Shame |
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Un film di Steve McQueen (II).
Con Michael Fassbender, Carey Mulligan, James Badge Dale, Nicole Beharie, Hannah Ware.
continua»
Drammatico,
durata 99 min.
- Gran Bretagna 2011.
- Bim Distribuzione
uscita venerdì 13 gennaio 2012.
- VM 14 -
MYMONETRO
Shame
valutazione media:
3,46
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Gli integratidi gianmarco.diromaFeedback: 7173 | altri commenti e recensioni di gianmarco.diroma |
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sabato 10 novembre 2012 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
4 stelle invece di 5, solamente perché Steve McQueen, forse perché proviene dalla videoarte, quindi amando a tratti forse più la forma che la sostanza della bellissima storia che sta raccontando, contribuisce ad avvalorare ulteriormente un'affermazione contenuta ne "L'illusione difficile" di Federco di Chio: "Sempre più, insomma, le storie sono occasioni di smarrimento e non più guide per affrontare il caos". Gli integrati perché per chi abbia letto "Apocalittici e integrati" di Eco o chi, come me, ne conosca solo il titolo, potrebbe risultare "easy" leggere Shame come il complementare di Hunger. Complementare o speculare. Poco cambia. Il senso sta nel fatto che lì dove Hunger racconta la storia di un uomo che va incontro alla morte, martirizzando il proprio corpo, elevando il proprio corpo ad una causa (un verbo), affrontando il mondo senza compromessi, e per questo in chiave apocalittica, Shame parte e segna la via dell'integrazione silenziosa tra le "contorsioni" erotico-pornografiche del mondo, metafora di una condizione "shared & worldwide spread" che si propaga come un rizoma tra "case per uomini fieramente soli" e camere di alberghi affacciati sull'Hudson che non a caso di nome fanno Standard. La sequenza iniziale (quella che dal titolo di testa che compare lì sul letto dove il corpo nudo del protagonista principale poggiava un attimo prima, passa tra le folle della metro di New York, tra donne che pur di essere richiamate da Brandon lasciano messaggi sconcertanti ma che alla fine strappano anche un sorriso in segreteria del tipo "ho un cancro, mi rimane una settimana di vita", tra occhi che tra le folle che affollano la metro di New York s'incontrano e non riescono più a mollarsi) rivela tutta la forza e la bravura di McQueen. Una forza che non perde di vigore nel corso del racconto, ma che semplicemente si disperde. Non perdita bensì dispersione. Dispersione nel mondo. Citando ancora di Chio, "messa in crisi della chiusura". Il film infatti non ha una chiusura, e per assurdo è un film tremendamente romantico. Romantico per come romantico era uno come Franz Schubert: romantico nel senso che il tema (musicale) non viene sviluppato (la forma sonata beethoviana), ma rimane su sé stesso, implode (come l'Incompiuta proprio di Schubert), rimane (nonostante l'alta fattura registica) materia grezza piegata, ripiegata su sé stessa che non diventa mai prodotto finito, ma che viene esposta così com'è. Come una colata di cemento esposta in una teca cercando di preservarne la caduta originaria. Nulla a che fare con Pollock però, perché di sicuro il corpo di Fassbender non è un corpo che balla, forse di più... le sculture di Medardo Rosso!
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