vanessa zarastro
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giovedì 25 settembre 2014
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il privato diventa pubblico
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Il film di Saverio Costanzo - considerato una stella nascente del cinema italiano - in un certo senso, può essere considerato metafora del conflitto Israelo-Palestinese. Sembrerebbe che una violenza – o forse una violazione - privata spinga a un’escalation nella violenza. La diversa reazione dei membri della famiglia alla requisizione della propria casa da parte dell’esercito israeliano provoca frustrazione e rabbia specie nei due figli maggiori che non condividono l’atteggiamento fermo paterno concentrato, e motivato, su valori come la dignità della resistenza quale vera forza. I giovani vogliono passare ai fatti, la ragazza spia i soldati da dentro l’armadio, il ragazzo ruba una bomba che con cura predispone nella serra alimentando una spirale di violenza.
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Il film di Saverio Costanzo - considerato una stella nascente del cinema italiano - in un certo senso, può essere considerato metafora del conflitto Israelo-Palestinese. Sembrerebbe che una violenza – o forse una violazione - privata spinga a un’escalation nella violenza. La diversa reazione dei membri della famiglia alla requisizione della propria casa da parte dell’esercito israeliano provoca frustrazione e rabbia specie nei due figli maggiori che non condividono l’atteggiamento fermo paterno concentrato, e motivato, su valori come la dignità della resistenza quale vera forza. I giovani vogliono passare ai fatti, la ragazza spia i soldati da dentro l’armadio, il ragazzo ruba una bomba che con cura predispone nella serra alimentando una spirale di violenza. Il finale, infatti, chiude preludendo a una disgrazia.
Bella interpretazione di Mohamed Bakhri – attore prevalentemente teatrale, amato sia dai Palestinesi sia dagli Israeliani - nella parte dell’ostinato professore capofamiglia. Riprese buie e sgranate volutamente poco gradevoli.
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adriano lotito
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domenica 20 maggio 2007
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una delusione
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Un film noioso ; da molto fastidio la ripresa ondeggiante . E’ di sicuro meglio vedere un telegiornale .
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alberto86
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venerdì 10 febbraio 2006
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squarcio di luce sul panorama italiano
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E'interessante l'esordio alla regia di Saverio Costanzo,che,con questo film,si era quasi aggiudicato una nomination agli Oscar 2006 per miglior film straniero(che invece,ricordiamo,è andata all'inerme"La bestia nel cuore")."Private"(complimenti al regista per il titolo)è un'intelligente,lucida ed attualissima pagina di storia:un'anomala,concitata e sentita parabola umana sull'intimità violata e la convivenza forzata,sull'incontro/scontro tra culture,sulla guerra e le sue insolite conseguenze.E'vero che la vicenda perde un po'il ritmo man mano che la narrazione prosegue e che a tratti manca forse il pathos giusto per coinvolgere del tutto,ma di sicuro è un film apprezzabile,che mostra(finalmente)un interesse per argomenti che di solito non sono oggetto di film italiani.
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E'interessante l'esordio alla regia di Saverio Costanzo,che,con questo film,si era quasi aggiudicato una nomination agli Oscar 2006 per miglior film straniero(che invece,ricordiamo,è andata all'inerme"La bestia nel cuore")."Private"(complimenti al regista per il titolo)è un'intelligente,lucida ed attualissima pagina di storia:un'anomala,concitata e sentita parabola umana sull'intimità violata e la convivenza forzata,sull'incontro/scontro tra culture,sulla guerra e le sue insolite conseguenze.E'vero che la vicenda perde un po'il ritmo man mano che la narrazione prosegue e che a tratti manca forse il pathos giusto per coinvolgere del tutto,ma di sicuro è un film apprezzabile,che mostra(finalmente)un interesse per argomenti che di solito non sono oggetto di film italiani.Forse l'agognata candidatura dell'Academy è sfumata proprio perchè di italiano il film ha poco,eccetto la regia ovviamente,essendo molti i dialoghi in lingua palestinese e il cast completamente straniero.Anche se,personalmente,lo ritengo inferiore a film italiani in lizza per la candidatura negli anni precedenti,ma di certo lo preferisco di gran lunga al nostro rappresentante nazionale di quest'anno, non dimentichiamo che"Private"ha anche il pregio di aver portato alla luce un nuovo regista degno d'attenzione in un panorama di sicuro non felice,che,fortunatamente,da papà Maurizio sembra non aver preso nulla.
