writer58
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venerdì 17 novembre 2023
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non solo titane...
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Concludo la rassegna di film da me visti e non recensiti nel 2021, l'anno della ripresa dopo la paralisi del Covid. La prima parte la trovate come commento a “qui rido io”.
1.Belfast (bel film, che narra i conflitti tra cattolici e protestanti nell’Irlanda del Nord del 1969, a partire dallo sguardo di un bambino di nove anni, quasi una rivisitazione dell’infanzia del regista, un ottimo Branagh)
2. Il potere del cane. Eccellente lavoro della Campion che si conferma come una delle migliori registe in circolazione. Sgradevole e spiazzante, con un protagonista detestabile (un ottimo Cumberbatch), ambientato nelle immensità dell’ovest americano negli anni ’20.
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Concludo la rassegna di film da me visti e non recensiti nel 2021, l'anno della ripresa dopo la paralisi del Covid. La prima parte la trovate come commento a “qui rido io”.
1.Belfast (bel film, che narra i conflitti tra cattolici e protestanti nell’Irlanda del Nord del 1969, a partire dallo sguardo di un bambino di nove anni, quasi una rivisitazione dell’infanzia del regista, un ottimo Branagh)
2. Il potere del cane. Eccellente lavoro della Campion che si conferma come una delle migliori registe in circolazione. Sgradevole e spiazzante, con un protagonista detestabile (un ottimo Cumberbatch), ambientato nelle immensità dell’ovest americano negli anni ’20. Una vicenda di soprusi, di sopraffazioni, di debolezze, di vendette sotterranee, di personaggi costretti a vivere su un territorio troppo vasto, con un rapporto represso con le proprie emozioni ed inclinazioni, soprattutto se inconfessabili.
3. Cry macho, opera minore di Eastwood, sorprendentemente modesta e anche infarcita di qualche clichè prescindibile (il finale con la donna di buon cuore del paese messicano pare un inno alle convenzioni più logore).
4. Il gioco del destino e della fantasia: film giapponese di Hamaguchi strutturato in tre episodi. Formalmente accurato ed elegante, mi è parso disomogeneo, con parti narrativamente più interessanti (il terzo e, in parte, il secondo episodio) con altre poco stimolanti e un po’ tirate via.
5. The mauritanian: visto su Netflix, prodotto medio in linea con le produzioni della piattaforma streaming, senza infamia e senza lode. Il protagonista passa attraverso un inferno di torture e privazioni, ma non perde la sua umanità.
E, infine, Titane. Opera sopravvalutata e debordante, quasi intollerabile nei suoi eccessi, la storia di due solitudini e due patologie che si scontrano e in qualche modo si integrano tra di loro. Alexia, ballerina con una protesi di titanio nella calotta cranica, serial killer per marcare la sua distanza dal genere maschile e più in generale dalla specie umana e Vincent, comandante dei vigili del fuoco, dipendente dagli steroidi, alla ricerca allucinatoria di un figlio scomparso. La storia sarebbe anche interessante, se il film non si prendesse troppo sul serio, collezionando un insieme di sequenze splatter e gore che, a volte, diventano capolavori di umorismo involontario, come nella scena del rapporto sessuale tra Alexia e un’automobile, condita da movimenti frenetici della vettura e schizzi di olio motore. Le lodi della critica a questo lavoro mi appaiano francamente incomprensibili: non è l’eccesso a determinare la qualità di una proposta, ma la capacità del regista di rappresentare anche le situazioni più estreme integrandole in una visione d’autore matura e compiuta.
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writer58
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martedì 14 novembre 2023
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il futuro fa schifo...
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Opera sopravvalutata e debordante, quasi intollerabile nei suoi eccessi, la storia di due solitudini e due patologie che si scontrano e in qualche modo si integrano tra di loro. Alexia, ballerina con una protesi di titanio nella calotta cranica, serial killer per marcare la sua distanza dal genere maschile e più in generale dalla specie umana e Vincent, comandante dei vigili del fuoco, dipendente dagli steroidi, alla ricerca allucinatoria di un figlio scomparso. La storia sarebbe anche interessante, se il film non si prendesse troppo sul serio, collezionando un insieme di sequenze splatter e gore che, a volte, diventano capolavori di umorismo involontario, come nella scena del rapporto sessuale tra Alexia e un’automobile, condita da movimenti frenetici della vettura e schizzi di olio motore.
