nuovissimo millefilm
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giovedì 18 aprile 2024
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mr. rorret ad altezza d'' uomo
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Il signor Rorret è il proprietario di un cinema che programma esclusivamente film dell' orrore. Ed è affascinato dagli effetti che queste opere provocano sugli spettatori che egli spia di nascosto. Ogni volta sceglie uno del pubblico (meglio se è una spettatrice) , lo segue e poi lo uccide. Una delle più crudeli e inquietanti analisi della solitudine e di quella passione del vedere, quel sostanziale voyeurismo che contraddistingue lo spettacolo cinematografico e televisivo. Metafora del cinema , crudele e angosciante che punta l' indice sul desiderio sadico di dominare la realtà con lo sguardo e di vedere tutto, fino al limite estremo di vedere la morte al lavoro.
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Il signor Rorret è il proprietario di un cinema che programma esclusivamente film dell' orrore. Ed è affascinato dagli effetti che queste opere provocano sugli spettatori che egli spia di nascosto. Ogni volta sceglie uno del pubblico (meglio se è una spettatrice) , lo segue e poi lo uccide. Una delle più crudeli e inquietanti analisi della solitudine e di quella passione del vedere, quel sostanziale voyeurismo che contraddistingue lo spettacolo cinematografico e televisivo. Metafora del cinema , crudele e angosciante che punta l' indice sul desiderio sadico di dominare la realtà con lo sguardo e di vedere tutto, fino al limite estremo di vedere la morte al lavoro. Il regista Fulvio Weltz , sembra affermare che il cinema non è solo voyeurismo ma anche pulsione necrofilia. La pellicola è uno strumento per immobilizzare la vita , ma naturalmente, immobilizzare significa uccidere. In questo senso "Mr. Rorret" è tra le più inquietanti riflessioni che il cinema (insieme a "L' occhio che uccide") abbia mai proposto sul desiderio di morte che nutre ogni passione cinefilia a, e in generale quell' ossessione dello sguardo che sta alla base della fruizione dello spettacolo cinematografico. Nel cast troviamo, Lou Castel, Anna Galiena, Massimo Venturello . Anno di produzione 1988.
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monfardini ilaria
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martedì 19 marzo 2024
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autobiografia di un serial-killer cinefilo valutaz
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Già il titolo è una genialata: Rorret, che letto al contrario dà Terror. Il regista Fulvio Wetzl ci introduce subito a quella che sarà la caratteristica principale di questa sua opera prima: l’ambiguità. Pare incredibile tutto quello che vediamo, in questo giallo/thriller classe 1987, e fino alla fine non si sa con certezza cosa sia reale e cosa sia invece finzione. Rorret è un film già diventato un piccolo cult, a causa della sua quasi introvabilità, sebbene nel 1988 sia uscito regolarmente nelle sale distribuito dalla Chance Film di Massimo Civilotti, dopo una prima proiezione avvenuta al Cineclub Labirinto di Roma, dove è stato girato.
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Già il titolo è una genialata: Rorret, che letto al contrario dà Terror. Il regista Fulvio Wetzl ci introduce subito a quella che sarà la caratteristica principale di questa sua opera prima: l’ambiguità. Pare incredibile tutto quello che vediamo, in questo giallo/thriller classe 1987, e fino alla fine non si sa con certezza cosa sia reale e cosa sia invece finzione. Rorret è un film già diventato un piccolo cult, a causa della sua quasi introvabilità, sebbene nel 1988 sia uscito regolarmente nelle sale distribuito dalla Chance Film di Massimo Civilotti, dopo una prima proiezione avvenuta al Cineclub Labirinto di Roma, dove è stato girato. Co-prodotto dalla società Nuova Dimensione dello stesso Wetzl e da Rai1, è stato quindi mandato in onda sulle reti Rai almeno una decina di volte durante questi 36 anni. Vincitore di svariati premi (Prix CICAE ad Annecy cinéma italien, Premio Miglior Opera Prima e Miglior Protagonista al Festival di Salerno), era l’unico film italiano al Festival Internazionale del Cinema di Berlino nel 1988, dove venne venduto alla New Yorker Film di Dan Talbot, che lo fece uscire anche nei cinema americani, a cominciare dal Forum One di New York gestito da David Byrne. Successivamente esce in VHS NTSC nella versione americana con sottotitoli.
