thomas
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sabato 2 ottobre 2021
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il cinema di un "non domani"
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Cosa c’è nel futuro dell’umanità? L’ibridazione con animali o addirittura cose, oppure l’autopotenziamento grazie allo sfruttamento delle risorse ancora inesplorate della mente? “Titane” opta per la prima risposta e non vi è dubbio che, se questo è il nostro futuro, il film merita già solo per questo un apprezzamento perché ha la capacità di guardare avanti, se non addirittura oltre. Se invece la risposta giusta è la seconda, “Titane” merita comunque un apprezzamento, perché ci fa capire quanto sarebbe sbagliata la prima strada. La protagonista, infatti ibridizzata per mezzo di una piastra di titanio infissa nella testa, acquisisce l’attitudine a interagire fisicamente con le automobili, al punto di avere rapporti sessuali e rimanere incinta di una di esse.
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Cosa c’è nel futuro dell’umanità? L’ibridazione con animali o addirittura cose, oppure l’autopotenziamento grazie allo sfruttamento delle risorse ancora inesplorate della mente? “Titane” opta per la prima risposta e non vi è dubbio che, se questo è il nostro futuro, il film merita già solo per questo un apprezzamento perché ha la capacità di guardare avanti, se non addirittura oltre. Se invece la risposta giusta è la seconda, “Titane” merita comunque un apprezzamento, perché ci fa capire quanto sarebbe sbagliata la prima strada. La protagonista, infatti ibridizzata per mezzo di una piastra di titanio infissa nella testa, acquisisce l’attitudine a interagire fisicamente con le automobili, al punto di avere rapporti sessuali e rimanere incinta di una di esse. Ma la perdita parziale di umanità non potenzia l’essere umano, lo disumanizza, sicché commettere crudeltà gratuite nei confronti dei propri simili (o anche veri e propri atti di autolesionismo) diventa il naturale effetto dell’ibridazione. È ovvio che il residuo di umanità consentirà sempre l’incontro con “l’altro”, ma il prezzo di quell’incontro sarà stato troppo alto da pagare, forse insostenibile. E allora il terzo merito del film è farci apprezzare che forse l’evoluzione umana non passa per le ibridazioni, ma per il progredire delle nostre facoltà intellettuali: la mente umana come ambito ancora in gran parte inesplorato, come vera risorsa da conoscere e sfruttare per l’elevamento della civile convivenza e qualità della vita. In buona sostanza la mente umana come mezzo più prezioso in assoluto dell’universo per accrescere irreversibilmente la ricchezza di ognuno e di tutti e, cioè, per mantenere in sé il bene assoluto e, per questo più sfuggente: la felicità. “Titane” non è il cinema di domani, è il cinema di ciò che non dev’essere domani; se infatti l’anima è il luogo più profondo di noi, in cui confluiscono passato e presente, ricordi e passioni, esperienze e attitudini, se l’anima è ciò che ci umanizza, allora la strada giusta è quella che ci porta al migliorare la nostra umanizzazione, non a perderla parzialmente. Chissà se questo in fondo non sia anche il pensiero di Julia Ducournau: la crudeltà gratuite del film, il processo di imbruttimento della protagonista, le luci acide, i dialoghi inesistenti, il dolore esibito, le ferite, i lividi, la solitudine, l’assurdità delle situazioni fanno in realtà di “Titane” non un film horror, e neanche un film mostruoso, bensì un film sull’orrore che può discendere da future possibili scelte tecnologiche mostruose ai danni della nostra umanità.
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angelo umana
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giovedì 7 ottobre 2021
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titane
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Una bambina determinata e dispettosa disturba il padre alla guida di un'auto, lei è sola e seduta nel sedile posteriore, simula il rumore dell'auto in tono crescente, man mano che il papà a sua volta aumenta il volume della radio. La rivediamo, lo sguardo sempre deciso e severo, in un'operazione con cui le pongono una placca di titanio nella tempia dopo l'incidente e subito dopo, ormai adulta e ancheggiante, muoversi sicura di sé e poi ballare una danza erotica in un locale dove simula l'amore sopra la carrozzeria di un'auto. E' creatura in guerra col mondo, mette in atto ogni sorta di violenza con chiunque incontri, il suo grande ago per reggere i capelli era un'arma insospettabile.
