raffy
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mercoledì 17 gennaio 2007
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muccino troppo stelle e strisce
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La storia è di quelle che stuzzicano le corde dell’emotività. Stavolta non ci sono coppie in crisi, famiglie allo sfascio, turbe giovanili o di eterni adolescenti. Ci sono un uomo e il suo bambino, e il sogno di un futuro migliore (ovvero più ricco) per entrambi. “E’ stata l’idea che fosse uno straniero a raccontare l’american dream a convincere la Columbia a scegliermi”, confessa Muccino. In lizza c’erano 39 registi, tutti “born in Usa” e così il regista italiano ha giocato l’unica carta a sua disposizione, rivelatasi poi vincente. Eppure il punto di vista “esterno” sembra perdersi in una storia dai ritmi e dai contenuti marcatamente americani, anche se Muccino ammette di essersi ispirato (“anzi, in qualche punto ho proprio copiato”) al neorealismo italiano di De Sica e Zavattini.
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La storia è di quelle che stuzzicano le corde dell’emotività. Stavolta non ci sono coppie in crisi, famiglie allo sfascio, turbe giovanili o di eterni adolescenti. Ci sono un uomo e il suo bambino, e il sogno di un futuro migliore (ovvero più ricco) per entrambi. “E’ stata l’idea che fosse uno straniero a raccontare l’american dream a convincere la Columbia a scegliermi”, confessa Muccino. In lizza c’erano 39 registi, tutti “born in Usa” e così il regista italiano ha giocato l’unica carta a sua disposizione, rivelatasi poi vincente. Eppure il punto di vista “esterno” sembra perdersi in una storia dai ritmi e dai contenuti marcatamente americani, anche se Muccino ammette di essersi ispirato (“anzi, in qualche punto ho proprio copiato”) al neorealismo italiano di De Sica e Zavattini. Ma se questo è vero per alcune scene (come quella tra barboni di San Francisco, tutti “veri” homeless), non lo è per i sentimenti, incorniciati dallo slogan tipicamente stelle e strisce del “Non permettere a nessuno di dirti che non sai fare qualcosa. Proteggi il tuo sogno”. All’happy end (dove “happy” equivale a un lavoro da broker in un ufficio di esagitati che urlano, scarabocchiano e inseguono numeri sui monitor) si arriva per sfinimento, dopo una lunga, troppo lunga, serie di cinici, troppo cinici, scherzi del destino. A ripagare l’attesa, la felicità che esplode negli occhi di Smith alla fine del film, un momento liberatorio per tutti.
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sognatore
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domenica 21 gennaio 2007
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i sogni aiutano a vivere
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Ho visto il film e l'ho trovato godibile eppure mi ha lasciato qualche dubbio. Dalle varie recensioni che ho letto mi pare che a molti sia sfuggito un particolare importante:il protagonista afferma, in vari momenti, il valore assoluto del sogno, bene prezioso da inseguire e difendere. Ma è proprio questa difesa ad ogni costo che mi lascia perplesso, in quanto l'unico sogno preso in considerazione e quasi inserito in una riserva protetta, è quello di Gardner: che ne dite del sogno calpestato del vecchio che, credendo di avere tra la mani la macchina del tempo, desidera solo tornare indietro per poter vedere il mitico Jimi Hendrix che sfascia la sua chitarra e al quale il protagonista, spinto, d'accordo, dal bisogno primario di mangiare, strappa con violenza lo scanner, lasciandolo solo e urlante nella sua disperazione.
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Ho visto il film e l'ho trovato godibile eppure mi ha lasciato qualche dubbio. Dalle varie recensioni che ho letto mi pare che a molti sia sfuggito un particolare importante:il protagonista afferma, in vari momenti, il valore assoluto del sogno, bene prezioso da inseguire e difendere. Ma è proprio questa difesa ad ogni costo che mi lascia perplesso, in quanto l'unico sogno preso in considerazione e quasi inserito in una riserva protetta, è quello di Gardner: che ne dite del sogno calpestato del vecchio che, credendo di avere tra la mani la macchina del tempo, desidera solo tornare indietro per poter vedere il mitico Jimi Hendrix che sfascia la sua chitarra e al quale il protagonista, spinto, d'accordo, dal bisogno primario di mangiare, strappa con violenza lo scanner, lasciandolo solo e urlante nella sua disperazione.
