paolp78
|
domenica 3 settembre 2023
|
arte visiva e biografia curata
|
|
|
|
Pellicola del 2018 che offre una bella biografia del grande Vincent van Gogh, probabilmente ispirata dal ritrovamento avvenuto nel 2016 di un taccuino dell’artista contenente ben 65 sui schizzi inediti.
L’opera è diretta dal bravissimo regista statunitense Julian Schnabel, che essendo anche un affermato pittore riesce a mettere a frutto le sue conoscenze tecniche in quel campo per illustrare pregevolmente la tecnica pittorica del maestro olandese e la sua idea di pittura. La spiegazione delle tecniche adoperate da Van Gogh è fatta in modo talmente curato e calibrato che queste risultano comprensibili ed apprezzabili anche ai profani, come il sottoscritto.
Schnabel presenta una regia particolarmente attenta ad esaltare la forza visiva delle immagini, con l’intento evidentemente di restituire allo spettatore lo stesso effetto e le stesse sensazioni date dall’arte pittorica.
[+]
Pellicola del 2018 che offre una bella biografia del grande Vincent van Gogh, probabilmente ispirata dal ritrovamento avvenuto nel 2016 di un taccuino dell’artista contenente ben 65 sui schizzi inediti.
L’opera è diretta dal bravissimo regista statunitense Julian Schnabel, che essendo anche un affermato pittore riesce a mettere a frutto le sue conoscenze tecniche in quel campo per illustrare pregevolmente la tecnica pittorica del maestro olandese e la sua idea di pittura. La spiegazione delle tecniche adoperate da Van Gogh è fatta in modo talmente curato e calibrato che queste risultano comprensibili ed apprezzabili anche ai profani, come il sottoscritto.
Schnabel presenta una regia particolarmente attenta ad esaltare la forza visiva delle immagini, con l’intento evidentemente di restituire allo spettatore lo stesso effetto e le stesse sensazioni date dall’arte pittorica. Tra le altre scelte tecniche si segnala poi il largo uso della camera mobile.
Il film realizza inoltre una biografia molto ricca di particolari, denotando un importante lavoro di studio e di ricerca. Ciò nonostante l’opera resta inevitabilmente un po’ pesante ed il rischio noia è alquanto concreto.
La pellicola si fa apprezzare anche sul piano della rappresentazione degli stati mentali, emotivi e sentimentali del protagonista nel loro progressivo lento degenerare.
Con molto buongusto Schnabel evita di indugiare su particolari quali il noto taglio dell’orecchio che il pittore olandese si inflisse; di questo particolare ne viene dato ampiamente conto, ma saggiamente non viene mostrato.
Altro elemento di forza della pellicola è costituito dalla recitazione del sempre bravissimo Willem Dafoe, che a distanza di pochi anni dal “Pasolini” di Abel Ferrara, torna a recitare come protagonista in un’opera biografica su un grande artista. Nel resto del cast si ricordano grossi interpreti come Rupert Friend e Oscar Isaac nelle parti rispettivamente del fratello Theo e del celebre impressionista francese Paul Gauguin, nonché ancora il sempre ottimo Mads Mikkelsen, capace di distinguersi anche in piccole parti, e l’attore francese Mathieu Amalric.
Pregevole la scelta di ricorrere alla voce fuoricampo dello stesso protagonista, utilizzata per far sì che sia lo stesso Van Gogh a raccontarsi. Questi monologhi non sono partoriti dalla fantasia di Schnabel, ma tratti dall’epistolario che ha lasciato il pittore olandese; quindi la pellicola ha anche un valore autentico di ricostruzione storica. Al riguardo si deve però precisare che circa la morte dell’artista, viene dato credito ad una teoria recente, che escluderebbe il suo suicidio, ma che è non sufficientemente corroborata da prove.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a paolp78 »
[ - ] lascia un commento a paolp78 »
|
|
d'accordo? |
|
francesco2
|
domenica 3 luglio 2022
|
per piacevoli serate televisive
|
|
|
|
In concorso a Venezia, ci sta. Il premio a Defoe, per un eccellente interpretazione -non ho elementi sufficienti per dire la migliore della sua carriera-, anche. Tuttavia, concordo con i tanti che lo valutano un film di perizia calligrafica, ma niente altro. Monostante i ìtroppo-ripetuti primi piani, allucinati molto piu che allucinantim e che ritraggono nomi transalpini femminili probabilmente non di primo piano, l impianto non trova mai una chiave provocatoria. Eppure sarebbe la strad apiu normale per un artista tormentato non privo di tormentati incontri. Certo, Schnabel - a sua volta pittore, tra l altro- non rappresenta un Levinson, altrove gradevole, ma che nel suo Rain man oscilla tra pietismo ed ammirazione per il genio.