Carlo trova lavora come proiezionista in un piccolo cinema, il Peeping Tom, il cui proprietario, Joseph Rorret, si rivela subito essere un tipo molto particolare: infatti non vuole mai essere visto dai suoi dipendenti, e comunica loro solo per telefono, ma la paga è buona e non sembrano esserci problemi di sorta, quindi Carlo accetta il lavoro e le condizioni del suo capo, che però appaiono piuttosto strane ed inquietanti alla fidanzata Sara, che comincia a credere che Rorret nasconda col suo anonimato qualcosa di poco buono. Inoltre il cinema ha una particolarità: vi vengono proiettati solo film di paura, e l’eccentrico proprietario, che vive proprio dietro lo schermo, all’insaputa di tutti, passa il suo tempo a spiare attraverso i tendaggi le spettatrici in sala, per poi chiedere loro di uscire. Tuttavia le prescelte da Rorret dovranno ritenersi tutto tranne che fortunate …
Perché Rorret cerca di far vivere alle donne che attraggono la sua attenzione un percorso iniziatico di tipo traumatico nella Paura? La risposta a questa domanda verrà data alla fine del film, e sarà quanto mai suggestivo il metodo meta cinematografico e meta teatrale che Wetzl sceglie per svelare l’arcano. Quasi sempre dietro a personaggi così bizzarri e fuori dal comune c’è un qualche trauma infantile, ma quale sarà quello di Joseph Rorret? Dovremo cercare di capire cosa si nasconde dietro ai modi quasi impacciati di questo buffo ometto, vestito come Peter Lorre in M – Il Mostro di Düsseldorf, capolavoro di Fritz Lang del 1931, e lo faremo insieme alle donne che lui deciderà di portare nell’antro oscuro della paura, la segretaria Sheila, la pittrice Barbara e l’attrice teatrale Cecilia. Più che un giallo o un thriller tradizionale, Rorret può essere considerato un elegante noir con un interessante substrato intellettuale di tipo cinefilo, in quanto il regista, anche importante critico cinematografico, si diverte a rigirare di sua mano ed a proiettare sullo schermo del Peeping Tom sequenze de L’Altro Uomo (1951), Il delitto Perfetto (1954) e Psyco (1960) di Alfred Hitchcock, ed anche de L’Occhio che Uccide di Michael Powell (1960), il cui titolo originale è proprio Peeping Tom, che, per altro, è la definizione inglese del termine voyeur. Rorret ha un problema ancestrale con la paura, cerca di vincerlo a modo suo, ed apre un cinema dove si proiettano solo film horror chiamandolo Peeping Tom, dove lui fa ogni sera il guardone. Insomma, una struttura ad incastri che senza un minimo di cultura cinefila sarebbe impossibile apprezzare fino in fondo.
Rorret è meta cinema dentro a un cinema, come lo era stato solo due anni prima, anche se in maniera differente, Dèmoni di Lamberto Bava, ma è anche meta teatro che viene rappresentato su un palco dietro lo schermo cinematografico. È un’operazione davvero affascinante, che non può non colpire per la maestria con cui il regista, allora alle prime armi, la mette sapientemente in atto. C’è un enorme compiacimento dell’edificio cinema e della sala cinematografica in tutta la pellicola: il proprietario ama così tanto stare lì che vi costruisce la sua casa. Ma, sorpresa!, sopra il cinema c’è una vecchia chiesa sconsacrata, quindi significa che l’odierna sala un tempo era la cripta sottostante, ed infatti ha ancora gli affreschi dei santi alle pareti, nascosti da pesanti tendaggi (curiosità: l’ex Cineclub Labirinto era effettivamente ospitato nel sotterraneo dell’adiacente chiesa di san Gioacchino in Prati). Il Peeping Tom è “cripta, teatro, cinema e casa”, e tutti questi aspetti albergano anche nella personalità del nostro affascinante e controverso protagonista. Bisognerebbe scrivere un saggio su un’opera così complessa e stratificata, nata dalla mente dello stesso Wetzl e di Enzo Capua.