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michela
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lunedì 6 febbraio 2006
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de andrè
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Film di buon impatto emotivo ma che sembrerebbe, a mio parere, aver mancato un'occasione nell'insufficente approfondimento delle problematiche affrontate. Delude, poi, la mancanza di originalità nella scelta del punto di vista. Infatti sul tema " ... avevano lo stesso identico umore ma le divise di un altro colore... " si erano espressi altri artisti con modi e strumenti diversi (come il mitico De Andrè appunto), in momenti storico-politici nei quali, però, dare una lettura intimistica al dramma della guerra (a questo, credo, si riferisca anche il titolo del film) poteva risultare certamente più impopolare rispetto ad oggi.
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ale
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martedì 12 aprile 2005
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speriamo
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Spero che nel futuro qualcuno si prenda anche la briga di raccontare cio' che passavano, adesso almeno c'è il muro, i giovani israeliani che trascorrevano le loro giornate in città sempre nell'occhio del pericolo-kamikaze. Il film è girato molto bene, peccato sia fazioso e questo a me non piace.
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erika
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venerdì 11 marzo 2005
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private…
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Dopo aver letto recensioni d'elogio e aver ascoltato un'intervista di Radiopopolare a M. Bakri, e soprattutto dopo essere stata in Palestina nell'agosto 2004, mi accingo a vedere il film con le migliori aspettative, che vengono però presto deluse.
Dalle prime battute colpiscono subito due cose: l'estrema affettazione dei dialoghi (sembravano estrapolati da una polite comedy all'inglese, sarà l'amore per Shakespeare da parte del protagonista..) e l'estrema stringatezza della spiegazione della questione palestinese, nel giro di due o tre frasi che più o meno suonavano così: i militari israeliani attaccano per difendere i coloni, e i palestinesi attaccano per difendere il proprio territorio.
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Dopo aver letto recensioni d'elogio e aver ascoltato un'intervista di Radiopopolare a M. Bakri, e soprattutto dopo essere stata in Palestina nell'agosto 2004, mi accingo a vedere il film con le migliori aspettative, che vengono però presto deluse.
Dalle prime battute colpiscono subito due cose: l'estrema affettazione dei dialoghi (sembravano estrapolati da una polite comedy all'inglese, sarà l'amore per Shakespeare da parte del protagonista..) e l'estrema stringatezza della spiegazione della questione palestinese, nel giro di due o tre frasi che più o meno suonavano così: i militari israeliani attaccano per difendere i coloni, e i palestinesi attaccano per difendere il proprio territorio. E il tutto per bocca di due personaggi palestinesi, per cui sorge il dubbio: a chi si rivolgevano?
Non si trattava certo di uno scambio di informazioni tra loro, di sicuro a conoscenza degli antecedenti storico-politici del loro paese e dell'esistenza di una colonia israeliana a pochi metri dalla propria abitazione. Si rivolgevano al pubblico italiano, troppo pigro e distratto per arrivarci da solo?
Passiamo sopra all'ingenuità e grossolanità dei mezzi (e modi) per rivelare il contesto in cui ci troviamo, e accettiamo la scelta dell'autore di relegare tutta la vicenda in due piani d'abitazione più giardino, divisi appropriatamente, come i Territori, in zona A a totale giurisdizione araba, B a discrezione e bontà israeliana, e C israeliana in toto. Scelta narrativa comunque discutibile data la gravità della situazione in Palestina, lo stato avanzato della "barriera di protezione" e l'indifferenza dei media e della gente. Ma comunque una scelta simbolica e narrativa.
Costanzo ha optato quindi per una descrizione degli interni (anche perché sarebbe stata complicata una ricostruzione del muro in Calabria, dove il film è stato girato per ragioni di sicurezza), descrizione degli interni di una casa come metafora dei Territori e della psiche dei protagonisti, del film e della Storia.
Ma possiamo parlare davvero di descrizione psicologica?
