L'assoluzione [2]

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Un film di Ulu Grosbard. Con Robert Duvall, Robert De Niro, Charles Durning, Cyril Cusack, Kenneth McMillan.
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Titolo originale True Confessions. Drammatico, durata 108 min. - USA 1981. - VM 14 -
   
   
   

Un ottimo film crepuscolare Valutazione 4 stelle su cinque

di johngarfield


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venerdì 23 settembre 2011

 
 
C’è una sommessa atmosfera crepuscolare a rendere accattivante questo film del discontinuo Ulu Grosbard. Ancor più che un’inchiesta poliziesca che si intreccia con gli intrighi di una Chiesa cattolica americana (di Los Angeles), coinvolta in loschi affari e compromessa con personaggi poco raccomandabili, il film sembra un lungo addio accorato e malinconico ad un’America che cambia, e non sempre in meglio. C’è l’addio del vecchio prete brontolone ma vero maestro di moralità, diventato ormai scomodo per una parrocchia sempre più compromessa con le tentazioni molto terrene del denaro e del potere. C’è l’addio della vecchia battona, maîtresse d’un bordello in cui un prete è morto d’infarto sopra una bella prostituta nera, e che ora deve andarsene perché è diventata pure lei scomoda. C’è l’addio del protagonista, un Robert De Niro, tanto bravo a predicare quanto pronto a lasciarsi sedurre dal potere e che, una volta venuto a galla lo scandalo, sceglie di ritirarsi presso una lontana parrocchia sperduta nel deserto, memore degli insegnamenti del vecchio prete e deciso a redimersi, cosciente di essere arrivato, a causa di una cardiopatia, alla fine della sua breve esistenza. C’è l’addio struggente del fratello poliziotto al fratello prete: sanno che sarà l’ultima volta che si vedranno. La vita li ha separati: uno, Robert Duvall, è diventato poliziotto, l’altro (De Niro) ha avuto un momento di celebrità ed è stato prossimo a diventare vescovo. Ma c’è soprattutto l’addio di una vecchia America, appena uscita dalla guerra, ancora mossa da ideali e ancora ingenua e l’irrompere dei nuovi tempi, molto più cinici e immorali. A dircelo sono i personaggi, tutti ottimi caratteristi avanti con l’età (l’unico giovane è De Niro), in perenne ricordo dei bei tempi andati, dove il bianco era bianco e il nero era nero. Non c’è nulla che si salvi, ora, in questa società nuova che si sta imponendo. Non si salva la Chiesa: gli intrallazzi sono ormai diventati quotidianità, ecco perché il vecchio padre Seamus (Un grandissimo Burgess Meredith) viene spedito lontano. Non si salvano le istituzioni. La “vecchia” polizia, ad esempio, ottimamente impersonata da Robert Duvall e Ken McMillan, fa sempre più fatica a raccapezzarsi. I compromessi fra il Palazzo (il Governatore, il Sindaco ecc.) con ambienti corrotti e potenti, sono ormai sempre più diffusi. La stessa polizia sta cambiando in peggio (dello stesso anno, 1981, è l’ottimo IL PRINCIPE DELLA CITTA’ di S.Lumet a illuminarci su cosa è diventata oggi la polizia). L’omicidio della ragazza (ispirato al caso della Dalia Nera che fece scalpore a Los Angeles nel 1947)segna un po’ questo stacco. La ragazza è stata uccisa e poi tagliata a metà. Un omicidio vecchio ma anche nuovo: un passato che sta morendo e un nuovo (peggiore) che avanza.
C’è un momento a mio avviso importante nel film: è quello in cui, in confessionale, il vecchio padre Seamus chiede al giovane Des (De Niro): “Ti ricordi perché sei diventato prete?”.
Sembra una domanda strampalata, considerando l’attivismo e il valore del giovane sacerdote, ma in realtà è la domanda che tutti noi poniamo alla Chiesa quando si impegola in pericolosi e colpevoli rapporti con il Potere, cade in gravi inadempienze nel non denunciare pratiche pedofile, nell’adagiarsi nei comodi panni dell’abitudine e della routine ecc.
Il cammino di redenzione di padre Des deve passare attraverso l’umiliazione e la rinuncia ai sogni di gloria e spegnersi in una lontana e sperduta piccola parrocchia nel deserto. L’addio è spesso un cammino di redenzione. Addio alle proprie abitudini, comodità, certezze e scoperta di nuovi traguardi, nuove sfide, nuovi orizzonti. L’addio è una riflessione su se stessi per poter intraprendere strade nuove.
“Ti ricordi perché sei diventato prete?” è un invito a cambiar vita e, suona come solenne parafrasi di una domanda che il regista pone al “nuovo” che avanza, alla nuova America spietata e cinica, non più innocente, non più ingenua:”Ti ricordi com’eri?”.
E’ il film più convincente di Ulu Grosbard, che prima e dopo non riuscirà più a dirigere opere convincenti. Un plauso speciale a Georges Delerue, ottimo nell’infondere con la sua colonna sonora un tocco di malinconia e di intimismo che contribuisce a considerare questo film al di sopra della media.

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