fabio silvestre
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lunedì 28 marzo 2022
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l''evasione di papillon dall''isola del diavolo
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il film ha come protagonisti Henri "Papillon" Charriere, un ladro accusato ingiustamente di omicidio, e Luois Dega, un contabile falsario; entrambi sono deportati per svolgere lavori forzati in un carcere nella Guaiana Francese per scontare le rispettive condanne; Papillon cercherà in tutti i modi di evadere e sarà per ben 2 volte posto in cella di isolamento. La pellicola è tutta girata all'interno del carcere e nella parte finale sull'Isola del Diavolo e ha come fulcro della sceneggiatura le solite vicende di aggressioni e violenze che si verificano in un istituto penitenziario tra i vari detenuti ed i tentativi di evasione. Il film scorre pertanto in modo abbastanza prevedibile e con una parte centrale un tantino lunga e dal ritmo lento.
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il film ha come protagonisti Henri "Papillon" Charriere, un ladro accusato ingiustamente di omicidio, e Luois Dega, un contabile falsario; entrambi sono deportati per svolgere lavori forzati in un carcere nella Guaiana Francese per scontare le rispettive condanne; Papillon cercherà in tutti i modi di evadere e sarà per ben 2 volte posto in cella di isolamento. La pellicola è tutta girata all'interno del carcere e nella parte finale sull'Isola del Diavolo e ha come fulcro della sceneggiatura le solite vicende di aggressioni e violenze che si verificano in un istituto penitenziario tra i vari detenuti ed i tentativi di evasione. Il film scorre pertanto in modo abbastanza prevedibile e con una parte centrale un tantino lunga e dal ritmo lento. Nel complesso i 2 attori principali ci offrono una interpretazione nella media così come la regia. Spettacolari le scene finali sull'Isola del Diavolo. Voto: 6/10.
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vepra81
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domenica 24 maggio 2020
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lungo e vero
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Un lungo film che ti coinvolge in una storia che purtoppo è vera. Ottima recitazione e regia.
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lucio di loreto
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venerdì 28 febbraio 2020
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un penoso remake senza anima e cuore
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Grottesca e inopportuna la trasposizione di questo remake, affidata al giovane Michael Noer, filmaker 40enne alla prima esperienza d’elite, perciò buttato in pasto da una disordinata produzione a girare la versione di un inarrivabile capolavoro come Papillon. Raggiungere le vette originali era ovviamente impensabile, anche per gli organizzatori di questa pellicola, ma ciò che manca alla base e fa rabbia è la benchè minima presenza di passione e calore, principali caratteristiche da tramandare ai posteri per una storia così tanto drammatica e claustrofobica, dove libertà e vero e proprio ossigeno sono carenti dallo start fino all’epilogo nei protagonisti principali, sebbene l’uno per fisicità e abitudine a delinquere sia più preparato dell’altro, furbo e scaltro ma inadatto a sopportare la ferocia dell’isolamento nella famigerata e ormai iconica “Isola del Diavolo”! La piattezza a dirigere le sequenze migliori (?) è patetica e la macchina da presa si limita a correre dietro ad Hunnam e Malek per tutta la durata, in attesa di un climax che mai ci sarà; tutto ciò sarebbe giustificato se accoppiato ad una recitazione da brividi, o almeno animata da spirito sofferente, relativo a pena e tormento, ma le due star contemporanee falliranno in maniera epocale la loro missione.
