perfetta
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domenica 15 aprile 2012
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un grido che lascia attoniti
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Sono passati quasi 11 anni ma è come se fosse accaduta ieri, questa vicenda che sconvolse l'Italia.
Il film, duro, crudo e doloroso in molti tratti, ha la peculiarità di essere molto realista e di collocare i personaggi in un contorno di vita reale e quotidiana tanto da farceli sentire vicini e famigliari, e quindi da portarci ad entrare in empatia con essi. A volte sembra quasi di essere di fronte ad un documentario.
Credo che tutti si chiedano durante la visione cosa avrebbe provato se si fosse trovato in quella situazione al posto dei giovani attivisti, dei poliziotti, ma anche delle famiglie di quei ragazzi che venivano da tutta Europa e di cui per giorni non si ebbero notizie.
Il film parte da testimonianze reali e dagli atti del processo e si fonda quindi su basi ben solide prescindendo da posizioni politiche, ma piuttosto cercando di dare uno spaccato quanto più vicino alla realtà, e di far sì che lo spettatore attonito decida, prima di giudicare, di approfondire la storia.
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Sono passati quasi 11 anni ma è come se fosse accaduta ieri, questa vicenda che sconvolse l'Italia.
Il film, duro, crudo e doloroso in molti tratti, ha la peculiarità di essere molto realista e di collocare i personaggi in un contorno di vita reale e quotidiana tanto da farceli sentire vicini e famigliari, e quindi da portarci ad entrare in empatia con essi. A volte sembra quasi di essere di fronte ad un documentario.
Credo che tutti si chiedano durante la visione cosa avrebbe provato se si fosse trovato in quella situazione al posto dei giovani attivisti, dei poliziotti, ma anche delle famiglie di quei ragazzi che venivano da tutta Europa e di cui per giorni non si ebbero notizie.
Il film parte da testimonianze reali e dagli atti del processo e si fonda quindi su basi ben solide prescindendo da posizioni politiche, ma piuttosto cercando di dare uno spaccato quanto più vicino alla realtà, e di far sì che lo spettatore attonito decida, prima di giudicare, di approfondire la storia.
Risvegliare gli animi, sconvolgere le coscienze e farci sentire partecipi alla vicenda, è questo il fine primario che il regista si pone, per riportare alla memoria un pezzo della storia dell'Italia ma anche d'Europa e del mondo.
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franco cesario
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venerdì 4 maggio 2012
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don't clean up this movie
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Niente nomi e niente spiegazioni sulle motivazioni del Movimento e le sue ragioni.
Tutto questo è vero e costituiscono un errore anche perchè le sentenze ci sono e si poteva avere più coraggio.
Ma l’opera di Vicari si intitola “Diaz: don’t clean up this blood” e quindi si concentra sulle vicende capitate nella scuola genovese.
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Niente nomi e niente spiegazioni sulle motivazioni del Movimento e le sue ragioni.
Tutto questo è vero e costituiscono un errore anche perchè le sentenze ci sono e si poteva avere più coraggio.
Ma l’opera di Vicari si intitola “Diaz: don’t clean up this blood” e quindi si concentra sulle vicende capitate nella scuola genovese. Il film oltre che ben interpretato da Santamaria, dal grandissimo Elio Germano e da tutti i protagonisti, è necessario ed utile perchè ha il grande merito di parlare di argomento su cui ancora è aperta una ferita enorme e della quale quasi nessuno aveva avuto il coraggio di parlare se non di sfuggita (ricordo ad esempio “Ora o mai più” del 2003 di Pellegrini con la Placido, Gabriellini e lo stesso Germano).
Del film è apprezzabile la mancanza di una visione puramente manichea della tragedia genovese facendo vedere 2 (due!) poliziotti con comportamenti semi umani (credibile pensarlo).
Senza fondamento, a mio avviso, le critiche che dipingono “Diaz” come una ricostruzione che tenderebbe a fare dell’irruzione nel dormitorio del Genoa Social Forum come un fatto isolato di tutori dell’ordine invasati. Fin dall’inizio, al contrario, è evidente l’idea di Vicari, suffragata dalle carte processuali, (e dall’arrivo in aereo del dirigente di polizia) che la strategia sia stata pianificata a tavolino ed utilizzata dalle istituzioni per screditare il Movimento, per annientarlo, per tarpare le ali ad una intera generazione di “concreti sognatori”.