Joseph porta le ragazze con cui esce in luoghi che possano suscitare la loro paura, di cui lui sembra abbeverarsi. Emblematica la lunga sequenza girata al luna park dell’EUR a Roma, realmente allucinatoria, che immagino sarebbe stata molto coinvolgente anche oggigiorno realizzata in 3D, con Rorret e Sheila sulle montagne russe, dove lui sembra quasi svenire dal terrore. La parte successiva, girata all’interno della casa degli orrori, mi ha ricordato a tratti le atmosfere di un grande classico horror dell’epoca, il Tunnel dell’Orrore di Tobe Hooper del 1981.
Di notevole valore anche la colonna sonora, che contiene, tra gli altri, alcuni pezzi del compositore Ferruccio Busoni, mentre i titoli di coda scorrono sulle mote dell’Otello di Verdi cantato da Plácido Domingo. Certo, a tratti la visione rischia di arenarsi a causa dell’eccessiva lentezza dei ritmi e del buio che normalmente regna sovrano, ma bisogna andare a fondo, capire la metafisica introspezione di quest’opera, che riproduce in immagini lo stato d’animo del protagonista, come una sorta di viaggio all’interno della sua mente guasta, corrotta da qualcosa che non gli ha mai permesso di vivere una vita normale, come tutti gli altri.
Il cast è decisamente interessante ed all’altezza del difficile compito che Wetzl gli assegna. Nel ruolo di Rorret troviamo l’attore svedese Lou Castel, che esordisce in Italia negli Anni Sessanta diretto da grandi nomi come Luchino Visconti, Marco Bellocchio, Damiano Damiani, Liliana Cavani, Umberto Lenzi. Interprete giustissimo per la parte, Castel ci consegna un protagonista a metà tra l’inquietante ed il commiserevole, che ha dei tratti quasi autistici, eppure in grado, non si sa come, di suscitare le fantasie delle donne che incontra, che gli danno subito la più totale fiducia. L’attore recita in italiano con la sua cadenza, non è stato doppiato, e questo particolareggia ancora di più il suo personaggio. Altro fulcro maschile del film, nel ruolo di Carlo, è il salernitano Massimo Venturiello, accanto al quale troviamo l’attrice romana Enrica Rosso nel ruolo dell’inquieta ma perspicace fidanzata Sara. Una delle donne corteggiate, se così si può dire, da Rorret, la pittrice Barbara Liegi, è interpretata dalla brava Anna Galiena, che aveva esordito pochi anni prima, nel 1985, nel cult thriller di Carlo Vanzina Sotto il Vestito Niente, per poi continuare nel genere nel 1987, in Caramelle da uno Sconosciuto di Franco Ferrini, regista e storico sceneggiatore di Dario Argento. Barbara è una donna indipendente e forte, dalla personalità prorompente, ma proprio la sua eccessiva fiducia in se stessa la porterà a commettere più di un passo falso. Nel ruolo dell’attrice Cecilia troviamo la milanese Patrizia Punzo, al suo debutto nel cinema, con una lunga carriera in teatro ed in televisione, che al cinema lavorerà con nomi quali Silvio Soldini, Marco Bellocchio e Marco Tullio Giordana, ma che per noi horror dipendenti resterà sempre la mamma del motociclista Claudio nel capolavoro di Michele Soavi Dellamorte Dellamore (1994). Qui interpreta una donna introversa, fragile, che fa del teatro la sua essenza, e proprio per questo suo carattere, se vogliamo, affine al suo, Rorret stabilirà con lei un’intesa particolare, diversa che con tutte le precedenti. In alcuni cammei troviamo gli attori Pino Quartullo, Marco Giallini e Sebastiano Somma. Insomma, un cast di tutto rispetto per un’opera prima, che non poteva che segnarla in positivo.
