fabri
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lunedì 12 luglio 2021
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passabile, ma credevo meglio
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Forse mi aspettavo un film diverso, ma nel complesso mi ha un pò deluso.
Certi passaggi sono notevoli, ma tutto sommato non mi ha entusiasmato, anche perchè alcuni attori mi sono sembrati poco centrati, nonostante la bravura.
C'è di meglio, anche perchè non ho capito se voleva essere un film divertente o malinconico, il mix tra le due cose non è molto riuscito.
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chainbreaker
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mercoledì 13 gennaio 2021
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mamma mia...
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... Questa volta, con tutta la buona volontà, non ce l'ho proprio fatta ad arrivare in fondo. Dialoghi, dialoghi e ancora dialoghi... Ma dove siamo a teatro? Personaggi strampalati che non fanno sorridere nessuno, storie assurde.. Anche lo stesso Hackman risulta noioso e stucchevole (lontano anni luce dalle interpretazioni de "La Giuria" o di "Nemico Pubblico"). Speravo almeno in Ben Stiller... Niente da fare, a parte qualche passaggio. Paltrow, bellissima, ma in Ironman è molto meglio (il che è tutto dire). Wilson, beh... Fa quello che può poverino, ma lui e Hackman hanno recitato meglio in "Dietro Le Linee Nemiche", che si fa molto più vedere di questa schifezza.
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... Questa volta, con tutta la buona volontà, non ce l'ho proprio fatta ad arrivare in fondo. Dialoghi, dialoghi e ancora dialoghi... Ma dove siamo a teatro? Personaggi strampalati che non fanno sorridere nessuno, storie assurde.. Anche lo stesso Hackman risulta noioso e stucchevole (lontano anni luce dalle interpretazioni de "La Giuria" o di "Nemico Pubblico"). Speravo almeno in Ben Stiller... Niente da fare, a parte qualche passaggio. Paltrow, bellissima, ma in Ironman è molto meglio (il che è tutto dire). Wilson, beh... Fa quello che può poverino, ma lui e Hackman hanno recitato meglio in "Dietro Le Linee Nemiche", che si fa molto più vedere di questa schifezza.
Non buttate nel WC 109 minuti del vostro prezioso tempo di visione.
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enzo70
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domenica 28 giugno 2020
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un film originale e divertente
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La classe di Wes Anderson unita alla qualità di attori di primissimo piano garantisce un risultato originale. I Tenenbaum sono una famiglia non ordinaria di una New York non ordinaria. Due fratelli ed una sorella con grandi qualità si incontrano nella casa della loro infanzia per raccontarsi la vita. Ma l’arrivo del padre Royal, un uomo egoista che non ha mai assunto il ruolo di genitore, rende tutto diverso. Forse malato, ma tutto quello che dice Royal merita riscontro, sicuramente originale, i continui flash-back tra presente e passato servono a ripensare al ruolo della famiglia. E’ un film che trova nella sua originalità il punto di forza.
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marcloud
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giovedì 20 dicembre 2018
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la famiglia folle di wes anderson
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La famiglia Tenenbaum si incontra dopo anni e prova ad incollare i pezzi di una relazione complicata. Potrebbe essere un film triste e drammatico ma grazie a Wes Anderson, il tutto si trasforma in qualcosa di surreale, stupendo e grottesco. Colori bellissimi, musica azzeccata e cast stellare rendono il prodotto finale di grande qualità.
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inesperto
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martedì 11 dicembre 2018
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cult
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Se si guardasse il film senza alcuna presentazione, si indovinerebbe subito: è Wes Anderson. Come Allen, Tarantino ed altri, egli caratterizza molto fortemente i suoi lavori. Questa commedia è leggera e profonda al tempo stesso ed il cast è assolutamente di primo livello. Il personaggio più interessante sembra essere la figlia adottiva Margot, interpretata molto bene da una giovane Gwyneth Paltrow.
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stefano capasso
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venerdì 27 maggio 2016
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il percorso di accettazione famigliare
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Chas, Margot e Richie sono I tre figli di Royal ed Etheline Tenenbaum. Già in adolescenza mostrano uno spiccato talento per le attività in cui si dedicano. Col tempo le vicende familiari e della vita stessa offuscano questi talenti riconducendo i tre ad una vita di frustrazioni e di rabbiosi rimpianti verso una famiglia che non li aveva supportati abbastanza
Wes Anderson dirige questa commedia dai toni amori che parla di una famiglia, che potrebbe essere una qualsiasi famiglia, con i suoi tono grotteschi e i colori molto accentuati.
Il percorso per tutti sarà quello di trovare una giusta posizione tra le aspettative deluse e il bisogno di amore familiare che tutti hanno.
