great steven
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lunedì 15 marzo 2021
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la morte di un pensatore che comunicava coi fatti.
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I CENTO PASSI (IT, 2000) di MARCO TULLIO GIORDANA. Con LUIGI LO CASCIO, LUIGI MARIA BURRUANO, LUCIA SARDO, PAOLO BRIGUGLIA, TONY SPERANDEO, CLAUDIO GIOè, NINNI BRUSCHETTA, ANDREA TIDONA, PAOLA PACE A Cinisi (PA) 100 passi separano l’abitazione del giovane Peppino Impastato da quella di Gaetano Badalamenti, il boss mafioso più temuto del territorio. Figlio di Luigi, affiliato subalterno alla mafia che si umiliò di fronte a Badalamenti per chiedergli un lavoro e protezione per la sua famiglia, cresciuto nell’atmosfera sessantottina e dotato di un carattere particolarmente incline alle provocazioni, Peppino si ribella al padre, all’autorità costituita e alla DC locale collusa con l’organizzazione malavitosa, fondando con gli amici “Radio Aut”, emittente di provincia che sbeffeggia Badalamenti e i suoi scagnozzi, i cui crimini vengono alacremente denunciati nel tentativo di restituire dignità e giustizia agli abitanti del paesino siciliano.
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I CENTO PASSI (IT, 2000) di MARCO TULLIO GIORDANA. Con LUIGI LO CASCIO, LUIGI MARIA BURRUANO, LUCIA SARDO, PAOLO BRIGUGLIA, TONY SPERANDEO, CLAUDIO GIOè, NINNI BRUSCHETTA, ANDREA TIDONA, PAOLA PACE A Cinisi (PA) 100 passi separano l’abitazione del giovane Peppino Impastato da quella di Gaetano Badalamenti, il boss mafioso più temuto del territorio. Figlio di Luigi, affiliato subalterno alla mafia che si umiliò di fronte a Badalamenti per chiedergli un lavoro e protezione per la sua famiglia, cresciuto nell’atmosfera sessantottina e dotato di un carattere particolarmente incline alle provocazioni, Peppino si ribella al padre, all’autorità costituita e alla DC locale collusa con l’organizzazione malavitosa, fondando con gli amici “Radio Aut”, emittente di provincia che sbeffeggia Badalamenti e i suoi scagnozzi, i cui crimini vengono alacremente denunciati nel tentativo di restituire dignità e giustizia agli abitanti del paesino siciliano. In breve il giovane, allievo ideologico del pittore comunista Stefano Venuti (con cui ha anche condiviso alcune giornate di carcere), diventa inviso agli alti vertici di Cosa Nostra che impongono a Luigi di rimediare al più presto. Il pover’uomo, proprietario di una pizzeria, cerca di dissuadere il figlio dall’impegno contestatario, anche provando a recuperarne la fiducia, ma Peppino non cede e si intestardisce a continuare, finché suo padre non fa una brutta fine. Ora che Luigi è morto, Peppino corre un pericolo ancor maggiore di essere eliminato dai mafiosi, eppure rincara la dose e si candida alle elezioni comunali con Democrazia Proletaria. Viene ucciso dai sicari di Tano Badalamenti la notte del 9 maggio 1978, mentre a Roma viene ritrovato il cadavere di Aldo Moro. Gli ascoltatori della radio e i suoi amici non si dimenticheranno di lui. Quinto lungometraggio di M. T. Giordana (1950), autore anche della sceneggiatura insieme a Claudio Fava e Monica Zappelli. Forte di una scrittura intensa e intelligente e di una struttura narrativa che concede non pochi momenti alla coralità pur mantenendo sempre al centro dell’attenzione la parabola di uno straordinario e controverso protagonista, è un film generazionale: la dimensione della memoria riveste con assoluta certezza un significato particolare per chi, come Giordana, Fava e lo stesso Impastato, fu giovane negli anni ’70 (lontananza tra padre e figli, cura degli interni familiari, radio libere, contestazione studentesca, sinistra divisa), in quanto non è solamente nostalgica e privata, ma trova un piazzamento definitivo dentro una realtà politico-sociale più ampia e complessa. Ne sono una chiara dimostrazione i genitori di Peppino (L. M. Burruano sanguigno e memorabile, con accanto una L. Sardo dalla recitazione sotto le righe quanto mai ammirevole), disegnati con un rilievo appassionante che tiene conto della loro sofferenza. È come se, strizzando l’occhio a Pasolini, Giordana coniugasse la lezione del cinema politico italiano dei ’60 (Le mani sulla città esplicitamente citato) con quella hollywoodiana de Il padrino. Non a caso il film inizia con un Peppino ancora in tenera età che assiste al rimpatrio del cugino emigrato negli USA. Le ragioni che spiegano il suo successo sono da ricercare nel mix di passione, ricordo, impegno, ideali e valori che in qualche modo fanno pure precipitare il finale nell’alta retorica, quando, in bianco e nero, sulle note di “A Whiter Shade of Pale” dei Procol Harum, vediamo i funerali del personaggio principale: l’unico punto debole di una storia vera per il resto narrata con la testa sulle spalle. Premio per la sceneggiatura a Venezia, Nastro d’Argento 2001 alla medesima e David di Donatello al miglior attore (Lo Cascio) e al miglior attore non protagonista (T. Sperandeo).
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luigi chierico
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martedì 23 febbraio 2016
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qualcosa di cui vergognarsi
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Un volume di Storia con pagine lacerate e grondanti sangue, un misto di sangue rosso,nero e bianco che ha riempito le strade della Sicilia giungendo a Roma. Un realismo dirompente solo e tutto italiano portato sullo schermo nella maniera migliore per una storia che ancor ci offende. Peccato che tanto valore artistico debba far luce su quanto di peggio abbia da raccontare la nostra Italia. Peppino Impastato ed Aldo Moro un siciliano ed un pugliese sacrificati sull'altare per una Patria ancora oggi dilaniata da lotte interne dopo quasi 40 anni da quei giorni del '78. Un film di Mafia, di Comunismo, di Democrazia, di Neri che fa gridare a Peppino e Aldo a gran voce LIBERTA' e GIUSTIZIA' ONORE Ed ONESTA',CORAGGIO E PATRIA.
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Un volume di Storia con pagine lacerate e grondanti sangue, un misto di sangue rosso,nero e bianco che ha riempito le strade della Sicilia giungendo a Roma. Un realismo dirompente solo e tutto italiano portato sullo schermo nella maniera migliore per una storia che ancor ci offende. Peccato che tanto valore artistico debba far luce su quanto di peggio abbia da raccontare la nostra Italia. Peppino Impastato ed Aldo Moro un siciliano ed un pugliese sacrificati sull'altare per una Patria ancora oggi dilaniata da lotte interne dopo quasi 40 anni da quei giorni del '78. Un film di Mafia, di Comunismo, di Democrazia, di Neri che fa gridare a Peppino e Aldo a gran voce LIBERTA' e GIUSTIZIA' ONORE Ed ONESTA',CORAGGIO E PATRIA. E coraggio ha dimostrato il bravissimo Marco Tullio Giordana nel dirigere questo film che pare un documentario, preso dal vero e non girato con mano ed occhi abili. Tutti gli attori,dalle comparse ai protagonisti sono bravissimi, spicca la presenza del palermitano Luigi Lo Cascio le cui origini avranno offerto maggiore capacità di entrare nel personaggio di Peppino Impastato.
