gabriella
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martedì 12 febbraio 2019
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tra il grano e il cielo
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Julian Shnabel, pittore a regista , racconta la breve vita di un genio, uno dei più amati ed apprezzati artisti di tutti i tempi ,Vincent Van Gogh, concentrandosi nella fase finale della sua esistenza, forse la più tormentata, ma anche la più produttiva. Dopo gli anni olandesi, la Francia, l'incontro con gli impressionisti e i post impressionisti, lo troviamo ad Arles, nell’assolata Provenza, dove per un periodo divide l'alloggio con il suo amico Gauguain, la Casa Gialla, una convivenza che si rivelerà però problematica per molti aspetti, sia per caratteri radicalmente diversi e in conflitto tra loro, sia per i continui sbalzi d'umore di Vincent ,per cui, dopo solo nove mesi, il pittore francese scappa a Parigi.
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Julian Shnabel, pittore a regista , racconta la breve vita di un genio, uno dei più amati ed apprezzati artisti di tutti i tempi ,Vincent Van Gogh, concentrandosi nella fase finale della sua esistenza, forse la più tormentata, ma anche la più produttiva. Dopo gli anni olandesi, la Francia, l'incontro con gli impressionisti e i post impressionisti, lo troviamo ad Arles, nell’assolata Provenza, dove per un periodo divide l'alloggio con il suo amico Gauguain, la Casa Gialla, una convivenza che si rivelerà però problematica per molti aspetti, sia per caratteri radicalmente diversi e in conflitto tra loro, sia per i continui sbalzi d'umore di Vincent ,per cui, dopo solo nove mesi, il pittore francese scappa a Parigi. Amareggiato, sopraffatto da un turbinio emotivo che sfocerà poi in pazzia, Vincent si mutila un orecchio. Trascorrerà un periodo in un ospedale psichiatrico a Saint Remy, gli saranno di conforto le rare visite e le numerosissime lettere del fratello Theo con il quale ha un legame molto profondo , il suo fedele alleato la calma del suo sfacelo. Il regista si sofferma principalmente sul rapporto tra ll’uomo e la natura, nella sua totalizzante immersione; affamato di luce e colore, l’urgenza di mettere su tela le sue pennellate veloci, dense, pastose, , i caratteristici piccoli tratti, la febbrile ricerca di i luce che sconfina in gialli accecanti, caldi,di chi ha un grande fuoco nell’anima, ma, come scriveva al fratello, nessuno viene mai a scaldarsi, i passanti ne scorgono un po' dsi fumo in cima al comignolo e se ne vanno per la loro strada. Vincent attende il momento in cui qualcuno verrà a sedersi davanti a questo fuoco e si fermerà, ma è consapevole di appartenere a una generazione che verrà.In inquadrature sghembe, quasi statiche, ossessive e disturbanti, opppure in immagini sfocate, in contrasto con la vibrante percezione della voce della natura, la sua finestra di infinito, rendono il film non sempre godibile, distoglie cioè da quella sensazione di sintonia che si ha solitamente quando si ammira un’opera d’arte. William Dafoe, nonostante la notevole differenza d’età dal personaggio che interpreta, è intenso e convincente con il suo viso solcato da rughe , ma non riesce a condurci, a introdurci nella sua visione di mondo, si rimane in disparte, anche noi in attesa di scorgere qualcosa in più del fumo del comignolo.
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flaw54
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domenica 3 febbraio 2019
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defoe impressionante
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Un buon film intimo, drammatico, lento, ma coinvolgente che ci immerge nella progressiva caduta di Van Gogh. Uno straordinario Defoe si immedesima sia psicologicamente che fisicamente nel personaggio e diventa Van Gogh. Meno riuscita la figura di Gaugain che appare come un normale borghese in un mondo di folli.
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vittorio
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sabato 2 febbraio 2019
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bello se compreso nel tormento di van gogh
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L’ immersione nell’anima di Van Gogh si compie attraverso il contatto metafisico con la “sua”natura, con il movimento incessante, frenetico del corpo, che la telecamera a mano rende , a volte fastidiosamente ,altre meno, percettibile e vissuto dal telespettatore. I primi piani su ogni particolare , di natura, di oggetti, di volti, rendono la visione sezionata, intimista, più spesso avvertita all’unisono con l’immagine. Ed il mondo di Vincent diventa nostro, per piacere o per forza, in un ritmo incalzante nel senso, ma purtroppo lento nel dipanarsi registico.
Predisposti a compartecipare dello snodarsi visivo e simbolico, il film riesce bello e gradevole.
