Il film procede volutamente lento nella prima parte, dove vengono presentati i personaggi, le loro storie dolorose, e dove si comincia ad intravedere il punto centrale, cioè la rivelazione della setta dei senza nome e delle loro raccapriccianti pratiche. Vengono disseminati indizi che, senza fretta, porteranno alla disclusione della verità nascosta. Nella seconda parte e soprattutto nel finale il ritmo si fa più mosso, la tensione aumenta proporzionalmente al crescere delle possibilità di ritrovare la bambina, fino ad un finale davvero agghiacciante, che mette i brividi e rimane indelebilmente impresso nella memoria: l'apoteosi del dolore, l'inimmaginabile atrocità che diventà realtà, tanto più cruda e straziante quando più pura ed infantile. Complice una fotografia al contempo cupa ed algida, il film è a mio giudizio davvero molto bello e di effetto, certo richiede concentrazione per essere adeguatamente seguito, perchè, come dicevo, la prima parte è volutamente pesante, ma è indispensabile per immergersi nella psicologia dei personaggi, in particolare della protagonista, straziata dal dolore ed al contempo ancora speranzosa di ritrovare una felicità che alla fine le sarà brutalmente negata, realizzando la possibilità del puro dolore attraverso un atto di sacrificio supremo. Il bello è che il film finisce qui, e lascia alla nostra immaginazione il compito di prefigurarsi cosa può esserci oltre: questo è un grande pregio, perchè la scena finale non solo non si dimentica, ma inevitabilmente porta alla riflessione su quali potrebbero essere le conseguenze di quel gesto, dettato dalla disperazione o da una lucida follia?
Un film, in conclusione, che vale davvero la pena di vedere: c'è meno tensione e paura che in Darkness, ma la valorizzazione degli aspetti psicologici ed umani dei personaggi in contrapposizione alla spersonalizzazione già suggerita dal titolo è davvero notevole.
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