Titolo originale | Patria |
Anno | 2015 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Serbia |
Durata | 110 minuti |
Regia di | Oleg Novkovic |
Attori | Nebojsa Glogovac, Vuk Kostic, Marko Janketic, Milica Mihajlovic, Marta Bjelica Nada Sargin, Zinaida Dedakin, Bojan Zirovic, Strahinja Blazic, Aleksandar Djurica, Anita Mancic, Dubravka Kovjanic, Nikola Surbanovic, Andjelika Simic, Milica Trifunovic, Radoslav 'Rale' Milenkovic, Jovana Stojiljkovic, Radoje Cupic, Radovan Miljanic, Dejan Karlecik, Jovo Maksic, Anika Grujic, Marko Grabez, Djordje Brankovic, Maja Randjic, Irma Milovic, Stamenka Nikolic. |
MYmonetro | 2,73 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 13 gennaio 2016
Un lavoro sulla Serbia di oggi, dopo i traumi della guerra, raccontato attraverso un aspro ritratto familiare.
CONSIGLIATO SÌ
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Durante la guerra in Kosovo, Maca, una giovane donna, perde il proprio figlio. Anni dopo, a Belgrado, canta in un locale di proprietà di Bole, che si è rifatto una vita nella nuova città. Durante i giorni precedenti alla Pasqua, l'esistenza della donna è divisa tra rabbia, incapacità di stare al mondo e pochi rapporti con gli altri. Tornato da un ritiro spirituale, l'ex marito Jovan, ex veterano, cerca di aiutare la nipote malata di nervi e di prendere una nuova moglie.
Dopo White White World (2010), Oleg Novkovi firma con Patria il secondo tassello di una trilogia dedicata alla "generazione perduta" dell'ex-Jugoslavia, descrivendo i rapporti di un gruppo di persone e di una famiglia che unita non potrà più essere, irrimediabilmente divelta dal conflitto, segnata da un odore di morte sospeso. È proprio quel senso di ottundente vaghezza e di attesa nefasta, che si respira dalla prima sequenza in bianco e nero, a distinguere il tono di tutta la narrazione, per alcuni versi lucida, per altri divagante o stanca. Non c'è compiacimento nello sguardo del regista serbo né asprezze o eccessive ricercatezze stilistiche, ma l'inclinazione ad un realismo raggelato che sottolinea le tremende conseguenze di una guerra fratricida, fotografando un ambiente disfunzionale fatto di traumi grandi e piccoli, di cattiverie, di rapporti sessuali fugaci, di un'assoluta mancanza di direzione.
Il linguaggio esplicito dei personaggi, le sequenze spesso fisiche, servite da una fotografia di impietosa chiarezza, aprono il sipario su un mondo che si appresta a esalare gli ultimi respiri oppure è già morto. Anche il parallelo con i giorni precedenti alla Pasqua che scandisce gli eventi sta a delineare la volontà di una rinascita che si sa impossibile, l'affannarsi a superare i vincoli di una situazione irredimibile in cui ci si muove tra coscienza del peccato e impossibilità di redenzione. Con una sua capacità di dare fiato alla mancanza di senso, Patria non riesce sempre a dare credibilità al vuoto dei suoi personaggi, figli di una certa tendenza autoriale europea ad eccedere nei toni della "crudeltà" a tutti i costi.
Prologo ed epilogo in bianco e nero per un film che concettualmente non vorrebbe esaurirsi nell'ambito della dimensione psicologica dei personaggi, legata ad un preciso evento storico, ma che finisce forse col farlo per un'eccessiva attenzione a "comportamenti interni" che non trovano adeguato sviluppo nella "realtà esterna". Non è difficile notare la dimestichezza di Novkovi con il linguaggio del cinema documentario.