The Artist |
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Un film di Michel Hazanavicius.
Con Jean Dujardin, Bérénice Bejo, John Goodman, James Cromwell, Penelope Ann Miller.
continua»
Drammatico,
durata 100 min.
- Francia 2011.
- Bim Distribuzione
uscita venerdì 9 dicembre 2011.
MYMONETRO
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Un film delizioso
di Hal9001Feedback: 123 | altri commenti e recensioni di Hal9001 |
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venerdì 20 gennaio 2012 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
C'è una scena che mi è parsa magistrale nel bel film di Hazanavicius. Peppy Miller, ben interpretata da Berenice Bejo, viene intervistata da un giornalista che le chiede quali siano le principali differenze tra il cinema muto e quello sonoro, appena comparso nelle sale cinematografiche. Peppy "risponde" che col sonoro non è più obbligata a enfatizzare la sua recitazione, che non deve più interpretare scene di dolore, di gioia o di meraviglia troppo cariche come succedeva nei film muti perché la parola rende più naturale e fluida l'espressione delle emozioni. Per rendere bene il concetto simula un tipico atteggiamento da film muto, l'attrice affranta che rappresenta la disperazione in modo plateale con un braccio che copre il volto e l'altro abbandonato lungo un fianco. Ma lo fa all'interno di un film muto, con le didascalie che sostituiscono il parlato. "The artist" è un film tutto giocato su questo giocoso paradosso: non è un'opera "sul" periodo del cinema muto, ma un film che celebra l'avvento del sonoro riproponendo le caratteristiche, lo stile, i ritmi e le mitologie del cinema muto. Allo stesso tempo, "The artist" è la storia di un rapporto di amicizia e solidarietà tra i due protagonisti. Valentin, stella del cinema in decadenza perché non vuole accettare le nuove regole del sonoro, viene riscattato dall'attrice emergente che ha contribuito casualmente a lanciare. Il film rappresenta questa traiettoria con lo stesso studiato candore e con quella apparente ingenuità propria dei film dell'epoca. Mi sono venuti in mente echi dei film di Chaplin e Buster Keaton, in cui uno sguardo, un sorriso, un'improvvisa risata dischiudevano interi universi di significati e sostenevano l'immedesimazione del pubblico. Il film di Hazanavicius è qualcosa di più di un gioco raffinato o di una rivisitazione: è una metafora sulla potenza delle immagini e dei sentimenti e sul loro rapporto complesso con la parola, due sorgenti di significati che ormai consideriamo fusi e integrati insieme ma che, agli albori del cinema, trovavano la loro unità nel gesto, nell'espressione mimica, nella gag e nel linguaggio del corpo.
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