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Chas, Margot e Richie sono I tre figli di Royal ed Etheline Tenenbaum. Già in adolescenza mostrano uno spiccato talento per le attività in cui si dedicano. Col tempo le vicende familiari e della vita stessa offuscano questi talenti riconducendo i tre ad una vita di frustrazioni e di rabbiosi rimpianti verso una famiglia che non li aveva supportati abbastanza
Wes Anderson dirige questa commedia dai toni amori che parla di una famiglia, che potrebbe essere una qualsiasi famiglia, con i suoi tono grotteschi e i colori molto accentuati.
Il percorso per tutti sarà quello di trovare una giusta posizione tra le aspettative deluse e il bisogno di amore familiare che tutti hanno. I sentimenti, le originalità e i vizi che ognuno manifesta possono essere accettati per un miglior funzionamento della famiglia e un conseguente migliore adattamento alla vita
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great steven
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giovedì 5 marzo 2015
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quadro famigliare recitato da un cast eccezionale.
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I TENENBAUM (USA, 2001) diretto da WES ANDERSON. Interpretato da GENE HACKMAN, BEN STILLER, ANJELICA HUSTON, GWYNETH PALTROW, LUKE WILSON, OWEN WILSON, DANNY GLOVER, BILL MURRAY, SEYMOUR CASSEL, KUMAR PALLANA
Anderson è un regista per molti versi fuori dagli schemi. Il motivo? Le sue commedie mantengono immancabilmente un tono serioso fino alle estreme conseguenze, eppure riescono a innescare un salubre divertimento pur senza perdere il tocco impegnativo che questo singolare cineasta riesce ad infondere nelle sue originali opere. Anche con questo film (il terzo della sua carriera), realizza un quadro familiare che denota particolarità sublimi e sopraffine, per come viene raccontato ed esposto, facendo ricorso a una struttura spezzettata in prologo, capitoli vari ed epilogo, con tanto di didascalie pittoresche che decorano con una mano assai artigianale lo scandire del tempo narrativo.
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I TENENBAUM (USA, 2001) diretto da WES ANDERSON. Interpretato da GENE HACKMAN, BEN STILLER, ANJELICA HUSTON, GWYNETH PALTROW, LUKE WILSON, OWEN WILSON, DANNY GLOVER, BILL MURRAY, SEYMOUR CASSEL, KUMAR PALLANA
Anderson è un regista per molti versi fuori dagli schemi. Il motivo? Le sue commedie mantengono immancabilmente un tono serioso fino alle estreme conseguenze, eppure riescono a innescare un salubre divertimento pur senza perdere il tocco impegnativo che questo singolare cineasta riesce ad infondere nelle sue originali opere. Anche con questo film (il terzo della sua carriera), realizza un quadro familiare che denota particolarità sublimi e sopraffine, per come viene raccontato ed esposto, facendo ricorso a una struttura spezzettata in prologo, capitoli vari ed epilogo, con tanto di didascalie pittoresche che decorano con una mano assai artigianale lo scandire del tempo narrativo. Quella dei Tenenbaum è una famiglia sgangherata e allo sbando che vive in una New York dal gusto fiabesco e dalle sembianze pop. I tre figli del ricco e bizzarro Royal Tenenbaum eccellono da bambini in vari campi dello scibile umano: Chas diventa un imprenditore rampante col pallino della finanza e la mania di allevare topi; Richie si distingue alla grande come campione nazionale di tennis; Margot si fa strada come commediografa e abbraccia una fortunata carriera in teatro. Ma poi, crescendo, essi perdono il talento e si trasformano in adulti nevrotici, insicuri e pieni di magagne, oppressi dal padre che finge di avere un cancro all’intestino per riallacciare i rapporti con i figli dopo un allontanamento volontario, ma pur sempre forzato, durato vent’anni. A completare il sipario divertente e caricaturale di questa galleria assolutamente irripetibile di strambi caratteri si aggiungono: uno scrittore vestito da cowboy che dimostra turbe psichiche; Etheline, la moglie di Royal, che lo lascia per un nero benestante che l’ex marito non smetterà mai di criticare aspramente; il compagno di Margot, un autore-neurologo che lavora in ospedale e porta gli occhiali uniti ad un folto barbone grigio. La regia riesce a dare lo spazio giusto a ciascun attore, permettendogli di esprimersi con una facilità meravigliosa che rimarca la ricchezza della sceneggiatura e ne trae spunti davvero interessanti anche come veicolo sociologico per descrivere una realtà purtroppo attualissima: le famiglie numerose sono portate a sfasciarsi, e rimetterle insieme dopo tanti anni di lontananza e menefreghismo ostentato è un’impresa più impossibile che complessa. Tra le trovate argute da segnalare, ricordo: la tuta rossa indossata da Stiller, vedovo perché ha perso la moglie in un incidente aereo e quindi continua a tormentare i due figli piccoli con una corsa antincendio all’impazzata; la permanenza di G. Paltrow nella vasca da bagno per sei ore al giorno, mentre è intenta a poltrire davanti alla televisione; la noncuranza e il senso pratico di A. Huston, che le consentono di provare ancora qualche sensazione positiva e gradevole nei riguardi del consorte; le fuoriuscite rabbiose e incontrollate di Hackman (premiato col Golden Globe per questa interpretazione), in cui il bravo attore si impegna a fondo per risultare allegro, convincente ed attendibile; e infine il tentativo di suicidio operato da L. Wilson, col successivo ricovero in ospedale e la presa di coscienza che la vita, vale comunque la pena di viverla. Insomma, un film che manifesta limpidezza da tutti i pori e una lezione esistenziale sul significato di un’istituzione che dalla notte dei tempi governa le azioni umane e stringe legami importanti fra i mammiferi bipedi più sviluppati e intelligenti del pianeta. Nessuna forzatura ideologica e nessun manicheismo infruttuoso arrivano ad inquinare la freschezza lampante e il brio magnifico di un’opera da rivedere e gustare più di una volta. Attori eccellenti, contributi tecnici di qualità che creano ornamenti tutt’altro che secondari per rendere superbamente artistica una pellicola che funziona a pieno vapore sotto numerosi aspetti, non soltanto strettamente cinematografici.