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Opera sopravvalutata e debordante, quasi intollerabile nei suoi eccessi, la storia di due solitudini e due patologie che si scontrano e in qualche modo si integrano tra di loro. Alexia, ballerina con una protesi di titanio nella calotta cranica, serial killer per marcare la sua distanza dal genere maschile e più in generale dalla specie umana e Vincent, comandante dei vigili del fuoco, dipendente dagli steroidi, alla ricerca allucinatoria di un figlio scomparso. La storia sarebbe anche interessante, se il film non si prendesse troppo sul serio, collezionando un insieme di sequenze splatter e gore che, a volte, diventano capolavori di umorismo involontario, come nella scena del rapporto sessuale tra Alexia e un’automobile, condita da movimenti frenetici della vettura e schizzi di olio motore. Le lodi della critica a questo lavoro mi appaiano francamente incomprensibili: non è l’eccesso a determinare la qualità di una proposta, ma la capacità del regista di rappresentare anche le situazioni più estreme integrandole in una visione d’autore matura e compiuta.
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lovemovies
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martedì 10 ottobre 2023
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splatter del futuro
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Guardando certi film, a volte mi chiedo quali fossero i messaggi che il regista voleva trasmettere al pubblico e quale fosse l'ipotetica alta scala di gradimento al quale il film ambisse.
Scorrendo l'elenco dei premi vinti, delle nomination e quant'altro, risulta, in modo inequivocabile, che il lavoro del regista è stato premiato, e tanto. Non fa niente se è andato in scena l'orrore, col pretesto di insegnarci come potrebbe essere orribile il futuro dell'umanità. Peraltro, la protagonista, umana del tutto non lo è, a causa di una placca di metallo che le è stata fissata nel cranio da bambina dopo un incidente. Questo metallo, stabilmente a contatto con la carne, produce infatti imprevedibili e, a mio parere, comici effetti collaterali.
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Guardando certi film, a volte mi chiedo quali fossero i messaggi che il regista voleva trasmettere al pubblico e quale fosse l'ipotetica alta scala di gradimento al quale il film ambisse.
Scorrendo l'elenco dei premi vinti, delle nomination e quant'altro, risulta, in modo inequivocabile, che il lavoro del regista è stato premiato, e tanto. Non fa niente se è andato in scena l'orrore, col pretesto di insegnarci come potrebbe essere orribile il futuro dell'umanità. Peraltro, la protagonista, umana del tutto non lo è, a causa di una placca di metallo che le è stata fissata nel cranio da bambina dopo un incidente. Questo metallo, stabilmente a contatto con la carne, produce infatti imprevedibili e, a mio parere, comici effetti collaterali. Vedasi la passione sessuale che prende la ragazza quando si trova nei pressi delle automobili e vedasi le automobili in grado di gravidare le femmine non del tutto umane. Effetti comici, dicevo, anche se il film non fa per niente ridere, vuoi per i cadaveri ricorrenti, vuoi per l'alta probabilità che altri cadaveri tengano compagnia sino alla fine del film, vuoi per le autoflagellazioni che la futura mamma si propina. Di cosa esattamente sarà madre rimane tutto da capire, di che tempra fosse il padre capo pompiere è invece tutto lì proprio da vedere.
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domenica 8 ottobre 2023
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assurdo
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Ma veramente crede a quello che scrive??
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daniele fanin
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mercoledì 4 maggio 2022
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o tempora o mores!
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Viviamo in tempi strani, in cui un giapponese sposa un ologramma e in cui il primo contatto molte persone hanno quando si svegliano la mattina è con un’assistente virtuale con un nome terribilmente simile alla protagonista di Titane, il secondo film di Julia Ducournau dopo che il controverso ma apprezzato dalla critica Row (2016), a cui Titane si lega apertamente, dalla sequenza iniziale al personaggio interpretato da Garance Marillier fino alla distorta relazione fra padre e figlia. In questi tempi strani, forse non appare cosi strano che un film come Titane vinca la Palma d’Oro a Cannes, il primo film da Il Piano di Jane Campoion nel 1993 a consegnare ad una regista il premio principale della rassegna nel 2021.