Buono anche il commento musicale e la fotografia che riprende la campagna arida della provincia di Palermo, le strade assolate,un comizio tenuto in una piazza lasciata deserta, una tavolata di parenti ed amici in campagna dove si festeggia una coppia a cui si augurano molti figli,da buoni siciliani:”lei promette bene”, infine funerali ed un corteo di bandiere rosse, del colore del sangue versato. Certamente è un ottimo film che lascia il segno e l’amaro in bocca, un certo fastidio perché ti senti impotente dianzi ad una realtà che si persegue sebbene la morte di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, anche loro sacrificati sull’altare della Patria,abbia interrotto i colpi di lupara, l’uso del tritolo e la sparizione dei cadaveri nel cemento. La Mafia non è altro che il potere strafottente dinanzi alla legge e alla morale, l’interesse supremo del privato a discapito del popolo, la raccomandazione piuttosto che la meritocrazia,sotto il manto della protezione l’abuso. Se ci si guarda attorno la si trova ancora diffusa in tutta l’Italia :a Palermo, a Napoli,a Roma, a Milano,a Torino, nessuna regione o città esclusa, perché spesso là dove c’è politica serpeggia, sotto mentite spoglie, la Mafia e in Italia ci sono più Moro ed Impastato.
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fabio57
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martedì 22 dicembre 2015
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bella prova
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Opera importante e istruttivo.Film di mafia ne sono stati fatti tanti e non tutti brillanti,ma questo ha qualcosa in più.Innanzitutto racconta la vera storia di Peppino Impastato,gli ultimi anni di vita di un vero eroe dei nostri tempi oscuri e lo fa con spiazzante semplicità ,poi scava in maniera efficacissima i rapporti umani che il protagonista aveva con chi gli stava intorno amici e nemici e racconta con stile disarmante e toccante il contesto in cui egli si muoveva.Corre obbligo ricordare che per le locali autorità,quella morte fu un suicidio o un maldestro tentativo di attentato terroristico,la pista mafiosa non fu all'epoca presa minimamente in considerazione.
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Opera importante e istruttivo.Film di mafia ne sono stati fatti tanti e non tutti brillanti,ma questo ha qualcosa in più.Innanzitutto racconta la vera storia di Peppino Impastato,gli ultimi anni di vita di un vero eroe dei nostri tempi oscuri e lo fa con spiazzante semplicità ,poi scava in maniera efficacissima i rapporti umani che il protagonista aveva con chi gli stava intorno amici e nemici e racconta con stile disarmante e toccante il contesto in cui egli si muoveva.Corre obbligo ricordare che per le locali autorità,quella morte fu un suicidio o un maldestro tentativo di attentato terroristico,la pista mafiosa non fu all'epoca presa minimamente in considerazione.Il tempo è talvolta galantuomo e ci ha restituito un pò di verità.
Da vedere e far vedere.
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han-solo
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giovedì 6 agosto 2015
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un inno alla ribellione
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Sono nato nel 1944, quindi la cronaca di Peppino Impastato l'ho vissuta in diretta. Da vivo e da morto. Anche se sono milanese.
Ricorderò sempre questo film per la felicissima scelta di accompagnare la morte di Peppino con la "Summertime" di Janis Joplin (a mio parere la più bella interpretazione di sempre di questo brano, per l'emozione che tira fuori).
Peppino e zia Janis sono morti quasi coetanei e l'una non c'entra assolutamente nulla con l'altro, hanno vissuto in galassie separate. Ma due cose li accomunano: lo spirito di ribellione e la rabbia, anche se quella di JJ era inarrivabile. Difficilmente riesco ad ascoltare questo brano senza che mi si velino gli occhi.
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Sono nato nel 1944, quindi la cronaca di Peppino Impastato l'ho vissuta in diretta. Da vivo e da morto. Anche se sono milanese.
Ricorderò sempre questo film per la felicissima scelta di accompagnare la morte di Peppino con la "Summertime" di Janis Joplin (a mio parere la più bella interpretazione di sempre di questo brano, per l'emozione che tira fuori).
Peppino e zia Janis sono morti quasi coetanei e l'una non c'entra assolutamente nulla con l'altro, hanno vissuto in galassie separate. Ma due cose li accomunano: lo spirito di ribellione e la rabbia, anche se quella di JJ era inarrivabile. Difficilmente riesco ad ascoltare questo brano senza che mi si velino gli occhi.