O, ancora, il sogno implicito della moglie che sposandosi probabilmente pensava di vivere una serena vita coniugale con il proprio marito e il figlio, al quale è costretta a rinunciare (in maniera piuttosto sbrigativa e banale) per la violenta reazione del marito Chris.
O, infine, quando Gardner non esita a violare le regole per poter raggiungere il proprio scopo: una prima volta quando salta a piè pari i nomi della lista dei potenziali clienti e si precipita al primo nome (era stato chiaramente detto che gli stagisti dovevano scorrere la lista dal basso verso l'alto)e una seconda volta quando, visto il pericolo di rimanere senza stanza, sorpassa il disperato che lo precede in fila il quale, oltre a poter avere altrettante buone ragioni, aveva anche un diritto di fatto perchè stava in fila prima di lui.
Insomma, per realizzare il suo sogno, il protagonista non esita a calpestare i sogni e le aspirazioni altrui, si mostra sempre all'altezza dell'avido mondo del denaro, ci dice che l'obiettivo primario è l'agiatezza economica, mostrandosi un esempio ben riuscito di self made man americano, destinato ad entrare in quella tanto ambita high class che è "riuscito a lavorarsi" ben bene per raggiungere il proprio obiettivo.
Non c'è che dire: i sogni aiutano a vivere.
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marta
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lunedì 22 gennaio 2007
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muccino e il mito del self-made man
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Indubbiamente il rischio c'è, di insinuare quest'idea che ciò che è successo, non so con quali mezzi, al vero Chris Gardner sia possibile e non proprio alla portata di tutti ma certamente di quelli che hanno la famosa grinta, determinazione ecc: discorso che mi piace poco. Ciononostante, credo che Muccino superi questo rischio con le belle rappresentazioni della sofferenza di Chris e della sua lotta per la sopravvivenza, non chè con alcuni efficaci spaccati sociali sull'America reaganiana e non solo.E' chiaro che il suo intento è soprattutto raccontare una storia interessante e commovente e costruire un personaggio straordinario: e certamente ci riesce, con la sua consueta ablità tecnica, con una buona sceneggiatura e uno splendido attore protagonista - ma anche gli altri sono apprezzabi
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Indubbiamente il rischio c'è, di insinuare quest'idea che ciò che è successo, non so con quali mezzi, al vero Chris Gardner sia possibile e non proprio alla portata di tutti ma certamente di quelli che hanno la famosa grinta, determinazione ecc: discorso che mi piace poco. Ciononostante, credo che Muccino superi questo rischio con le belle rappresentazioni della sofferenza di Chris e della sua lotta per la sopravvivenza, non chè con alcuni efficaci spaccati sociali sull'America reaganiana e non solo.E' chiaro che il suo intento è soprattutto raccontare una storia interessante e commovente e costruire un personaggio straordinario: e certamente ci riesce, con la sua consueta ablità tecnica, con una buona sceneggiatura e uno splendido attore protagonista - ma anche gli altri sono apprezzabili, a cominciare dal bambino che solo adesso ho scoperto essere veramente suo figlio!
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supermfz
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martedì 23 gennaio 2007
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happyness = felicità pelosa?
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Ieri sera al cinema mi sono commosso come nn succedeva da tempo... E' un film che mi ha fatto riflettere, nella vita mi sono sempre chiesto come le persone possano diventare povere, sembra una domanda banale e scontata, sappiamo che esistono... ma nessuno forse si chiede come si possa diventare poveri, io forse parlo per me, ma vedendo "la ricerca della felicità" ho capito quanto possa essere possibile trovarsi in questa situazione, dai grandi sogni, come quello di Chris (Will Smith), trovarsi pian piano in una sconfitta, e cmq avere la forza e la costanza di crederci a risalire... noi essere umani abbiamo tante di quelle capacità che solo quando siamo alle strette e brancoliamo, ce ne capacitiamo di averle e troviamo così il modo di reagire, perchè una volta toccato il fondo + giù nn si va e con un colpo di reni e ooop si risale! Ma torniamo al titolo del film.