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Viviamo in tempi strani, in cui un giapponese sposa un ologramma e in cui il primo contatto molte persone hanno quando si svegliano la mattina è con un’assistente virtuale con un nome terribilmente simile alla protagonista di Titane, il secondo film di Julia Ducournau dopo che il controverso ma apprezzato dalla critica Row (2016), a cui Titane si lega apertamente, dalla sequenza iniziale al personaggio interpretato da Garance Marillier fino alla distorta relazione fra padre e figlia. In questi tempi strani, forse non appare cosi strano che un film come Titane vinca la Palma d’Oro a Cannes, il primo film da Il Piano di Jane Campoion nel 1993 a consegnare ad una regista il premio principale della rassegna nel 2021.
A seguito di un incidente automobilstico, viene inserita una placca di titanio nel cranio della piccola Alexia, che ben presto sviluppa un’attrazione molto particolare verso le auto. Una volta cresciuta, la mette a profitto diventando l’attrazione principale dei saloni dedicati ad automobili sportive, sensualmente ballando sulle vetture ed attirando il tossico maschilismo imbevuto dell’accoppiata donne & motori. Dopo una performance, Alexia, che non è chiaro se sia l’assassino seriale gia’ ricercato dalla polizia, uccide brutalmente un ammiratore troppo fisico, prima di entrare nuda nell’auto sul cui cofano aveva provocatoriamente danzato e fare sesso con la macchina. Poco dopo aver scoperto di essere rimasta incinta, Alexia elimina selvaggiamente una collega ed il suo gruppo di amici prima di appiccare fuoco alla propria casa e di averci chiuso dentro i genitori.
Ricercata dalla polizia, Alexia svanisce e cambia le proprie sembianze, spacciandosi per Adrien, un bambino sparito dieci anni prima. Vincent, il capo dei pompieri locali e padre del bambino, che non riesce ad accettare ne’ il proprio invecchiamento, che combatte inutilmente con gli sterodi, ne’ la perdita del flglio, decide di credere al ritrovamento di Adrien/Alexia e lo impone a tutti coloro che lo circondano. Di nuovo nel mezzo di un ambiente maschilista come quello della caserma dei pompieri comandata da Vincent, Alexia incontra sempre maggiori difficolta’ nel sostenere il proprio mascheramento e si avvicina progressivamente a Vincent, che a sua volta ha bisogno di credere nella propria illusione contro ogni apparenza e certezza. Con l’avanzare della gravidanza, la natura femminile diventa sempre piu’ ardua da celare ed Alexia si appoggia ormai decisamente a Vincent, che con amore paterno le rimane vicino fino al controverso parto con cui si chiude il film.
Titane, supportato dall’ottima ed intensa recitazione di Agathe Rousselle (Alexia) e Vincent Lindon (Vincent), non e’ certo un film facile da guardare e processare, spesso mirando direttamente a colpire lo spettatore nello stomaco per raggiungere la sua mente, ma in questi tempi strani rappresenta decisamente un’opera da vedere, almeno da coloro che credono che l’arte non sia solamente l’equilibrio estetico della Nascita di Venere di Botticelli o l’accattivante immobilita’ della Gioconda di Leonardo, ma anche il mondo frantumato della Guernica di Picasso o il dolore insopportabile dell’Urlo di Munch.
Questo e’ solo il secondo lungometraggio della francese Julia Ducournau, dopo Raw (2016) ed il corto di debutto Junior, con cui ha vinto il Petit Rail d'Or nel 2011 a Cannes. Figlia di una ginecologa e di un dermatologo, la regista ha ammesso che l’ambiente medico-familiare ha avuto un ruolo di primo piano nella sua attrazione verso il corpo, che usa, spesso brutalmente, per rappresentare le turbolenze delle anime. Accostata a registi come David Cronenberg e David Lynch, Julia Ducournau ha peraltro dimostrato di avere uno stile molto personale sia nelle storie che decide di narrare che nel modo in cui le filma ed è senz’altro una regista da seguire con attenzione ed interesse.
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rosmersholm
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lunedì 18 aprile 2022
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patetico
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"Una scena patetica è una scena in cui i sentimenti sono talmente ostentati e artefatti, che risultano meschini, che quasi suscitano una smorfia di disgusto penoso e imbarazzato; così un racconto patetico sarà enfatico, con grandi gesticolazioni e occhi che roteano, una scusa patetica tenterà di fare leva in maniera sordida su un sentimento esasperato: insomma, la connotazione è decisamente viscida, fredda e negativa." Quello che rende perfetta la definizione di patetico a Titane è che l'ostentazione di mezzi espressivi esasperati è al servizio di una storia artefatta e sconnessa, senza nessuno spessore di qualsiasi tipo.