Tutto quello che ci è dato sapere di loro è che il padre è un oltranzista della non-violenza, non si sa se per convinzione o per aver fatto un rapido calcolo delle proprie forze e di quelle nemiche, alle prese con il tentativo di salvare capra e cavoli (casa e famiglia). Della figlia maggiore si precisa da subito l'indole ribelle nella ferma decisione di restare in Palestina nonostante la possibilità di studiare in Germania, per la travolgente voglia di lottare per il suo popolo e la sua terra.
I momenti di maggior tensione del film sono proprio quelli in cui la ragazza infrange il divieto imposto dagli israeliani e dal padre di salire al piano superiore dove i militari sono alloggiati. La sua è un'aperta sfida allo strapotere ed all'arroganza militare, ma quello che fa trattenere il fiato è il reale pericolo che corre, nascosta dentro un armadio, per soddisfare la sua curiosità. Perché solo di questo si tratta, dato che la possibilità di venire a conoscenza delle intenzioni dei militari è preclusa dal fatto che non conosce la lingua israeliana. (Piccola parentesi: davvero non la conosce? Buona parte dei palestinesi ha preferito impararla per poter comunicare con gli israeliani ai check point, che concedono solo a noi occidentali il favore di parlare in inglese. Piccola parentesi che potrebbe togliere credibilità all'intero film..)
Dunque quest'azzardo incosciente ripetuto per ben quattro volte, che se forse ha poco senso logico e programmatico, può averne uno più impulsivo e uno quasi antropologico. Ma se il fine della ragazza era conoscere l'occupante-nemico, non avrebbe magari potuto farlo nei momenti in cui entrambi, israeliani e palestinesi, si trovavano nella cosiddetta zona B, il salone con cucina?
Sembrerebbe quasi che l'unico scopo di quella suspence fosse chiedere un'altra possibilità allo spettatore che fino a quel momento era stato mosso da forti spinte propulsive ad uscire di sala.
Dal punto di vista sociologico-politico, il film sembra proporre una facile soluzione alla questione israelo-palestinese, che può riassumersi nella formula "conosci te stesso e il tuo nemico", o detto altrimenti "impara a convivere".
Non sta certo ad un film come questo (banale, poco verosimile, poco sensato e documentato) pretendere o solo sperare di aver intravisto la luce della fine del conflitto, ed io direi neppure della sua comprensione.
Un'ultima chicca: il finale aperto sembra strizzare l'occhio alla moda, ormai non proprio ultima, del tutto può accadere, o dell'eterno ritorno, o del relativismo dell'ognuno la pensi come vuole.
Un finale da fiction che forse riesce ad accaparrarsi il favore popolare, ma che stona enormemente con l'argomento e con lo sguardo documentaristico con cui è trattato.
Un consiglio per Saverio Costanzo: ricomincia da capo.
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(di simone di atene)
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anonimo
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lunedì 21 febbraio 2005
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che rabbia
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Che rabbia, che odio scaturisce dal puro disprezzo. Gli israeliani appaiono saldi nella loro posizione di razza eletta ma lasciano trasparire la stanchezza di doversi ergere sopra al popolo palestinese dovendo faticare quando, invece delle bombe, incontrano una non violenza acculturata.
La morale che se ne trae è che la miglior difesa di un popolo è la cultura e l'impegno morale. TUtto il film un padre dice ai figli di studiare, di andare all'estero per tornare forti di quella conoscenza in grado di dare un'identità alla Palestina.
Film splendido, peccato che Hollywood "se magna" i nostri adolescenti.... questo film e altri che raccontano e spiegano quello che ci raccontano i mass media dovrebbero essere obbligatori in ogni squola del mondo.
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(di simone di atene)
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lolapalooza
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martedì 18 gennaio 2005
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Cerco di non farmi influenzare negativamente dal fatto che Saverio sia il figlio di uno dei più potenti uomini dello spettacolo italiano, perchè nonostante questo Private è un film emozionante, che scuote le coscienze, aiuta a non dimenticare il dramma palestinese-istraeliano, ma più di tutto stimola la consapevolezza politica e civile. Bravo e grande Saverio e alla faccia di chi vede dietro di te solo tuo padre.
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(di giovanni durand)
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(di simone di atene)
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