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jacopo b98
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lunedì 18 agosto 2014
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una commedia agrodolce sulla famiglia americana
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Royal Tenenbaum (Hackman) è il patriarca di una famiglia di geni: il figlio Chas (Stiller) a otto-nove anni era un affarista di successo, la figlia Margot (Paltrow) da ragazzina era già un’acclamata drammaturga e il terzo figlio Richie (L.Wilson) un grande tennista. Tuttavia egli non mette piede in famiglia da numerosi anni ed ora vive solo in un grande hotel. Sfrattato dalla sua stanza, con pochissimi soldi, cerca di reinserirsi in famiglia dicendo di essere malato terminale. Sarà vero? E riuscirà Royal a riconquistarsi la fiducia dei figli e della moglie (Huston)? Scritto dal regista con Owen Wilson (che interpreta il cowboy che vive a Casa Tenenbaum ed è il fratello del Luke interprete di Richie) è la più sorprendente commedia dell’anno.
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Royal Tenenbaum (Hackman) è il patriarca di una famiglia di geni: il figlio Chas (Stiller) a otto-nove anni era un affarista di successo, la figlia Margot (Paltrow) da ragazzina era già un’acclamata drammaturga e il terzo figlio Richie (L.Wilson) un grande tennista. Tuttavia egli non mette piede in famiglia da numerosi anni ed ora vive solo in un grande hotel. Sfrattato dalla sua stanza, con pochissimi soldi, cerca di reinserirsi in famiglia dicendo di essere malato terminale. Sarà vero? E riuscirà Royal a riconquistarsi la fiducia dei figli e della moglie (Huston)? Scritto dal regista con Owen Wilson (che interpreta il cowboy che vive a Casa Tenenbaum ed è il fratello del Luke interprete di Richie) è la più sorprendente commedia dell’anno. È uno spaccato della famiglia e della società americana in chiave di commedia. Talvolta diverte, spesso commuove, generalmente sorprende, grazie anche ad una regia ammirabile: Anderson gira in modo geometrico, le sue inquadrature sono carrellate semplici che vanno a destra o a sinistra, in alto o in basso, mai in avanti, il mondo è bidimensionale, nel senso buono del termine. Una vera chicca visiva! Non per niente il suo stile è il più innovativo del cinema moderno. Ne esce un film curioso, buffo eppur spietato nei confronti di una società immorale. Al tutto contribuiscono un cast di attori in gran forma (su tutti Gene Hackman, premiato con il Golden Globe) e una colonna sonora sensazionale. È il vero e proprio manifesto dell’Anderson Style. Solo una candidatura agli Oscar per la sceneggiatura originale.
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franco d.
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venerdì 13 giugno 2014
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il complesso di telemaco: aspettando il padre
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Lo psicologo Massimo Recalcati ha definito "complesso di Telemaco" un atteggiamento tipico d'inizio XXI secolo, la ricerca da parte di adolescenti e non di una figura paterna (che la società non offre più) a cui poter guardare come modello e ispirazione, così da poter crescere confrontandosi con essa. Già la storia di Max Fischer, il protagonista di "Rushmore", ne era una buona esemplificazione, ma questo film in pratica ne è l'esatta incarnazione. Da bambini, i tre fratelli Tenenbaum sono stati dei prodigi: Chas (Ben Stiller) un finanziere di successo, Margot (Gwyneth Paltrow) una scrittrice di talento e Richie (Luke Wilson) un campione di tennis.
