
Femminismo e umorismo nell'ultima follia di Álex De la Iglesia.
di Marianna Cappi
Le streghe son tornate e anche Álex de la Iglesia si sente meglio, o per lo meno il suo cinema sembra aver ritrovato la salute perduta. Il suo ultimo film ha vinto otto premi Goya, diversi riconoscimenti in giro per l'Europa e arriva adesso nelle sale italiane, con un discreto ritardo rispetto all'uscita spagnola ma senza aver perso di mordente.
Ne Las brujas de Zagarramurdi (questo il titolo originale), il regista di Bilbao ridicolizza le derive estremiste di certo femminismo radicale, ma lo fa allo stesso tempo con rispetto, associando all'esagerazione in chiave horror della moltitudine di donne assetate dal desiderio di porre definitivamente fine allo strapotere maschile in cielo e in terra, una serie di rivendicazioni proprie del femminismo non solo estremo e, in particolare, delle filosofie femministe che si sono poste il problema della posizione della donna nella chiesa.
Forse le donne non sono (tutte) streghe, forse questa è solo la visione del maschio ferito e agonizzante, ma di certo sono tante le realtà femminili, accademiche e non, laiche o religiose, che misurano i danni prodotti da secoli e secoli di patriarcato e rievocano (magari non in senso letterale) l'esistenza di una divinità femminile all'origine dei culti religiosi, spodestata solo in seguito dagli dei maschi che facevano comodo alla casta politica dei sacerdoti. Sembra, insomma, che Álex De La Iglesia sia andato a lezione da Mary Daly o Marija Gimbutas per dialogare il suo sabba e per concepire lo spettacolare ingresso a sorpresa della Grande Madre (con le fattezza della preistorica Venere di Willendorf).
Nonostante, dunque, il tono divertito e divertente della guerra dei sessi in salsa macabra, Le streghe son tornate è tutt'altro che un film misogino e, in quest'ottica, riveste un ruolo significativo la figura di Eva, interpretata da Carolina Bang, giovane sposa del regista. Capro espiatorio primordiale, utile a legittimare il disprezzo maschile e l'autosvalutazione femminile (quasi un senso di colpa congenito), alla Eva del paradiso terrestre, la cosiddetta "costola di Adamo", è stata storicamente e teologicamente attribuita la responsabilità del peccato originale e, in qualche modo, l'origine di tutti i mali (oltre che una deprecabile debolezza della volontà, per non aver resistito alla tentazione di assaggiare il frutto proibito). Il regista spagnolo, invece, dà il nome della cacciata progenitrice alla più giovane della dinastia di streghe al centro della sua avventura, colei che è ancora in grado di vedere il bello in un uomo e di innamorarsene al punto da salvare la sua stirpe. Dopo aver lottato all'ultimo sangue con la madre sacerdotessa, Eva è dunque la donna che salva l'uomo dall'estinzione e inaugura con lui un nuovo corso, nel quale sono entrambi ricchi, felici e contenti. E pazienza se qualche costola è andata rotta durante la fuga.