fedeleto
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lunedì 19 dicembre 2011
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il tempo,il viaggio e wenders
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Dopo l'epocale FALSO MOVIMENTO,Wim Wenders completa la sua trilogia del viaggio-identita'.In un bianco e nero suggestivo ,un uomo tenta il suicidio buttandosi con la sua macchina in acqua,ed in quella strana circostanza conosce un uomo che vive in un camion e trasporta attrezzature cinematografiche .Gireranno la germania come se attraversassero il loro tempo passato e presente ,ed arrivati alla frontiera prenderanno strade diverse ,dopotutto il viaggio e' finito.Un film che incentra il suo messaggio sulla filosofia Wendersiana del cambiamento,poiche' per Wenders infatti il viaggio e' un'occasione che l'uomo deve vivere e non documentare (come ad esempio meister in falso movimento ),per poter ritrovare se stessi bisogna perdersi e fina dall'inizio il film documenta un corso del tempo ,dove un anziano proiezionista racconta l'inizio del cinema citando FRITZ LANG,passando per il periodo nazista ,Bruno (il proiezionista)vive la sua vita senz auna stabilita' fisica ,ma con una rigidita' maniacale sul suo compiere azioni (palese la tazza della schiuma da barba che cade sempre ), e spesso si scontra con il kamikaze(nomignolo che gli da' bruno)perche' quest'ultimo vive senza schemi (palese il gioco delle ombre cinesi dove bruno partecipa e dopo se ne pente),ma e' proprio qui il punto ,entrambi sono soli e cercano attraverso il viaggio quasi psicoanalitico (infatti ripercorrono i luoghi dell'infanzia ,oppure vanno dalle loro figure familiari) di rivivere e liberarsi dai loro schemi .
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Dopo l'epocale FALSO MOVIMENTO,Wim Wenders completa la sua trilogia del viaggio-identita'.In un bianco e nero suggestivo ,un uomo tenta il suicidio buttandosi con la sua macchina in acqua,ed in quella strana circostanza conosce un uomo che vive in un camion e trasporta attrezzature cinematografiche .Gireranno la germania come se attraversassero il loro tempo passato e presente ,ed arrivati alla frontiera prenderanno strade diverse ,dopotutto il viaggio e' finito.Un film che incentra il suo messaggio sulla filosofia Wendersiana del cambiamento,poiche' per Wenders infatti il viaggio e' un'occasione che l'uomo deve vivere e non documentare (come ad esempio meister in falso movimento ),per poter ritrovare se stessi bisogna perdersi e fina dall'inizio il film documenta un corso del tempo ,dove un anziano proiezionista racconta l'inizio del cinema citando FRITZ LANG,passando per il periodo nazista ,Bruno (il proiezionista)vive la sua vita senz auna stabilita' fisica ,ma con una rigidita' maniacale sul suo compiere azioni (palese la tazza della schiuma da barba che cade sempre ), e spesso si scontra con il kamikaze(nomignolo che gli da' bruno)perche' quest'ultimo vive senza schemi (palese il gioco delle ombre cinesi dove bruno partecipa e dopo se ne pente),ma e' proprio qui il punto ,entrambi sono soli e cercano attraverso il viaggio quasi psicoanalitico (infatti ripercorrono i luoghi dell'infanzia ,oppure vanno dalle loro figure familiari) di rivivere e liberarsi dai loro schemi .Buona ancora una volta la simbologia di Wenders (le ruote ,i binari e i treni che passano per buona parte del film) tutti intenti a sviluppare il tema del tempo che scorre e se ne va ,ma di grande importanza anche la parte dell'uomo a cui capita l'incidente in macchina che simboleggia una situazione temporale in cui lo spazio per quest'ultimo si ferma (come dice lui di vivere adesso e' morire),Wenders inoltre non risparmia lo spettatore mostrandogli atti di defecazione o vomito ,chiari segni di rigetto ed espulsione del loro fisico che simboleggiano un allegerirsi del'interiorita' .Il finale polemico dove viene detto che se il cinema diventasse come quello attuale allora farebbe meglio a non esistere (in fondo al cinema mostra persino gente che si masturba) un chiaro grido per il ritorno del vero cinema ,poiche' il cinema e' L'ARTE DI SAPER GUARDARE.Uno dei migliori Wenders.
