Non faccio commenti sulla politica italiana». Così Tom Reeve, regista di Holy Water, evita a Roma la scivolosa domanda su sesso e potere che aleggia nell'aria dal primo minuto dell'incontro. Troppo pruriginoso il tema del film, una commedia indipendente che gira intorno al furto di un prezioso carico di Viagra, troppo invitante la location scelta per presentarlo alla stampa: un bel salone nella centralissima via delle Quattro Fontane, proprio là dove nel novembre 2009 Patrizia D’Addario presentò il libro scandalo "Gradisca Presidente". «She is an escort», spiega con un leggero imbarazzo all'ospite inglese la traduttrice, dopo il primo accenno alle vicende di Arcore. E Reeve, imperturbabile, commenta: «Di Berlusconi non parlo. Posso solo dire che non si è mai troppo vecchi per usare il Viagra».
Ambientato in Irlanda ma girato nel sud ovest dell’Inghilterra «per motivi fiscali ed estetici – dice Reeve – perché solo in Inghilterra si trovano villaggi così brutti», il film non si sarebbe avvalso del contributo economico della Pfizer, la casa farmaceutica delle pillole blu. «La Pfizer si ritiene una casa adulta e avviata e sostiene che i medicinali che produce siano esclusivamente per uso medico, non ricreativo. Non ci hanno finanziati, ma non hanno nemmeno interferito con le riprese». E dire che il film, costruito intorno agli effetti quasi miracolosi del Viagra, aveva fatto gola ad altre industrie concorrenti: «Ho detto di no a tutti, nonostante mi avessero offerto soldi. A livello commerciale mi conveniva usare il nome Viagra, perché immediatamente riconoscibile».

Tra film americani e politica italiana
Dagli avversari americani, come Amore e altri rimedi, Reeve prende le distanze: «Il senso dell’umorismo europeo è diverso da quello americano, e questo fatto emerge nel caso dei remake. Rifare qualcosa che in passato ha funzionato è una soluzione più sicura, rispetto a inventare qualcosa di nuovo. Ma non è detto che venga bene». Il Viagra, però, è l’inevitabile tormentone della giornata. Difficile parlare d’altro. In conferenza volano battute, risolini, Reeve rimane impassibile anche quando nel salone entra fra gli applausi un uomo travestito da pillola blu, calzamaglia colorata e nuvola di gommapiuma intorno al corpo. «Lo vogliamo mandare ad Arcore», si sbilancia il distributore. Reeve si guarda intorno, leggermente smarrito. Il suo film in Inghilterra non è andato benissimo («Siamo usciti insieme ad Avatar, che potevamo fare?»), e per il lancio nel nostro paese è disposto ad affrontare con fair play anche il folkore. A fine conferenza la pillolona vivente gli ruba persino la scena. Le signore vogliono una foto con lui, c’è chi gli chiede un autografo. Dentro la pillola c’è Riccardo, un ragazzo siciliano di 28 anni. È laureato in scienze della comunicazione e sogna di fare teatro, è un precario e questo è il primo lavoro che ha trovato a Roma. Da due giorni promuove il film mascherandosi da pillola di Viagra: «Ieri quelli di "Striscia la Notizia" mi hanno portato a intervistare i politici - dice – Berlusconi? non sono riuscito a parlarci. Ho provato ad avvicinarmi, mi hanno portato in caserma».