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L’ immersione nell’anima di Van Gogh si compie attraverso il contatto metafisico con la “sua”natura, con il movimento incessante, frenetico del corpo, che la telecamera a mano rende , a volte fastidiosamente ,altre meno, percettibile e vissuto dal telespettatore. I primi piani su ogni particolare , di natura, di oggetti, di volti, rendono la visione sezionata, intimista, più spesso avvertita all’unisono con l’immagine. Ed il mondo di Vincent diventa nostro, per piacere o per forza, in un ritmo incalzante nel senso, ma purtroppo lento nel dipanarsi registico.
Predisposti a compartecipare dello snodarsi visivo e simbolico, il film riesce bello e gradevole.
Da sottolineare , le interpretazioni non soltanto del magnifico, scultoreo Dafoe, ma anche di tutti i coprotagonisti che di volta in volta con lui interloquiscono nel dialogo alla ricerca della comprensione di se. Dal fratello Theo( Rupert Friend) a Paul Gauguin (Oscar Isaac) alla sempre magnetica Emmanuelle Seigner con Madame Ginoux ed ai magnifici Niels Arestrup e Mads Mikkelsen rispettivamente del paziente dell’ospedale psichiatrico e del prete.
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nicolag
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venerdì 1 febbraio 2019
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toccante interpretazione di dafoe del grande v.gog
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Film interessante. Illustra e rappresenta gli aspetti più preoccupanti e sgradevoli del grande artista, ma anche la unicità della sua arte pittorica. Il film e la magistrale interpretazione di Dafoe possono essere apprezzati moltissimo da chi già conosce a fondo Van Gogh. Manca per il grande pubblico quello che potrebbe stimolare ad apprezzare e conoscere meglio la vita e l'opera di questo straordinario artista che quando era in vita riuscì a vendere solo un quadro, mentre dopo la sua morte i suoi quadri sono stati considerati di enorme valore sino a raggiungere ai tempi di oggi quotazioni di milioni di euro.
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michelino
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giovedì 31 gennaio 2019
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michelino va al cinema
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Van Gogh immaginato dall'interno di Van Gogh.
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anna
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domenica 27 gennaio 2019
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con gli occhi dell'artista
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Quello che colpisce immediatamente lo spettatore è l'uso della cinepresa, che ci fa vedere la realtà con gli occhi dell'artista, come lui la vedeva. Le inquadrature a volte strabiche, un po' sfocate, movimentate quasi come se anche noi corressimo in quella campagna francese, ci proiettano dentro la vita dell'uomo artista, che è certamente un precursore dei tempi nella sua arte. La gente non lo capisce e lo trova perciò "sgradevole", ma egli stesso di sé dice che "Dio con lui ha sbagliato i tempi", gli ha dato un talento per quelli che verranno. Un uomo alla ricerca della luce, e non solo nei suoi dipinti, una riflessione sul tema dell'accettazione del diverso anche oggi. Un film intimo, con un meraviglioso Willem Dafoe, una bellissima fotografia, una regia mai banale, a tratti rapida e istintiva come le pennellate di Van Gogh (non a caso il regista è anche un pittore).
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Quello che colpisce immediatamente lo spettatore è l'uso della cinepresa, che ci fa vedere la realtà con gli occhi dell'artista, come lui la vedeva. Le inquadrature a volte strabiche, un po' sfocate, movimentate quasi come se anche noi corressimo in quella campagna francese, ci proiettano dentro la vita dell'uomo artista, che è certamente un precursore dei tempi nella sua arte. La gente non lo capisce e lo trova perciò "sgradevole", ma egli stesso di sé dice che "Dio con lui ha sbagliato i tempi", gli ha dato un talento per quelli che verranno. Un uomo alla ricerca della luce, e non solo nei suoi dipinti, una riflessione sul tema dell'accettazione del diverso anche oggi. Un film intimo, con un meraviglioso Willem Dafoe, una bellissima fotografia, una regia mai banale, a tratti rapida e istintiva come le pennellate di Van Gogh (non a caso il regista è anche un pittore). Certamente da vedere.
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rosalia
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sabato 26 gennaio 2019
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guardando il mondo con van gogh
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Torno appena adesso dal cinema , non sono un critico e posso solo esprimere quello che ho scritto nel titolo di questa breve recensione :guardando il mondo con Van Gogh , credo sia questa la cifra con cui apprezzare l'opera del regista .Non come molti hanno scritto nel senso della visione , del vedere , bensì guardando nel senso del guardare .
Un genio non è facile da raccontare , sarebbe stato facile insistere sulla sua malattia sul suo essere "strano", si è scelta la strada di farlo dire a lui stesso la tensione fortissima che lo spingeva a redimersi nel dipingere .A tratti un pò volutamente lento lo trovo un film molto bello.
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sabato 26 gennaio 2019
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buonanotte
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Non scrivo mai commenti ma questa volta ci vuole. Questo film è vergognosamente noioso! In realtà volevo uscire dopo 20 minuti ma ero in compagnia e ho resistito per educazione. Musica:suonato male, suoni duri. Sceneggiatura :molto fastidioso il movimento della camera. Almeno lasciateci godere un po' dei paesaggi, anche quello zero. Dialogo inesistente. Non andate a vedere questo film!