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Grottesca e inopportuna la trasposizione di questo remake, affidata al giovane Michael Noer, filmaker 40enne alla prima esperienza d’elite, perciò buttato in pasto da una disordinata produzione a girare la versione di un inarrivabile capolavoro come Papillon. Raggiungere le vette originali era ovviamente impensabile, anche per gli organizzatori di questa pellicola, ma ciò che manca alla base e fa rabbia è la benchè minima presenza di passione e calore, principali caratteristiche da tramandare ai posteri per una storia così tanto drammatica e claustrofobica, dove libertà e vero e proprio ossigeno sono carenti dallo start fino all’epilogo nei protagonisti principali, sebbene l’uno per fisicità e abitudine a delinquere sia più preparato dell’altro, furbo e scaltro ma inadatto a sopportare la ferocia dell’isolamento nella famigerata e ormai iconica “Isola del Diavolo”! La piattezza a dirigere le sequenze migliori (?) è patetica e la macchina da presa si limita a correre dietro ad Hunnam e Malek per tutta la durata, in attesa di un climax che mai ci sarà; tutto ciò sarebbe giustificato se accoppiato ad una recitazione da brividi, o almeno animata da spirito sofferente, relativo a pena e tormento, ma le due star contemporanee falliranno in maniera epocale la loro missione. Icone del calibro di McQueen e Hoffman, oltre a personalizzare i loro Charriere e Dega con l’acting che li ha resi celebri, fatto di forza interiore per il primo e timidezza associata a furbizia introspettiva per il secondo, erano infatti aiutati dagli splendidi dialoghi firmati Dalton Trumbo, che a sua volta si mise a scrivere pensando per l’appunto a quali campioni avrebbe lasciato l’onore di riportare a voce le sue accorate parole, vedendo ad opera compiuta un’infinità di scene epiche, intimistiche rivelazioni e feroci rese dei conti. Qui la performance degli attori è grossolana, e lascia intendere più che una pazzesca epopea al contrario – costituita da ingiuste e massacranti detenzioni, colme di soprusi e prepotenze fisiche, atte alla vera e propria eliminazione corporale del detenuto – una gara a chi riuscirà nell’impresa di fuggire da tale martirio. La sceneggiatura praticamente non permette un qualunque aiuto ad Hunnam e Malek, i quali sono perciò costretti ad improvvisare ogni azione, palesandosi l’uno esageratamente esaltato e sguaiato, forte di un fisico che lo eleva più a supereroe che ad impavido e coraggioso prigioniero innocente e l’altro quasi più sveglio del compagno, pronto quindi prima o poi a farla franca. E’ proprio il tanto atteso Rami Malek a deludere e a manifestare maggiormente in negativo la sua recita bullesca rispetto a quella del partner in crime. Difatti utilizzerà il copione a lui assegnato esclusivamente per mettere un’altra tacca nella sua ormai famosa arte da underdog ribelle, pronto a rivoltarsi alle angherie ed ergersi a paladino degli ultimi, anziché far trasparire le sconfitte psicofisiche del suo Louis, dimenticando forse che lo scopo della trama non era quello di superare ostacoli insormontabili, ma sbatterci il grugno periodicamente fino a desistere. La modernità dei mainstream hollywoodiani è anch’essa non pervenuta, dato che gli esterni e la natura ad essi circoscritta non vengono mai allargati e valorizzati, non dando così la vertiginosa sensazione di prigionia claustrofobica all’interno di spazi al contrario vasti e infiniti. Un brutto esperimento dunque questo remake, che anziché l’ovvio pathos e thriller, che un racconto sulla chiusura forzata verso il mondo esterno e i molteplici tentativi di ribellarvisi dovrebbero riaccendere nell’animo di chi guarda, lascia invece in essere l’ennesima sensazione di propaganda e lucro verso una pietra miliare del cinema, mandata anch’essa a morire contro le esigenze da botteghino.
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toty bottalla
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sabato 30 marzo 2019
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che bisogno c'era...!
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Non riesco a capire, soldi a parte, l'esigenza di un remake sapendo già di non poter competere con l'originale, è come se io che sono un cantante volessi rifare alcuni brani di Stevie Wonder, ci sono stati tuttavia fallimenti peggiori, penso per esempio a "Travolti dal Destino" con Madonna e Adriano Giannini e tanti altri, Hunnam e Malek non recitano male e forse le pretese di chi ha visto l'originale vengono inevitabilmente condizionate, penso però che un regime carcerario come questo andrebbe bene e senza remore, per responsabili di femminicidio o abusi su bambini e anziani, altro che arresti domiciliari! Saluti.
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felicity
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mercoledì 20 marzo 2019
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pedissequa ricalcatura (in peggio) del precedente
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Era veramente necessario un remake di Papillon? La risposta probabilmente è no, ma il film di Michael Noer riesce comunque a salvare il salvabile e a rivelarsi un’opera persino godibile, se approcciata con la mente sgombra da pregiudizi e riottosità.