Lo stile quasi documentaristico si dilunga, giustamente, sulle violenze gratuite compiute da tutti i tutori dell’ordine; viene voglia di alzarsi ed andarsene tanta è la rabbia e l’insopportabile visione del sangue e del massacro sistematico di giovani inermi e sorpresi nel sonno.
Bella anche la scena in cui il pensionato, con il braccio rotto, steso su di una barella nel pronto soccorso intasato dai tanti pestati senza pietà dai celerini, viene apostrofato da uno di questi con un irrispettoso ” ‘a nonno ma tu che ci facevi in mezzo a questi?” sentendosi rispondere “in mezzo a questi chi?” come a rimarcare la gigantesca mistificazione messa in atto e il tremendo “errore” compiuto da chi, successivamente, sopratutto ai massimi livelli, non ha mai pagato per le responsabilità oggettive.
Vicari quindi prende parte, si capisce che ha una opinione ben precisa anche se cerca di essere il più possibile asettico ed imparziale.
Film come questi servono, eccome, non fosse altro per i dibattiti che scatenano e per i sentimenti che suscitano anche chi non c’era (io invece c’ero e ci sarò sempre) ma vuole conoscere la verità su quella che (e ora più che mai non è una frase fatta) è stata fra le pagine è più buie della fragile e zoppicante democrazia italiana.
Franco Cesario
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massimiliano morelli
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domenica 15 aprile 2012
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un racconto contro la pulizia
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Non un film politico. Un film di esigenza. Perché, come ben racconta quel ‘Non pulire questo sangue’ sparato nel sottotitolo, l’obiettivo e la cifra meritoria di Vicari stanno proprio nell’ evitare che un Paese troppo avvezzo alla memoria corta, possa mandare in prescrizione anche le sue vergogne recenti.
Nel cinema socio-politico, a cui Diaz è stato forse troppo frettolosamente ascritto, il racconto è spesso sceneggiato dalla storia, va da sé su nastri di trasporto automatici. Piace notare, onore al merito del regista laziale, come invece questo racconto sia autonomo oltre le aspettative, e sia molto meno intriso di politica e social forum, di quanto il battage mediatico preventivo abbia fatto credere e avesse voglia di farci credere.
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Non un film politico. Un film di esigenza. Perché, come ben racconta quel ‘Non pulire questo sangue’ sparato nel sottotitolo, l’obiettivo e la cifra meritoria di Vicari stanno proprio nell’ evitare che un Paese troppo avvezzo alla memoria corta, possa mandare in prescrizione anche le sue vergogne recenti.
Nel cinema socio-politico, a cui Diaz è stato forse troppo frettolosamente ascritto, il racconto è spesso sceneggiato dalla storia, va da sé su nastri di trasporto automatici. Piace notare, onore al merito del regista laziale, come invece questo racconto sia autonomo oltre le aspettative, e sia molto meno intriso di politica e social forum, di quanto il battage mediatico preventivo abbia fatto credere e avesse voglia di farci credere.
Una vicenda che si fa corale e viaggia a stretto gira di posta temporale intorno alla scuola-macelleria, e intorno ai suoi protagonisti, tutti, da Germano a Santamaria, volutamente sotto le righe in favore dell’ epica disfatta del racconto. Di violenza ce n’è, sonora e visiva, ma non è celebrazione ematica splatter, come in un percorso di masturbazione Tarantiniana, è semmai sangue che racconta, che resta incollato alle pareti della Diaz, per farsi guardare da chi c’è arrivato il giorno dopo, e ha provato a raccontarlo al mondo, contro i chiari intenti statali di occultarlo.
Film che scorre veloce, non potrebbe essere diversamente dato il taglio documentaristico e la vicinanza storica del fattaccio brutto genovese, e si fa apprezzare per la sua onestà. Non già contro la Polizia, in modo bieco e faziosamente distorto, semmai contro la Pulizia, della memoria, della testimonianza, del sotterramento nei cassetti di Stato, della polvere sotto i tappeti ministeriali. Tante micro-storie di piccoli uomini, dal vecchio sindacalista CISL, al giornalista assai poco militante, passando per i ragazzi del Media Center, e al manager che non trova un posto migliore dove addormentarsi, tutti annegati per sbaglio nel bagno di sangue incomprensibilmente caduto per errore voluto, addosso alla nostra democrazia.