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arnaco
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sabato 19 luglio 2014
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la mafia sbanda
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La mafia sbanda,
la mafia scolora,
la mafia scommette,
la mafia giura
che l'esistenza non esiste,
che la cultura non c'è,
che l'uomo non è amico dell'uomo.
La mafia è il cavallo nero dell'Apocalisse
che porta in sella un relitto mortale,
la mafia accusa i suoi morti.
La mafia li commemora
con ciclopici funerali,
così è stato per te Giovanni
trasportato a braccia da quelli
che ti avevano ucciso.
[Alda Merini]
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salva66
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sabato 8 febbraio 2014
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toccante!
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Film di notevole spessore, con un cast completo! Chi dice, che i film italiani sono di serie B si deve ricredere!!! Veritiero, perchè da fatti realmente accaduti. A mio parere, uno dei film più belli e significativi...Per chi non l'ha visto, da vedere!
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dandy
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martedì 8 maggio 2012
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contare e camminare....e morire.
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Giordana è stato applaudito come esponente di un cinema coraggioso e civile,ma qui è decisamente meno in forma che nel successivo "La meglio gioventù".Riesce a far emergere con chiarezza lo spaccato di una società già allora inesorabilmnte fagocitata dal crimine,dirige magistralmente il cast e sa suscitare l'indigniazione dello spettatore.Ma non si può ignorare la ruffianeria della confezione,dalla colonna sonora pretenziosa("Animals",Janis Joplin,Leonard Cohen e gli strasentiti straabusati Procol Harum)alle sbandate nella commediola nostalgico-giovanile,fino al solito finaletto retorico con bandiere rosse e pugni chiusi.Anche se forse in questo caso il è il risultato che conta,e quindi potrebbe essere giustificabile.
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Giordana è stato applaudito come esponente di un cinema coraggioso e civile,ma qui è decisamente meno in forma che nel successivo "La meglio gioventù".Riesce a far emergere con chiarezza lo spaccato di una società già allora inesorabilmnte fagocitata dal crimine,dirige magistralmente il cast e sa suscitare l'indigniazione dello spettatore.Ma non si può ignorare la ruffianeria della confezione,dalla colonna sonora pretenziosa("Animals",Janis Joplin,Leonard Cohen e gli strasentiti straabusati Procol Harum)alle sbandate nella commediola nostalgico-giovanile,fino al solito finaletto retorico con bandiere rosse e pugni chiusi.Anche se forse in questo caso il è il risultato che conta,e quindi potrebbe essere giustificabile.Oltre al plauso del pubblico non sono mancate polemiche,ad esempio per l'uso di "Volare"di Modugno,definito da Peppino l'"inno dei mafiosi".Premio a Venezia per la sceneggiatura.
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nicksesta
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martedì 13 marzo 2012
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le parole non bastano...
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Questo è forse il film che più di ogni altro avrà sempre uno spazio tutto suo nel mio cuore.
Due parole per descriverne la trama: Giuseppe "Peppino" Impastato, proveniente da una famiglia di mafiosi, sotto la guida intellettuale di Stefano Venuti, un attivista del partito comunista, comincia la sua lotta alla mafia.
Denuncia quotidianamente su radio e giornale le malefatte dei mafiosi e dei politici ad essa collusi.
Per qualche anno, la protezione del padre lo tiene al sicuro, fino a quando Gaetano "Don Tano" Badalamenti, non decide di far uccidere prima l'uno e poi l'altro.
Viene simulato, in modo molto rozzo, il suicidio di Peppino. La polizia e la magistratura, sulle cui responsabilità si indaga ancora oggi, archiviarono il caso diverse volte come suicidio, sebbene tracce evidenti di sangue sul luogo del delitto smentissero questa ipotesi.
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Questo è forse il film che più di ogni altro avrà sempre uno spazio tutto suo nel mio cuore.
