Van Gogh - Sulla soglia dell'eternità

Dopo aver diretto il film 'Basquiat', il pittore-regista Julian Schnabel porta sul grande schermo un altro famoso pittore: Vincent Van Gogh. Questa pellicola sceglie di plasmare un bio-pic stilizzato che mescola in sé l'aneddotica narrativa con l'estetica visionaria, ispirandosi ad alcuni capolavori del pittore olandese.
'At Eternity's Gate' (il titolo viene da un'opera d'arte di Van Gogh) ha il difficile (e consapevolmente impossibile) compito di appropriarsi del mistero che era il suo protagonista, e per questo cerca almeno di restituire la dannazione, i fantasmi e i vuoti interiori dell'uomo, attraverso i suoi rapporti col fratello Theo, con l'amico e collega Paul Gauguin, con la società dell'epoca e con i tormenti espressi nelle sue pitture. A darne il volto e la magistrale interpretazione attoriale è Willem Dafoe (meritata Coppa Volpi alla mostra del cinema di Venezia '18 ), ma anche l'essenziale sceneggiatura (seppur appesantita da lunghi dialoghi), l'avvolgente messinscena (controluce, fuori fuoco, soggettive e inquadrature mosse), e lo stile visivo, evocativo e policromatico, della regia: la macchina da presa, infatti, è usata come fosse un pennello per cercare di esprimere i veloci impulsi sensoriali di Van Gogh verso i paesaggi, la luce, i suoi malesseri interiori. Un film che, tra pregi e difetti (si avverte purtroppo una certa debolezza nel racconto emotivo e nella profondità della materia trattata), sa comunque rendersi a suo modo interessante.