Ed un film che prende le distanze dal soffocamento dibattuale della fase I del G8, che cita Giuliani, ma non lo tocca più, così come non offre alcun riparo ideologico ai Black Block, se non quello di un piccolo baretto dove anche loro potessero avere paura. Proprio da questa onestà, dalla ricostruzione degli atti processuali fedele ma non strumentalizzata, nasce la sensazione di un lavoro che andava fatto e va visto, perché riempie. Di interrogativi, su una notte di folle interruzione della capacità di intendere e volere degli apparati di pubblica sicurezza di questo Paese, ma anche di rimorso. Per aver vissuto un simile black-out di democrazia, senza che ce ne fossimo accorti in troppi, e per aver permesso che nessuno, prima, con l’ obiettivo trasparente della macchina di Vicari, spazzasse via undici lunghi anni di polvere e oblio dalle nostre coscienze.
Diaz ci ricorda allora di non pulire via quel sangue. Ma anche, ed è quello che fa più male all’uscita di sala, che quel sangue è stato versato. E se le macchie vanno via, le ferite e i perché restano quanto mai aperti e sanguinanti.
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filippo catani
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mercoledì 27 marzo 2013
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la notte della democrazia italiana
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Un film decisamente ben fatto e di una crudezza fortissima che ci rimanda ai tragici eventi che si svolsero durante il G8 di Genova del 2001 che si chiusero con la morte di Carlo Giuliani, la città messa a ferro e fuoco da una piccola minoranza di violenti e black block e lo squallido assalto guidato dalla polizia contro chiunque si trovasse a dormire all'interno della scuola Diaz. Il film si riferisce fedelmente a quanto riportato nel dispositivo della Corte d'Appello le cui decisioni sono state confermate dalla Cassazione ma buona parte delle pene si erano ormai estinte o per la prescrizione o per l'indulto. E' rimasta l'interdizione ai pubblici uffici per 5 anni.
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Un film decisamente ben fatto e di una crudezza fortissima che ci rimanda ai tragici eventi che si svolsero durante il G8 di Genova del 2001 che si chiusero con la morte di Carlo Giuliani, la città messa a ferro e fuoco da una piccola minoranza di violenti e black block e lo squallido assalto guidato dalla polizia contro chiunque si trovasse a dormire all'interno della scuola Diaz. Il film si riferisce fedelmente a quanto riportato nel dispositivo della Corte d'Appello le cui decisioni sono state confermate dalla Cassazione ma buona parte delle pene si erano ormai estinte o per la prescrizione o per l'indulto. E' rimasta l'interdizione ai pubblici uffici per 5 anni. Sembra però davvero poco e sono stati troppo pochi a pagare tra coloro che hanno scritto una delle pagine più nere e buie della nostra democrazia. Botte da orbi (la famosa macelleria messicana di cui si parlò in seguito), umiliazioni di ogni genere specialmente quando alla povera ragazza già picchiata e spogliata in precedenza viene addirittura negato un assorbente e le viene tirata addosso una palla di giornale. Che orrore vedere che nostri connazionali si sono macchiati di atti che solo nelle peggiori dittature avevamo visto; è stato come se per una notte la democrazia fosse stata sospesa e ci trovassimo in uno stato di polizia. Ragazzi con le chitarre, anziani, persone che sarebbero dovute ripartire all'indomani si sono ritrovati vittime di un pestaggio generalizzato quando ormai l'esiguo gruppo dei black block se ne era andato e un paio di rappresentanti erano rinchiusi in un bar. Certo c'è la poliziotta che fa qualche domanda, un altro che ferma ormai tardivamente il pestaggio ma è davvero troppo poco. E che dire del poliziotto che dopo i pestaggi come se nulla fosse chiama a casa e si lamenta perchè fa troppo caldo. La gestione del G8 fu un disastro che peraltro serviva solo a Berlusconi come specchietto delle allodole senza dimenticare quanti comuni cittadini videro devastate le proprie auto o i propri negozi; insomma un movimento di giovani rovinato da un gruppo di facinorosi. Undici anni per avere una sentenza definitiva ma purtroppo come (troppo) spesso avviene in Italia la sensazione è quella che tutto o quasi si sia risolto a tarallucci e vino senza neanche la briga di attivare almeno una commissione parlamentare. Una notte buia della democrazia italiana raccontata davvero alla grande da Vicari supportato da un ottimo cast. Insomma un bel film di impegno civile che speriamo possa rilanciare un po' il genere per sollecitare qualche coscienza.