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fabiofeli
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sabato 27 agosto 2016
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"il cinema è l'arte di vedere"
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Bruno Winter (Rűdiger Vogler), esperto di proiettori cinematografici, gira per la Germania riparando le macchine dell’illusione. Un violinista gli racconta di quando con la moglie pianista accompagnava con la musica le scene del cinema muto. Bruno vive da solo in un furgone per traslochi e vede Robert Lander (Hans Zischler), uno psicolinguista, inabissarsi a bordo della sua vettura guidata in modo suicida in uno specchio d’acqua. I due, quasi senza parlarsi e presentarsi, intraprendono un viaggio nella Germania dei piccoli paesi rurali, dove i cinematografi sono poco frequentati e proiettano film datati o squallide pellicole porno. Bruno è di carattere chiuso, un solitario che non riesce a relazionarsi in modo partecipato con il mondo femminile, quasi emotivamente autistico, neanche quando conosce e corteggia Pauline (Lisa Kreuzer), che fa la cassiera in un cinema porno; Robert è assillato da due pensieri: la recente separazione dalla moglie, che ancora cerca disperatamente con telefonate mute, e la figura del padre (Rudolph Schindler), editore di un giornale locale a Ostheim; con questi non ha mai veramente comunicato per il comportamento da despota verso il figlio e la moglie.
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Bruno Winter (Rűdiger Vogler), esperto di proiettori cinematografici, gira per la Germania riparando le macchine dell’illusione. Un violinista gli racconta di quando con la moglie pianista accompagnava con la musica le scene del cinema muto. Bruno vive da solo in un furgone per traslochi e vede Robert Lander (Hans Zischler), uno psicolinguista, inabissarsi a bordo della sua vettura guidata in modo suicida in uno specchio d’acqua. I due, quasi senza parlarsi e presentarsi, intraprendono un viaggio nella Germania dei piccoli paesi rurali, dove i cinematografi sono poco frequentati e proiettano film datati o squallide pellicole porno. Bruno è di carattere chiuso, un solitario che non riesce a relazionarsi in modo partecipato con il mondo femminile, quasi emotivamente autistico, neanche quando conosce e corteggia Pauline (Lisa Kreuzer), che fa la cassiera in un cinema porno; Robert è assillato da due pensieri: la recente separazione dalla moglie, che ancora cerca disperatamente con telefonate mute, e la figura del padre (Rudolph Schindler), editore di un giornale locale a Ostheim; con questi non ha mai veramente comunicato per il comportamento da despota verso il figlio e la moglie. Il lungo peregrinare insieme di Bruno e Robert funziona da levatrice: Robert dice di sé “sono la mia storia”; nella visita alla casa materna Bruno ritrova nei giornalini tascabili dell’infanzia una parte di se stesso che aveva dimenticato. In una garitta USA al confine con la Germania Est, ancora DDR, i due si ubriacano, si parlano fuori dai denti, si scontrano e si separano. Ma si è spezzato completamente il legame di amicizia creatosi mentre il treno che porta via Robert è inseguito dal furgone di Bruno? …
Il film di Wenders, ora restaurato, nel 1975 esplose come un road-movie denso di significati, con la veste pregiata di una fotografia straordinaria ed una recitazione eccellente con scarso dialogo; era il terzo film sul tema del tempo di Wenders dopo Alice nelle città e Falso movimento, ispirato da Peter Hanke, lo scrittore austriaco del quale il regista aveva già trasposto in film Il portiere prima del calcio di rigore. Compaiono diversi piani-sequenza, girati in tempi reali senza montaggio e percepiti come dilatati. Alcuni esempi illustri di piani-sequenza precedenti: Welles in Quarto potere (1941), Hitchcock in Nodo alla gola (1948), Godard in Fino all’ultimo respiro (1960). Diversi spunti umoristici alleggeriscono i temi proposti. La musica country ed il viaggio nei paesaggi rurali ricordano Easy Rider quando Bruno e Robert a bordo di un sidecar, con vistosi occhiali da sole, assumono sembianze e movimenti di Nicholson e Hopper sul chopper. La scena delle ombre sul telone cinematografico per i bambini, spettatori impazienti, è un omaggio allo spettacolo cinematografico degli albori, quando la celluloide spezzata costringeva l’operatore a ripararla inserendo temporaneamente un rullo con una scena comica prima di riprendere la normale proiezione. Una delle chiavi del film è celata quasi alla fine nelle parole della donna che gestisce la sala cinematografica Weisse Wand (Franziska Stömmer): “Il cinema è l’arte di vedere”. Dietro di lei una foto di Fritz Lang. Ancora una figura di padre, positivo questa volta: un padre del Cinema da non dimenticare. Un film di tre ore filate, da non mancare.