[+]
In concorso a Venezia, ci sta. Il premio a Defoe, per un eccellente interpretazione -non ho elementi sufficienti per dire la migliore della sua carriera-, anche. Tuttavia, concordo con i tanti che lo valutano un film di perizia calligrafica, ma niente altro. Monostante i ìtroppo-ripetuti primi piani, allucinati molto piu che allucinantim e che ritraggono nomi transalpini femminili probabilmente non di primo piano, l impianto non trova mai una chiave provocatoria. Eppure sarebbe la strad apiu normale per un artista tormentato non privo di tormentati incontri. Certo, Schnabel - a sua volta pittore, tra l altro- non rappresenta un Levinson, altrove gradevole, ma che nel suo Rain man oscilla tra pietismo ed ammirazione per il genio. Tuttavia, il lungo primo piano su Van Gogh, condito da una musica piuttosto melensa, rappresenta la vera chiave di lettura per il film. Piacevole, ma solo questo, a parte Defoe.
[-]
[+] una precisazione
(di francesco2)
[ - ] una precisazione
|
|
[+] lascia un commento a francesco2 »
[ - ] lascia un commento a francesco2 »
|
|
d'accordo? |
|
alessandro
|
domenica 28 novembre 2021
|
il pittore espressionista
|
|
|
|
Film poetico sulla vita di uno dei pittori più importanti su scala globale che ha fatto da ponte tra la sensibilità ottocentesca e novecentesca. Incompreso ed emarginato, percepiva cose che gli altri ancora non erano in grado di decifrare. Musiche delicate ed i colori caldi della Provenza accompagnano una più che buona prestazione di Willem Dafoe, che si cala nei panni del tormentato pittore olandese. Molto profondi i (pochi) dialoghi. A parlare sono di più le immagini e i silenzi. Nel complesso un buon film
|
|
[+] lascia un commento a alessandro »
[ - ] lascia un commento a alessandro »
|
|
d'accordo? |
|
lucio di loreto
|
giovedì 16 aprile 2020
|
la precaria psiche di un genio
|
|
|
|
La fase introspettiva della vita di Van Gogh dopo le delusioni impressionistiche parigine viene portata sul grande schermo da Julian Schnabel, regista americano nonché pittore e perciò egli stesso disegnatore di numerosi affreschi presenti e primo fan del genio olandese, qui clonato fisicamente e psicologicamente in modo eccellente da Willem Dafoe, per l’occasione pure reale manovratore di pennelli su seta, premiato per ciò con la quarta nomination agli Oscar. La migrazione ad Arles per lavorare sugli estesi paesaggi che ne eleveranno poi il mito è ciò su cui si concentra la macchina da presa, ottenendo in cambio una magistrale trasposizione di tormenti d’animo da parte dell’attore, grandioso nell’impersonare i disagio dell’uomo, mentalmente solo ed isolato e all’esterno visto esclusivamente come pazzo asociale da scansare e ripudiare, diniego che ne comprometterà per sempre una psiche già di suo al limite della pazzia! Ad affiancarlo nelle tre fasi dell’arco narrativo la faranno da padrone il rapporto (l’unico) spontaneo, sincero ed affettuoso con suo fratello Theo, mendicante d’arte che inconsciamente lo farà cadere nel baratro allorquando i lavori da lui sponsorizzati non verranno apprezzati, col collega Gauguin, estimatore prima e dopo rivale contrastante ed infine quello da ospedalizzato e redento nella chiesa, a seguito di feroci disagi emotivi, per una sorta di riabilitazione spirituale e collettiva.