In Rorret Wetzl porta all’estremo il connubio, quasi simbiotico, tra arte e vita che ogni regista dovrebbe vivere, ed è quindi una sorta di esperimento autobiografico, ovviamente declinato in chiave thriller. Rorret è un continuo corto circuito tra realtà e finzione, cinematografica e teatrale, che riesce bene a far crescere man mano la suspense, fino al finale che tiene letteralmente lo spettatore col fiato sospeso, mischiando elementi del gotico più puro (la cripta coi corpi nascosti) a flashback inquietanti della vita di Joseph (lui da piccolo) e di Cecilia (una rappresentazione dell’Otello shakespeariano finita in tragedia). L’opera prima di Wetzl è quindi un’elegia sulla Paura, quella che ci spinge a chiudersi al buio per vedere un film horror, della quale, una volta scopertala ed assaporatala, non possiamo più fare a meno: Joseph Rorret ama la paura, la corteggia nelle donne che sceglie dopo aver guardato le loro emozioni in sala, il suo desiderio per loro si nutre della loro paura, non gli interessano i sorrisi, le moine, parrebbe nemmeno il sesso, quello che lo eccita maggiormente è vedere il terrore nei loro occhi. Nel tormento interiore del suo protagonista, Wetzl pone la vertigine insondabile di chi si trova ad ammirare dentro il baratro della paura, che lo immobilizza ma lo affascina al tempo stesso, sempre con un piede sul precipizio, pur conoscendone bene i rischi, ma quasi ammaliato, ipnotizzato, dalla dolcezza del panico, del terrore. Alla fine del film tutte le barriere tra spettatore ed opera crollano, e resta solo il messaggio dell’Arte pura che si fa Vita, per una vita dedicata quasi esclusivamente alla rappresentazione, alla visione ed all’ammirazione di quell’arte stessa.
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riccardo farina
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giovedì 21 luglio 2022
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rorret: un terrore pieno d''amore per il cinema
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L'altro giorno io e mio fratello Roberto ci siamo goduti Rorret, purtroppo al computer e non in sala come questo film meriterebbe. Quando ci sarà una retrospettiva su Fulvio Wetzl ci fionderemo nel primo cineclub a portata d'occhio. Si tratta di un vero e proprio cult, una piccola gemma per cinefili, Lou Castel, volto tormentato del cinema italiano (I pugni in tasca), ci regala una delle sue interpretazioni più affascinanti ed enigmatiche, interpreta il proprietario-fantasma sul palcoscenico di un cineclub romano: il Peeping Tom. Assenza, più acuta presenza (come recita un famoso verso di Attilio Bertolucci), Rorret è una presenza/assenza, è l'occhio che uccide, che uccide ciò che ama: le donne.