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"Una scena patetica è una scena in cui i sentimenti sono talmente ostentati e artefatti, che risultano meschini, che quasi suscitano una smorfia di disgusto penoso e imbarazzato; così un racconto patetico sarà enfatico, con grandi gesticolazioni e occhi che roteano, una scusa patetica tenterà di fare leva in maniera sordida su un sentimento esasperato: insomma, la connotazione è decisamente viscida, fredda e negativa." Quello che rende perfetta la definizione di patetico a Titane è che l'ostentazione di mezzi espressivi esasperati è al servizio di una storia artefatta e sconnessa, senza nessuno spessore di qualsiasi tipo. D'altra parte è comune a molti, quando non si ha nulla da dire...
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gino p.
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domenica 7 novembre 2021
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pretenzioso, furbetto, sconnesso. noioso
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épater le bourgeois si diceva un tempo. Sbalordire la borghesia, sfidarne il perbenismo, le convenzioni sociali, la morale pubblica.
Ma quella borghesia non esiste più. Siamo tutti testimoni della rivoluzione Lgbtq+, tautaggi e piercing sono standard dei salotti pomeridiani per casalinghe, l'ultraviolenza è indicata +14 su Netflix.
Uno spettacolo sgangherato e autoreferenziale tentando il plagio di "Tetsuo - l'uomo di ferro" vera sperimentazione giapponese di quasi 35 anni fa. Gli spettatori tra risatine imbarazzanti e vaffa per il biglietto non rimborsabile si alzano a metà film per prediligere una bella passeggiata o una birra. Chi rimane come il sottoscritto per gusto dell'orrido non può contare neanche sulla pennichella perché la noia è disturbata da un audio fastidioso e roboante.
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épater le bourgeois si diceva un tempo. Sbalordire la borghesia, sfidarne il perbenismo, le convenzioni sociali, la morale pubblica.
Ma quella borghesia non esiste più. Siamo tutti testimoni della rivoluzione Lgbtq+, tautaggi e piercing sono standard dei salotti pomeridiani per casalinghe, l'ultraviolenza è indicata +14 su Netflix.
Uno spettacolo sgangherato e autoreferenziale tentando il plagio di "Tetsuo - l'uomo di ferro" vera sperimentazione giapponese di quasi 35 anni fa. Gli spettatori tra risatine imbarazzanti e vaffa per il biglietto non rimborsabile si alzano a metà film per prediligere una bella passeggiata o una birra. Chi rimane come il sottoscritto per gusto dell'orrido non può contare neanche sulla pennichella perché la noia è disturbata da un audio fastidioso e roboante.
Ci sarebbe da avviare un'indagine socio psicologica su come e perché i giurati di Cannes abbiano premiato questa opera da indifferenziata. Forse l'età media di 80 anni può avere aiutato.
Se bisognava far tornare pubblico magari giovane nelle sale mai scelta fu più sbagliata, ridicola, imbarazzante.
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abramo rizzardo
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domenica 24 ottobre 2021
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un film che non lascia prendere fiato
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Presentato al Festival di Cannes 2021, la seconda pellicola di Julia Ducournau, che la ricordiamo per aver esordito con “ Raw ”, torna in sala con forti obiettivi e sensazionali pretese. Alexia, dopo un forte incidente d'auto, sopravvive grazie a un pezzo di titanio che le viene innestato nel cranio: dall'infanzia passiamo alla gioventù, dove vediamo che la bambina, ormai cresciuta ( e con ancora il “marchio di fabbrica” sul cranio ), lavora come sexy presentatrice di automobili fatiscenti: lei stessa, composta in parte da pezzi di titanio, è un ibrido, proprio come una macchina. Alexia però dall'incidente non è più la stessa, e questo lo si nota molto bene dalla splendida scena in cui osserva il padre in ospedale ( tipico sguardo Kubrickiano ), come gli dicesse “ Ora ecco chi sono grazie a te: un mostro.