[+]
La fase introspettiva della vita di Van Gogh dopo le delusioni impressionistiche parigine viene portata sul grande schermo da Julian Schnabel, regista americano nonché pittore e perciò egli stesso disegnatore di numerosi affreschi presenti e primo fan del genio olandese, qui clonato fisicamente e psicologicamente in modo eccellente da Willem Dafoe, per l’occasione pure reale manovratore di pennelli su seta, premiato per ciò con la quarta nomination agli Oscar. La migrazione ad Arles per lavorare sugli estesi paesaggi che ne eleveranno poi il mito è ciò su cui si concentra la macchina da presa, ottenendo in cambio una magistrale trasposizione di tormenti d’animo da parte dell’attore, grandioso nell’impersonare i disagio dell’uomo, mentalmente solo ed isolato e all’esterno visto esclusivamente come pazzo asociale da scansare e ripudiare, diniego che ne comprometterà per sempre una psiche già di suo al limite della pazzia! Ad affiancarlo nelle tre fasi dell’arco narrativo la faranno da padrone il rapporto (l’unico) spontaneo, sincero ed affettuoso con suo fratello Theo, mendicante d’arte che inconsciamente lo farà cadere nel baratro allorquando i lavori da lui sponsorizzati non verranno apprezzati, col collega Gauguin, estimatore prima e dopo rivale contrastante ed infine quello da ospedalizzato e redento nella chiesa, a seguito di feroci disagi emotivi, per una sorta di riabilitazione spirituale e collettiva. E’ l’intensità recitativa di Dafoe a lasciare il segno in questa difficile pellicola, coadiuvato da due campioni del calibro di Oscar Isaac e Mads Mikkelsen, passionali al massimo nell’accoppiarsi al collega senza prevaricarlo, per mantenere i diktat del regista, e cioè lo scorrimento della trama a senso unitario, quello del tormentato pittore olandese. Il film perciò molto spesso fa fatica a restare acceso e fluido, perdendosi (volutamente?) nel limbo cerebrale che accompagna Van Gogh dall’inizio alla fine della sua povertà. E’questa una scelta precisa ma rischiosa di Schnabel, che preferisce così rendere iconico Vincent nelle molteplici perdizioni caratteriali durante il compimento delle proprie opere in cima a colline e nell’ampiezza della verde natura, partendo però da un determinato momento della sua esistenza, quando tutto è dunque compromesso. Ciò fa smarrire a chi segue la vera natura dell’uomo, disagiata non solamente per carenza di apprezzamenti artistici o rimbrotti bigotti dell’epoca (fine ‘800), che lo spinsero ad unirsi morbosamente a chi limitrofo, ma essenzialmente per un’infanzia già triste e “alternativa” di suo! Tutto segue questo mantra, partendo dalla deludente fotografia, illuminata al minimo per ergere a punto focale del racconto la depressione del protagonista, da costumi e scenografia low cost ed esageratamente indie e da una sceneggiatura lenta e silente, utile ad impennare l’eccellente recita improvvisata, tacita e visiva, ma perciò monotona, biografica ed esageratamente noiosa e dilatata! Belle invece le visite alla Grande Galerie del Louvre e le tele di Delacroix, Veronese e Frans Hals, perfettamente efficaci a rappresentare le radici creative dense e fiammeggianti del mito, e la discrezione a trattarne la morte, tuttora oggetto di incertezza e ambiguità!
[-]
|
|
[+] lascia un commento a lucio di loreto »
[ - ] lascia un commento a lucio di loreto »
|
|
d'accordo? |
|
flavioarca
|
sabato 22 giugno 2019
|
bello ma dal peso specifico basso
|
|
|
|
Bel film grazie alla straordinaria somiglianza di Dafoe a Van Gogh. Ottima la sua interpretazione che sorregge un film dalla storia un po' banale. Molto semplice e senza grandi sorprese. Scorre in maniera lenta, come un fiume delle pianure francesi. Lento e maestoso ma senza mai incresparsi. Paesaggi di grande bellezza, locations stupende. Il fiom è tutto qua. Poche cose ma belle. Probabilmente come è stato il pittore : semplice ma incredibilmente profondo.
|
|
[+] lascia un commento a flavioarca »
[ - ] lascia un commento a flavioarca »
|
|
d'accordo? |
|
great steven
|
sabato 27 aprile 2019
|
il travaglio a colori del pittore disturbato.