Due parole per descriverne la trama: Giuseppe "Peppino" Impastato, proveniente da una famiglia di mafiosi, sotto la guida intellettuale di Stefano Venuti, un attivista del partito comunista, comincia la sua lotta alla mafia.
Denuncia quotidianamente su radio e giornale le malefatte dei mafiosi e dei politici ad essa collusi.
Per qualche anno, la protezione del padre lo tiene al sicuro, fino a quando Gaetano "Don Tano" Badalamenti, non decide di far uccidere prima l'uno e poi l'altro.
Viene simulato, in modo molto rozzo, il suicidio di Peppino. La polizia e la magistratura, sulle cui responsabilità si indaga ancora oggi, archiviarono il caso diverse volte come suicidio, sebbene tracce evidenti di sangue sul luogo del delitto smentissero questa ipotesi.
Dopo innumerevoli pressioni, il caso viene riaperto e finalmente, nel 2002, Gaetano Badalamenti viene condannato all'ergastolo per aver ordinato l'omicidio di Giuseppe Impastato.
La potenza di questo film è qualcosa di indescrivibile a parole. Va ben oltre la semplice denuncia sociale. I cento passi ti fa ingoiare a forza la verità con una tale violenza da far piangere di dolore.
Un cast strepitoso, che lavora in perfetta sintonia con la regia e la sceneggiatura per ottenere lo scopo finale del film: sconvolgere.
Sconvolgere è la parola giusta: la mia vita è cambiata dopo aver visto questo film, che dovrebbe essere proiettato obbligatoriamente in tutte le scuole dello Stato.
Raccomando la visione a tutti: a coloro che non conoscono la mafia, a coloro che credono sia impossibile combatterla, a coloro che la ignorano, a coloro che pensano che una sicilia senza mafia sia impossibile, a coloro che appoggiano la mafia, a coloro che se ne servono, a coloro che sono al suo servizio, a coloro che la comandano, a coloro che per essa rubano, rapiscono, uccidono, ai politici collusi con essa, a coloro che se ne fregano della gente che muore per combatterla e offende la loro memoria, così come a coloro che la mafia la conoscono, la odiano, la disprezzano, la combattono, a coloro che hanno visto morire amici e parenti per colpa della mafia, a coloro che la temono e cercano di fuggire da essa, a coloro che, dopo un passato nella mafia, la abbandonano e si pentono sinceramente per collaborare con la giustizia, a coloro che collaborano per opportunismo e a coloro che fingono di collaborare per depistare le indagini. A tutte queste persone questo film può ancora insegnare qualcosa: il coraggio, l'orrore, la bontà, la malvagità e tante altre cose.
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gianni lucini
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giovedì 29 settembre 2011
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molti minuti di applausi
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I cento passi viene proiettato per la prima volta alla Mostra del Cinema di Venezia il 31 agosto del 2000 e accolto da ben dodici minuti ininterrotti di applausi dalla sala che ospita pubblico e critica. È un successo inaspettato che premia la costanza di chi ha creduto nel progetto. I primi in ordine di tempo a occuparsi della vicenda di Peppino sono Michele Mangiafico e Giuseppe Marrazzo che nel 1978 realizzano due servizi televisivi. L’anno dopo il regista Gillo Pontecorvo pensa di realizzare un film sulla vita del ragazzo, ma dopo un sopralluogo a Cinisi, non dà seguito all’intenzione. La vicenda di Peppino Impastato torna d’attualità nel 1993 quando Claudio Fava e il regista Marco Risi realizzano un servizio per la serie “Cinque delitti imperfetti” di Canale 5.