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stef82
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domenica 20 maggio 2012
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diaz: una notte di sangue
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Quando nel luglio del 2001 la città di Genova e i genovesi ospitarono il 27° forum delle potenze mondiali più industrializzate, nessuno poteva immaginare che di lì a poco si sarebbe scritta una delle pagine più tristi del “belpaese”.
Tra le 22 e le 24 di quella maledetta notte, quando ormai il G8 era finito, il VI reparto mobile della Polizia di Stato irruppe all’interno della Scuola Diaz, sede del Genoa Social Forum e covo, a detta loro, dei black block, consumando quella che in seguito venne ribattezzata “la macelleria messicana”.
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Quando nel luglio del 2001 la città di Genova e i genovesi ospitarono il 27° forum delle potenze mondiali più industrializzate, nessuno poteva immaginare che di lì a poco si sarebbe scritta una delle pagine più tristi del “belpaese”.
Tra le 22 e le 24 di quella maledetta notte, quando ormai il G8 era finito, il VI reparto mobile della Polizia di Stato irruppe all’interno della Scuola Diaz, sede del Genoa Social Forum e covo, a detta loro, dei black block, consumando quella che in seguito venne ribattezzata “la macelleria messicana”.
La storia, invece, narra che tra quelle mura c'erano studenti, giornalisti, turisti e anche un anziano. La storia narra che degli innocenti vennero presi a calci, a pugni e a manganellate senza opporre alcuna resistenza con le mani giunte a proteggersi la testa inermi di fronte alla massima espressione della violenza umana. La storia narra che 93 persone quel 21 luglio vennero private di qualsiasi diritto umano in una società considerata civile.
L'occhio della telecamera ci mostra i fatti senza inutili politicismi e lo fa attraverso varie angolazioni avvicinando lo spettatore ai diversi punti di vista, penetrandone la coscienza per poi colpirlo violentemente fin dentro lo stomaco.
Un film dove l’unico protagonista è il sangue sgorgato inutilmente tra urla terrorizzate e pianti sommessi, in cui ogni scena si racconta con sincerità e purezza in un continuo flashback di avvenimenti che permette allo spettatore di mettere insieme i pezzi con semplicità e commozione.
Questo grazie all'assoluta lucidità e abilità del regista Daniele Vicari che non usa mai l’obiettivo in modo improprio prediligendo un avvenimento piuttosto che un altro, ma distribuisce le raffigurazioni con misura ed equilibrio scegliendo di dedicarsi al coro piuttosto che al solista e riuscendo, a mio parere, in modo eccellente nella difficile missione di raccontare eventi di storia recente, di cui ancora è vivo il ricordo nelle menti della collettività.
L’unico neo, a mio parere è l’identità dei responsabili di questo massacro che nel film sfilano uno ad uno senza che venga dato conto di nomi e cognomi. Probabilmente anche in questo caso si è voluta concentrare l’attenzione non sulla politica ma sui fatti. Vero altresì è che, pur in accordo con la scelta di viaggiare lontano da facili giudizi politici, questo elemento forse avrebbe fornito un quadro più esaustivo dell’accaduto.
Per questa ragione consiglio a chiunque voglia vedere questo film di integrare il racconto con filmati e articoli presenti nella rete.
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annar.
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domenica 22 aprile 2012
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mondo capovolto
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Questo film racconta e svela una storia: la nostra storia. Questa volta l'impatto è più che mai diretto, impatto che stimola un'intensa riflessione su verità, valori ormai quasi totalmente stravolti, poichè quello nostro è un vero e proprio "mondo capovolto", in cui giustizia e verità si dissolvono gradualmente, non trovando più spazio in un mondo, spesso, così asfissiante. Questo film svela le contraddizioni di una società, in cui odio e ingiustizia si riversano contro chi meriterebbe soltanto rispetto e gratitudine; ingiustizia contro chi lotta quotidianamente anche per coloro che preferiscono limitarsi al solo giudizio, senza una minima ricerca delle cause, generanti simili effetti.