|
|
|
|
VAN GOGH – SULLA SOGLIA DELL'ETERNITà (USA/FR, 2018) diretto da JULIAN SCHNABEL. Interpretato da WILLEM DAFOE, RUPERT FRIEND, MATHIEU AMALRIC, MADS MIKKELSEN, EMMANUELLE SEIGNER, OSCAR ISAAC, VLADIMIR CONSIGNY, STELLA SCHNABEL, NIELS ARESTRUP, AMIRA CASAR
Vincent Van Gogh, dopo un’esperienza parigina che non gli frutta la medesima fortuna che all’epoca (fine anni 1880) ebbero gli Impressionisti, si reca ad Arles, paesino francese di campagna ideale per dipingere gli ampi paesaggi da lui amati. Gli abitanti, però, lo considerano un deviante e lo maltrattano provocandogli nell’animo irrequieto reazioni impulsive. Durante i ricoveri in ospedale, il fratello minore Theo, unica persona al mondo che comprende il pittore e crede nelle sue capacità artistiche, gli consiglia di farsi spedire le opere a Parigi, cosicché lui, stimato mercante d’arte, le possa vendere.
[+]
VAN GOGH – SULLA SOGLIA DELL'ETERNITà (USA/FR, 2018) diretto da JULIAN SCHNABEL. Interpretato da WILLEM DAFOE, RUPERT FRIEND, MATHIEU AMALRIC, MADS MIKKELSEN, EMMANUELLE SEIGNER, OSCAR ISAAC, VLADIMIR CONSIGNY, STELLA SCHNABEL, NIELS ARESTRUP, AMIRA CASAR
Vincent Van Gogh, dopo un’esperienza parigina che non gli frutta la medesima fortuna che all’epoca (fine anni 1880) ebbero gli Impressionisti, si reca ad Arles, paesino francese di campagna ideale per dipingere gli ampi paesaggi da lui amati. Gli abitanti, però, lo considerano un deviante e lo maltrattano provocandogli nell’animo irrequieto reazioni impulsive. Durante i ricoveri in ospedale, il fratello minore Theo, unica persona al mondo che comprende il pittore e crede nelle sue capacità artistiche, gli consiglia di farsi spedire le opere a Parigi, cosicché lui, stimato mercante d’arte, le possa vendere. Ma neanche questo funziona: i quadri di Vincent non riscuotono successo e lui continua a vivere da povero ad Arles, dove fa la conoscenza di Madame Ginoux, procace tenutaria di un’osteria, alla quale dedica, all’insaputa di lei, un intero quaderno di acquerelli. Theo convince il pittore francese Paul Gauguin a dividere un appartamento col fratello maggiore, proponendogli lo stesso contratto offerto a Vincent, in modo che Gauguin possa ricavare da quella convivenza in affitto il denaro occorrente per partire alla volta della Martinica. Gauguin accetta e Vincent è ben lieto di avere accanto a sé un collega che adora, ma il rapporto fra i due è complicato dal fatto che il francese disprezza il mondo di dipingere di Vincent e che quest’ultimo continua a comportarsi in modo irrazionale e nervoso di fronte anche a queste intemperanze. Va a finire che Paul lo abbandona e Vincent, disperatamente solo, si mozza il lobo d’un orecchio e, in seguito a questa autolesione, decide di farsi ricoverare nel manicomio di Saint-Rémy. Lui prova a spiegare ai medici che lo assistono e ad un prete che si apre a lui (ma in maniera non troppo cordiale) il motivo che lo spinge ad esternare il suo mondo interiore mediante la pittura. Successivamente, poiché a livello clinico sembra guarito, Vincent va a vivere ad Auvers-sur-Oise, ospite del dottor Paul-Ferdinand Gachet, per cui realizza un ritratto, finché un pomeriggio un colpo di pistola inferto al ventre gli toglie la vita a soli trentasette anni. Ennesimo film sul pittore più controverso, ammirato, incompreso e discusso di ogni epoca, lo si potrebbe credere, prima di entrare in sala a vederlo (perché merita assolutamente d’essere visto in sala), una biografia con un andamento più rapido e denotato da un minor ammasso di psicologia, mentre si presenta come un’opera finemente concentrata sull’obiettivo di una rappresentazione scenica imperniata sulla coralità della mente di Van Gogh e, al tempo stesso, una spiegazione sintetica ma efficace della sua arte, intesa, come traspare dai dialoghi, quale suo unico sistema di sopravvivere. Dafoe, premiato con la Coppa Volpi a Venezia 2018, gli dà l’acqua della vita parlando spesso a mezza voce e gettando nel vuoto sguardi trasognati, cosicché il suo