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Ieri sera al cinema mi sono commosso come nn succedeva da tempo... E' un film che mi ha fatto riflettere, nella vita mi sono sempre chiesto come le persone possano diventare povere, sembra una domanda banale e scontata, sappiamo che esistono... ma nessuno forse si chiede come si possa diventare poveri, io forse parlo per me, ma vedendo "la ricerca della felicità" ho capito quanto possa essere possibile trovarsi in questa situazione, dai grandi sogni, come quello di Chris (Will Smith), trovarsi pian piano in una sconfitta, e cmq avere la forza e la costanza di crederci a risalire... noi essere umani abbiamo tante di quelle capacità che solo quando siamo alle strette e brancoliamo, ce ne capacitiamo di averle e troviamo così il modo di reagire, perchè una volta toccato il fondo + giù nn si va e con un colpo di reni e ooop si risale! Ma torniamo al titolo del film... quello che ci vuol insegnare questo film è che forse i soldi fanno la felicità? solo con i soldi si è felici? Quindi una felicità pelosa? Non pensate questo... il film nn si basa solo sul finale che alla fine si risolve tutto e si è felici e contenti, ma quello che vuole mostrare in primis, è l'inseguire e il conquistare della felicità... il percorso che si ha a raggiungerla, il continuo osare provare... mettersi alla prova, cadere, rialzarsi, è questo che l'abile Muccino ci ha fatto capire! Da nn perdere
Daniele BG
supermfz - 23/01/2007
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travis
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martedì 23 gennaio 2007
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“italia..si!”
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L’attesissima opera prima oltreoceano del “nostro” Muccino è riuscita a risvegliare il senso patriottico dei nostri spettatori. È vero che si tratta di una storia ambientata negl’USA, è vero che affronta un tema tanto caro agli americani ed è anche vero che l’interprete Will Smith incarna alla perfezione nei modi e nei desideri il popolo statunitense, tuttavia la storia è narrata con piglio meno senzazionalistico, più emotivo e partecipato, pervaso da quella sana italianità che a volte non ritroviamo neppure nelle più blasonate produzioni nostrane.
All’inizio del film la prima sensazione è stata quella di cominciare ad assistere all’ennesima storia prevedibile che in un crescendo di banalità avrebbe portato il protagonista al successo, in realtà, nonostante una storia abbastanza lineare, la grande capacità del film sta nel coinvolgere continuamente lo spettatore facendolo sentire partecipe delle disavventure del protagonista fino a condividere con lui il successo ottenuto.
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L’attesissima opera prima oltreoceano del “nostro” Muccino è riuscita a risvegliare il senso patriottico dei nostri spettatori. È vero che si tratta di una storia ambientata negl’USA, è vero che affronta un tema tanto caro agli americani ed è anche vero che l’interprete Will Smith incarna alla perfezione nei modi e nei desideri il popolo statunitense, tuttavia la storia è narrata con piglio meno senzazionalistico, più emotivo e partecipato, pervaso da quella sana italianità che a volte non ritroviamo neppure nelle più blasonate produzioni nostrane.
All’inizio del film la prima sensazione è stata quella di cominciare ad assistere all’ennesima storia prevedibile che in un crescendo di banalità avrebbe portato il protagonista al successo, in realtà, nonostante una storia abbastanza lineare, la grande capacità del film sta nel coinvolgere continuamente lo spettatore facendolo sentire partecipe delle disavventure del protagonista fino a condividere con lui il successo ottenuto. Ed è proprio nell’ultima parte del film, in quel frangente di vita del protagonista chiamato “felicità” che regia e interpretazione danno il meglio di sé. Riescono a rendere speciale il momento in cui Smith raggiunge la meta tanto ambita; una attimo, una frazione di secondo dove l’emozione è tanta e tale che sembra quasi scoppiare dentro al protagonista, inaspettatamente invaso da un’onda di felicità.
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pimpi
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sabato 27 gennaio 2007
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quale felicità?