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Questo film racconta e svela una storia: la nostra storia. Questa volta l'impatto è più che mai diretto, impatto che stimola un'intensa riflessione su verità, valori ormai quasi totalmente stravolti, poichè quello nostro è un vero e proprio "mondo capovolto", in cui giustizia e verità si dissolvono gradualmente, non trovando più spazio in un mondo, spesso, così asfissiante. Questo film svela le contraddizioni di una società, in cui odio e ingiustizia si riversano contro chi meriterebbe soltanto rispetto e gratitudine; ingiustizia contro chi lotta quotidianamente anche per coloro che preferiscono limitarsi al solo giudizio, senza una minima ricerca delle cause, generanti simili effetti. Il film mostra gli sforzi necessari per mostrare a tutti la vera storia di un popolo dominato dalla classe dominante, in cui vige repressione e condanna da parte di un apparato burocratico, più che mai, asservito ad uno Stato che cerca, quotidianamente, di annebbiare le nostre menti.
Un tale odio soltanto per un incontro di 8 leader, che dovrebbero garantire gli interessi di un popolo da cui sono stati eletti, ma che cercano di fuggire,o nel peggior dei casi di soffocare. Ci si è mai posti la domanda: chi sono questi tanto crudeli Black Bloc? Si tratta di ragazzi universitari che non riescono più a scorgere uno spiraglio in una realtà così buia, la cui sofferenza si tramuta in odio, affinchè termini definitivamente questo stupido dominio dell'uomo sull'uomo.
Durante la visione del film speravo in una chiusura delle scene a causa di un realismo, così crudo e violento, da riempire d'odio i miei occhi.
Tuttavia una visione necessaria e utile a far rivivere nella propria mente una storia, destinata, in caso contrario, ad essere dimenticata, o peggio ancora accettata nonostante si tratti delle nostra storia.
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n.j di girolamo
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mercoledì 13 giugno 2012
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il primo film sulla strage della scuola diaz
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21 Luglio 2001 Genova , tra le 22 all'interno di una scuola Diaz entrano migliaia di celerini e massacrano questi ragazzi . Nella scuola ci sono giornalisti , studenti , stranieri e civili . Questa è stata una decisione dello stato e tutti i diritti democratici sono stati calpestati.
é una film da impegno civile , bello , drammatico , crudele e ci fa vedere molte scene che non sono state girate ma prese da youtube . Il film è come se è diviso in episodi e diviso a pezzi cioè le storie di ciascuno e quando finisce il pezzo di qualcuno fanno sempre rivedere la scena della bottiglia lanciata contro una volante. Protagonista è Jennifer Ulkrich che fine adesso non la conoscevo ma ora so che brava attrice che è , c'è Claudio Santamaria celerino non come tutti gli altri , Alessandro Roja nella parte di un celerino cattivissimo , Elio Germano nella parte di un giornalista.
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21 Luglio 2001 Genova , tra le 22 all'interno di una scuola Diaz entrano migliaia di celerini e massacrano questi ragazzi . Nella scuola ci sono giornalisti , studenti , stranieri e civili . Questa è stata una decisione dello stato e tutti i diritti democratici sono stati calpestati.
é una film da impegno civile , bello , drammatico , crudele e ci fa vedere molte scene che non sono state girate ma prese da youtube . Il film è come se è diviso in episodi e diviso a pezzi cioè le storie di ciascuno e quando finisce il pezzo di qualcuno fanno sempre rivedere la scena della bottiglia lanciata contro una volante. Protagonista è Jennifer Ulkrich che fine adesso non la conoscevo ma ora so che brava attrice che è , c'è Claudio Santamaria celerino non come tutti gli altri , Alessandro Roja nella parte di un celerino cattivissimo , Elio Germano nella parte di un giornalista. Il film è stato interamente in Romania a Bucarest , ho passato 2h ottime a vedere un film bellissimo con una regia stupenda , colonna sonora ottima e un montaggio mozzafiato . Questo film è anche un po' alla Francesco Rosi o a Costa-Gravas . Vicari è stato bravissimo a raccontare una storia di sangue e difficile a ripercorrere i fatti accaduti. Per il regista è stato un progetto rischioso ma alla fine è venuto un quasi-capolavoro
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tanus78
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mercoledì 24 ottobre 2012
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meno male che è stato fatto
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Un film di questo tipo, un film dannatamente importante per la nostra storia recente, non può che essere anche un film politico. "Politico" nel dare almeno una parziale chiave di lettura politica dei fatti al di là della semplice cronaca dei "fatti". Invece no. La polemica è contestuale al lancio e aiuta (com'è ovvio) la pubblicità. Regia e produzione (san Procacci, meglio lui che niente) si difendono contro gli attacchi degli Agnoletto che li accusano di non aver fatto chiaramente i nomi dei Fini dell'epoca.