"Papillon" di Noer conserva gli aspetti peggiori del precedente (prolissità e uniformità dell’intreccio), amputando gli aspetti più seducenti e fascinosi del film di Schaffner (la follia, la parentesi nel villaggio indigeno, la denuncia del sistema carcerario, l’evasione con le noci di cocco). Traspare dietro a quest’operazione il chiaro intento di rimasticare un cult adattandolo al gusto del pubblico giovane.
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Era veramente necessario un remake di Papillon? La risposta probabilmente è no, ma il film di Michael Noer riesce comunque a salvare il salvabile e a rivelarsi un’opera persino godibile, se approcciata con la mente sgombra da pregiudizi e riottosità.
"Papillon" di Noer conserva gli aspetti peggiori del precedente (prolissità e uniformità dell’intreccio), amputando gli aspetti più seducenti e fascinosi del film di Schaffner (la follia, la parentesi nel villaggio indigeno, la denuncia del sistema carcerario, l’evasione con le noci di cocco). Traspare dietro a quest’operazione il chiaro intento di rimasticare un cult adattandolo al gusto del pubblico giovane.
Ne risulta un film castrato, inane, che non ha nulla da dichiarare se non la propria precoce obsolescenza.
Da amante del cinema e della pietra miliare di Schaffner spero che questo remake possa incuriosire i giovani a vedere il predecessore ed altri grandi classici del passato.
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onufrio
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lunedì 25 febbraio 2019
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henri charriere - le mie prigioni
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La domanda più opportuna è quella se fosse davvero necessario un remake del celebre Papillon interpretato negli anni '70 da Steve McQueen, perchè il paragone per forza di cose è naturale fra i due film e senza nulla togliere a questo remake, l'originale rimane senza dubbio superiore. La storia rimane fedele, ma il film perde di sentimento e l'assenza di alcune scene si fanno sentire. Il Papillon interpretato da Charlie Hunnam è sicuramente valido e molto atletico (anche troppo), il Dega "Malekiano" non è all'altezza di Dustin Hoffman.
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elgatoloco
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sabato 4 agosto 2018
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spettacolare quanto grandguignolesco
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Questo"Papillon"(2017, Michael Boer), che si pretende "remake"dell'originale di Schaffner(1973), rispettando la sceneggiatura di Dalton Trumbo, che allora tornava al cinema dopo la lunga sospensione comminatagli dal maccartismo("COmmissione per le attività antiamericane), ispirato al romanzo autobiografico del vero"Papillon", Henry Charrière, si divide tra una forma di "spettacolarismo classico"(nel senso di poche innovazioni stilistiche, di una narrazione filmica che non diremo"piatta", ma certamente molto tradizionale, senza-quasi-rotture delle continuità narrativa)nella storia dell'ergastolano condannato ingiustamente a un ergastolo da scontare nella Guyana Francese, negli anni Trenta del 1900 e una forma di "grandguignolismo", che accentua i particolari più cruenti della punizione, con il sadismo che vien fuori da ogni poro, per così dire.
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Questo"Papillon"(2017, Michael Boer), che si pretende "remake"dell'originale di Schaffner(1973), rispettando la sceneggiatura di Dalton Trumbo, che allora tornava al cinema dopo la lunga sospensione comminatagli dal maccartismo("COmmissione per le attività antiamericane), ispirato al romanzo autobiografico del vero"Papillon", Henry Charrière, si divide tra una forma di "spettacolarismo classico"(nel senso di poche innovazioni stilistiche, di una narrazione filmica che non diremo"piatta", ma certamente molto tradizionale, senza-quasi-rotture delle continuità narrativa)nella storia dell'ergastolano condannato ingiustamente a un ergastolo da scontare nella Guyana Francese, negli anni Trenta del 1900 e una forma di "grandguignolismo", che accentua i particolari più cruenti della punizione, con il sadismo che vien fuori da ogni poro, per così dire. Fanno di più il colorismo(molta parte del film , anche nelle sequenze notturne, deriva dall'accentuazione degli elementi cromatici più"lussureggianti")e una recitazione anche abbastanza esasperata, con Charlie Hunnam e Rami Malek che ce la mettono tutta-ma Steve Mc Queen E Dustin Hoffman, sarà anche retorico dirlo e ribadirlo, sono/erano altra cosa. El Gato
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udiego
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sabato 28 luglio 2018
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papillon
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Tocca al giovane trentottenne Michael Noer, riportare al cinema il remake dell’apprezzato film del 1973. Film ispirato ad uno dei romanzi di più grande successo di tutto il dopo guerra, “Papillon” pubblicato nel 1969. Effettivamente il compito non era facile, visto il grande successo sia del libro che del film, interpretato ai tempi da Steve McQueen e Dustin Hoffmann. Il Papillon di Noer concentra la sua attenzioni sulle condizioni disumane delle carceri francesi di quel periodo, ma anche in questa occasione, l’argomento principale è l’amicizia. L’amicizia tra due uomini che si conoscono perché rinchiusi nella stessa prigione, ma che grazie alla loro forza di volontà ed al loro temperamento riusciranno a non spezzarsi mai e a non rompere l’indissolubile legame nato tra di loro.