Valutazione ****
FabioFeli
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guazza da semifonte
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lunedì 17 ottobre 2016
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"im lauf der zeit" (nel corso del tempo)
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E' il film che conclude la trilogia del genere "sulla strada", cui rende un sentito omaggio, dopo "Alice nella città" e "Falso movimento", con cui il regista tedesco, a metà degli anni settanta del secolo scorso, ha trasferito situazioni tipiche di un certo ambiente dell'america degli anni cinquanta nel bel mezzo della vecchia Europa e che segnò la sua definitiva consacrazione come maestro indiscusso della nuova filmografia del suo paese. Girato con pochissimi mezzi finanziari, in pochissimo tempo, qualche settimana, privo quasi di sceneggiatura, affida l'emozione dello spettatore alla sapienza delle inquadrature che il bianco e nero scolpisce a tutto tondo ed alle suggestioni della colonna sonora, un misto di rock e blues, che ricama a punto pieno il tessuto delle immagini.
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E' il film che conclude la trilogia del genere "sulla strada", cui rende un sentito omaggio, dopo "Alice nella città" e "Falso movimento", con cui il regista tedesco, a metà degli anni settanta del secolo scorso, ha trasferito situazioni tipiche di un certo ambiente dell'america degli anni cinquanta nel bel mezzo della vecchia Europa e che segnò la sua definitiva consacrazione come maestro indiscusso della nuova filmografia del suo paese. Girato con pochissimi mezzi finanziari, in pochissimo tempo, qualche settimana, privo quasi di sceneggiatura, affida l'emozione dello spettatore alla sapienza delle inquadrature che il bianco e nero scolpisce a tutto tondo ed alle suggestioni della colonna sonora, un misto di rock e blues, che ricama a punto pieno il tessuto delle immagini. E' l'incontro casuale di due solitudini, un addetto alle riparazioni di proiettori e pellicole con un psicolinguista, che percorrono insieme un tragitto delle loro esistenze in una geografia di una Germania minore, pressoché irriconoscibile, quasi sempre prossima ai confini della allora DDR, attraverso paesi ora cercati, ora trovati, ora alla riscoperta del tempo perduto nei luoghi dalla più tenera infanzia. Da non dimenticare una spettacolare cavalcata in sidecar lungo una strada tortuosa e solitaria che fa da pendant con quelle in Harley-Davidson nei deserti dell'Arizona e New Mexico dei vagabondi d'oltreoceano e che sarà riproposta in un film della fine degli anni 90 lungo il Malecon e le stradine di L'Avana vecchia quando Wenders riporto' alla luce del sole il "Buena vista Social club" e Company Segundo con la loro meravigliosa musica dall'ombra dell'oblio in cui la rivoluzione li aveva relegati. E' film di quelli così detti memorabili, destinato al pubblico scelto dei cinefili ma soprattutto ai critici ai quali lancia una duplice sfida: scoprire i continui rimandi ai mostri sacri di cui il film e' intessuto, da Lang a Bongdanovic, da Ford ad Antonioni e rispondere alla domanda :"Io il film l'ho fatto, ora sta a voi dirmi quello che veramente ho voluto rappresentare".
P.s: e' proprio vero che i mediocri imitano e solo i geni copiano, salva la circostanza che le loro copiature sono dette citazioni.
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