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Una bambina determinata e dispettosa disturba il padre alla guida di un'auto, lei è sola e seduta nel sedile posteriore, simula il rumore dell'auto in tono crescente, man mano che il papà a sua volta aumenta il volume della radio. La rivediamo, lo sguardo sempre deciso e severo, in un'operazione con cui le pongono una placca di titanio nella tempia dopo l'incidente e subito dopo, ormai adulta e ancheggiante, muoversi sicura di sé e poi ballare una danza erotica in un locale dove simula l'amore sopra la carrozzeria di un'auto. E' creatura in guerra col mondo, mette in atto ogni sorta di violenza con chiunque incontri, il suo grande ago per reggere i capelli era un'arma insospettabile. In una di queste lotte con una vittima parte la canzone italiana Nessuno mi può giudicare...
L'atto d'amore più autentico lo compie con una Cadillac e ciò fa dire a Spike Lee, presidente della giuria di Cannes 2021, che mai avrebbe immaginato un concepimento in questo modo. Chissà se da parte della giovane regista, la 38enne Julia Ducournau, non ci sia un'allegoria, una somiglianza per contrappasso, con la quasi devozione di tanti maschi per le auto e invece l'amore innato delle donne per i bambini: Alexia (bella e impressionante Agathe Rousselle) concepirà una creatura di carne e metallo, con olio lubrificante nel sistema linfatico (è sempre amore, come ne La forma dell'acqua con quella strana creatura).
Come scrive qualche autore sconosciuto e come meglio non potrebbe dirsi, “nell'incontro di due vuoti, quello di Vincent (Lindon) e quello di Alexia, c'è spazio per una strana e totalmente folle tenerezza”. Perché è la tenerezza che maggiormente resta nello spettatore, a dispetto del thriller e dell'horror ampiamente mostrato, e del resto Vincent Lindon in molti suoi personaggi è risultato tenero, assennato, un buon papà protettivo. L'unico che riesce a domare la strana creatura e a farle riscoprire, appunto, tenerezza.
Insomma, un film moderno, un nuovo linguaggio, gli spagnoli dicono che “qualcosa avrà l'acqua se la benedicono” (qui benedetta con la Palma d'Oro 2021) e questo film ha molto oltre le bellissime immagini, comprese quelle iniziali che sembrano descrivere la poesia delle forme dell'auto, il gocciolare dei tubi, le forme sinuose dei vari pezzi visti da sotto, il girare veloce delle ruote: un amore di carrozzeria presagito.
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daniele fanin
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mercoledì 4 maggio 2022
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o tempora o mores!
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Viviamo in tempi strani, in cui un giapponese sposa un ologramma e in cui il primo contatto molte persone hanno quando si svegliano la mattina è con un’assistente virtuale con un nome terribilmente simile alla protagonista di Titane, il secondo film di Julia Ducournau dopo che il controverso ma apprezzato dalla critica Row (2016), a cui Titane si lega apertamente, dalla sequenza iniziale al personaggio interpretato da Garance Marillier fino alla distorta relazione fra padre e figlia. In questi tempi strani, forse non appare cosi strano che un film come Titane vinca la Palma d’Oro a Cannes, il primo film da Il Piano di Jane Campoion nel 1993 a consegnare ad una regista il premio principale della rassegna nel 2021.