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L'altro giorno io e mio fratello Roberto ci siamo goduti Rorret, purtroppo al computer e non in sala come questo film meriterebbe. Quando ci sarà una retrospettiva su Fulvio Wetzl ci fionderemo nel primo cineclub a portata d'occhio. Si tratta di un vero e proprio cult, una piccola gemma per cinefili, Lou Castel, volto tormentato del cinema italiano (I pugni in tasca), ci regala una delle sue interpretazioni più affascinanti ed enigmatiche, interpreta il proprietario-fantasma sul palcoscenico di un cineclub romano: il Peeping Tom. Assenza, più acuta presenza (come recita un famoso verso di Attilio Bertolucci), Rorret è una presenza/assenza, è l'occhio che uccide, che uccide ciò che ama: le donne. La sua è una misoginia piena di passione, una misoginia innamorata, il suo desiderio si nutre di paura, la paura che spia in sala sul volto delle donne, la paura è come un filtro d'amore che lo spinge a pedinare le sue vittime e a sedurle quasi ipnoticamente, usando anche solo lo strumento della sua voce inquieta e calma nel cuore della notte, attraverso la cornetta di un telefono. Si capisce subito che è un seduttore impotente, tormentato, che è anche un fanciullo vertiginoso, un uomo irrisolto che cerca la pace o forse una paura ancora più profonda, per perdersi in essa. Se il cinema, come diceva Cocteau, è la morte al lavoro, Rorret è la paura al lavoro, e la paura è sempre legata al desiderio. Tante scene indimenticabili, la vertigini delle montagne russe che diventano anche vertigini interiori, o lo strangolamento bunueliano nella casa degli orrori, dove il corpo della sua vittima
diventa un manichino, mentre i manichini si animano, in una confusione spettrale di vita e morte. La vita è terrore, terrore dallo spazio profondo di uno
schermo che reinventa i capolavori del cinema, la vita è insondabile vertigine, è paura che mangia l'anima, è la zattera della Medusa, e forse solo nella pietrificazione della morte si può trovare una strana pace capovolta: Rorret/Terror. Il finale del film è un delirio di intersezioni cinefile, un magma limpido di estasi e convulsioni, dove il pubblico del cineclub è come attraversato da una energia speculare che annulla i confini tra realtà e rappresentazione, tra palco e platea, in questa sorta di "terremoto estatico" crollano tutte le barriere e c'è solo l'arte che parla, che grida, che ci chiede aiuto e ci chiama sul palco e vivere la vertigine di ogni amore, vincendo alla fine forse anche la paura.
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giorgio trentin
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mercoledì 17 dicembre 2008
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wetzl si identifica in rorret
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Rorret, ossessionato da traumi infantili, proietta nel suo cinema solamente film dell’orrore e durante i film osserva il comportamento degli spettatori. Chi non èconsono alla sua “morale” viene ucciso... «Fulvio Wetzl non ha fatto un “normale” film dell’orrore, pur ispirandosi a similari prodotti USA, ha dato un’impronta personale al suo lavoro che, dopo tutto, non è nemmeno “commerciale”. Se un
debuttante apre la sua carriera con un’opera come Rorret vuol dire che la “scelta” gli è congeniale, corrisponde ad una sua caratteristica struttura psichica. È nostra impressione che Wetzl (padovano nonostante il cognome tedesco) si sia identificato in Lou Castel (il signor Rorret) perché l’interpretazione di questo attore supera la
sua tradizionale e riconosciuta abilità professionale» (Giorgio Trentin).
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Rorret, ossessionato da traumi infantili, proietta nel suo cinema solamente film dell’orrore e durante i film osserva il comportamento degli spettatori. Chi non èconsono alla sua “morale” viene ucciso... «Fulvio Wetzl non ha fatto un “normale” film dell’orrore, pur ispirandosi a similari prodotti USA, ha dato un’impronta personale al suo lavoro che, dopo tutto, non è nemmeno “commerciale”. Se un
debuttante apre la sua carriera con un’opera come Rorret vuol dire che la “scelta” gli è congeniale, corrisponde ad una sua caratteristica struttura psichica. È nostra impressione che Wetzl (padovano nonostante il cognome tedesco) si sia identificato in Lou Castel (il signor Rorret) perché l’interpretazione di questo attore supera la
sua tradizionale e riconosciuta abilità professionale» (Giorgio Trentin).
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filmtv
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mercoledì 17 dicembre 2008
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un horror molto interessante
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Un uomo, il mister Rorret del titolo, è il proprietario di un cinema dove vengono proiettati solo film dell'orrore. Ma la sua passione per il terrore è talmente autentica che si "diverte" a spaventare a morte gli spettatori (soprattutto le spettatrici) che frequentano il suo cinema. La sua follia lo porta ad ammazzare uno a uno quelli che dimostrano di avere più paura.
