Anno | 2009 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Australia |
Durata | 100 minuti |
Regia di | Glendyn Ivin |
MYmonetro | 3,00 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento domenica 27 settembre 2009
L'ex galeotto Kev, in fuga dalla polizia, trascina il figlio Chook di dieci anni lungo la sterminata Australia del Sud Il film è stato premiato a Roma Film Festival,
CONSIGLIATO SÌ
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Kev è uno sbandato, un piccolo criminale ed ex galeotto che ha accumulato errori fino al guaio irreparabile e imprevisto. Costretto alla fuga, deve portare con sé il figlio di dieci anni Chook, il quale, strada facendo, gli chiederà dolorosamente conto dell'accaduto. La coppia torna nei luoghi dove Kev è stato a sua volta bambino, insieme ad un padre feroce e violento, e poi giovane e innamorato della madre di Chook, prima che lo abbandonasse quando il figlio era ancora molto piccolo.
La performance di Hugo Weaving, servita da uno studio profondo del personaggio in fase di scrittura e regia, disegna un uomo intrattabile e autodistruttivo, assolutamente non portato per fare il padre, che vive però l'esperienza e la richiesta di paternità nel modo più intenso e pressante, disperato e terminale. Una sorta di copia carbone, sporca di nero, del padre interpretato da Viggo Mortensen in "The Road": là le parole giuste, i gesti corretti, salvifici; qui un'indole che non si tiene a bada, un errare continuo, nella sua doppia accezione di perseveranza nell'errore e nel cammino.
Adattamento del romanzo di Denis Young, Last Ride è piccolo nella trama degli eventi ma sicuro, crudo e a tratti vertiginosi nell'impianto visivo, che raccoglie la poesia di paesaggi che non perdonano, proprio come le circostanze, dove l'uomo è chiamato alla stessa lotta di sopravvivenza a cui sono chiamati gli altri animali da preda.
Glendyn Ivin -al primo lungometraggio dopo aver conquistato Cannes sulla corta misura- usa le alture dei Flanders Rangies e gli spettacolari panorami dell'Outback per punteggiare la crescita di Chook, nel confronto con il genitore amato ed odiato, fino al climax del lago salato, dove l'orizzonte non ha fine né direzione, la società è lontana, ormai abbandonata e occorre mettersi alla prova da sé per capire davvero l'altro. Qui il film smette di essere corpo, pellicola, e diventa anima, voragine estetica ed estatica.
Attorno: una storia di ordinaria sconfitta sulla pelle (sempre straordinaria) di un bambino, che si regge solo e soltanto sulla credibilità delle interpretazioni di Weaving e Tom Russell e su una struttura narrativa che si svela per squarci, ferite passate che solcano il presente e oscurano il futuro. Una riflessione su ciò che ereditiamo e ciò che possiamo invece imparare e sull'importanza di lottare per il diritto all'amore in un deserto di affetti.