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la ricerca della felicità....ma cos'è la felicità?quel piccolo ma intenso momento in cui Chris ottiene il lavoro, dopo un duro stage e dopo aver vissuto un'infinità di sfortunate vicissitudini; quel piccolo momento in cui Chris, non riuscendo a trattenere le lacrime, palesa la sua gioia. E' questa la felicità......Non è felicità ottenere un buon lavoro, ben retribuito, fruttoso di grandi capitali;è vero, l'ha sofferto quel lavoro, se l'è meritato. Ma dopo? cosa ci interessa del dopo. Dopo non viene necessariamente la felicità, i soldi non sono la felicità. E un uomo che perde la moglie, e un bimbo che perde la madre, diventano felici con l'arrivo della ricchezza?! E' bello il film, ma il titolo.
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la ricerca della felicità....ma cos'è la felicità?quel piccolo ma intenso momento in cui Chris ottiene il lavoro, dopo un duro stage e dopo aver vissuto un'infinità di sfortunate vicissitudini; quel piccolo momento in cui Chris, non riuscendo a trattenere le lacrime, palesa la sua gioia. E' questa la felicità......Non è felicità ottenere un buon lavoro, ben retribuito, fruttoso di grandi capitali;è vero, l'ha sofferto quel lavoro, se l'è meritato. Ma dopo? cosa ci interessa del dopo. Dopo non viene necessariamente la felicità, i soldi non sono la felicità. E un uomo che perde la moglie, e un bimbo che perde la madre, diventano felici con l'arrivo della ricchezza?! E' bello il film, ma il titolo... tutte le aspettative che ha creato (in parte) svaniscono con la frase scritta prima dei titoli di coda, facendo riferimento "ai milioni di dollari ottenuti dalla vendita di una quota minoritaria della società". Muccino bravo, però....
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rosy
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domenica 28 gennaio 2007
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troppo patetico
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La ricerca della felicità...ebbene si anche io ho visto quel film..pensavo fosse chissà cosa per la pubblicità che c'è stata e c'è tutt'ora ma a me personalmente non è piaciuto,era troppo patetico,troppo strappalacrime,troppi tempi morti!Io durante la proiezione del film a volte mi annoiavo troppo..era commovente e io non ci vado al cinema x demoralizzarmi tutta la durata del film come invece è stato...de gustibus non disputandum est....a voi l'ardua sentenza..
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(di savia)
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(di luckyluke)
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tacc
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lunedì 29 gennaio 2007
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un attimo, solo un attimo
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Di solito chi ha successo venendo dal basso e dopo una difficile, a tratti umiliante, gavetta è un personaggio insopportabile, sempre pronto a spiegare a tutti, anche a quelli che ne farebbero volentieri a meno, il segreto del suo successo.
Chris Gardner non sfugge a questa regola. E' solo un po' più simpatico e soprattutto ha un rapporto bellissimo col figlio, al quale infligge una vita stressante ed errabonda per inseguire il suo "sogno americano", che gratta gratta è sempre quello: fare soldi o avere successo, possibilmente esbtrambi, così il sogno è perfetto, è veramente "americano.
Il film nel complesso - se si toglie la fastidiosa voce narrante - è anche piuttosto gradevole, ma non riesce mai a decollare davvero.
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Di solito chi ha successo venendo dal basso e dopo una difficile, a tratti umiliante, gavetta è un personaggio insopportabile, sempre pronto a spiegare a tutti, anche a quelli che ne farebbero volentieri a meno, il segreto del suo successo.
Chris Gardner non sfugge a questa regola. E' solo un po' più simpatico e soprattutto ha un rapporto bellissimo col figlio, al quale infligge una vita stressante ed errabonda per inseguire il suo "sogno americano", che gratta gratta è sempre quello: fare soldi o avere successo, possibilmente esbtrambi, così il sogno è perfetto, è veramente "americano.
Il film nel complesso - se si toglie la fastidiosa voce narrante - è anche piuttosto gradevole, ma non riesce mai a decollare davvero. Non è insomma, come da taluni lo si vuol far passare, un capolavoro.
L'unico momento emozionante, che vale l'intero film, e che mi ha convinto alle tre stellette, è racchiuso nelle ultime scene, quelle in cui regista ed attore riescono a mostrarci la felicità. Che non è il sogno americano in senso stretto, ma qualcosa di molto più universale, qualcosa che provi solo quando senti la felicità scendere su di te.