Un horror molto interessante. Ispirandosi a "Bersagli" di Bogdanovich costruisce una bella storia. Purtroppo non riesce sempre a trasformare le ristrettezze del low budget in intuizioni alla Corman.
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anna maria mori
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mercoledì 17 dicembre 2008
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il terrore di mr. rorret
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Repubblica — 20 febbraio 1988 pagina 34 sezione: SPETTACOLI
BERLINO - All' insegna di "Piccolo è bello", l' Italia è presente al 38 Festival internazionale di Berlino, nella sezione non competitiva del Forum, con un film da poco meno di 1 miliardo: è Rorret di Fulvio Wetzl, prodotto da lui stesso con Rai 1 e il ministero del Turismo e Spettacolo. Rorret vuol dire "Terrore" letto alla rovescia, e nel ruolo del titolo, quello appunto di Mister Rorret, c' è un "chi si rivede" del nostro buon cinema, il Lou Castel dei film di Bellocchio, dai "Pugni in tasca" a "Gli occhi la bocca". Wetzl conferma di averlo voluto come protagonista del suo film proprio per questo: "perchè per noi italiani della generazione dei 35enni, rappresenta l' attore che ha fatto esordire uno dei tre fra i migliori registi italiani della nostra giovinezza.
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Repubblica — 20 febbraio 1988 pagina 34 sezione: SPETTACOLI
BERLINO - All' insegna di "Piccolo è bello", l' Italia è presente al 38 Festival internazionale di Berlino, nella sezione non competitiva del Forum, con un film da poco meno di 1 miliardo: è Rorret di Fulvio Wetzl, prodotto da lui stesso con Rai 1 e il ministero del Turismo e Spettacolo. Rorret vuol dire "Terrore" letto alla rovescia, e nel ruolo del titolo, quello appunto di Mister Rorret, c' è un "chi si rivede" del nostro buon cinema, il Lou Castel dei film di Bellocchio, dai "Pugni in tasca" a "Gli occhi la bocca". Wetzl conferma di averlo voluto come protagonista del suo film proprio per questo: "perchè per noi italiani della generazione dei 35enni, rappresenta l' attore che ha fatto esordire uno dei tre fra i migliori registi italiani della nostra giovinezza... E' un attore straordinario: ha un' incredibile capacità di scaricare sensazioni, emozioni... L' ho trovato a Parigi, dove continua con successo a fare buon cinema. Da noi non lavorava quasi più". Wetzl, in cappotto blu manageriale, si avvia alla proiezione berlinese del suo film a fianco al suo attore vestito stile pneumatici Michelin, piumino e sciarpa coloratissimi a contrasto con la timida cattiveria del viso che è rimasta inalterata da quando era giovanotto. Rivede, insieme al pubblico tedesco, la sua storia di uno psicopatico, proprietario di un cinema dove si proiettano film gialli, che sceglie le sue vittime tra le belle ragazze della platea. Il pubblico, qua e là, invece di impaurirsi, ride: "lo volevo", risponde Wetzl sicuro, al termine della proiezione, a qualcuno della platea che gli fa una domanda in proposito. "Perchè non volevo fare un film di paura, bensì sulla paura. Rorret non intende fare il verso ai film di genere sul terrore. Nasce piuttosto come film drammatico, tant' è che, a differenza di come lavora per esempio un Dario Argento, ha tempi estremamente dilatati... Ci sono per esempio momenti lunghi del film in cui racconto la paura come sostitutivo delle emozioni sessuali...". L' inizio scorre bene. Dalla metà in poi un po' meno: le risatine tra il pubblico aumentano. Ma Wetzl guarda in alto: "...alla fin fine credo che qui mi abbiano capito: il mio è un po' un film mitteleuropeo... mi rifaccio, a perdonate il paragone, a Fritz Lang e al suo "M"". - ANNA MARIA MORI
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paolo d'agostini
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mercoledì 17 dicembre 2008
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bentornato lou castel colorato di giallo
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La Repubblica (seconda parte) (...)Si tratta naturalmente di Mr. Rorret. Lui (Massimo Venturiello) farà il proiezionista, lei (Enrica Rosso) la cassiera". "Ecco, sono tre livelli ben distinti, differenziati anche nella qualità dell' immagine: il colore un po' acceso, da anni Sessanta, per Mr. Rorret, il bianco e nero per gli inserti, una fotografia più realistica per la coppia. Ed è un intreccio fra tre diversi livelli di finzione, un miscuglio tra cinema, teatro, cinema nel cinema". "Sì, c' è dell' autobiografia, anche se mediata. Io stesso ho iniziato come proiezionista, e proprio nel cineclub dove abbiamo girato parte del film (l' attuale Labirinto); anche io, come Rorret, mi sedevo dietro lo schermo e passavo ore a guardare i film al contrario.