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Viviamo in tempi strani, in cui un giapponese sposa un ologramma e in cui il primo contatto molte persone hanno quando si svegliano la mattina è con un’assistente virtuale con un nome terribilmente simile alla protagonista di Titane, il secondo film di Julia Ducournau dopo che il controverso ma apprezzato dalla critica Row (2016), a cui Titane si lega apertamente, dalla sequenza iniziale al personaggio interpretato da Garance Marillier fino alla distorta relazione fra padre e figlia. In questi tempi strani, forse non appare cosi strano che un film come Titane vinca la Palma d’Oro a Cannes, il primo film da Il Piano di Jane Campoion nel 1993 a consegnare ad una regista il premio principale della rassegna nel 2021.
A seguito di un incidente automobilstico, viene inserita una placca di titanio nel cranio della piccola Alexia, che ben presto sviluppa un’attrazione molto particolare verso le auto. Una volta cresciuta, la mette a profitto diventando l’attrazione principale dei saloni dedicati ad automobili sportive, sensualmente ballando sulle vetture ed attirando il tossico maschilismo imbevuto dell’accoppiata donne & motori. Dopo una performance, Alexia, che non è chiaro se sia l’assassino seriale gia’ ricercato dalla polizia, uccide brutalmente un ammiratore troppo fisico, prima di entrare nuda nell’auto sul cui cofano aveva provocatoriamente danzato e fare sesso con la macchina. Poco dopo aver scoperto di essere rimasta incinta, Alexia elimina selvaggiamente una collega ed il suo gruppo di amici prima di appiccare fuoco alla propria casa e di averci chiuso dentro i genitori.
Ricercata dalla polizia, Alexia svanisce e cambia le proprie sembianze, spacciandosi per Adrien, un bambino sparito dieci anni prima. Vincent, il capo dei pompieri locali e padre del bambino, che non riesce ad accettare ne’ il proprio invecchiamento, che combatte inutilmente con gli sterodi, ne’ la perdita del flglio, decide di credere al ritrovamento di Adrien/Alexia e lo impone a tutti coloro che lo circondano. Di nuovo nel mezzo di un ambiente maschilista come quello della caserma dei pompieri comandata da Vincent, Alexia incontra sempre maggiori difficolta’ nel sostenere il proprio mascheramento e si avvicina progressivamente a Vincent, che a sua volta ha bisogno di credere nella propria illusione contro ogni apparenza e certezza. Con l’avanzare della gravidanza, la natura femminile diventa sempre piu’ ardua da celare ed Alexia si appoggia ormai decisamente a Vincent, che con amore paterno le rimane vicino fino al controverso parto con cui si chiude il film.
Titane, supportato dall’ottima ed intensa recitazione di Agathe Rousselle (Alexia) e Vincent Lindon (Vincent), non e’ certo un film facile da guardare e processare, spesso mirando direttamente a colpire lo spettatore nello stomaco per raggiungere la sua mente, ma in questi tempi strani rappresenta decisamente un’opera da vedere, almeno da coloro che credono che l’arte non sia solamente l’equilibrio estetico della Nascita di Venere di Botticelli o l’accattivante immobilita’ della Gioconda di Leonardo, ma anche il mondo frantumato della Guernica di Picasso o il dolore insopportabile dell’Urlo di Munch.
Questo e’ solo il secondo lungometraggio della francese Julia Ducournau, dopo Raw (2016) ed il corto di debutto Junior, con cui ha vinto il Petit Rail d'Or nel 2011 a Cannes. Figlia di una ginecologa e di un dermatologo, la regista ha ammesso che l’ambiente medico-familiare ha avuto un ruolo di primo piano nella sua attrazione verso il corpo, che usa, spesso brutalmente, per rappresentare le turbolenze delle anime. Accostata a registi come David Cronenberg e David Lynch, Julia Ducournau ha peraltro dimostrato di avere uno stile molto personale sia nelle storie che decide di narrare che nel modo in cui le filma ed è senz’altro una regista da seguire con attenzione ed interesse.