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Presentato al Festival di Cannes 2021, la seconda pellicola di Julia Ducournau, che la ricordiamo per aver esordito con “ Raw ”, torna in sala con forti obiettivi e sensazionali pretese. Alexia, dopo un forte incidente d'auto, sopravvive grazie a un pezzo di titanio che le viene innestato nel cranio: dall'infanzia passiamo alla gioventù, dove vediamo che la bambina, ormai cresciuta ( e con ancora il “marchio di fabbrica” sul cranio ), lavora come sexy presentatrice di automobili fatiscenti: lei stessa, composta in parte da pezzi di titanio, è un ibrido, proprio come una macchina. Alexia però dall'incidente non è più la stessa, e questo lo si nota molto bene dalla splendida scena in cui osserva il padre in ospedale ( tipico sguardo Kubrickiano ), come gli dicesse “ Ora ecco chi sono grazie a te: un mostro. ” Con il passare degli anni dunque reprime tutta la rabbia, fino a che, durante una serata post-lavoro, esplode, e aziona la marcia più alta, uccidendo chiunque si trovi nel suo raggio, sulle note di Caterina Caselli: non è finita però, tornando a casa, dopo essersi lavata dallo sporco omicidio, decide di fare sesso con un' auto, che dopo averle bussato alla porta, la seduce fino al coito.
Fredda e spietata nel suo agire, proprio come un motore ibrido, dopo varie fughe e modi per non farsi riconoscere, trova rifugio presso un pompiere, con evidenti problemi di solitudine, che trovano in lei la ragazza perfetta per poter colmare quel vuoto. “ Non importa chi tu sia, non voglio neppure saperlo. ” gli dice durante una scena il padre alla presunta figlia, dopo aver scoperto la cruda verità. Un film spietato, crudo e senza alcun tipo di filtro nel mostrare quello che intende dimostrare: la mancanza di affetti, le relazioni instabili, la solitudine più estrema che trova speranze anche in un assassino, la creazione di un mostro, dopodiché la rivelazione finale. Grandissima la protagonista, che con poche battute, dipinge un ritratto del personaggio alla perfezione, rendendo umano ciò che in realtà è titanio, dunque l'opposto. Perfettamente in sintonia con Agathe Rousselle, troviamo un Vincent Lindon in ottima forma, che ci regala una delle sue interpretazioni migliori, riuscendo a farci comprendere il dolore di un padre, che pur di non rimanere solo, accoglie in casa sua un'omicida. Regia del film ottima, differente dalla regia perlopiù statica di “ Raw ”, con molte scene a telecamera a mano, pompate da queste luci-neon che a volte colpiscono lo spettatore come un pugno, mentre altre lo accarezzano dolcemente, sulle note dei “ The Zombies ”. Momento storico inoltre per il Cinema: da “ The Piano ”, dove una splendida Jane Campion vinceva la Palma d'Oro, sino a “ Titane ”, l'opposto: due magnifici ritratti, che seppur differenti ( proprio come l'acqua delle spettacolari scene della Campion e le fiammanti distese in cui si ritrova Vincent Lindon ), donano qualcosa in più al Cinema, e per questo le ringraziamo infinitamente entrambe.
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laura
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giovedì 21 ottobre 2021
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titanica
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Un film incredibile e futuristica. La poetica di questa autrice è qualcosa di mai visto prima. Certo, la forma lascia spazio al contenuto (forse troppo) ma, dato il contenuto, si può parlare davvero, come letto altrove, di cinema del futuro. Un cinema libero da qualsiasi vincolo preesistente è pronto a sorprendere ad ogni “punto di svolta”. Gran film
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amgiad
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martedì 19 ottobre 2021
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tita ni
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Nel solco de "lo famo stramo" ben si inserisce questo film. Mi ha fatto ripensare a certe prestazioni sanguigne di Marina Abramovich, e ad altre prestazioni di Jeff Koons, dove il nulla è ben pagato.. Se il cinema è la settima arte, in questo caso ci siamo fernati a generosi due settimi (due quinti nelle stelle). Comunque ci consola pensare che, se ci siamo già dimenticati dei film di Jodorowsky, ancor prima cadrà l' oblio su questa opera. Senza speranza di Psicomagia. Forse il miglior pregio di questo lungometraggio, qualità che potrebbe aver contribuito nell' assegnargli la Palma d' Oro, è l' essere prodotto francese. E canticchiando Douce France concludo.
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