paris" e forse poco altro, posso comunque ammettere che il suo spaziare da un genere all'altro, da uno serio a uno più o meno comico, gli permette di non cadere quasi mai nella banalità.
In ogni caso, lunedì 8 ho approfittato del giorno di festa e sono andata al cinema a vedere "Magic in the Moonlight", il suo nuovo film.
Per chi non ne conoscesse la trama, si tratta di una commedia ambientata a fine anni '20 in Costa Azzurra, in cui il famoso illusionista Wei Ling Soo, nome d'arte di Stanley, interpretato da un Colin Firth forse un po' a disagio nel ruolo, viene chiamato per smascherare una giovane ragazza che afferma di essere in contatto con l'aldilà, portata sullo schermo da una perfetta e genuina Emma Stone, 26enne americana che abbiamo potuto ammirare al Festival di Venezia lo scorso agosto e già con una candidatura al Golden Globe sulle spalle.
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Premettendo che la mia conoscenza dei film di Allen si riduce, ahimè, a "Manhattan", "Scoop", "Blue Jasmine", "Midnight in Paris" e forse poco altro, posso comunque ammettere che il suo spaziare da un genere all'altro, da uno serio a uno più o meno comico, gli permette di non cadere quasi mai nella banalità.
In ogni caso, lunedì 8 ho approfittato del giorno di festa e sono andata al cinema a vedere "Magic in the Moonlight", il suo nuovo film.
Per chi non ne conoscesse la trama, si tratta di una commedia ambientata a fine anni '20 in Costa Azzurra, in cui il famoso illusionista Wei Ling Soo, nome d'arte di Stanley, interpretato da un Colin Firth forse un po' a disagio nel ruolo, viene chiamato per smascherare una giovane ragazza che afferma di essere in contatto con l'aldilà, portata sullo schermo da una perfetta e genuina Emma Stone, 26enne americana che abbiamo potuto ammirare al Festival di Venezia lo scorso agosto e già con una candidatura al Golden Globe sulle spalle.
Trama semplice, scene mai troppo lunghe o tirate, musiche adatte e abiti assolutamente bellissimi, rendono il film una commedia piacevole da gustare in tranquillità.
Se "Blue Jasmine" ci ha colpiti per l'intensità e la drammaticità sia della protagonista che dell'intera vicenda, "Magic in the Moonlight" ci permette di sognare un po' su quei famosi anni '20 portati alla luce così perfettamente, grazie anche alla festa stile "Grande Gatsby" ove la bellezza della Stone spicca su tutto il resto.
Insomma, non un film pretenzioso né paragonabile alle atmosfere surreali di "Midnight in Paris", ma una pellicola che si lascia guardare con gusto, senza mai eccedere.
Se l'intento era di essere "leggeri", Woody Allen ha assolutamente centrato l'obiettivo.
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fabian t.
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mercoledì 10 dicembre 2014
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woody allen in piena forma
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Storia frizzante, scorrevole, leggera, funzionale ed efficace. Tutto il film si avvale di splendide scenografie dai meravigliosi tocchi cromatici e dalla lodevole cura dei dettagli. L'ottima recitazione e la perfetta struttura dialogica, costituita da un'arguta e irresistibile sintassi fraseologica, rendono questo delizioso film un piccolo grande capolavoro. Non solo una piacevole commedia, però, bensì una studiata sottolettura postromantica con cui si analizza con intelligenza e creatività il rapporto tra razionale e irrazionale presente in ciascuno di noi. Insomma, un Woody Allen in piena forma. Assolutamente consigliato.
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