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marco
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venerdì 25 gennaio 2019
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straordinario
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Trovo si possa definire solo STRAORDINARIO.
Eccellente l'interpretazione di Dafoe in un ruolo decisamente impegnativo. Incantevole l'ambientazione incantevole, che mostra sottilmente ma con dovizia tutti gli aspetti conflittuali dell'artista. Splendida la fotografia e una regia perfetta per tradurre le tensioni, le inquietudini, le difficoltà dell'artista.
Di difficile comprensione, sicuramente sarà apprezzato dagli artisti. E spero anche dagli intenditori.
Senza dubbio lo guarderò anche in lingua originale.
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tmpsvita
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venerdì 25 gennaio 2019
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viaggio nella mente di un genio folle
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Lentezza è la parola che più incorpora ciò che caratterizza la visione di questo film, "At Eternity's Gate" è un film estremamente lento che pretende dallo spettatore una dose di attenzione e pazienza niente affatto indifferente ma se visto con la consapevolezza di ciò riesce a regalare un'esperienza unica nel suo genere.
Un film che quindi convince ma non subito, anzi, la prima metà del film appare come un tentativo non sempre riuscito di trovare l'approccio più adeguato per il tipo di storia ma soprattutto per il modo con il quale viene raccontata.
All'inizio la regia è confusa e confusionaria, cerca, attraverso delle inquadrature movimentate, dei movimenti di macchina imprecisi e in generale attraverso uno sguardo autoriale che a tutti i costi vuol sembrare maturo, una poesia e una profondità che in questo modo non riesce mai a trovare ma che anzi non fa che allontanarla dall'obiettivo rendendola fine a se stessa e presuntuosa, nonché motivo di distrazione dalla storia in sé.
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Lentezza è la parola che più incorpora ciò che caratterizza la visione di questo film, "At Eternity's Gate" è un film estremamente lento che pretende dallo spettatore una dose di attenzione e pazienza niente affatto indifferente ma se visto con la consapevolezza di ciò riesce a regalare un'esperienza unica nel suo genere.
Un film che quindi convince ma non subito, anzi, la prima metà del film appare come un tentativo non sempre riuscito di trovare l'approccio più adeguato per il tipo di storia ma soprattutto per il modo con il quale viene raccontata.
All'inizio la regia è confusa e confusionaria, cerca, attraverso delle inquadrature movimentate, dei movimenti di macchina imprecisi e in generale attraverso uno sguardo autoriale che a tutti i costi vuol sembrare maturo, una poesia e una profondità che in questo modo non riesce mai a trovare ma che anzi non fa che allontanarla dall'obiettivo rendendola fine a se stessa e presuntuosa, nonché motivo di distrazione dalla storia in sé.
Con l'avanzare dei minuti si percepisce visibilmente come piano piano cominci a raggiungere un equilibrio e una personalità vera e propria, la camera si rilassa senza però perdere il suo approccio bizzarro o comunque anticonvenzionale e finalmente dalla seconda metà in poi la regista trova il giusto ritmo e il giusto rapporto con tutto il resto.
Più avanza il film e più ci si immedesima in Van Gogh e ci si immerge nella sua storia con una naturalezza che rende impercettibile tutto ciò. Durante il film si riesce a percepire con grande umanità chi è stata la persona che poi è diventata uno dei pittori più influenti di sempre. Travolti dalle immagini suggestive colorate dalla fotografia ( un po' scontata e in alcuni momenti troppo marcata anche se sempre molto efficace) con i colori attraverso i quali vedeva il mondo, quel mondo diviso in due realtà che lo ha così tanto tormentato e allo stesso tempo ammaliato, colori che il più delle volte appaiono così simili eppure così opposti a quelli a cui ci ha abituato con i suoi quadri dove di realtà ne dipingeva una, quella che solo lui poteva vedere in un conflitto tra dono e maledizione.
Sembra alla fine come se si avesse conversato direttamente con l'artista, in questo viaggio così vivo e vero, sentito e mortificato nella mente di un genio folle, interpretato con una credibilità disarmante da un bravissimo Willem Dafoe, che vive il personaggio nella sua interezza e lo ripropone come un dipinto amaro di una figura estremamente fragile, tormentata, sola eppure così viva eppure così triste.
Un film imperfetto, intaccato da una prima parte acerba e malmessa che compromette un capolavoro mancato, nonostante ciò rimane senza dubbio un ottimo lavoro, difficile da digerire, ancor più difficile da vedere ma l'atmosfera unica e l'interpretazione magistrale rende il tutto un'esperienza intensa e profonda che rimane nella mente dello spettatore come un timbro indelebile.
Voto: 7,5/10
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