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I cento passi viene proiettato per la prima volta alla Mostra del Cinema di Venezia il 31 agosto del 2000 e accolto da ben dodici minuti ininterrotti di applausi dalla sala che ospita pubblico e critica. È un successo inaspettato che premia la costanza di chi ha creduto nel progetto. I primi in ordine di tempo a occuparsi della vicenda di Peppino sono Michele Mangiafico e Giuseppe Marrazzo che nel 1978 realizzano due servizi televisivi. L’anno dopo il regista Gillo Pontecorvo pensa di realizzare un film sulla vita del ragazzo, ma dopo un sopralluogo a Cinisi, non dà seguito all’intenzione. La vicenda di Peppino Impastato torna d’attualità nel 1993 quando Claudio Fava e il regista Marco Risi realizzano un servizio per la serie “Cinque delitti imperfetti” di Canale 5. Due anni dopo il regista Antonio Garella realizza un video per il programma televisivo “Mixer” mai andato in onda. Nel 1998 il regista Antonio Bellia con un video di una mezz’oretta intitolato Peppino Impastato: storia di un siciliano libero distribuito con il quotidiano “Il Manifesto”. Nello stesso periodo Claudio Fava e Monica Capelli cominciano a lavorare su una sceneggiatura che vince il Premio Solinas ottenendo così una parte dei fondi necessari per finanziare il film. La regia viene affidata a Marco Tullio Giordana, che all’epoca ha all’attivo film d’impegno come Maledetti vi amerò del 1980 e Pasolini, un delitto italiano del 1995. Trovati i fondi che mancano grazie anche al sostegno del giovane produttore Fabrizio Mosca Giordana riesce a concludere il lavoro in tempo per proiettarlo al Festival di Venezia.
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gianni lucini
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giovedì 29 settembre 2011
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la generazione che voleva cambiare il mondo
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Contrariamente a quello che può apparire a prima vista I cento passi non è semplicemente un film sulla mafia. Al centro c’è il racconto delle speranze e delle delusioni di una generazione che nel decennio tra il 1968 e il 1978 ha cercato di cambiare il mondo, in Sicilia come altrove. Peppino Impastato è un giovane come molti altri di quel periodo che, però, si muove in un ambiente dove alla chiusura e alla costrizione de rapporti sociali s’aggiunge la cappa di un potere più antico e spietato. A differenza di tanti “servitori dello Stato” caduti nella lotta antimafia lui ha un obiettivo più azzardato. Il suo sogno è quello di sconfiggere la mafia e, insieme, cambiare i rapporti sociali e le strutture dello stato.
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Contrariamente a quello che può apparire a prima vista I cento passi non è semplicemente un film sulla mafia. Al centro c’è il racconto delle speranze e delle delusioni di una generazione che nel decennio tra il 1968 e il 1978 ha cercato di cambiare il mondo, in Sicilia come altrove. Peppino Impastato è un giovane come molti altri di quel periodo che, però, si muove in un ambiente dove alla chiusura e alla costrizione de rapporti sociali s’aggiunge la cappa di un potere più antico e spietato. A differenza di tanti “servitori dello Stato” caduti nella lotta antimafia lui ha un obiettivo più azzardato. Il suo sogno è quello di sconfiggere la mafia e, insieme, cambiare i rapporti sociali e le strutture dello stato. È un poeta e un sognatore cui la realtà presenta un conto salatissimo. Nella narrazione filmica Peppino Impastato appare sempre “stonato” rispetto all’ambiente in cui si trova e la solitudine gli è spesso compagna. È solo nei rapporti famigliari dove il suo impegno spaventa e preoccupa, ma talvolta è solo anche nella lotta, come accade quando, rinchiuso in cella con i contadini che si battono contro la terza pista dell’aeroporto, si sente rinfacciare la sua parentela con i mafiosi. Si ritrova da solo anche con i suoi coetanei quando vuole costringerli a un dibattito dopo la proiezione del film “Le mani sulla città” o quando spiega agli hippies che «Non siamo a Woodstock o all’isola di Wight, siamo a Cinisi in Sicilia...». È solo, infine, quando muore mentre nello stesso giorno a centinaia di chilometri di distanza l’uccisione di Aldo Moro schiaccia anche i sogni della sua generazione.
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[+] l'uccisione di moro...
(di ipazia)
[ - ] l'uccisione di moro...
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