(500) Giorni insieme

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Un film di Marc Webb. Con Zooey Deschanel, Joseph Gordon-Levitt, Clark Gregg, Minka Kelly, Matthew Gray Gubler.
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Titolo originale (500) Days of Summer. Commedia, Ratings: Kids+13, durata 96 min. - USA 2009. - 20th Century Fox Italia uscita venerdì 27 novembre 2009. MYMONETRO (500) Giorni insieme * * * - - valutazione media: 3,09 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

I 500 battiti di una non storia d'amore Valutazione 5 stelle su cinque

di darkglobe


Feedback: 5773 | altri commenti e recensioni di darkglobe
domenica 17 dicembre 2017

(500) Giorni insieme segna nel 2009 il debutto alla regia di Marc Webb, fino ad allora impegnato nella direzione di video musicali. Webb si affida al sapiente script autobiografico di Scott Neustadter, coadiuvato nella sua stesura da Michael H. Weber, per pennellare in modo un po’ ironico e un po’ malinconico l’anno e mezzo di vita di una giovane coppia a Los Angeles, ricomponendolo tra continui flashback e flashforward (roba che prima di Resnais sarebbe stata impensabile), con clip che riassemblano in modo originale i tasselli di un complesso puzzle di sentimenti, dalla sorpresa e l’entusiasmo iniziale fino allo svanimento di quella magia per la quale tutto ma proprio tutto pareva funzionare e far da collante, perfino una tradizionale passeggiata da Ikea. 
Lui è Tom Hansen (Joseph Gordon-Levitt), giovane nato nel New Jersey e cresciuto a pop inglese malinconico anni ‘80 e sentimenti che ne conseguivano, convinto dell’esistenza del grande amore che "quando c'è di sicuro non ti sfugge", oltre che mancato architetto che, per ripiego, lavora scrivendo geniali frasi ad effetto per bigliettini augurali.
Lei è Sole Finn (Zooey Deschanel), originaria di un piccolo centro del Michigan, neo assistente del paternalistico capo della società che produce i biglietti, ragazza libera, indipendente, disincantata, lesta a demarcare la soglia di riservatezza oltre la quale il legame con l’altro sesso si tramuterebbe nel “disagio di essere di qualcuno”, perché per lei l’amore “non esiste, è pura fantasia".
Eppure tra questa miscela di diversità scocca la scintilla - è la musica degli Smiths a consentire il primo contatto verbale in un ascensore - al punto che Sole finisce col tempo per calare le barriere difensive e solidificare il proprio rapporto con Tom; al quale arriva perfino a raccontare il suo ricorrente sogno di "volare e sentirsi libera" ma anche la paura del "sentirsi sola", pur continuando fino alla fine a tenere Tom sulla graticola dell’incertezza ("come faccio a sapere che una mattina non ti svegliarai e non vorrai più vedermi?" le chiede lui), dunque quella dell'"io sto bene, tu stai bene" e del vivere di conseguenza la loro storia senza doverla etichettare.

La voce fuori campo, che appare e scompare a rimarcare alcuni dei passi salienti di questa storia d’amore, ricorda senza alcun dubbio scelte stilistiche alla Jeunet e lo stesso pianoforte in “Us” della Spektor rimanda in qualche modo alla estroversa genialità musicale di Tiersen. Del resto l’ammiccamento in bilico tra serio ed ironico al cinema autorale colto, nel variegato dipanarsi dei sentimenti, è fin troppo evidente, se non proprio esplicito quando Tom, in un momento di abbattimento, vede se stesso protagonista di un metraggio parodia tra gli altri de “L’uomo che prende gli schiaffi” di Seastrom oltre che di alcuni passi topici di film di Bergman.
Ma al regista Webb non manca certo il coraggio, visto che il suo sofisticato gusto per il metacinema non si fa problemi a citare tanto il Bergman delle ciniche atmosfere de “Il settimo Sigillo” o di quelle enigmatiche e sofferenti di “Persona”, quanto l’icona del teen-movie americano John Hughes, con il suo celeberrimo “Una pazza giornata di vacanza”, quando il protagonista Tom, dopo essere andato per la prima volta a letto con Sole, a ritmo di una sintomatica “You make my dreams”, si riconosce novello Harrison Ford, specchiandosi nel vetro di un’auto, e cammina per le strade di Los Angeles stringendo la mano ai passanti ed inscenando con loro un ballo che è vero e proprio musical.
Di musica del resto non ne manca mai, per cui, oltre ai già citati Smiths e all'emblematica "She's like the Wind" che Tom sente ogni volta che si ritrova accanto a Sole, ritroviamo il garage rock statunitense dei Flag Lips (con la aggressiva "Bad Kids") ad un brindisi aziendale o la “Here comes your man” dei Pixies in un memorabile e ubriaco karaoke di Tom; il rock inglese alternativo dei Doves  (“There Goes The Fear”) nell'Ikea della coppia all'apparenza consolidata e perfino l’Indie rock australiano dei Temper Trap (“Sweet Disposition”) quando Tom illustra a Sole le bellezze architettoniche dell città o infine l'hard rock un po' retrò dei Wolfmother ("Vagabond") a marcare la rinascita psicologica del protagonista; non manca il rimando ironico della voce fuori campo all'inaspettato successo del sofisticato pop scozzese dei Belle and Sebastian ("The Boy with the Arab Strap") o la discussione tra Tom e Sole in una videoteca su "Octopus's garden" di Ringo Starr a cui lei piace proprio "perchè non piace a nessuno", quasi a sottolineare, se ancora ve ne fosse bisogno, il suo apparente essere fuori dagli schemi. Tutti i brani sono opportunamente selezionati o brevemente campionati ma mai invadenti o stucchevoli, semmai perfettamente accordati con gli stati d’animo dei protagonisti, al pari di quelle cifre che marcano di volta in volta i giorni trascorsi ed i cambi d'umore all’inizio di ogni scena-tassello.
Levitt e Deschanel sono assolutamente padroni dello schermo, lui a dir poco fenomenale, lei forse un passo dietro ma altrettanto convincente, entrambi in coesione con una regia che sembra non perdere mai il ritmo, rallentare, correre, indurirsi o dilagare oltre il dovuto.