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Lo psicologo Massimo Recalcati ha definito "complesso di Telemaco" un atteggiamento tipico d'inizio XXI secolo, la ricerca da parte di adolescenti e non di una figura paterna (che la società non offre più) a cui poter guardare come modello e ispirazione, così da poter crescere confrontandosi con essa. Già la storia di Max Fischer, il protagonista di "Rushmore", ne era una buona esemplificazione, ma questo film in pratica ne è l'esatta incarnazione. Da bambini, i tre fratelli Tenenbaum sono stati dei prodigi: Chas (Ben Stiller) un finanziere di successo, Margot (Gwyneth Paltrow) una scrittrice di talento e Richie (Luke Wilson) un campione di tennis. Ma adesso, da grandi, vivono tutti delle vite più o meno miserabili, Chas ossessionato dalla sicurezza dei figli dopo la morte della moglie, Margot in un matrimonio senza amore con lo psicologo Raleigh St. Clair (Bill Murray) e Richie a bordo di una nave, dopo essersi ritirato dallo sport. La ragione del loro fallimento sta nel rapporto con il padre, Royal (Gene Hackman), un avvocato egoista e infantile che, cacciato di casa dalla moglie Etheline (Anjelica Huston), non si è mai veramente curato di loro, preferendo vivere da scioperato in un ricco hotel. Quando però Royal apprende che Etheline sta per risposarsi e che lui stesso è in bancarotta, finge di stare morendo per un cancro allo stomaco e si reinstalla in casa, iniziando una sorta di esodo al contrario che coinvolgerà tutti i figli. E’ solo l’inizio di un confronto interfamiliare che avrà molte sorprese e che, forse, porterà a un chiarimento con i figli. Terzo (e ultimo) film scritto in coppia da Anderson e Owen Wilson (che vi recita pure), è il film della definitiva consacrazione del regista, che finalmente arriva alle "radici" del suo cinema, mostrandoci da dove si originano tutte le nevrosi e i drammi dei suoi personaggi: nel rapporto irrisolto con figure genitoriali assenti (la madre) o vittime della sindrome di Peter Pan (il padre), comunque insensibili, che hanno costretto i figli a crescere in pratica da soli. Il risultato è che questi ultimi poi alla fine non sanno cosa farsene del loro talento e restano dei bambini bisognosi di affetto, 'fissati' in una maschera innaturale e castrante (la tuta da ginnastica di Chas, la fascia e i capelli lunghi di Richie, il make-up di Margot). La genialità di Anderson, però, è di farci vedere tutta questa materia come se fossimo noi stessi dei bambini. In teoria, questo film è la lettura di un romanzo (a opera di Alec Baldwin) - quindi una finzione all'interno di una finzione - e i colori caldi della fotografia, l'esasperata fisicità dei personaggi, il montaggio che predilige il campo medio e l'inquadratura fissa, danno l'impressione di una serie di quadri viventi, illustrazioni da libro di Roald Dahl o striscia dei "Peanuts", evocando così un linguaggio visuale tipico della prima infanzia. I contenuti, però, sono di una commedia adulta e seria, a tratti persino tragica (il tentato suicidio di Richie), come in una seduta psicanalitica di gruppo dove tutti possiamo riconoscere, in un'atmosfera cordiale e comunitaria, il nostro bisogno ancora forte di una storia che sappia commuoverci e rappacificarci col mondo, in prima battuta forse proprio con i nostri fantasmi famigliari. Perché in fondo tutti noi siamo Telemaco, tutti noi almeno per una volta abbiamo desiderato essere riconosciuti come speciali e unici dalle persone più vicine, e come i tre fratelli Tenenbaum, abbiamo tutti affrontato l'esperienza della delusione di fronte a una realtà meschina e frustrante. Ed è per questo che abbiamo bisogno del cinema: perché abbiamo bisogno di confrontarci con quel padre di cui sentiamo la mancanza, ed è solo meglio se ha il ghigno e l'istrionismo del grandissimo Gene Hackman (il padre che nessuno di noi vorrebbe, ma che forse abbiamo tutti avuto, almeno una volta nella vita).
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serpier
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martedì 28 gennaio 2014
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favoloso
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sceneggiatura avvolgente, coinvolgente, a mio parere chiunque si può rispecchiare in ogni personaggio. bellissima scenografia, ambienti di un passato che in fondo non è ancora passato ma esprimono accoglienza e meetono a proprio agio qualunque persona, qualsiasi caratteristica e personalità,da qualunque generazione provenga. ottima scelta muscale. e comunque, bravi tutti: bello, poetico, riflessivo, divertente, introspettivo. è uno di quei film che dispiace sapere che stà per finire
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