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Un film di questo tipo, un film dannatamente importante per la nostra storia recente, non può che essere anche un film politico. "Politico" nel dare almeno una parziale chiave di lettura politica dei fatti al di là della semplice cronaca dei "fatti". Invece no. La polemica è contestuale al lancio e aiuta (com'è ovvio) la pubblicità. Regia e produzione (san Procacci, meglio lui che niente) si difendono contro gli attacchi degli Agnoletto che li accusano di non aver fatto chiaramente i nomi dei Fini dell'epoca. Ma dobbiamo essere obiettivi: siamo mica negli USA o in Europa dove in un'opera dell'ingegno puoi fare i nomi dei leader ancora in giro? No, siamo in Italia e ai Fini di allora non corrispondono gli istituzionali Fini di oggi, terze cariche dello stato.
Questo film è quasi un docu-film, pesantemente scandito dai colpi dei manganelli e dalle grida delle vittime. Lo Stato appare vero, inetto e cattivo. E' rappresentato non dalle istituzioni (per le ragioni di cui sopra) ma dalla più bassa manovalanza, dalla carne da cannone allevata nella cattività delle caserme e priva di qualsiasi lume. Compare, quasi timidamente, anche lo strato burocratico, quello dei funzionari truffaldini e conniventi, meschine figure ma sempre là stanno se non più sù. Fastidiosa ma necessaria al "romanzo" è la figura del poliziotto buono, il Fournier-Santamaria. Luci della ribalta anche per la Polizia Penitenziaria, increduli dal potersi baloccare con i "sovversivi". Infine, per essere anche noi retorici, si può dire che questo film può non essere valutato come tale, deve bastargli l'immenso merito di esistere e di far parlare di sé. Alle tante, troppe teste "pensanti" che costituiscono la domanda dell'industria culturale italiana questo film andrebbe semplicemente imposto, magari con l'utile precisazione che si tratta di fatti veri. Così, tanto per ricordare che la Costituzione è scritta su carta e che la carta, se la maltratti non serve a nulla.
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lindo
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mercoledì 26 settembre 2012
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coscienza pulita
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perchè vedere il film?
perchè ti inchioda al divano e se non conosci bene la storia, quì ti viene spiegata in maniera ABBASTANZA fedele alla realtà.. ABBASTANZA NON DEL TUTTO.
non aggiungo altro sul film, comunque spendo 2 parole in più:
leggendo le varie critiche prima della visione, ero indeciso se vederlo, mi sono fatto coraggio dicendomi "vedilo così potrai giudicare anche tu chi critica".
ecco cio' che mi ha lasciato, premetto che sta scrivendo un uomo di 38 anni, che nella sua vita è passato da tifoso da stadio, manifestante di protesta a celerino, attualmente faccio tutt'altro, sia nella vita privata che nel lavoro.
si tende sempre a dare una colpa alla destra o alla sinistra, dicendo che le forze dell'ordine sono fasciste.
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perchè vedere il film?
perchè ti inchioda al divano e se non conosci bene la storia, quì ti viene spiegata in maniera ABBASTANZA fedele alla realtà.. ABBASTANZA NON DEL TUTTO.
non aggiungo altro sul film, comunque spendo 2 parole in più:
leggendo le varie critiche prima della visione, ero indeciso se vederlo, mi sono fatto coraggio dicendomi "vedilo così potrai giudicare anche tu chi critica".
ecco cio' che mi ha lasciato, premetto che sta scrivendo un uomo di 38 anni, che nella sua vita è passato da tifoso da stadio, manifestante di protesta a celerino, attualmente faccio tutt'altro, sia nella vita privata che nel lavoro.
si tende sempre a dare una colpa alla destra o alla sinistra, dicendo che le forze dell'ordine sono fasciste.. vergonatevi..io ci sono stato e non sono fascista, la maggior parte dei miei colleghi, erano quasi tutti di sinistra..ora lo dico io..BRAVI QUELLI DI SINISTRA!!!