protagonista dai capelli rossi e il volto precocemente invecchiato risulti la conseguenza di un cervello alienato che va in cerca di comprensione umana trovando soltanto rifiuti sdegnosi e senza raccogliere mai un cenno di apprezzamento sul proprio repertorio. Una cosa che però il film di J. Schnabel non sottolinea – e in ciò ha un torto piuttosto riprovevole – è l’abilità che ebbe Van Gogh nella scrittura: è vero che il mito del pittore pazzo ha da sempre affascinato migliaia di critici e semplici appassionati d’arte, ma più che darvi retta ciecamente, sarebbe più educativo far leva su quel carteggio epistolare che per moltissimi anni Vincent intrattenne con Theo, carteggio denso di un talento letterario davvero stupefacente, forse addirittura migliore nel descrivere la sua personalità tormentata che non i colori accesi e intensi dei quadri. Dopotutto, nell’intimo profondo, Vincent fu un osservatore poco attento e più che altro meditabondo sui propri pensieri, le cui riflessioni andavano sovente a una sorta di autarchia psicoanalitica di vedere ciò che disegnava, il che non corrispondeva con troppa aderenza alla realtà, ma costituiva una triste fuoriuscita di un sentimento brutalmente ferito: invece, le emozioni che trasudano con coraggio dalle lettere rivelano (e in parte la pellicola lo dimostra nei monologhi a schermo buio) un caleidoscopio interiore molto sincero in merito alle cose che si guardano ogni giorno, alle persone che si conoscono approfondendone il linguaggio espressivo e alla natura che in ogni senso sputa fuori un senso relativo a come è fatta. Schnabel, insieme ai co-sceneggiatori Louise Kugelberg e Jean-Claude Carrière, gli restituisce dignità senza drammatizzarne il mesto itinerario, sbagliando solo nel finale in cui avvalora la tesi ben poco credibile che, a ucciderlo, fossero stati senza volerlo due ragazzini con inclinazioni delinquenziali, di cui uno armato di rivoltella. Quanto agli altri attori, spiccano E. Séigner con la sua Madame Ginoux col suo sguardo contemplativo, M. Amalric (peccato per il suo ruolo, ridotto a poco più di un cameo) nei panni del dott. Gachet, O. Isaac nelle vesti di un Gauguin fascinoso e inflessibile sulle metodologie lavorative e M. Mikkelsen col suo sacerdote ottuso. Menzione speciale per un formidabile R. Friend che recita Theodorus Van Gogh con un trasporto affettivo eccellente, dimostrando quanto i due fratelli si volessero bene al di là del rapporto di parentela, ma proprio e principalmente per la vicendevole fiducia. Contribuiscono a renderlo un prodotto di buon artigianato, nonostante le sue numerose imperfezioni, la fotografia di Benoît Delhomme e gli effetti speciali di Thibaut Granier. Dedicato allo stilista tunisino Azzedine Alaïa. Di forte pregio la cura ambientale, assai meno incisiva l’amarezza di fondo che lascia al termine della proiezione (virata con destrezza scaltra verso un involontario compatimento). Distribuito in Italia da Lucky Red.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a great steven »
[ - ] lascia un commento a great steven »
|
|
d'accordo? |
|
nadia meden
|
venerdì 15 marzo 2019
|
la pittura con la "p" maiuscola
|
|
|
|
Scusate, volevo dire che ho trovato molto intrigante che un regista pittore port in scena la vita di un altro PITTORE, non attore!!!! Grazie
|
|
[+] lascia un commento a nadia meden »
[ - ] lascia un commento a nadia meden »
|
|
d'accordo? |
|
nadia meden
|
giovedì 14 marzo 2019
|
la pittura con la "p" maiuscola
|
|
|
|
ho visto un film meraviglioso! Una grane interpretazione di WILLEM DAFOE sia per la sua bravura che per la sua incredibile somiglianza fisica con il grande Van Gogh ! ho trovato molto intrigante che un regista ( Schnabel) pittore, porti in scena la vita di un altro attore, ho ammirato la fotografia , icolori, ho sofferto assieme al pittore per le incomprensioni che lo circondavano, per la sua vita cosi'irrequieta con l'unico conforto del fratello ! veramente un ottimo film! Grazie
|
|
[+] lascia un commento a nadia meden »