Potrebbe all’apparenza essere giudicata una commedia leggerina ma è molto di più, trattandosi di una analisi introspettiva che dietro l’apparente cliché di alcuni personaggi (gli amici sfigati, la sorellina che dispensa perle di saggezza), usati come linguaggio cinematografico consolidato per traghettare lo spettatore verso il vero nocciolo significante del film, ricrea con solidità l’atmosfera un po’ sognante e un po’ malinconica di questa non storia d’amore e dei dolorosi rimpianti su ciò che poteva essere e non è stato.
Tom rappresenta in qualche modo una affettività trendenzialmente abitudinaria, che perde il fuoco focalizzando l'attenzione sul proprio dolore più che sui propri possibili sbagli. Sole viceversa incarna il simbolo dell'imperscrutabile mondo femminile, nel quale a volte pensare di trovare delle regole logiche è probabilmente impossibile.
L’occasione sfumata, di cui era stato segnato il primo scricchiolio dopo uno scazzottamento di Tom definito da Sole "spaventosamente conformista" e che vede il suo epilogo con la visione al cinema de “Il laureato”, con Sole in lacrime ad attestare una dolorosa presa di coscienza della sua insoddisfazione, rappresenta il possibile venir meno del coraggio di una scelta all’apparenza banale (il fidanzamento) e svela le carte del dichiarato anelito di libertà ed anticonformismo della protagonista nella direzione della più stereotipata tra le soluzioni possibili (l'anello con brillante e il matrimonio quasi a voler mettere la testa a posto, perchè "un giorno mi sono svegliata e io sapevo quello di cui con te non ero mai stata sicura"); ovvero la linearità dei sentimenti di lui verso una riappropriazione della propria identità professionale (e qui siamo nuovamente su percorsi cinematografici consolidati) e di quella sentimentale che sublima nell'antitesi metaforica ma forse un po' troppo banale del nome di una ragazza incontrata ad un colloquio di lavoro.
Ma probabilmente la rottura di Sole intende, oltre che marcare un punto di non ritorno, anche puntellare ciò che è stato, rivissuto nuovamente nonostante lei sia già coinvolta in una nuova storia sentimentale, per un solo giorno, durante l’incontro casuale per la festa di matrimonio di una ex collega comune, lasciando però che, subito dopo, tutto ritorni nuovamente nell’oblio del “siamo solo amici” con sorprendente e quasi spietata freddezza femminile, perché nessun evento possa metter bocca sulla spirale dei ricordi, ovvero su quanto di bello sia stato vissuto con Tom.
E’ dunque nello scarto tra possibile e reale (memorabile la clip tra le aspettative e la realtà in una delle ultime scene cardine), tra atteso ed inatteso che si scambiano a volte i ruoli, tra il vivere le stesse situazioni prima con entusiasmo e poi con disillusione o infine tra l'implacabile "è la vita" e ciò che a volte vorremmo che nasce probabilmente la suggestione "realista" di questa piccola grande opera di Webb: un film verità sui sentimenti di coppia che tanti prima di lui non avevano neppure osato pensare e realizzare.

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