E' l'urlo liberatorio, ma non hai voce. E' la voglia di volare, ma non hai ali.
Eppure riesci a fare entrambe le cose.
Con gli occhi, solo con gli occhi.
Capaci di esprimere e contenere tutta la gioia del mondo.
Che dura un attimo, forse di meno. Ma che ti resta nel cuore per tutta la vita.
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fabrizio81
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martedì 30 gennaio 2007
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agghiacciante
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Questo film è la favoletta di un nero nella S.Francisco del 1981 e del suo "sogno americano", al quale non credono più neanche gli americani stessi.E' "ispirata" ad una storia vera,quanto o in che modo non ci è dato saperlo. Il "sogno" consiste nel voler entrare a tutti i costi nel mondo dorato dei colletti bianchi per fare uno dei lavori più stressanti e brutti del mondo,il broker,soltanto perchè ne vede uno uscire felice dalla sua Ferrari mentre lui si deve sbattere tutti i giorni a vendere scanner ossei in giro per la città,con mille multe alla sua auto da pagare perchè parcheggia come un idiota. E' la favoletta di un uomo che nonostante viva in una grande città come S.Francisco,e non in un paesino,riesce guarda caso sempre a beccare il giorno dopo al parco o in strada il barbone o la hippie che gli ha rubato uno scanner.
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Questo film è la favoletta di un nero nella S.Francisco del 1981 e del suo "sogno americano", al quale non credono più neanche gli americani stessi.E' "ispirata" ad una storia vera,quanto o in che modo non ci è dato saperlo. Il "sogno" consiste nel voler entrare a tutti i costi nel mondo dorato dei colletti bianchi per fare uno dei lavori più stressanti e brutti del mondo,il broker,soltanto perchè ne vede uno uscire felice dalla sua Ferrari mentre lui si deve sbattere tutti i giorni a vendere scanner ossei in giro per la città,con mille multe alla sua auto da pagare perchè parcheggia come un idiota. E' la favoletta di un uomo che nonostante viva in una grande città come S.Francisco,e non in un paesino,riesce guarda caso sempre a beccare il giorno dopo al parco o in strada il barbone o la hippie che gli ha rubato uno scanner. E' la favoletta di un uomo al quale la moglie per telefono gli comunica che se ne sta andando di casa col figlioletto perchè non sopporta più quella vita,e lui che fa appena poggiata la cornetta??Pensa vaneggiando a Thomas Jefferson e a una bella frase che ha inserito nella Costituzione del suo Paese,cosa ovvia in una circostanza del genere no?? E' la favoletta di un NERO,sottolineo UN NERO,che nel 1981 si presenta sporco di vernice e in canottiera a un colloquio di lavoro presso una ricca azienda di Borsa e VIENE ASSUNTO!! (tra l'altro solo perchè uno dei soci dell'azienda lo ha visto il giorno prima risolvere in tempo record il cubo di Rubik!!). E' la favoletta di un uomo che nonostante sia sul lastrico e costretto quasi a contare i centesimi nel portafoglio,si DIMENTICA (sic) di pagare delle tasse sapendo a cosa si va incontro negli USA per una cosa del genere. E' la favoletta di un uomo che porta in giro il figlioletto come un pacco qualunque che, eccetto forse per la parte finale,non parla,non piange,non si lamenta,non fa domande...e fa rimpiangere tutti quei bei film con rapporto padre-figlio o adulto-bambino come Ladri di biciclette,o Un mondo perfetto,o La vita è bella,o il recente e stupendo Anche libero va bene. E' una favoletta che vorrebbe farci commuovere non per una scena-madre di un certo spessore,ma perchè lui alla fine viene assunto e scende piagnucolando in strada,lavorerà per una società incurante o addirittura causa delle file di homeless davanti ai dormitori pubblici,miserie che LUI STESSO ha conosciuto. E' una favoletta lodata,e Dio solo sa perchè,da quasi tutti i critici italiani eccetto rare eccezioni, i quali non hanno riproposto anche per questo film quelle stesse critiche riservate ad esempio a World Trade Center (buonismo,patetismo ecc...),a mio parere uno straordinario film. Non mi è parsa neanche così eccelsa l'interpretazione di Will Smith,che per buona parte del film non fa altro che correre..Probabilmente vincerà addirittura l'Oscar,ma un qualunque interprete preso a caso, ad esempio,da The Departed lo meriterebbe cento volte di più.