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abramo rizzardo
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domenica 24 ottobre 2021
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un film che non lascia prendere fiato
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Presentato al Festival di Cannes 2021, la seconda pellicola di Julia Ducournau, che la ricordiamo per aver esordito con “ Raw ”, torna in sala con forti obiettivi e sensazionali pretese. Alexia, dopo un forte incidente d'auto, sopravvive grazie a un pezzo di titanio che le viene innestato nel cranio: dall'infanzia passiamo alla gioventù, dove vediamo che la bambina, ormai cresciuta ( e con ancora il “marchio di fabbrica” sul cranio ), lavora come sexy presentatrice di automobili fatiscenti: lei stessa, composta in parte da pezzi di titanio, è un ibrido, proprio come una macchina. Alexia però dall'incidente non è più la stessa, e questo lo si nota molto bene dalla splendida scena in cui osserva il padre in ospedale ( tipico sguardo Kubrickiano ), come gli dicesse “ Ora ecco chi sono grazie a te: un mostro.
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Presentato al Festival di Cannes 2021, la seconda pellicola di Julia Ducournau, che la ricordiamo per aver esordito con “ Raw ”, torna in sala con forti obiettivi e sensazionali pretese. Alexia, dopo un forte incidente d'auto, sopravvive grazie a un pezzo di titanio che le viene innestato nel cranio: dall'infanzia passiamo alla gioventù, dove vediamo che la bambina, ormai cresciuta ( e con ancora il “marchio di fabbrica” sul cranio ), lavora come sexy presentatrice di automobili fatiscenti: lei stessa, composta in parte da pezzi di titanio, è un ibrido, proprio come una macchina. Alexia però dall'incidente non è più la stessa, e questo lo si nota molto bene dalla splendida scena in cui osserva il padre in ospedale ( tipico sguardo Kubrickiano ), come gli dicesse “ Ora ecco chi sono grazie a te: un mostro. ” Con il passare degli anni dunque reprime tutta la rabbia, fino a che, durante una serata post-lavoro, esplode, e aziona la marcia più alta, uccidendo chiunque si trovi nel suo raggio, sulle note di Caterina Caselli: non è finita però, tornando a casa, dopo essersi lavata dallo sporco omicidio, decide di fare sesso con un' auto, che dopo averle bussato alla porta, la seduce fino al coito.
Fredda e spietata nel suo agire, proprio come un motore ibrido, dopo varie fughe e modi per non farsi riconoscere, trova rifugio presso un pompiere, con evidenti problemi di solitudine, che trovano in lei la ragazza perfetta per poter colmare quel vuoto. “ Non importa chi tu sia, non voglio neppure saperlo. ” gli dice durante una scena il padre alla presunta figlia, dopo aver scoperto la cruda verità. Un film spietato, crudo e senza alcun tipo di filtro nel mostrare quello che intende dimostrare: la mancanza di affetti, le relazioni instabili, la solitudine più estrema che trova speranze anche in un assassino, la creazione di un mostro, dopodiché la rivelazione finale. Grandissima la protagonista, che con poche battute, dipinge un ritratto del personaggio alla perfezione, rendendo umano ciò che in realtà è titanio, dunque l'opposto. Perfettamente in sintonia con Agathe Rousselle, troviamo un Vincent Lindon in ottima forma, che ci regala una delle sue interpretazioni migliori, riuscendo a farci comprendere il dolore di un padre, che pur di non rimanere solo, accoglie in casa sua un'omicida. Regia del film ottima, differente dalla regia perlopiù statica di “ Raw ”, con molte scene a telecamera a mano, pompate da queste luci-neon che a volte colpiscono lo spettatore come un pugno, mentre altre lo accarezzano dolcemente, sulle note dei “ The Zombies ”. Momento storico inoltre per il Cinema: da “ The Piano ”, dove una splendida Jane Campion vinceva la Palma d'Oro, sino a “ Titane ”, l'opposto: due magnifici ritratti, che seppur differenti ( proprio come l'acqua delle spettacolari scene della Campion e le fiammanti distese in cui si ritrova Vincent Lindon ), donano qualcosa in più al Cinema, e per questo le ringraziamo infinitamente entrambe.
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