Segreti di Stato

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Un film di Paolo Benvenuti. Con Antonio Catania, David Coco, Sergio Graziani, Aldo Puglisi.
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Drammatico, durata 85 min. - Italia 2003. - Bloom Distribuzione MYMONETRO Segreti di Stato * * * - - valutazione media: 3,32 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Lietta Tornabuoni

L'Espresso

Il tempo non passa, non vuol passare. Dopo oltre mezzo secolo, brucianti polemiche, ironiche incredulità, litigi, insulti hanno accompagnato Segreti di Stato di Paolo Benvenuti, film che offre una quasi nuova interpretazione della strage di Portella della Ginestra in Sicilia, dove nel 1947, secondo la versione sinora nota, Salvatore Giuliano e la sua banda spararono per istigazione della mafia sui lavoratori che festeggiavano il Primo Maggio e la vittoria della sinistra alle elezioni siciliane, provocando il morti e decine di feriti. La tesi fatta propria dal film, è invece che Giuliano e i suoi furono reclutati soltanto per poter dare loro la colpa della strage, incaricati soltanto di tirare in aria per spaventate: mentre a uccidere furono diversi gruppi di fuoco, in particolare dodici uomini della ex Decima Mas di Junio Valerio Borghese sparando granate e nell’ambito di una congiura anticomunista che comprendeva i servizi segreti americani, la Chiesa cattolica, i ministri democristiani siciliani Scelba e Aldisio e il sottosegretario Mattarella, l’onorevole Andreotti, la mafia, Leone Marchesano, Cusumano Geloso, il principe Alliata, e che portò anche alle uccisioni truccate di chi avrebbe potuto parlare, Salvatore Giuliano e Gaspare Pisciotta. Il cumulo di inganni e di menzogne che ha sempre gravato su ogni sanguinoso mistero d’Italia rende credibile anche questa ipotesi, fa sembrare accettabile il moltiplicarsi di illustri colpevoli: anche se il regista sperimentale (pisano già allievo di Jean-Marie Straub, già autore de Il bacio di Giuda, Confortorio, Tiburzi, Gostanza da Libbiano) dice che non era sua intenzione «far credere di mostrare “la verità”», di aver voluto fare «un film sul pensiero e l’interpretazione, non sulla realtà». Benvenuti ha usato cinegiornali d’epoca, disegni, un plastico dei luoghi, un gioco di simil-tarocchi che introducono rotture di stile e arricchiscono gli strumenti della narrazione. Le sue fonti sono Danilo Dolci (che ebbe occasione di intervistare componenti della banda Giuliano nel carcere palermitano dell’Ucciardone), il professore siciliano Casarruba (autore di tre saggi sul tema, pubblicati dall’editore Franco Angeli), i documenti recentemente de-secretati negli Stati Uniti. Nei suo rigore visivo, con le antiche chiese sconsacrate trasformate in aule di tribunale o parlatori di carcere, con i rsti dell’arte mescolati alle rovine moderne in una esemplare sintesi italiana, il film è molto interessante.
DaL’Espresso, 25ettembre 2003


di Lietta Tornabuoni, 25ettembre 2003

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