Insomma,un film davvero imbarazzante.
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[+] riflessione inconfutabile
(di lorenzo78)
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serendipity
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mercoledì 7 febbraio 2007
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la ricerca della felicità
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Curiosa di sapere se “La ricerca della felicità” fosse così bello come sostenevano i miei amici, venerdì sono andata a vederlo :-) .
Il film effettivamente è bello, bella la storia. Solo che alcuni punti mi son sembrati un pò lenti, pesanti. Forse era l’orario (lo spettacolo delle 22:30), forse il sonno, ma qualche sbadiglio c’è stato.
Un’altra cosa che non mi è piaciuta è stata l’esasperazione della sfortuna del protagonista, era già in una situazione terribile e fargli perdere due volte gli scanner ossei, che lui vendeva, fargli perdere la scarpa durante lo stage, dover dare gli unici suoi 5 dollari al “capo” per il taxi, mi son sembrate esagerazioni, lui era già messo malissimo di suo…
E poi, per chi l’ha visto, non so se avete notato la voce stridula, fastidiosa, della moglie !
Comunque, a parte queste considerazioni (personalissime) complimenti a Muccino per il suo primo film (successo) americano.
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Curiosa di sapere se “La ricerca della felicità” fosse così bello come sostenevano i miei amici, venerdì sono andata a vederlo :-) .
Il film effettivamente è bello, bella la storia. Solo che alcuni punti mi son sembrati un pò lenti, pesanti. Forse era l’orario (lo spettacolo delle 22:30), forse il sonno, ma qualche sbadiglio c’è stato.
Un’altra cosa che non mi è piaciuta è stata l’esasperazione della sfortuna del protagonista, era già in una situazione terribile e fargli perdere due volte gli scanner ossei, che lui vendeva, fargli perdere la scarpa durante lo stage, dover dare gli unici suoi 5 dollari al “capo” per il taxi, mi son sembrate esagerazioni, lui era già messo malissimo di suo…
E poi, per chi l’ha visto, non so se avete notato la voce stridula, fastidiosa, della moglie !
Comunque, a parte queste considerazioni (personalissime) complimenti a Muccino per il suo primo film (successo) americano. La sua impronta si vede, eccome. Le immagini scorrono lente e non sono frenetiche come di solito accade nel cinema made in USA, anche il colore delle immagini sembra diverso, si vede che è un film “mucciniano”.
Niente da dire sulla grande interpretazione di Will Smith. Davvero bravissimo e convincente, dai tempi de “Il principe di Bel Air” ne è passato di tempo, e si vede. Qui troviamo uno Smith maturo, straordinario nel ruolo di padre che nonostante le avversità non si piange addosso ma con grande dignità si dà da fare e non perde la speranza. Tenerissimo il bimbo protagonista che altri non è che il vero figlio di Will Smith.
Il film (una storia vera !) finisce con un lieto fine, non banale non scontato, ma meritato, della serie “alla fine i sacrifici ripagano”, e mostra uno dei pochi aspetti encomiabili della società americana : la meritocrazia, non importa chi sei e da dove vieni, ma se sei bravo MERITI di avere ciò per cui hai lottato.
Oltre ad un aspetto positivo, viene mostrato un aspetto NEGATIVISSIMO : la realtà degli Homeless, persone prive di tutto che fanno file di ore ogni giorno davanti ai ricoveri per avere un letto per la notte.
Questo mi ha colpito molto, il film lo evidenzia, ed è davvero triste come una società che si considera la migliore, la più democratica, non si faccia scrupoli a ridurre sul lastrico milioni di persone e a non far nulla per cercare di risollevarle, oltre un pasto e un letto al giorno, che peraltro non sono neanche sicuri per tutti.
Non mi vergogno di ammettere che alla fine del film qualche lacrima è scappata, lacrime di gioia per come quelle del protagonista che alla fine del film ce la fa :-D .
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