1 gridare "a morte la PS", non giustifica comunque i manifestanti.
2 tirare un'estintore su una camionetta della PS, è da incivili.
3 sparare a chi tira un'estintore, è da mentecatti nonchè malati di superomismo.
4 ribaltare auto, rompere negozi, distruggere una città, è da incivili delinquenti.
5 entrare in una scuola e massacrare gente, è un insulto ai diritti UMANI.
6 creare tafferugli e disordino contro le forze dell'ordine, per poi nascondersi e far incolpare gente innocente, è da vigliacchi e falsi insurrezionalisti.
7 picchiare le donne è da deboli. vergognatevi.
8 lottare contro il sistema in maniera violenta, porta solo scompigli e disastri.
ad ogni azione, corrisponde una reazione.
se mi ferma un poliziotto ed io gli sputo in faccia, lui mi prende a manganellate.
se vado allo stadio ed invece di vedere la partita penso a tirare bottiglie ai poliziotti, loro mi prendono a manganellate.
se vado a manifestare pacificamente, ma poi mi prudono le mani e comincio a spacacre tutto, mi prendono a manganellate.
voi penserete: questo sta dalla parte della polizia!
no..io sto dalla parte della ragione dato che ho vissuto in PIENO LE 2 REALTA'.
perchè giustificate i manifestanti e condannate i poliziotti o carabinieri?
perchè invece di andare a ropère i coglioni in giro spaccando una città, non vi comportate in maniera civile così i polizziotti non agitano i loro manganelli del cazzo e non si sentono dei superuomini.
nessuno ci obbliga a non manifestare o a non andare allo stadio, facciamolo ma in maniera civile, se poi il poliziotto o il carabiniere continua ad agitare il manganello, allora è un'altro paio di maniche.
attenzione, le forze dell'ordine non caricano senza un'ordine ben preciso, lo avete visto in ACAB e in DIAZ, che poi escono fuori dai gangheri con la violenza è un'altro paio di maniche.
per concludere, condanno tutti senza distinzione di ruolo, in primis me, come ex attivista e come ex poliziotto.. fatelo anche voi con voi stessi e le cose sicuramente cambieranno per tutti.
senza offesa per nessuno, mi sono un po' roto i coglioni di tutta questa ipocrisia.
grazie
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luca scial�
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mercoledì 17 ottobre 2012
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operazione verità sui fatti del diaz
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Genova, luglio 2001. E' in corso il G8 e la città viene messa ferro e fuoco dai Black block. La polizia si scaglia però sui manifestanti inermi e pacifici e come non bastasse massacra la notte del 21 luglio alla scuola Diaz i ragazzi che vi stavano passando la notte. Convinti che fossero Black block.
Dopo alcuni film minori d'impegno sociale, Daniele Vicari alza l'asticella e gira un film sui fatti consumatisi al Diaz la notte del 21 luglio. Tutto è riportato nel dettaglio, ogni goccia di sangue. Quel sangue che non dovrà essere lavato al fine di ripristinare la verità. Una verità che solo dopo dieci anni è stata portata alla luce, con la sentenza della Cassazione.
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Genova, luglio 2001. E' in corso il G8 e la città viene messa ferro e fuoco dai Black block. La polizia si scaglia però sui manifestanti inermi e pacifici e come non bastasse massacra la notte del 21 luglio alla scuola Diaz i ragazzi che vi stavano passando la notte. Convinti che fossero Black block.
Dopo alcuni film minori d'impegno sociale, Daniele Vicari alza l'asticella e gira un film sui fatti consumatisi al Diaz la notte del 21 luglio. Tutto è riportato nel dettaglio, ogni goccia di sangue. Quel sangue che non dovrà essere lavato al fine di ripristinare la verità. Una verità che solo dopo dieci anni è stata portata alla luce, con la sentenza della Cassazione. Ma ormai tutti i protagonisti al negativo hanno proseguito le proprie carriere in modo indisturbato.
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