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La Repubblica (seconda parte) (...)Si tratta naturalmente di Mr. Rorret. Lui (Massimo Venturiello) farà il proiezionista, lei (Enrica Rosso) la cassiera". "Ecco, sono tre livelli ben distinti, differenziati anche nella qualità dell' immagine: il colore un po' acceso, da anni Sessanta, per Mr. Rorret, il bianco e nero per gli inserti, una fotografia più realistica per la coppia. Ed è un intreccio fra tre diversi livelli di finzione, un miscuglio tra cinema, teatro, cinema nel cinema". "Sì, c' è dell' autobiografia, anche se mediata. Io stesso ho iniziato come proiezionista, e proprio nel cineclub dove abbiamo girato parte del film (l' attuale Labirinto); anche io, come Rorret, mi sedevo dietro lo schermo e passavo ore a guardare i film al contrario. Poi, quando ho pensato di scrivere un film mio, ho sentito il bisogno di studiare il perchè l' uomo cerca la paura, e, quindi, fa film del terrore". Lou Castel, un attore che molti avrebbero potuto considerare definitivamente fuori gioco, perchè troppo datato. E invece Wetzl si proclama entusiasta di averlo avuto come protagonista: si è rivelato il suo protagonista ideale. L' unica condizione da parte dell' attore: "purchè non rifacciamo "I pugni in tasca"". Originariamente, è vero, Wetzl aveva scelto Luca Barbareschi. Ma ora è grato alla necessità di cambiare all' ultimo momento a causa degli impegni di Barbareschi, perchè "uno psicopatico più credibile" non avrebbe potuto trovarlo; e oggi non esita a mettere Lou Castel nella tradizione dei grandi, come Peter Lorre. Enzo Capua ha scritto la sceneggiatura con Wetzl; un altro giovane autore, Paolo Bologna, gli ha fatto da assistente; le musiche, un cool jazz anni Cinquanta, sono di Florian Schneider; le altre "vittime" si chiamano Anna Galiena, Patrizia Punzo, Rossana Coggiola. - di PAOLO D' AGOSTINI
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paolo d'agostini
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mercoledì 17 dicembre 2008
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bentornato lou castel colorato di giallo
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Repubblica — 30 ottobre 1987 pagina 35 sezione: SPETTACOLI
ROMA - Tra i numerosi esordi cinematografici in vista c' è anche quello di Fulvio Wetzl, il quale debutta con Mr. Rorret, girato durante l' estate ed ora in fase di edizione. E' un thriller, genere dal quale non pochi giovani cineasti si sentono oggi attratti: segnale di un rinnovato interesse verso il cinema "ben fatto" e verso il racconto tradizionale, cui invece erano indifferenti i debutti "d' autore" dei due decenni passati. La storia di Wetzl somiglia a quella di tanti altri della sua generazione, quella vicina ai 35 anni; un passato da "spettatore professionale" (nel suo caso di animatore di cineclub), una faticosa e puntigliosa attesa per arrivare alla regia.