[ - ] lascia un commento a nadia meden »
|
|
d'accordo? |
|
emanuele 1968
|
domenica 17 febbraio 2019
|
bello
|
|
|
|
4,5 personalmente i biografici mi piacciono, sono istruttivi, svelano cose che non conoscevo, non sapevo che fosse stato ferito a morte da due invidiosi, invece le inquadrature devono piacere, uno stile cosi, mah....... io le definisco da mal di mare oppure da una persona che abbia bevuto alcolici, peccato perchè i paesaggi e la ricostruzione sono bellissimi, credo sia un buon film, un buon lavoro, sala di paese piena e clienti soddisfatti, su questo stile ricordo Pollock 2000
|
|
[+] lascia un commento a emanuele 1968 »
[ - ] lascia un commento a emanuele 1968 »
|
|
d'accordo? |
|
gabriella
|
martedì 12 febbraio 2019
|
tra il grano e il cielo
|
|
|
|
Julian Shnabel, pittore a regista , racconta la breve vita di un genio, uno dei più amati ed apprezzati artisti di tutti i tempi ,Vincent Van Gogh, concentrandosi nella fase finale della sua esistenza, forse la più tormentata, ma anche la più produttiva. Dopo gli anni olandesi, la Francia, l'incontro con gli impressionisti e i post impressionisti, lo troviamo ad Arles, nell’assolata Provenza, dove per un periodo divide l'alloggio con il suo amico Gauguain, la Casa Gialla, una convivenza che si rivelerà però problematica per molti aspetti, sia per caratteri radicalmente diversi e in conflitto tra loro, sia per i continui sbalzi d'umore di Vincent ,per cui, dopo solo nove mesi, il pittore francese scappa a Parigi.
[+]
Julian Shnabel, pittore a regista , racconta la breve vita di un genio, uno dei più amati ed apprezzati artisti di tutti i tempi ,Vincent Van Gogh, concentrandosi nella fase finale della sua esistenza, forse la più tormentata, ma anche la più produttiva. Dopo gli anni olandesi, la Francia, l'incontro con gli impressionisti e i post impressionisti, lo troviamo ad Arles, nell’assolata Provenza, dove per un periodo divide l'alloggio con il suo amico Gauguain, la Casa Gialla, una convivenza che si rivelerà però problematica per molti aspetti, sia per caratteri radicalmente diversi e in conflitto tra loro, sia per i continui sbalzi d'umore di Vincent ,per cui, dopo solo nove mesi, il pittore francese scappa a Parigi. Amareggiato, sopraffatto da un turbinio emotivo che sfocerà poi in pazzia, Vincent si mutila un orecchio. Trascorrerà un periodo in un ospedale psichiatrico a Saint Remy, gli saranno di conforto le rare visite e le numerosissime lettere del fratello Theo con il quale ha un legame molto profondo , il suo fedele alleato la calma del suo sfacelo. Il regista si sofferma principalmente sul rapporto tra ll’uomo e la natura, nella sua totalizzante immersione; affamato di luce e colore, l’urgenza di mettere su tela le sue pennellate veloci, dense, pastose, , i caratteristici piccoli tratti, la febbrile ricerca di i luce che sconfina in gialli accecanti, caldi,di chi ha un grande fuoco nell’anima, ma, come scriveva al fratello, nessuno viene mai a scaldarsi, i passanti ne scorgono un po' dsi fumo in cima al comignolo e se ne vanno per la loro strada. Vincent attende il momento in cui qualcuno verrà a sedersi davanti a questo fuoco e si fermerà, ma è consapevole di appartenere a una generazione che verrà.In inquadrature sghembe, quasi statiche, ossessive e disturbanti, opppure in immagini sfocate, in contrasto con la vibrante percezione della voce della natura, la sua finestra di infinito, rendono il film non sempre godibile, distoglie cioè da quella sensazione di sintonia che si ha solitamente quando si ammira un’opera d’arte. William Dafoe, nonostante la notevole differenza d’età dal personaggio che interpreta, è intenso e convincente con il suo viso solcato da rughe , ma non riesce a condurci, a introdurci nella sua visione di mondo, si rimane in disparte, anche noi in attesa di scorgere qualcosa in più del fumo del comignolo.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a gabriella »
[ - ] lascia un commento a gabriella »
|
|
d'accordo? |
|
|