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Tocca al giovane trentottenne Michael Noer, riportare al cinema il remake dell’apprezzato film del 1973. Film ispirato ad uno dei romanzi di più grande successo di tutto il dopo guerra, “Papillon” pubblicato nel 1969. Effettivamente il compito non era facile, visto il grande successo sia del libro che del film, interpretato ai tempi da Steve McQueen e Dustin Hoffmann. Il Papillon di Noer concentra la sua attenzioni sulle condizioni disumane delle carceri francesi di quel periodo, ma anche in questa occasione, l’argomento principale è l’amicizia. L’amicizia tra due uomini che si conoscono perché rinchiusi nella stessa prigione, ma che grazie alla loro forza di volontà ed al loro temperamento riusciranno a non spezzarsi mai e a non rompere l’indissolubile legame nato tra di loro.
Analizzando l’opera, nonostante fatichi a reggere il confronto con il suo più quotato predecessore, Noer ci regala un film ben costruito e strutturato sotto diversi punti di vista. L’impianto cinematografico è di buon livello, con una regia ed un montaggio capaci di ben integrarsi con i luoghi e le location in cui viene girato il film. Il carcere di detenzione prima e l’isola del diavolo poi riescono bene a rendere il clima di oppressione e maltrattamento vissuto dai diversi personaggi.
Anche la sceneggiatura, curata dallo stesso Charrière, come per il film precedente e Aaron Guzikowski, risulta fluida e scorrevole, nonostante la non breve durata del film, circa 2 ore e un quarto. Vengono rappresentati ovviamente tutti i clichè che possiamo trovare in opere del genere, dalle condizioni sanitarie precarie della prigione, al direttore crudele e senza umanità, fino alle guardie sottopagate pronte a farsi corrompere dai detenuti per qualche soldo. Nonostante ciò, il film scorre via in modo piacevole, suscitando interesse nello spettatore, soprattutto nel vedere fino a dove il protagonista potrà spingersi prima di cedere e spezzarsi definitivamente.
“Papillon” è un film che ci parla di uomini e della loro forza di volontà nel perseguire gli scopi che si erano prefissati per raggiungere la libertà. Forza di volontà che certo troveranno dentro di sé, ma che non potrà che venire alimentata dalla loro grande amicizia, un sentimento che li renderà più forti ed impavidi, ma soprattutto più uomini.
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gustibus
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domenica 22 luglio 2018
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un remake inutile
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Se non ci fosse stato il Papillon di Hoffman e Mc Queen del 1973,poteva essere anche sufficiente,ma per un cinefilo come me che ha visto la versione"vecchia"almeno 20 volte,il confronto con questo cosidetto rifacimento risulta inutile seppur ce'un inizio e una fine un POCHETTO diversa.Poi e'persinoe'con il frasario uguale alla versione originale.Noer,il regista,non e'certo F.J.Shafner(PATTON)...i due attori Hunnam,Malek seppur si impegnano sono lontani dai vecchi attori principali sopra citati(due mostri di recitazione!!)..Film davvero inutile perche'troppo troppo uguale alla versione originale.Peccato!
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domenica 15 luglio 2018
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papillon
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