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Repubblica — 30 ottobre 1987 pagina 35 sezione: SPETTACOLI
ROMA - Tra i numerosi esordi cinematografici in vista c' è anche quello di Fulvio Wetzl, il quale debutta con Mr. Rorret, girato durante l' estate ed ora in fase di edizione. E' un thriller, genere dal quale non pochi giovani cineasti si sentono oggi attratti: segnale di un rinnovato interesse verso il cinema "ben fatto" e verso il racconto tradizionale, cui invece erano indifferenti i debutti "d' autore" dei due decenni passati. La storia di Wetzl somiglia a quella di tanti altri della sua generazione, quella vicina ai 35 anni; un passato da "spettatore professionale" (nel suo caso di animatore di cineclub), una faticosa e puntigliosa attesa per arrivare alla regia. A realizzare il suo film Fulvio Wetzl è giunto grazie a un improvviso quanto deciso atto di coraggio: ha alzato il telefono, come si dice, ed ha chiamato Carlo Fuscagni, uno dei più influenti dirigenti di RaiUno in materia di produzione cinematografica. Il suo soggetto è piaciuto, ed ora è un film. Grazie anche agli immancabili trecento milioni di finanziamento statale ottenuti attraverso l' art. 28. Anche Wetzl, come stanno facendo molti altri, ha costituito una propria società di produzione ("Nuova Dimensione"). Tutto compreso, insomma, il suo sarà un film da poco meno di un miliardo. Comprese alcune partecipazioni, come quella del direttore della fotografia Carlo Cerchio. La storia. E' quella del signor Rorret (che, ve ne siete accorti?, è il contrario di "terror"), e cioè Lou Castel. Un uomo di 40 anni il quale compra una chiesa sconsacrata ottocentesca nella cui cripta, che è stata in passato teatro e poi cinema parrocchiale, egli va ad abitare. Decide di riaprire il cinema e di stabilire il suo appartamento dietro lo schermo. Riapre al pubblico ma per dare soltanto gialli e film dell' orrore e poter quindi osservare, da dietro la "quarta parete", le reazioni degli spettatori. E' così che può comodamente scegliere le sue vittime. Mr. Rorret è infatti uno psicopatico. "Ma non ho voluto criminalizzare questa figura", spiega l' autore "ho tentato di renderlo simpatico, come il Norman Bates di "Psycho". Il mio è un film del terrore sui generis: il comportamento criminale del protagonista è causato da uno scarto improvviso e non da una progressione logica: improvvisamente esplode la sua follia omicida, ma per il resto è una persona per bene". Le sue vittime saranno naturalmente soltanto donne. "Ecco", spiega ancora Wetzl, "questo di Rorret è il "primo livello" del film. Poi ce n' è un secondo, che è quello dei film proiettati nel suo cinema. Che sono tutti celebri film della paura soprattutto hitchcockiani, ma rifatti da noi: da "Psycho" a "Delitto per delitto", da "Delitto perfetto" a "L' occhio che uccide" e "Bunny Lake è scomparsa". Questi "rifacimenti", che ci siamo divertiti moltissimo a fare, ci sono costati due mesi di lavoro; rispettando al massimo i dialoghi e anche le somiglianze con gli attori originali, abbiamo (con lo scenografo Bruno Rapisarda) reinventato gli ambienti e le soluzioni di regia. Gli inserti sono in bianco e nero, abbiamo usato la pellicola di formato quadrato, quella di un tempo...". "C' è infine", continua il regista "un terzo livello che riguarda una coppia, una giovane coppia in crisi ancora legata a certi sogni degli anni passati. I due leggono un annuncio sul giornale: un tale cerca personale per riaprire un cinema.(...) Paolo D'Agostini
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