Il gioiellino |
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Un film di Andrea Molaioli.
Con Toni Servillo, Remo Girone, Sarah Felberbaum, Lino Guanciale.
continua»
Drammatico,
durata 110 min.
- Italia, Francia 2011.
- Bim Distribuzione
uscita venerdì 4 marzo 2011.
MYMONETRO
Il gioiellino
valutazione media:
2,88
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Una grande fotografiadi gianmarco.diromaFeedback: 7173 | altri commenti e recensioni di gianmarco.diroma |
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mercoledì 9 marzo 2011 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Il grande del merito de Il gioiellino è da attribuire (oltre alla direzione di attori tutti perfettamente nella parte) alla fotografia di Luca Bigazzi: una fotografia capace di dare corpo ed anima ad interni che apparentemente sembrerebbero certo ricchi, ma soprattutto solidi, per i valori che vorrebbero rappresentare, ma che invece sono luogo di nefandezze di cui solo i più abili speculatori finanziari (come il personaggio di Ernesto Botta, interpretato neanche a dirlo da un grande e sempre più istrionico Toni Servillo, che ancora una volta rasenta la maniera) sono capaci. Ecco allora come la figura del Patron Rastelli (Remo Girone) assuma man mano che la storia procede verso il basso di una morale in cui anche inventarsi i soldi è lecito pur di sopravvivere nell'arena del capitalismo che conta, assuma delle connotazioni fisiche quasi mostruose, che i suoi atteggiamenti di premura verso la comunità in cui vive (bellissima la carrellata dall'alto per le strade di una ricca provincia dell'Emilia mentre lui, con la moglie, stringe le mani dei passanti) non fanno che accentuare per una sorta di legge del contrappasso: tanto più il Rastelli, colui che ha saputo trasformare un piccolo salumificio in una grande azienda quotata in borsa a livello internazionale, cerca di rimanere un punto di riferimento per la provincia in cui vive, tanto più cresce il senso di spaesamento dell'azienda a cui è a capo, incapace di sostenere la continua mancanza di liquidità. Questo perché il latte (un alimento simbolo del Secondo Dopoguerra) non garantisce quel giro di contatti e di relazioni che unite al possesso di un giornale, di una squadra e di una banca, stanno alla base del capitalismo d'inizio secolo. Da questa disparità di mezzi, prende avvio il genio malefico del Botta, che con la sua cecità, si dimostra incapace di guardare in faccia la realtà, di capire come Leda sia un'azienda destinata a soccombere se non intenzionata a snaturare la sua stessa anima in nome di un capitalismo spersonalizzato in cui gli alimenti smettono di essere tali per diventare semplici brand alla mercé del mercato azionario.
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